Titolo: Una bizzarra collaborazione
Pairing: Michele Salvemini (Caparezza) - Diego Perrone
Storyline: Registrazione di Punkmotocross
Rating: Per tutti
Questa fiction è frutto della mia immaginazione e non è scritta a scopo di lucro
******
Diego
si stiracchia sbadigliando. La luce filtra tra le tapparelle ferendogli gli
occhi. La sera prima ha folleggiato con gli amici bevendo birra e anche qualche bicchierino di tequila e ora ne paga
le conseguenze. La testa gli batte come se lo stessero percuotendo con una
mazza e la bocca è impastata. Il gatto si struscia contro il polpaccio nudo,
miagolando in cerca di attenzione. Diego lo prende in braccio portandolo in
cucina. Gli stampa un bacio rumoroso sul testone, il musetto bianco si avvicina
a quello del padrone toccandolo per ricambiare quel gesto d’affetto. Miagola
innamorato. Diego se lo coccola grattandolo sulla schiena e poi dietro l’orecchio.
In
quel momento il cellulare sul tavolo vibra annunciando l’arrivo di un
messaggino di Maggio, il bassista. Sbuffando lancia uno sguardo distratto.
Oggi si registra, non
arrivare tardi come sempre
“Cazzo”
impreca appoggiando il felino sul legno. Diego ha dimenticato che devono
completare la registrazione dei nuovi pezzi. Il nuovo cd dei Medusa, dei quali
Diego è leader da tempo immemorabile, si avvale della collaborazione del suo
caro amico Michele Salvemini, in arte Caparezza, rapper pugliese di grande
talento. Il cantante è curioso di ascoltare il risultato della fusione di due generi
così diversi come il punk e il rap. Non vede l’ora di trovarsi in sala d’incisione.
Ricorda per quel giorno è anche prevista
la trasferta di Caparezza a Torino e immediatamente l’ansia si impadronisce di
lui. Quando sono insieme percepisce un’alchimia del tutto particolare che lo
lascia sempre senza fiato. Con un sorriso ebete sulle labbra sorseggia il suo
caffè, poi dopo aver trascorso una mezz’ora piena sotto il getto caldo della
doccia, si prepara per uscire. Maglietta e jeans strappati il look prescelto.
Negli
studi della Gulp record, nonostante il tempo a disposizione per terminare il
disco sia agli sgoccioli, c’è un’atmosfera da camerata tra scherzi, battute e
gavettoni. I ragazzi della band decidono anche di filmare tutto con una
videocamera in modo da poter mandare in giro nel web anche il video. C’è chi
accorda la chitarra, gli si esercita con la batteria e chi perde tempo a
scherzare con la propria fidanzata. Sì perché le ragazze sono come una mascotte
o portafortuna per loro e quindi sono sempre benvenute in sala di registrazione.
Diego invece, non lo ammetterebbe mai, ma è nervoso e per tenersi occupato,
strimpella il ritornello de “Il mio gatto” con la chitarra elettrica. Ogni
dieci minuti però si interrompe per sbirciare l’orario tanto che gli altri
ragazzi si straniscono cercando di capirne il motivo.
“Che
cazzo hai? Un impegno con qualche tipa?” sbotta Fabrizio che tutti chiamano
Mo’ff.
“Eh,
come? No!” diventa serio. “Lo sai che abbiamo rotto”
“Che
ne so, pensavo una nuova”
“Col
cazzo” replica Diego inorridito. “Dopo Marika, non voglio più rotture di palle”
“Tu
sei da rinchiudere. E allora, perché da almeno un’ora fissi l’orologio?”
“Michele
è in ritardo, non doveva registrare stamattina il suo intervento?” aggrotta la
fronte preoccupato.
“Forse
si sente già una star anche se siamo più famosi noi!” ridacchia.
“Ma
che star. Lui è un tipo semplice, che cazzo dici!” replica alterato.
Mo’ff
alza le mani in segno di resa: “Per carità. Sono curioso di conoscerlo meglio
questo Caparezza. Da come ne parli deve essere simpatico, ma strano. Poi i suoi
testi sono così di rottura”
“Io
lo trovo geniale” Diego s’infervora. “Mi ha regalato il suo cd, è meraviglioso”
“Caspita,
sei diventato una fottuta groupie” lo prende in giro.
