Titolo: Di re e di cavalieri
Parring: Diego/Caparezza
Genere: real person slash
Warning: NC 17
Disclaimer: come sempre è tutto frutto di fantasia, e come sempre niente è fatto a scopo di lucro
“Va bene Diego, hai vinto. Ci
faremo agghindare di velluto e ci mangeremo una zuppa di ortiche, con
sottofondo di arpe e flauti. Sono già emozionato”
“Michi! Guarda che bello, leggi”
chiama Diego dal giardino.
Michele, intento a preparare il
caffè sospira, già preoccupato: chissà
che proposta vorrà fargli stavolta, con Diego non si può mai sapere!
Lui si entusiasma con niente, è
sempre pronto a fare qualcosa di nuovo, a
raccogliere nuove sfide, e naturalmente quando sono insieme, tenta sempre di
coinvolgerlo.
Ospite a casa sua da qualche
giorno, Diego è riuscito a fargli fare e vedere cose che lui, nato e vissuto
sempre in quel paese di mare, non aveva mai fatto e visto!
Però è bello stare in sua
compagnia. Finito l’Eretico Tour erano tornati ognuno a casa propria, Michele
per riposarsi un po’ e iniziare a gettare le basi per il suo prossimo disco,
Diego, che non riposa mai nemmeno quando dorme, per organizzare il suo tour e
portare in giro il suo disco solista.
Dopo una settimana a casa da
solo, Michele sentiva già la nostalgia del palco, della passione dei suoi fan,
degli scherzi dei ragazzi della band, con i quali ormai sono diventati una grande
famiglia.
Ma soprattutto sentiva la
mancanza del suo Diego. Riflessivo e razionale, Michele aveva trovato
nell’esuberanza e nell’impulsività del suo amico il suo naturale complemento.
Alla fine aveva preso il telefono
e chiamato Diego a Torino: voleva godersi gli ultimi sprazzi di estate al mare da
lui?
Il tempo di fare i bagagli, e
Diego era ripiombato nella sua vita. Finalmente.
Anche Diego non riusciva a stare
troppo tempo senza Michele. Per lui abituato a stare sempre in prima linea a
lottare da solo, era rilassante stare al
fianco dell’amico: i suoi modi protettivi lo facevano sentire in qualche modo
al sicuro, tranquillo.
“Pronto il caffè!” disse Michele
uscendo con le tazze e sedendosi sul dondolo accanto a Diego “e ho portato anche i
biscotti; avanti, dimmi, cosa dovrei vedere?”.
“Mmm… buoni questi biscotti”
goloso, Diego si impossessa del piatto e
si rannicchia con la testa sulla spalla di Michele.
Michele sorride abbracciandolo:
“non posso saperlo se non mi dai modo di assaggiarne uno!”.
“Ops… scusa!” Diego lo guarda
sgranando i grandi occhi nocciola e con espressione contrita prende un biscotto
e lo infila in bocca all’amico.
Michele gli ferma la mano e con
aria sorniona gli lecca il cioccolato rimasto sulle dita.
Scoppiano entrambi a ridere. Fra
loro questi giochi sono ormai all’ordine del giorno.
“Stai buono adesso, che non ho
tempo, devo farti vedere che bella iniziativa che ho trovato qui sul giornale”.
“Tu non mi ami più come una volta
Diego!” sospira Michele ridendo sotto i baffi .
“Non dirlo mai, nemmeno per
scherzo. Sai che sei la persona più importante della mia vita” Diego si gira a
guardarlo e lo bacia sulla bocca, accarezzandogli le guance.
“Bah, mi hai riempito di
briciole” replica Michele, pulendosi con la mano, ma guardandolo capisce che
Diego in quel momento è serio. Lo accarezza a sua volta con affetto sulla testa
rasata “anche tu sei importante per me Diegone” e lo bacia dolcemente.
Diego sorride felice, e
riacchiappando il giornale, comincia a spiegare.
“Vedi? Hanno finito la
ristrutturazione del castello qui a Bari, e prima di aprirlo al pubblico, stasera
faranno una festa in costume. Guarda! Si
chiama “Nel regno di Camelot”. Dice che i costumi te li danno loro, ci
intratterranno con musiche medievali e ci sarà anche un banchetto a base di
cibi cucinati seguendo rigorosamente le ricette dell’epoca”.
“Ci intratterranno?” Michele
guarda interrogativamente l’amico “perché noi ci andiamo?”.
“Dai, sarà divertente!” .
“Camelot? Nelle Puglie? Ma dai
Diego… Poi io non mi metto in costume medievale!”.
“ Ma perché? Nel tour è un
continuo travestirci, cosa cambia?” chiede Diego.
