“Finirò all’inferno” Michele mormora piegando la testa di lato.
martedì 6 novembre 2012
Diventare grandi Ottavo capitolo
Titolo: Diventare grandi
Pairing: Diego - Michele
Rating: NC 17 per scena di sesso esplicito omosex
I personaggi mi appartengono. Ho preso solo in prestito i nomi. Questa fic non è scritta a scopo di lucro ma solo per divertimento
*******
Disorientato
Diego cerca Michele, il suo volto, quegli occhi che per giorni lo hanno
ossessionato. Teme di aver immaginato tutto, di essere sull’orlo di una crisi,
ma una mano si poggia sulla spalla ossuta. Impietrito non si volta. Il cuore
come un tamburo non gli dà tregua, gli sembra voglia schizzare fuori e
andarsene.
“Che
fai qui?” il tono suona alterato alle orecchie del giovane fuggitivo
“Michi”
sussurra, riconoscendo immediatamente la sua voce. Incontrollate le lacrime
scendono a bagnargli le guance incavate. Quando finalmente trova il coraggio di
girarsi, Michele è fermo, a pochi passi da lui, gli occhi cupi, i capelli spettinati,
una fascia rossa legata alla fronte e segni di percosse sul volto. Le labbra
unite in una fessura e i pugni stretti. “Mi vuoi rispondere ragazzino?” senza
neanche rispondere al saluto, lo aggredisce con durezza. “Non ti è bastata
l’altra notte?”
“Michi,
ciao io…” non sa che dire. Ha fantasticato talmente così tanto su
quell’incontro che quasi non riesce a
parlare.
“Allora?
Si può sapere che ci fai qui?” Michele lo afferra per le spalle trascinandolo
via da quel caos. “Dovevi restartene a casa!”
“Perché?”
replica Diego con un filo di voce.
“Perché?
Ti hanno quasi ammazzato per colpa mia!” Michele è alterato.
“Volevo
sapere come stavi!” finalmente le parole escono come un torrente. “Ti ho
cercato alla polizia, mi hanno detto che ti avevano portato a Milano. So che
non dovevo venire, ma…”
Michele
non lo lascia continuare: “Sì, non dovevi, cazzo. Non puoi stare qui! È
pericoloso!” al pensiero di saperlo ferito, gli si mozza il respiro.
“Mi
stai mandando via?” si sente indifeso, tutte le certezze stanno sciogliendosi
come un castello di sabbia raggiunto da un’onda. “Io sono scappato, mio padre
mi teneva recluso in casa, ma io…”
“Non
puoi restare, lo capisci?” gli carezza la guancia umida. “Sei gelido”
osservandolo con attenzione nota che indossa abiti troppo grandi per il suo
fisico minuto e che è molto sciupato. “Hai bisogno di qualcosa di caldo”
“Siamo
venuti facendo l’autostop e poi a piedi” abbassa lo sguardo.
“Siamo?”
alzando un sopracciglio Michele si guarda intorno.
“Io
e Dado” risponde “l’idiota è voluto venire per forza. Se non lo portavo avrebbe
fatto la spia, i miei avrebbero fatto un macello e…”
Diego
è un fiume in piena tanto che per farlo tacere il giovane manifestante gli
poggia un dito sulle labbra.
“Siete
due incoscienti. Fare l’autostop, avventurarvi fino a Milano” gli lancia
un’occhiataccia, ma nonostante tutto Michele è felice di rivederlo, di sapere
che sta bene, che quella notte così drammatica non ha avuto conseguenze su di
lui. Gli occhi da cucciolo spaurito del più piccolo incontrano i suoi
rendendogli impossibile continuare a rimproverarlo. Michele gli sorride con
dolcezza, le dita ancora a sfiorare il volto delicato. Raggiungono il segno causato
dal manganello. “Guarda cosa ti hanno fatto” il tocco è leggero. “Poteva andare
peggio, lo sai? Sono uno stronzo, è tutta colpa mia!”
“No,
sono voluto restare e ne sono felice” Diego si sente una ragazzina alla prima
cotta, detestandosi per essere così trasparente. “Scusa, sono stato un coglione
a venire” mormora tormentandosi una pellicina del pollice. Vorrebbe
allontanarsi da lui, ma il corpo sembra non voler obbedire al suo cervello.
