Titolo: 2Pianeti Sottotitoli: vari, saranno
specificati via via Autori: Annina e Giusipoo Pairing: Diego Perrone/Michele Salvemini Genere: AU/Commedia/Romantico/Introspettivo Rating: PG, slash,
Disclaimer: come sempre è tutto frutto di fantasia.
I personaggi sono originali, abbiamo preso in prestito i nomi per ispirazione
artistica e non per insinuare qualcosa!
In
2 sull’Ortica (1)
“Ma che cazzo hai da abbagliare, passa
no?” Michele guarda dal finestrino il Suv che lo sorpassa e schizza via, a una
velocità sicuramente superiore a quella ammessa dalla legge.
Guarda l’orologio, le tre di una notte
senza luna e senza stelle. Buio pesto, e autostrada senza curve, troppo noiosa
per poter restare sveglio ancora a lungo.
Al
prossimo autogrill mi fermo e dormo un po’, sto per sforare, da ieri sera non
ho ancora staccato.
Nemmeno la musica riesce più a tenerlo
vigile; chissà perché poi la notte le radio mettono quelle lunghe serie di
canzoni senza una parola che interrompa la monotonia. Ho anche rotto l’Mp3, porca… Ecco l’autogrill. Michele mette la
freccia ed entra nel parcheggio destinato ai camion. Pensa di andare a bere
qualcosa, se non a mangiare, ma è troppo stanco.
Esce un attimo dalla cabina per stirare
un po’ i muscoli indolenziti. Fa due passi verso il recinto che delimita il
campo li vicino. Vede un gufo nascosto tra i rami che lo guarda. “Ancora
sveglio eh? Faresti meglio a dormire, tu che puoi”.
Quindi torna verso il camion. Michè, ti rendi conto che hai parlato con un
gufo? Salta sul camion e si butta
nella cuccetta dietro cercando di rilassarsi. Certo non è comodissimo li
dentro, lui che è così lungo, deve sempre rannicchiare un po’ le gambe.
Con le mani incrociate dietro alla testa,
quel gran testone di capelli ricci e neri, Michele fissa il soffitto.
Gaja.
Chissà cosa sta facendo adesso. Starà dormendo. O starà scopando con quel
coglione che ha preso il mio posto. Maledetto bastardo.
Michele si gira sul fianco e prova a
dormire. Già. Io sono il coglione. Io che
non mi sono accorto di niente. Io che intanto che facevo il perimetro dell’Italia,
e pensavo che regalo portarle dalle città che toccavo, lei se ne stava nel mio
letto con quel fottutissimo architetto, pieno di soldi per di più. Magari non
nel mio letto, nel suo, dell’architetto. In qualunque letto fossero, le corna
le mettevano a me...
Niente,
chi se ne importa, non me ne frega niente, era una stronza.
A dispetto dell’ultimo pensiero, una lacrima brilla negli occhi neri. Fa ancora
troppo male aver perso la donna della sua vita o, quanto meno, quella che aveva
imparato a sopportarlo così bene. Almeno così sembrava a lui.
Finalmente, nel silenzio del parcheggio,
rotto solo dal canto di qualche uccello notturno, Michele si addormenta.
Si risveglia alle sette del mattino. Si
stiracchia come può, e si mette a sedere, prendendo la solita testata contro la
cabina. Anni che guida e dorme su quel camion, e ancora non ha preso bene le
misure!
Bestemmiando in barese scende dal camion
e rimane un attimo interdetto a guardarsi intorno: è rimasto solo lui nel
grande parcheggio di quell’autogrill nelle campagne toscane.
Devo
pisciare. Con andatura ancora irregolare, grattandosi la
testa si avvia verso il bordo del parcheggio, e si infila dietro un albero. Con
un sospiro di sollievo, si sistema i jeans e fa per andarsene, quando qualcosa
attira la sua attenzione: in fondo alla fila di acacie, gli pare di vedere due
gambe stese sul prato.