“Che
coglione” gli fa una linguaccia e proprio in quel momento la porta si apre.
Una
testa riccia fa capolino “Ciao, si può?” avanza nella stanzetta, un sorriso
imbarazzato sulle labbra e un paio di occhiali rossi a celare gli occhi scuri.
“Il treno è arrivato con un’ora di ritardo”
“Michi,
ciao” Diego scatta in piedi per salutarlo. “Ti aspettavamo”
Rendendosi
conto che il gruppo non sta provando, ironizza: “Ma bene. Qui si batte la
fiacca! E io che credevo di aver fatto tardi” sogghigna abbracciando Diego che
ricambia con trasporto stampandogli anche un bacio sul collo. “Come stai
Diegone?”
“Alla
grande” sorride il ragazzo, affondando le mani nelle tasche dei jeans. “Che
bello che sei qui”
“Potevo
mancare?” lo guarda con intensità. “Non vedevo l’ora di cominciare”
Arrossendo
fino alla radice dei capelli, Diego distoglie lo sguardo come scottato e
tossisce nervoso: “Ricordi i ragazzi,
Michi?”
“Certo”
porge loro la mano, mentre Diego li presenta di nuovo, ipotizzando che il
cantautore pugliese abbia dimenticato i loro nomi.
"Mo’ff, Maggio, Ea?”
Quando
finalmente tutte le presentazioni e i saluti di rito sono stati fatti, Michele
si mostra impaziente di cominciare. Muovendosi nervoso su un piede e poi
sull’altro, si sporge verso l’amico.
“Allora,
vogliamo divertirci un po’?” negli occhi una luce che Diego non ha mai visto.
Diego annuisce, è da tempo che desidera cantare con lui che non vede l’ora di cominciare,
“Dimmi
che devo fare!” esclama il riccio sbottonandosi la felpa e buttandola su una
sedia.
Emozionato,
Diego si avvia verso la sala insonorizzata con Michele al seguito. Una volta
chiusi dentro, Michele prende il foglio cercando di memorizzare la sua parte,
ma ogni volta che tenta di ripetere ad alta voce, gli viene da ridere perché
dimentica una parola.
“Scusa”
carezzandosi la barba, abbassa di nuovo la testa sul foglio.
“Concentrati!”
lo bacchetta Diego, ma deve confessare che anche lui pensa ad altro. A quanto è
bello trascorrere del tempo in compagnia di Michele facendo ciò che entrambi
amano. È così raccolto da non accorgersi che lo sta chiamando.
“Diego,
ehi, sei nel paese delle meraviglie?” gli appoggia una mano sulla fronte.
Diego
lo fissa un po’ frastornato, il solo contatto gli fa scattare qualcosa, il
cuore fa una capriola e un improvviso calore lo investe. “Mi ero un attimo
distratto” si giustifica guardando altrove per non fargli scorgere il suo
stato.
“Stai
bene? Sei tutto rosso” il riccio continua a toccarlo, le dita scivolano fino
alla guancia. “Sei anche caldo”
“No,
mai stato meglio” il giovane torinese si scansa indietreggiando di un passo, ma
finisce contro il leggio che cade per terra.
“Diego,
sei proprio tutto strano, oggi” sogghigna Michele.
“Ho
bisogno di una birra!” e Diego scappa letteralmente fuori.
Sempre
più stranito, ma anche felice di potersi prendere una pausa, Michele lo segue. Vedendolo
scolarsi mezza bottiglia in un solo sorso, sgrana gli occhi.
“Caspita tesoruccio, ne avevi di sete!” siede pesantemente sul divano allungando le gambe
sul tavolino.
Nel
sentirsi chiamare in quel modo, Diego si blocca confuso. È abituato ad essere
chiamato Diegone, ma quel nomignolo lo mette in crisi.
Non
sapendo cosa replicare, beve un altro sorso. L’anellino al labbro urta sulla
vetro facendo rumore “Ne vuoi?” gliela porge.
“No,
ho più fame” si lamenta sfiorandosi lo stomaco.
“Possiamo
ordinare una pizza o cinese” propone. Gli altri ragazzi approfittano della loro
pausa per registrare delle basi strumentali.
“Meglio
una pizza, il cinese…” fa una espressione inorridita.