Con
le dita Michele sfiora la bocca socchiusa, le labbra sottili: “Mi sei mancato,
lo sai, ragazzino? Più di quanto volessi”
Emozionato,
Diego deglutisce a fatica. Vorrebbe abbracciarlo, ma non osa fare la prima
mossa. Teme di essere respinto, che abbia solo immaginato tutto quello che c’è
stato tra loro. Michele lo guarda con apprensione, le dita a sostenergli il
mento. “Cosa devo fare io con te, eh?” il tono si addolcisce.
Diego
ha il fiatone, le gambe tremano e di certo non per la stanchezza. Preso
coraggio, si alza sulle punte e gli posa un bacio leggero sulle labbra. Il
contatto dura il tempo necessario per riassaporarne il gusto. Diego si tira
indietro e diventando del colore dei pomodori maturi, mormora qualcosa che alle
orecchie del giovane manifestante arriva come “Scusa”.
Turbato,
ma anche eccitato, Michele lo tira su come se non pesasse nulla e s’impossessa della
sua bocca.
Gemendo
Diego si avvinghia a Michele e gli circonda le spalle con le braccia. Le lingue
si esplorano, si cercano con foga. Il bacio diventa sempre più possessivo,
affamato tanto che ben presto i due sono costretti a staccarsi in cerca d’aria.
“Ma
che ti sei messo in testa ragazzino?” Con il naso, Michele solletica il suo,
scendendo verso le labbra socchiuse. “Mi porterai alla perdizione” lo piega
dolcemente contro la parete nascondendolo alla vista di estranei con il suo
corpo.
“Michi,
ti prego non mandarmi via,” calde lacrime bagnano le guance rosse.
Michele
lo abbraccia con forza, affondando il volto nel suo collo: “Non potrei neanche
volendo, cucciolo”
Torna
a guardarlo, è completamente soggiogato da quel folletto dalla buffa
pettinatura, la bocca tumida atteggiata in una tenera smorfia e gli occhi lucidi
da cerbiatto in cerca di affetto.
È
una tale tentazione che il leader non riesce a resistere. Si avventa famelico
su quelle labbra che sono state una sua ossessione fin dal primo giorno in cui quel
ragazzetto dal volto angelico ha fatto irruzione in quella sala e anche nella
sua vita.
Diego
si lascia sfuggire un singulto, le mani stringono con forza la nuca, le gambe
sembrano piegarsi per le emozioni che si abbattono all’unisono su di lui. Gli
sembra di annegare, ma le braccia forti di Michele lo sostengono riportandolo a
galla.
Urla
improvvise, suoni di trombette ed un’esplosione poco lontano dal cantuccio nel
quale si sono rifugiati, rompono quel momento idilliaco. Diego trema, gli occhi
sbarrati, le dita strette nella maglia di Michele: “Che succede?”
“La
polizia, ma non preoccuparti, piccolo. Non lascerò che ti facciano ancora del
male” gli bacia la fronte e gli intima di restare nascosto.
“Dove
vai?” vedendolo muoversi, Diego lo afferra per un braccio.
“Va
bene, resto con te!” carezzandogli i capelli si pressa contro di lui. “Non ti
lascio”
“Mio
dio! Dado!” solo allora Diego si ricorda dell’amico. “Andiamo a cercarlo! Sarà lì
nella calca” il corpo del ragazzo è scosso da un fremito incontrollabile.
Apprensivo,
Michele vorrebbe bloccarlo, ma teme sia inutile.
“Va
bene” e insieme si muovono il centro della galleria, ma il fumo dei lacrimogeni
li costringe a fermarsi. Nello scappare, un gruppo di ragazzi rischia di
travolgerli.
“Dado!”
urla Diego in preda al panico. Tutto gli riporta alla mente la notte in cui è
stato ferito. Ha il terrore cieco che qualcosa di grave possa accadere al suo
migliore amico. Si pente di averlo lasciato solo, di essere stato così egoista.
Continua ad urlare il suo nome, ma il rumore di vetrine infrante lo fa saltare.