Inquieto, sentendosi piombare
improvvisamente in una puntata di Quarto grado, Michele si avvia lentamente
verso la figura che intravvede tra i cespugli.
Facendo un bel respiro, si allunga al di
sopra degli arbusti che coprono la visuale, e vede un ragazzo rannicchiato a
terra.
Subito Michele si china vicino a lui per
vedere se è vivo o… no, è vivo, respira. Anche Michele riprende a respirare: ha
temuto il peggio.
“Hey ragazzo, cosa fai qui nel prato? Ci
saranno tre gradi, vuoi morire assiderato?”.
Il giovanotto apre gli occhi e lo guarda
spiritato: un ciuffo di capelli arruffati sulla testa, il volto pallido con fonde
occhiaie che sottolineano due grandi occhi, in questo momento assolutamente
inespressivi.
“Parla, stai bene? Chi ti ha portato qui?
Dimmi se devo chiamare la polizia” insiste Michele, prendendolo per le spalle.
Finalmente negli occhi pesti del ragazzo
brilla un lampo di paura: “No, no niente polizia” mormora con un filo di voce;
fa per alzarsi, ma le gambe non lo reggono. Michele è pronto a prenderlo al
volo, per evitare che cada a terra.
“Ce la fai? Ti tengo io, ce la fai a
camminare?” Michele lo tiene stretto alla vita e il ragazzo si stabilizza.
“Si, aspetta un attimo; ho le gambe intorpidite”
risponde a fatica.
“E non solo le gambe mi sembra! Il
cervello non mi sembra messo meglio!” Michele pensa che il giovane sia sotto l’effetto
di qualche sostanza.
“Oh, che cazzo vuoi tu dalla mia vita?
Non ti ho detto io di darmi una mano” ribatte lui con veemenza, resa inefficace
dalla voce tremante.
Michele all’improvviso, lo lascia andare e
lui barcolla un attimo per poi cadere miseramente a terra.
“Stronzo” sibila sedendosi.
“Sì, sì sono uno stronzo infatti; tu che
sei così furbo invece, arrangiati un po’ come credi” e Michele si allontana
verso l’autogrill.
Fatto qualche passo però Michele si volta
a guardare. Il ragazzo è ancora a terra, seduto con le gambe raccolte e la
schiena contro la staccionata. Michele ha il cuore tenero in fondo e prova una
gran pena per lo sbandatello.
Sbuffando, torna sui suoi passi si ferma
davanti a lui e gli tende la mano.
Il ragazzo lo guarda torvo, poi allunga
la mano a sua volta e si rialza.
“Vieni che ci beviamo qualcosa di caldo,
credo che serva a tutti e due” e Michele passa un braccio attorno alle spalle
del biondino, che non dice più niente e si avvia al suo fianco.
L’autogrill a quell’ora è quasi vuoto. Il
ragazzo siede pesantemente su una panca, e accetta il cappuccino e la brioche
che Michele gli offre.
“Io sono Michele” dice tendendogli la
mano. L’altro a sua volta allunga la sua, che scompare quasi fra quella grande
di Michele. “Diego”.
“Com’è che hai messo tutti quegli
anellini sulla faccia?” chiede Michele sedendosi di fronte a lui. Diego infatti
sfoggia dei cerchietti al labbro, al naso e sulla punta dell’orecchio sinistro.
“Che domanda del cazzo. Io potrei
chiederti perché ti porti in giro quella testa enorme di capelli ricci” Diego è
decisamente indisponente.
Michele lo guarda indeciso se tirargli un
ceffone o piantarlo lì con la colazione da pagare, ma decide di lasciar
perdere. E’ un ragazzino in fondo, avrà poco più di vent’anni.
Non
che io sia molto più vecchio, pensa Michele
guardandolo.
Diego si avventa sulla brioche come se
non mangiasse da una settimana.