“Ma no, non mi va, chissà che
gente ci sarà, poi dai, cucina medievale: ci propineranno del becchime, il
solito cinghiale allo spiedo e pane con l’uva passa e le noci. Scontato”
Michele proprio non ci sente.
“Va bene, se proprio non vuoi…”
Diego piega il giornale appoggiandolo sul tavolino, e si corica appoggiando la
testa alle gambe di Michele. “Che facciamo allora?”.
“Non possiamo semplicemente fare un salto in birreria? O starcene tranquilli qui a casa, a
guardarci un film?” risponde Michele.
“Oh, certo, come vuoi, sarà
divertente; e potrò addirittura scegliere io il film?” Diego a occhi chiusi, la
voce qualche grado sotto lo zero.
Michele guarda nel vuoto: lo
sapeva già che Diego avrebbe avuto la meglio anche stavolta. Certo anche lui,
non aveva avuto proprio delle idee brillanti: guardare un film. Roba da
trent’anni di matrimonio alle spalle!
“Va bene Diego, hai vinto. Ci
faremo agghindare di velluto e ci mangeremo una zuppa di ortiche, con
sottofondo di arpe e flauti. Sono già emozionato” si arrende Michele.
Diego apre gli occhi e si tira
immediatamente a sedere: “allora dai, telefoni tu no? Subito, così troviamo
ancora posto, chissà in quanti avranno già chiamato”.
“Certo, un avvenimento tale, ci
sarà la fila in piazza. Non sia mai che non riusciamo a entrare”, replica
sarcastico Michele.
“Grazie, sei un amico” Diego lo
abbraccia stretto.
“Se non fossi tuo amico, di sicuro
potresti scordartelo questo trip” risponde Michele, ridendo e abbracciandolo a
sua volta; “vado a chiamare, passa il giornale”.
*****
Davanti al castello
effettivamente c’è una certa folla; ci sono alcuni conoscenti di Michele, e
comunque molti riconoscono lui e Diego. Davanti al ponte levatoio un uomo con
una lunga barba bianca, spunta una lista, permettendo l’accesso solo alla
persone che vi sono segnate.
Diego e Michele, in fila, non
smettono un attimo di parlare, com’è loro abitudine, e quindi non fanno caso al
fatto che tutti gli altri partecipanti sono coppie. Finalmente davanti all’entrata,
l’uomo con la barba chiede loro i nomi, e poi li avvisa che però dovrebbero
essere una coppia... regolare. Evidentemente questo particolare era sfuggito a
Diego. Gli altri si girano a guardarli, alcuni con aria ironica.
Diego fa per commentare in modo
tagliente, ma guarda l’amico, che ha un espressione grave sul viso, e si
smarrisce. Vorrebbe non aver messo Michele in quella situazione adesso. Lui
deve viverci in quella città. A occhi bassi mormora “ah, va bene, non lo
sapevamo, ce ne andiamo subito”.
Michele gli circonda le spalle
con un braccio e tira fuori la sua voce dei tempi peggiori: “Come ce ne
andiamo? Siamo noi due no? Siamo una coppia. Problemi? C’è qualche clausola che
ce lo impedisce?”.
Il vigilante confuso, controlla
ma effettivamente il regolamento parla
di coppie, senza specificarne il sesso.
Diego e Michele entrano nel
castello.
Diego guarda Michele e gli
ribadisce che, se vuole, possono anche andare a casa.
“Non dire cazzate Diego, ma ti
pare? Noi siamo una coppia accidenti. Fila ora, vai a farti bello!”.
Diego lo guarda, e ridendo
ribatte “fatti bello anche tu, se ci riesci!”, e si avviano verso i camerini.
Circa un’ora dopo, Michele si
aggira per il salone in cerca di Diego, che ancora non si vede. Indossa un
abito medievale con tanto di mantello rosso, e a dir la verità, mentre lo
abbigliavano si è guardato allo specchio, e si è anche piaciuto!
Intorno a lui una cinquantina di
persone almeno, tutti vestiti da dame e cavalieri.
La grande tavolata a ferro di
cavallo è già pronta per accogliere gli ospiti, alcuni dei quali sono già
seduti.
Di Diego nemmeno l’ombra. Michele
decide di andare un po’ in perlustrazione: diamine, sono in un castello, e nemmeno
glielo fanno visitare!
Si aggira per un po’ in un
meandro di corridoi, sale e saloni, poi si avventura nell’altra ala, dove
scopre le camere da letto. Le apre tutte a una a una, e alla fine scopre quella
che dev’essere stata la stanza reale.
Una grande stanza di pietra,
arredata con un solo, enorme letto a baldacchino, rivestito con tende e coperte
oro e cremisi. Alle pareti arazzi con scene di caccia e di feste a palazzo.