Impaurito si nasconde dietro Michele, il quale nel vano tentativo di
rassicurarlo, lo abbraccia. L’aria è satura di fumo, tossiscono entrambi, gli
occhi lacrimano. Michele vorrebbe portarlo via da quel pericolo che incombe su
di loro inesorabile, ma sa che il ragazzo non avrebbe acconsentito ad
andarsene. Non prima di aver ritrovato l’amico.
Accanto
a lui Diego si agita in preda alla frenesia, per poi correre verso un punto
imprecisato.
“Diego,
fermati!” Michele scatta dietro di lui fino a quando non lo vede fermarsi accanto
ad una figura rannicchiata sul pavimento di marmo.
Le
mani si proteggono la testa, il corpicino è scosso dai singhiozzi
“Dado”
inginocchiatosi accanto all’amico, Diego lo scuote.
L’altro
alza lentamente lo sguardo, gli occhi sono colmi di lacrime. Riconoscendo
l’amico lo stringe con forza “Diego, dove cazzo eri. Credevo fossi stato ferito
o peggio. Perché sei scappato via?”
“Scusami,
mi dispiace” scoppia a piangere.
Dado
aumenta di più la stretta “Mi hai lasciato solo in quest’inferno!” nel tono più
paura che risentimento
“Vieni,
ce ne andiamo” si alza aiutandolo a rimettersi in piedi, ma le gambe gli
tremano tanto che deve appoggiarsi all’amico.
Michele
si mantiene lontano di un paio di passi, l’aria vigile. Sa che i due ragazzi
non sono al sicuro lì e che deve portarli a riparo. Non vuole rischiare di
ripetere l’episodio di qualche sera prima: “Diego” affonda le mani nelle
tasche. “Siamo troppo esposti, ce ne dobbiamo andare via!”
“Michi
ha ragione, Dado dobbiamo andarcene!” lo prende per mano, poi guarda Michele in
attesa.
“Venite,
conosco un posto” e guardingo, li conduce verso l’esterno.
La
piazza del Duomo è nel completo caos, ma il gruppetto riesce a non disperdersi
e soprattutto ad uscirne incolume.
Michele
conduce i due ragazzi in un palazzetto abbandonato che si trova in un vicolo
poco lontano dal centro della città nel quale si è trasferito dopo la sua
scarcerazione.
La
porta è semi scardinata, ma l’interno è pulito e in ordine, tanto che Diego
sospetta che non ci viva da solo, ma con qualche ragazza. Si scopre geloso di
quella ipotetica compagna di vita di Michele.
Nell’ambiente,
che consta di due stanze, quasi prive di arredamento, ad eccezione di due
letti, dei quali uno matrimoniale, un vecchio divano e un cucinino, Diego si
sente quasi a suo agio, come se fosse tornato indietro nel tempo, a quando occupava
la facoltà in compagnia di Michele.
“Che
posto è?” domanda guardandosi intorno.
“Un
appartamento abbandonato, l’ho scoperto per caso” li conduce verso la prima
delle camere da letto.
“Ci
vivi solo?” Diego si morde il labbro.
Negli
occhi di Michele un lampo: “E con chi dovrei vivere?”
“Non
so, con gli altri o…” si sente uno stupido, in fondo non ha alcun diritto di
essere geloso. “come si chiamava la brunetta che stava con te? Laura”
Invece
di rispondere gli rivolge un dolce sorriso, poi concentra la sua attenzione
sull’altro ragazzo, il quale in piedi davanti al divano ancora trema. “Tutto
bene?” avanza verso di lui
Dado
annuisce, poi siede pesantemente. “Così tu saresti Michele” sembra guardingo
“non mi fido di te. Hai fatto il lavaggio del cervello al mio amico con le tue
idee bislacche!” gli punta un dito contro.
“Dado
che cazzo dici! Michele non l’ascoltare!” Diego vorrebbe prendere a pugni l’amico
per come sta trattando il giovane manifestante.
Michele
abbassa la testa colpevole: “Per colpa mia hai rischiato la vita e non me lo
perdonerò mai”
“Stronzate!”
esclama Diego alterato. “Non è stata colpa tua, ho deciso io di unirmi a voi e
non ce l’ho con te”
Dado
si alza e raggiungendo Diego lo afferra per un braccio. “Come fai a fidarti di
lui dopo quello che è successo?”