“Hai del cioccolato sul naso” fa Michele,
togliendoglielo con un dito.
Diego lo guarda, e gli scappa un sorriso.
“Tu hai mezza bustina di zucchero sulla barba se è per quello” ridacchia. Una
risatina sgraziata ma simpatica. A Michele dà l’impressione che non rida da un
po’. E dopo uno sbuffo, e cercando di pulirsi la barba alla meglio col
tovagliolo, scoppia a ridere pure lui.
“Grazie comunque per la colazione, Michele
detto il ricciolone”.
“Ah, ma sai essere un bambino educato a
volte, anche se di norma, scommetto che sei terribilmente insolente” ribatte
Michele, guardandolo severamente.
Diego arrossisce e non commenta. “Allora, me lo dici come sei finito qui? Cosa
pensi di fare adesso?” chiede Michele.
Diego guarda dalla vetrata dell’autogrill
il traffico che si è fatto più intenso. Poi torna a guardare Michele. “Non lo
so... ” e si stringe fra le braccia. Venuta meno l’arroganza, Diego sembra solo
un ragazzino indifeso.
“Senti, io devo ripartire, non posso
perdere troppo tempo. Facciamo un patto. Io ti do un passaggio, e strada
facendo, mi spieghi cosa ti è successo. Va?”
“Io non devo spiegare niente a nessuno,
tanto meno a te” ribatte Diego, con un rigurgito di insolenza.
Michele alza gli occhi al cielo, poi
guarda Diego: “Avrei una mezza idea di sculacciarti, per farti passare quella
boria. Comunque è l’ultima occasione, o sali sulla mia ortica o tra cinque
minuti ti spedisco qui quei tre poliziotti che sono appena arrivati nel
parcheggio?”.
Diego guarda dalla vetrata la pantera della polizia e scatta in piedi con una forza che non pensava di
avere, e si avvicina a Michele: “Va bene, va bene, vengo con te. Però mi
spieghi cosa è questa cazzo di ortica, ok?”. Michele nasconde il sorrisetto
dietro la mano.
“L’ortica è il mio tir. L’ho rinominato
così e forse un giorno capirai perché, ma ne dubito. Andiamo” Sorridendo bieco,
Michele lo prende sottobraccio, e lo guida all’uscita. “Hai ancora fame?”
chiede.
Diego lo guarda e fa il secondo sorriso
della giornata: “Un po’, sì, ma non importa, andiamo”.
“Sei più simpatico quando sorridi.
Aspetta” Michele, dopo aver fatto la fila alla cassa per pagare anche due
panini e del cioccolato, finalmente si avvia verso l’uscita con Diego al suo
fianco.
Diego si guarda insistentemente attorno,
dentro la cabina del tir che Michele ha denominato l’ortica da tempo immemore. Da quando certi affari di famiglia sono
andati a mare e lui si è rimboccato le maniche, e ha preso la patente C e via,
in giro con l’ortica. Perché l’ortica prude ma ci devi stare. È il suo pane. “Ti
piace guidare?” domanda Diego sgranocchiando la sua cioccolata. Michele gli
lancia un’occhiataccia mentre pensa che ben presto si sporcherà fino agli
occhi. “No, lo detesto!”
“Potevi sceglierti un altro mestiere
allora”
“Non sempre è possibile scegliere” poi lo
squadra torvo, non si era accorto che di profilo, esibisce una bella rasatura
sopra l’orecchio. Ha mezza testa rasata e l’altra mezza super capelluta, compreso
il ciuffo davanti agli occhi. “Tu invece hai scelto di essere un punk che si
sveglia in mezzo al parco di un autogrill e non si ricorda nemmeno come ci è
arrivato?”
“Me lo ricordo eccome. Non sono un
punk... non più” tira su col naso distrattamente e, dopo aver sistemato l’involucro
attorno alla barretta, domanda: “Dove stiamo andando?” s’informa guardandolo
con gli occhi ora belli sgranati e decisamente più svegli rispetto a quando
Michele lo ha raccolto.