Michele si siede sul letto “troppo morbido per essere d’epoca, ma decisamente
comodo” e vi si stende a braccia aperte.
“Va bene, torniamo a cercare quel
testone di Diego: chissà dove si è infilato” e Michele riprende la via del
ritorno. Dal salone arriva un brusio fortissimo, ormai devono essere tutti
radunati. Affacciandosi Michele si guarda intorno, ma ancora non vede l’amico.
Finalmente lo scorge vicino alla finestra,
e rimane a guardarlo per un pò: Diego, nel suo costume di velluto nocciola, con
un gran mantello verde bosco, è notevole. Gli si avvicina da dietro, e gli
mette le mani sugli occhi.
Diego si mette a ridere e si
gira: guarda Michele avvolto nel suo mantello rosso, con quella testa riccia e
gli occhi neri che riflettono il rosso dell’abito, rimane senza fiato:
“Michele, sei bellissimo!”. Michele ride “no, non sono bellissimo, ma il rosso
mi dona! Tu piuttosto, sembri un folletto dei boschi: ma ti dirò che mi piaci
molto, caro il mio papa Diegone! Dai, andiamo a vedere cosa ci danno da mettere
sotto i denti” e prendendolo sottobraccio lo guida verso la tavolata.
Come Michele aveva predetto, il
cibo non è un gran che: zuppa, maiale arrosto in quantità e una varietà di
schiacce, pani e pasticci salati.
“Te l’avevo detto: la minestra di
mia mamma è molto più buona, e quella carne è uguale a quella che si mangia su
ogni festa di paese”.
“Michi, tua mamma non prepara
zuppe ma opere d’arte! Ma hai ragione, non è un gran che questa roba”.
Quindi Diego acchiappa al volo
una brocca e si versa un po’ del contenuto. Assaggia e spalanca gli occhi:
buonissimo! “Senti Michi, assaggia, è squisito, non so cosa sia ma assaggia!” e
gli passa la tazza. Anche Michele beve, e subito si allunga a prendere la
brocca “è l’unica cosa decente della serata, teniamocela”.
Michele si guarda intorno,
annoiato e gli viene un’idea. “Senti Diego, acchiappa la brocca, e andiamo a
farci un giro, tanto chi ci vede?”.
Diego non si fa pregare, nasconde
la brocca sotto al mantello, e si alza, seguendo Diego. “Dove andiamo? Vuoi
uscire?”. “No Diegone, ti faccio vedere una cosa” e si avvia verso la camera da
letto reale.
Guardandosi attorno, apre la
porta e spinge dentro Diego, chiudendosela subito alle spalle con il
catenaccio.
“Qui, non ci disturberà nessuno
chi vuoi che si accorga che siamo spariti dalla comune?” dice Michele.
Diego gira attorno curioso, fermandosi
sotto ad un arazzo particolarmente bello. Michele si avvicina, gli si appoggia alla schiena e spingendolo
contro al muro gli sussurra all’orecchio: “Folletto, a cosa stai pensando?”.
Lentamente Diego si gira e lo
guarda, gli occhi nocciola valorizzati dal mantello verde, spalancati su di
lui. “Potresti essere un re Michele, vestito così. Ti chiamerò Artù d’ora in
poi” e sorride.
“Tu allora devi essere
Lancillotto, il mio fido cavaliere”. Diego ride “ credo che fosse molto più
alto di me, ed era bruno”. “Beh” fa Michele “anche Re Artù era biondo e io non
lo sono. Quindi?”.
“E quindi Io sono il tuo
Lancillotto…” e alzandosi in punta di piedi Diego lo abbraccia e lo bacia,
sussurrandogli sulla bocca “…e tu sei il mio signore Artù…”.
Michele comincia a spogliarlo “mi
spiace toglierti il mantello, Lancillotto, ti dona talmente tanto…” mentre lo
spoglia continua a baciarlo sul viso, sul collo; Diego è in sua balìa, guarda
l’amico ancora avvolto dal mantello rosso, il respiro mozzo.
Michele lo guarda a sua volta: il
volto pallido sotto la testa rasata, il fisico minuto, asciutto e nervoso, ma
soprattutto gli occhi, quegli occhi che brillano guardandolo. Lo prende per
mano e lo porta verso il grande letto.
Lo fa sedere e prende la brocca
“vuoi Diegone?”. L’amico fa per prenderla, ma Michele la tiene “Ti do io” e la
avvicina alla sua bocca, facendolo bere, poi volge la brocca verso di sé,
bevendo a sua volta.
“Dolce come il miele, forte come
il vino, profumato di spezie…” mormora Diego.