“Non
capisci niente!” sbotta l’altro liberandosi dalla stretta. “Michele mi ha
salvato la vita e oggi ha salvato anche la tua!” è rosso di rabbia. “Dovresti
ringraziarlo!”
Colto
in fallo, Dado mette il broncio. “Sì, lo so, grazie” borbotta “ma abbiamo fatto
una cavolata a venire”
“Sei
voluto venire per forza, stronzo! Nessuno ti ha costretto!”
Sopirando
tristemente Michele si volta a prendere una coperta e gliela porge, ma continua
a fissare Diego: “Il tuo amico ha ragione, non dovreste essere qui. Domani
mattina ve ne ritornate a Torino con il primo treno”
“No!
Io resto!” protesta il fuggiasco.
“Non
costringermi a metterti sul treno con la forza, ragazzino!” gli occhi scuri di
Michele sono come tizzoni ardenti.
“Non
puoi costringermi!” punta i piedi.
“Certo
che posso. Sei minorenne”
“Stronzo”
borbotta con una voglia matta di picchiarlo, fargli male.
“Sì,
hai ragione! Sono un vero stronzo” sogghigna “Meglio che riposiate! Voi restate
qui, io andrò nell’altra stanza”
“No!
Devo parlarti, Michi!” replica Diego. stringendo i pugni.
Geloso,
Dado li osserva senza capire cosa stia succedendo tra loro.
“E
va bene!” si muove verso l’altra stanza.
Diego
lo segue uscendo. Dado invece si butta sul letto, ma per stanchezza si
addormenta completamente vestito.
Michele
si ferma davanti alla finestra, il vetro rotto è stato sigillato con
dell’adesivo per non lasciar passare il freddo, ma la stanza è ugualmente gelida.
Diego si stringe le braccia intorno al petto per riscaldarsi.
“Lo
so, non è il Grand Hotel, ma almeno siamo al riparo” si giustifica Michele.
“Perché
vuoi mandarmi via?”
“Non
fare domande idiote. Lo sai il perché. Sei minorenne e poi guarda dove vivo!”
alza le braccia. “Davvero vuoi restare in questo rifugio invece di tornartene a
casa?”
Diego
punta gli occhi castani su di lui: “Preferirei vivere sotto i portici piuttosto
che in quel posto con mio padre. Sai che mi ha rinchiuso per tre giorni?”
“Cerca
di comprendere le sue ragioni, ti ha quasi perso!”
“Non
gliene è mai fregato un cazzo di me, Michi!” sbotta furioso “Per fargliela
pagare non mangiavo, ma non è servito!”
Il
volto di Michele si addolcisce: “Doveva essere certo che non ci riprovassi!”
“Sei
d’accordo con lui?” avanza di un passo. “Che razza di amico sei?”
“Non
puoi restare qui, potrei passare un guaio!” lo raggiunge, le dita s’infilano
nei capelli.
Diego
viene attraversato da una vampata “Pur di andarmene mi sono buttato dalla
finestra. Detesto lui e quella casa borghese!” distoglie lo sguardo. “E poi…”
si morde il labbro.
“E
poi, cosa?” Michele lo scruta, le dita raggiungono la nuca
“Io…”
non riesce a trovare le parole adatte. Il suo tocco leggero lo disorienta. Imbarazzato
distoglie lo sguardo. “Non voglio lasciarti, non so spiegarti cosa provo, forse
è amore” le parole gli escono come un fiume, ormai non può più frenarle.
Finalmente ha sputato fuori tutto quello che sente, ma non riesce a guardarlo.
Michele
gli alza il mento con un dito. “Cosa ne sai tu dell’amore?” la voce è dolce,
gli occhi scuri sembrano penetrare la sua anima.
“Abbastanza”
mette il broncio. “Sto male quando non ci sei e ora che ti sto vicino… ho le
farfalle nello stomaco”
“Anche
io, ma credo sia la fame” ironizza Michele.
“Che
stronzo sei” si libera spingendolo via e gli volta le spalle.
Michele
si pressa contro la sua schiena “Dai, non prendertela, ti sfotto un po’” gli circonda
la vita con un braccio.
“Lasciami!”
si dimena, ma la stretta aumenta bloccandolo.