“Tu dove vorresti andare?”
“Io sto a Torino, ma davvero non so come
sono arrivato a Figline Val d’Arno”
“Ecco, vedi che sei un cazzaro? Poco fa
hai detto di sì”
“Va bene, sono un cazzaro, ora mi dici
dove stiamo andando?”
Michele oscilla la testa mentre controlla
il navigatore. “La prossima tappa è Dresda. Ma forse a te non interessa
sconfinare no?” dopo un lungo sospiro continua: “Posso fermarmi a Bologna, ti
prendi un treno e te ne torni a casa. E se vuoi un consiglio fallo e fatti pure
un bagno”
“A casa non mi aspetta nessuno...” fa
Diego laconicamente guardando ora fuori dal finestrino. Michele si domanda se
gli stia proponendo di restare con lui fino in Germania. Ma forse ha capito
male. La cosa, se ci pensa proprio bene ma bene, bene, non gli dispiace. Lui è
un lupo solitario, raramente carica autostoppisti, anche perché è contro le
regole, e lui comunque le regole è solito rispettarle e le fa rispettare anche
agli altri, soprattutto quando si tratta di salvaguardare la vita della gente.
Dormire sempre regolare, ad esempio, è quello che si raccomanda sempre ai
colleghi del sindacato. Perché prima o poi se
non si dorme abbastanza, si ammazza qualche famigliola, non c’è niente
da fare. “Sì, puoi restare ma hai un documento. Cioè la carta d’identità che l’hai?
Non voglio avere problemi per colpa tua”
“Michele
sto provando a schiacciare un pisolino, mi molli?” Si agita sul sedile cercando
la posizione migliore: “Ce l’ho la fottuta carta d’identità e sì, va bene,
andiamo a Dresda, non ci sono mai stato”
“Non ti sei perso niente. Anche perché io non vado a fare turismo ma a
scaricare tre tonnellate di pelati destinati alla filiera dei supermercati. Non
è proprio il massimo del divertimento, non quello che conosci tu quanto meno”
Michele non lo dice ma ha quasi chiaro cosa sia successo a Diego. “Sei stato in
una di quelle feste, come si chiamano: a sì, rave party no? Ti sei fatto e hai
perso l’orientamento. Ho ragione?” Ma Diego non gli risponde, si è appisolato
davvero. Dorme appoggiato allo sportello, la guancia sul giacchetto usato a mo
di cuscino e la testa infilata dentro il cappuccio della felpa. Le labbra
appena schiuse. “Va bene dormi, che razza di compagnia che mi fai... fossi
almeno una bella figliola!” Sogghigna guardando davanti a sé. La strada è
ancora tanta, e lunga, e monotona.
Devo ammettere che mi piace questo Michele camionista. Mi fa venire in mente tante fantasie. Diego invece mi mette una grande tenerezza, mi chiedo come mai abbia così paura della polizia tanto da rischiare di seguire un perfetto sconosciuto fino a Dresda. Penso si senta solo e desideroso di qualcuno che si prenda cura di lui. Ha trovato forse il suo salvatore? Per esprimermi dovrei approfondire di più la psicologia di Michele, ma soprattutto quella più complessa di Diego che da quello che immagino nasconde parecchie cosette.
Ecco, sono già innamorata anche di questa storia... ragazze, siete un team infallibile! :D Chissà quanti segreti nasconde questo Diego e se Michele riuscirà a scoprirli durante questo viaggio! (E poi "Ortica" è un nome troppo azzeccato per il suo tir! :D)
Questo blog è nato per tutti quelli che amano la coppia Caparezza/Diego Perrone (altresì detta Diegorezza) in odor di slash (slash fanfiction) e per coloro che amano Diego Perrone e il mitico Michele Salvemini come artisti, con un occhio speciale e fantasioso sugli altri musicisti che più o meno ruotano (o hanno ruotato) intorno a questa coppia. Welcome.