“Sono gli ingredienti?” chiede
Michele. “No, sei tu” e Diego fa per spogliare l’amico.
“Fermo, non ho ancora cominciato
con te” Michele lo fa distendere sul letto, ma Diego non intende starsene con
le mani in mano, e tenta ancora di togliere almeno i calzoni di Michele.
“Diego, non costringermi a
immobilizzarti” Michele si stende sopra all’amico, accarezzandolo.
“Dai Michi, non vale…”
inarcandosi tenta di sfilarsi da sotto.
“Ti avevo avvertito Lancillotto”
Sussurra Michele, togliendosi la cintura e legando i polsi dell’amico al letto.
Diego spalanca gli occhi
sull’amico, non è certo che la situazione sia di suo gradimento “no Michele,
liberami dai”.
Michele fa un sorriso sghembo
“Sono il tuo re, ricordi? E tu sei il mio cavaliere, devi obbedire”.
“Non credo che Artù…” ma Michele non
lo lascia finire “oh, sono sicuro che faceva anche di peggio!” e chinandosi su
Diego lo bacia appassionatamente, scendendo a torturargli i capezzoli con i
denti; Diego freme, tenta di liberarsi,
si lamenta debolmente ma “è inutile che ti dimeni…”.
Michele scende più giù, fino a
lambire l’ombelico con la lingua e più giù... Diego si blocca quasi non
respira più, il piacere gli riempie la mente di lampi di luce. Più giù, più
giù… Michele continua a baciarlo, a leccarlo, finchè Diego lo implora di liberarlo
“ti prego Michele, ti prego, non ce la faccio più, lasciami libero”.
Michele lo guarda, lo bacia sulla
fronte e poi sorridendo slega i suoi polsi,
liberandolo. Diego scatta come una molla, e gli si avventa addosso,
strappandogli letteralmente via i vestiti. “Non farmi mai più una cosa del
genere” gli dice.
“Adesso non venirmi a dire che
non ti è piaciuto” ribatte Michele.
“Potrebbe essere” Diego si siede
in braccio a lui lo circonda con le braccia, lo bacia mentre muove i fianchi
contro i suoi, poi lo spinge a coricarsi e si inginocchia tra le sue gambe;
questa volta tocca a lui far impazzire l’amico in un crescendo di baci e
carezze.
Finalmente Michele lo prende, lo adagia accanto a lui, entra in lui, si
fondono, diventano una sola persona, i fianchi di Michele che spingono, Diego
che risponde con lo stesso ritmo, insieme nell’antica danza.
Alla fine appagati si ritrovano
distesi nel grande letto, abbracciati; Michele alza il mento di Diego “come
stai Lancillotto?”. “Mai stato meglio, Artù” baciandolo sul naso e allungandosi
poi a prendere la brocca, bevendo a lunghi sorsi.
“Lasciamene un goccio” chiede
Michele, bevendo a sua volta.
“Ho un certo languorino. Ci sarà ancora
qualcosa da mettere sotto i denti di là?” chiede Michele mentre si rivestono.
Diego lo guarda: “Orecchiette?”.
“Sarebbe meglio! Vedi che avevo
ragione che queste feste sono sempre una fregatura?”.
“Però ci siamo divertiti” Diego
lo guarda ammiccando.
“Si Sir Lancillotto, ci siamo
divertiti un bel po’” ride Michele circondando le spalle di Diego.
Acchiappando Michele alla vita “Dai
Artù, vieni che ti porto al ristorante. Pago io”.
Prima di tutto la foto... ahhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhh. E mi fermo... poi passiamo al resto: Annina tu sei sempre genialoide su come riesci ad infilare scenari fantasiosi alla realtà e questa volta ti cimenti bene perché una serata del genere potrebbe accendere le curiosità di un Diegone mentre a quel chiusone del suo ragazzo, garberebbe più un film o, al massimo, un salto in birreria... la scena nel castello è fantastica, anche se ci tenevo a sottolineare (infatti l'ho aggiunta all'inizio) la frase di Michele su quanto è entusiasta di mangiare zuppa di ortica e altre libagioni... ihihihi davvero sembra di sentirlo! Pathos romantico e sensualità come sempre ad alti livelli e quel finale: "“Dai Artù, vieni che ti porto al ristorante. Pago io” semplicmente perfetto!!!
RispondiEliminaCarinissima fic! <3 Riesco proprio a vederceli! Ammiro la tua fantasia nel trovare scenari nuovi ogni volta! Bravissima! <3
RispondiElimina(E poi, il refuso che farà storia: "Diego che risponde con lo SESSO ritmo"!!!)
ossignurrrr annaaaaaaaaaaaaaaa
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