“Non
ci penso proprio!” piega la testa in avanti, la bocca sfiora l’orecchio. “Lo
faccio per te, cucciolo” le labbra lambiscono il lobo, l’alito caldo gli dà
alla testa.
Sentendosi
preso in giro riesce a liberarsi dalla sua stretta: “Torno da Dado! Notte! Domani
ce ne andiamo, non ti staremo sulle palle per molto”
“Aspetta!”
allunga un braccio per fermarlo. Diego si volta verso di lui. Gli occhi neri
come tizzoni si perdono in quelli limpidi e chiari del ragazzo più giovane. Un
brivido attraversa Diego. “C- cosa ti prende?” balbetta.
Vedendolo
terrorizzato i lineamenti del volto di Michele si addolciscono. Carezza una
guancia, scendendo verso il mento, velato da una leggera barbetta. “Ti faccio
così tanta paura?” Michele deglutisce rumorosamente. Per quanto tenti di
negare, l’attrazione per Diego torna a farsi strada dentro di lui, come un
tarlo nel legno. Si dice che non potrà nasconderlo per molto, che prima o poi
il fuoco finirà per divampare.
Diego
scuote la testa e Michele si sporge verso di lui, i visi si avvicinano “Dovresti
forse” lo sguardo indugia sulla bocca socchiusa. “Non mi conosci”
“Ti
conosco fin troppo bene, Michi. E poi, mi hai salvato da me stesso, dagli
sbirri, da tutto… sei il mio eroe”
Nel
sentirlo parlare in quel modo, Michele scoppia a ridere. “Il tuo eroe?” mai
come in quel momento a Michele sembra un ragazzino in cerca di protezione, di
un fratello maggiore. Solo che quello che entrambi provano non si avvicina
neanche lontanamente ad un sentimento fraterno.
“So
che per te sono solo una seccatura…” continua Diego con l’animo completamente
in subbuglio “ma io ti voglio bene, per me sei tutto”
“Non
sei una seccatura, Diego! È che…” sospira. Una confessione del genere non se la
sarebbe mai aspettata.
“Credevo
provassi lo stesso, ma sono uno sciocco!” gli occhi si riempiono di lacrime.
“Shh”
le cattura con le dita “sono io lo sciocco” la bocca si posa su quella
socchiusa di Diego. La sfiora con un bacio delicato.
Diego
appoggia le mani sul petto del compagno e Michele si spinge ad incontrare la
lingua setosa. Il gusto salato delle lacrime altera quello ormai familiare di
Diego, ma il riccio lo trova fin troppo inebriante. Indietreggiando verso il
piccolo letto trascina con sé il ragazzo.
Senza
staccarsi dalla sua bocca Diego gli siede in grembo. Come un affamato davanti ad
un piatto di fettuccine al ragù, si nutre di ogni attimo di quel bacio. Con le
dita percorre il collo risalendo verso la gola, carezzando la barba. Per fargli
un dispetto, la tira con forza.
“Ahi!”
Michele si stacca per un istante “Dispettoso!”
Diego
ride divertito, ma Michele lo zittisce con un altro bacio.
Ansimante
Diego lascia scivolare le dita lungo il torace, insinuandole sotto la maglietta.
“Piccolo,
che fai” tenta di bloccarlo, sente che se non pone un freno finiranno per
spingersi troppo in là.
“Credevo
che…” gli occhioni si allargano.
“Non
possiamo,” ma il corpo reagisce al contatto, i pantaloni diventano fin troppo
stretti..
“Ma
lo vuoi anche tu, vero? Io non sono mai stato neanche con una ragazza e forse
ero destinato a te, ad amare un uomo” per trovare una posizione più comoda, si
muove su di lui.
La
frizione provoca maggiore disagio in Michele il quale non ha pienamente colto
il senso delle sue parole.
Realizzando
che Diego ha deciso di donargli la cosa a lui più cara, il cuore si scalda, ma
Michele non se ne sente degno.
“Cazzo,
Michi, mi sento come una fottuta ragazzina alla sua prima volta” si scompiglia
i capelli.
“Sei
più carino, cucciolo” gli rivolge un sorriso, ma è teso. Torna ad impossessarsi
della bocca gonfia per i ripetuti assalti.