ATTENZIONE: tutte le fanfiction presenti nel sito che citano Diego Perrone e Michele Salvemini (Caparezza)e altri personaggi reali, sono da considerare sempre e tassativamente frutto della fantasia e del talento dell'autore. Non c'è niente di reale né è a scopo di lucro. In caso contrario, qualora si racconti un avvenimento "reale" non sarà una fanfction e verrà ben specificato.
Se non vi piace lo slash non leggetelo
Sublimando sul palco................................................................................................................................
-Durante fuori dal tunnel, alla frase: “Mi sento stretto come quando inchiappetto un topolino” (al posto di puffo, per adeguare alla scenetta) mimato un atto omosessuale, nella fattispecie CaparezzaVSDiego.
-Durante Bonobo Power, vengono imitati coiti e Diego, dopo aver tentato Capa al sesso bonobo, si consola prima con il tastierista poi con una banana.
-Durante una nuova versione di Fuori dal tunnel, Caparezza imita un nuovo coito omosex con uno stura lavandini sempre ai danni di Diego.
-Durante il dito medio di galileo, Diego presta il fianco alla famosa frase: “Temono il dito di Galileo tra le chiappe” mettendosi in posa per farsi infilare metaforicamente il dito medio tra le chiappe da Caparezza.
-Durante una delle tante versioni di Abiura di me, Diego dice: “Ti posso cliccare?” e dopo averlo toccato con la freccetta, arriva con un finto dito (tipo sempre mouse del pc) e lo sbatte sui genitali di Capa.
-In un'altra di Abiura, Caparezza impugna il pacman e "mima" di mordere qualcosa che pende dal corpo di Diego, indovina un po' cosa...
-Ancora Abiura di me, Diego fa la principessa del videogioco di Super Mario che amoreggia con Tetris, interpretato da Caparezza.
-Durante Kevin Spacey, Diego Harry Potter, sbatte la bacchetta magica verso il sesso per evocare un sortilegio contro la prostata di Caparezza.
-Durante stango e sbronzo Caparezza prende di petto le dimensioni della scimmietta di Remy (interpretata da Diego) e definisce le dimensioni del suo pene siffrediane.
-Prima di Auditel's family, per parlare del decadimento dei rapporti amorosi, Caparezza imita una telefonata ad una linea erotica e Diego interpreta una centralista hard con tanto di parrucca e movenze.
-Nel live de La fine di gaia, Caparezza spinge nel sedere di Diego la lancia, gesto però non legato ad una scenetta o altro. Così...
-In The auditel family, alla fine Caparezza svende tutto, persino una notte d'amore con Diego. Ma poi si pente e cerca il suo perdono tirandogli un bacio subito ricambiato
Devo ammettere che mi piace questo Michele camionista. Mi fa venire in mente tante fantasie. Diego invece mi mette una grande tenerezza, mi chiedo come mai abbia così paura della polizia tanto da rischiare di seguire un perfetto sconosciuto fino a Dresda. Penso si senta solo e desideroso di qualcuno che si prenda cura di lui. Ha trovato forse il suo salvatore? Per esprimermi dovrei approfondire di più la psicologia di Michele, ma soprattutto quella più complessa di Diego che da quello che immagino nasconde parecchie cosette.
RispondiEliminaChissà, se lo sapessimo almeno noi!! LOL
EliminaGià, arriva tutto random!!! Però arriva! :o)
EliminaEcco, sono già innamorata anche di questa storia... ragazze, siete un team infallibile! :D
RispondiEliminaChissà quanti segreti nasconde questo Diego e se Michele riuscirà a scoprirli durante questo viaggio! (E poi "Ortica" è un nome troppo azzeccato per il suo tir! :D)
Grazie cara! <3
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