“Ma
l’hai mai assaggiato?” Diego è un patito della cucina orientale e vorrebbe
convertire tutti quelli che conosce.
“No
e non ci tengo. Vuoi mettere con un bel piatto di orecchiette? Ne faccio
volentieri a meno di quelle schifezze!”
“Ma
quali schifezze” protesta l’altro.
“Non
è cibo vero, Diegone” Michele si stiracchia, incrociando le mani dietro la
testa e la maglia si alza mostrando il ventre piatto.
“Se
lo…” Diego si blocca mentre lo sguardo vaga lungo il corpo dell’amico,
soffermandosi sugli addominali appena accennati e la scia di peluria che si
perde all’interno dei pantaloni “dici tu” conclude imbarazzato.
“Che
c’è?”
“Come?
No, niente” cerca qualcosa d’intelligente da dire, ma il cervello sembra essere
entrato in sciopero. Beve un lungo sorso poi borbotta qualcosa di
incomprensibile
Michele
gli fa segno di sedere con lui. “Che fai lì impalato? Oggi sei di uno strano!”
Diego
prende posto sull’altro lato del divano, mantenendo una certa distanza, ma dopo
un attimo, sentendosi ridicolo si sposta più vicino. Le braccia si sfiorano
facendogli rizzare tutti i peli.
“Sono
curioso di sentire anche le altre canzoni” dichiara d’improvviso il cantautore
pugliese.
Diego
lo fissa sorpreso: “Davvero? Dopo ti do una demo”
“Grande.
L’album precedente era davvero forte. La vostra musica mi piace molto”
“Non
sapevo seguissi il punk” ogni sua parola gli giunge nuova. Ogni volta che si
trova con lui, scopre qualcosa di nuovo sul suo conto.
“Mi piace sentire un pò di tutto!” e gli rivolge un sorriso dolcissimo.
Diego
si sente come se fosse stato messo in lavatrice. Michele gli porta un braccio sulle
spalle e si sporge verso di lui. Il viso è pericolosamente vicino al suo.
Non
sapendo cosa aspettarsi, Diego trattiene il fiato.
“Farete
strada, te lo dico io” aggiunge il cantatore di Molfetta colpendolo al petto con un dito.
“G-grazie”
balbetta felice il leader dei Medusa.
“Dai,
ricominciamo!” Michele si alza rompendo quell’intimità tra loro.
Pur
se dispiaciuto, Diego è costretto a seguirlo.
Alla
fine della giornata, sono esausti, ma soddisfatti e giunto il momento dei
saluti, Diego
annuncia che Michele sarà suo ospite, soprattutto considerando tutte le volte in cui l’amico gli ha
aperto la sua casa di Molfetta. Il cantautore pugliese fa per rifiutare, ma il sorriso che il
più giovane gli rivolge è talmente tenero che, con il fiatone di chi ha fatto
quattro piani di corsa, non riesce a dire di no. Si rende conto di quanto quel
ragazzetto del nord dalla buffa pettinatura, il viso disseminato di anellini e un
assurdo senso dell’umorismo sia diventato parte integrante della sua vita tanto
da indurlo a farsi più di otto ore di treno pur di rivederlo. Diego gli
sfiora il braccio e Michele gli scompiglia i capelli: “Dai, andiamo folletto,
il letto ci aspetta”
“Folletto?”
mette il broncio “E questo da dove viene?”
“Non
so, ma mi sembri un folletto stasera, ti dispiace?” per un attimo si pente di
tutta quella confidenza.
“No,
tu puoi chiamarmi come vuoi Michi” ridacchia incamminandosi in direzione del
suo appartamento.
Michele
lo raggiunge circondandogli le spalle con un braccio. D’istinto, Diego si stringe
a lui.
Si trattò sicuramente di una bizzarra collaborazione ma anche brillante, visti i risultati. Mi piace sicuro. Anche se gli impacci sono deliziosamente da commedia romantica americana, rendono l'idea benissimo. Bei dialoghi. W l'alchimia....
RispondiEliminaQuesta fic è un gioiellino! Ho amato i dialoghi e le interazioni fra loro due! <3 Complimentoni! <3
RispondiEliminaBella! Diego mi fa impazzire così agitato e impacciato! E che dire di Michele? Sei bravissima. Ho già voglia di rileggerla. <3
RispondiElimina