Diego
si lascia andare rispondendo con trasporto. Si pressa contro di lui, il torace
si è ormai fuso a quello dell’amante. “Michi” sussurra tra uno sbaciucchiamento
e l’altro. La barba gli fa il solletico strappandogli dei risolini.
“Cosa
ridi indisponente!” lo pizzica sul fianco, data l’eccessiva magrezza non sente
che le ossa. “Dovresti metter su un po’ di carne, piccolo. Finirai per sparire”
“La
smetti di blaterare?” Diego affonda il volto nel collo succhiando e
mordicchiando lembi di pelle.
“Finirò all’inferno” Michele mormora piegando la testa di lato.
“Finirò all’inferno” Michele mormora piegando la testa di lato.
“Io
verrò con te e staremo insieme anche lì” ironizza sfilandogli la maglia e
lasciandola cadere sul pavimento.
“Non
dovresti scherzare su queste cose”
“Non
mi interessa di finire all’inferno” ribadisce Diego. I polpastrelli scivolano
tra i peli del petto. Emozionato ed impaurito, teme di deluderlo, ma basta un sorriso di Michele a rassicurarlo.
Diego
lo spinge supino, stendendosi poi su di lui. Raggiunge la bocca chiudendola con
la sua. Pomiciano per qualche secondo, le mani cercano pelle da carezzare,
punti da stimolare. Diego si fa guidare dall’istinto, percorrendo lo stomaco
con il palmo. Giocherellando con l’ombelico e con dei un po’ di ciccia che si
diverte a tirare.
Michele
si perde in quel tocco, mentre le mani si perdono nei capelli del ragazzo sopra
di lui. Scendono lungo la nuca, continuando lungo la spina dorsale ancora
celata dalla maglia. Gliela sfila, contemplando il suo corpicino. È minuto, i
giorni di digiuno lo hanno debilitato, ma resta sempre bello e desiderabile.
“Cazzo quanto sei magro. Ma per quanto tempo hai fatto la fame?”
“Tre
giorni” vergognoso abbassa lo sguardo.
“Sei
un vero incosciente. Potevi finire in ospedale!” attirandolo più vicino gli
carezza la schiena spigolosa.
“Non
mi fregava, volevo solo fargliela pagare”
“Sì,
rischiando la tua vita!” Michele avverte un peso nello stomaco. “Ma ora che sei
qui non permetterò che ti autodistrugga in quel modo” lo bacia di nuovo.
Quelle
parole lo rendono immensamente felice. Sa che ora ha una casa dove restare e
una persona da amare.
Michele
gli distribuisce piccoli baci sulle
guance, sul naso, poi si sposta verso l’orecchio. Lambisce il padiglione con le
labbra “Sei il mio piccolo Diego” sussurra terminando di spogliarlo. Cala i
pantaloni insieme alla biancheria. Lo osserva per qualche istante inebriandosi
di quel corpo nudo e fremente solo per lui.
“Non
sono piccolo!” protesta il ragazzo puntellandosi sui gomiti per guardarlo
dritto negli occhi.
“Per
me sì. Uno scricciolo tutto da coccolare e stringere” insiste il leader del
movimento circondandogli la schiena con le braccia. Intrappolandolo, lo ribalta
sul materasso.
Diego
friziona il bacino contro la stoffa dei pantaloni fino a quando Michele non
resiste oltre. Deciso a liberarsi di quell’intralcio, cincischia con la cinta e
poi con i bottoni. Il ragazzo l’aiuta spingendoli giù con tanta foga da
lacerarli in un punto.
“Scusa”
si morde il labbro, ma dopo un attimo gli scappa da ridere.
“Continui
ad essere insolente con chi è più grande di te, ma ora la paghi!” Michele gli
afferra le braccia portandogliele sopra la testa, poi dopo essersi tolto la
bandana dalla fronte, gli lega insieme i polsi in modo da renderlo inoffensivo.
Diego
si divincola, ma dal sorrisetto malizioso che gli anima le labbra, Michele
capisce che è solo una finta e che gli piace.
“Sei
così bello” Michele plana sul petto al centro del quale fanno capolino peli
sparuti. Soffia delicato, baciando e succhiando. L’alito caldo solletica la
pelle strappando a Diego dei piccoli mugugni. Si sposta verso i capezzoli rosei,
mordicchiandoli per poi risalire lungo il collo. Sentendolo gemere, Michele continua
il suo cammino fino alle labbra. Cattura quello inferiore tra i denti
tirandolo. Diego, con i polsi ancora bloccati, gli circonda la nuca con le
braccia per attirarlo più vicino. Il bacio diventa sempre più appassionato,
ansioso, tanto che per l’irruenza gli morde la lingua.
“Ehi”
il moro si tira indietro, ma vedere il suo giovane amante steso sotto di lui, con
le gote paonazze, i capelli spettinati e le labbra atteggiate in uno di quei
sorrisetti, lo induce a ricominciare quello che ha interrotto.
“Michi”
ormai i suoi baci, le sue carezze sono diventate come una droga. Ne è
completamente assuefatto.
“Diego”
Abbracciandolo
stretto Michele boccheggia in cerca d’aria.
Anche Diego è stremato, ma felice stretto all’uomo che ama.
Etichette:
AU,
Caparezza,
Diego Perrone,
slash fanfic,
storie a capitoli
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Perché in una storia tanto bella poi ci si perde? Un esempmio: come quando si parla con una persona che ha da raccontarci un'avventura avvincente, magari trattando un argomento che ci sta a cuore, ma poi finisce per darci tanti di quei dettagli, tante di quelle informazioni in più, che iniziamo a divagare con la mente, ci annoiamo, sbadigliamo e, alla fine, perdiamo il senso della storia. Ecco, in questo capitolo, il più pregno di tutti, si fa presto a perdersi, seppelliti nelle troppe parole, nelle troppe informazioni, nella cronostoria di questa manifestazione milanese. E finché si parlava della fuga adolescnziale e della manifestazione, andava bene, ma poi, quando finalmente Diego ritrova Michele, quando l'occhio di bue dovrebbe essere tutto puntato su di loro, la cronostoria dei dettagli inutili continua implacabile, come se invece di dare spazio al sentimento e alle emozioni, solo quelle, ci si trovasse di fronte ad una telecronaca o a una sorta di spia, di grande fratello che vigila su tutto, ma proprio tutto! Per questo i tanti bei momenti poetici, tra i due innamorati che fanno trepidare il lettore, vengono a smarrirsi nel mare delle troppe informazioni, e non sto parlando di descrizioni, tra l'altro tutte azzeccatissime, dal tugurio freddo alle ossa esposte di Diego, ma no parlo proprio della proprietà di sintesi che ti manca, scusa, ma quella ti darebbe la possibiità di aprire il cuore dei personaggi che descrivi, a discapito delle troppe cose inutili e dannose con cui allunghi la brodaglia. A volte leggendo le tue cose ale, mi viene da pensare che sei a scuola e stai facendo un tema e, temendo che non si sufficentemente lungo, inserisci, pompi, per renderlo più ciccioso. Ma il lettore non è stupido e un capitolo come questo potrebbe tranquillamente essere dimezzato senza perdere il pathos e raddoppiato aggiungendo, al posto delle così tante parole inutili, la profondità dei personaggi, come al solito ridotta all'osso. Anche se non serve dire che un personaggio sta male o è triste o felice, è l'immagine che ci restituisci che ce lo fa capire. La scena d'amore finisce inevitabilmente per essere una nuova cronostoria su ciò che non andrebbe visto, o solo accennato, ma tu implacabile entri a gamba tesa, e hai poco rispetto per questa prima volta. Non mi fraintendere, si può anche fare una bella descrizione sessuale nuda e cruda, ma o lo sai fare da Dio o, quanto meno, contestualizza bene. Peccato perché io salverei molte cose di questo capitolo, davvero tante, ma è inevitabile quando si scrive così tanto, si finisce anche per scrivere cose bellissime, sarebbe da spararsi il contrario, cioè tante parole e tutte sbagliate! Ma riuscire a carpire il buono di quello che scrivi per il lettore è impresa ardua, soprattutto quando finisce per distrarsi, per sbadigliare e per augurarsi di arrivre presto alla conclusione. Peccato!
RispondiEliminaFinalmente si sono incontratiii!!! E si sono dichiarati, baciati, toccati... aw <3 Aspetto il seguito impaziente! <3
RispondiElimina