sabato 1 settembre 2012

Diegocapa 1 - Noia 0


Pairing: Michele Salvemini - Diego Perrone

Rating: Pg 13

Storyline: Le dimensioni del mio caos tour

Genere: Real person slash

Disclamer: La fic non è scritta per scopi di lucro, ma per puro divertimento e non corrisponde alla realtà

Un grazie particolare a Giusi amica ed editor che e sopporta i miei deliri e che mi aiuta a migliorare. 

Diegocapa 1 - Noia 0 è il sequel di Combattere la noia


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Il concerto era terminato ormai da qualche ora e Michele Salvemini, in arte Caparezza, sedeva al fresco sul terrazzino della sua camera d’albergo. Le mani intrecciate dietro la nuca e gli occhi chiusi a godere della leggera brezza. Era soddisfatto dal tour,  stava procedendo bene. Tutto esaurito ad ogni tappa e il rapporto con i fan diventava giorno per giorno più stretto, come anche quello con i componenti della sua band. Il pensare a loro e soprattutto a un membro in particolare gli strappò un sorriso.
Un leggero bussare alla porta lo distolse dalle sue occupazioni. Sbuffando si alzò pesantemente dalla sedia, dopo aver saltato per oltre due ore gli dolevano tutti i muscoli.
Il bussare divenne insistente. “Arrivo!” alzò la voce seccato.
Un attimo dopo si trovò davanti Diego, pantaloncini oltre il ginocchio, canotta slabbrata, confezione da sei di birre e un sorriso furbetto ad illuminargli il viso. “Ciao”
Per la sorpresa Michele indietreggiò e il nuovo arrivato ne approfittò per avanzare nella stanza e chiudersi la porta alle spalle.
“Diego” mormorò stupito, non si aspettava una visita a quell’ora.
“Non ti ho svegliato, vero?” Diego si passò una mano nei capelli. “Speravo volessi parlare un po’!”
Nonostante ostentasse sicurezza, Michele capì che l’amico era nervoso: “Prendevo un po’ d’aria!” gli sfiorò il bicipite tatuato.
Guardandosi intorno Diego fece un fischio d’apprezzamento. “Cazzo, che lusso. Pensare che io devo dividere la stanza con Gaetano. Quello russa come un martello pneumatico!”
“Se ti dà fastidio puoi trasferirti qui, la camera è spaziosa” pentendosi immediatamente di quell’invito, si morse la lingua.
“Magari” replicò Diego lanciando una fugace occhiata al letto sfatto. Michele ritrovò a fissare Diego incredulo. “Tu almeno non russi!” si affrettò a giustificare la sua uscita che considerava fuori luogo. E ridacchiò, come sempre faceva quando si trovava in imbarazzo.
“Nessuno si è mai lamentato” ridacchiò anche Michele per calmare il suo stato d’animo. Dopo l’episodio di qualche giorno prima nel furgone sarebbe stato pericoloso dormire nella stessa camera con Diego, ma quell’invito gli era uscito dalla bocca prima che potesse far funzionare il cervello. Si rese anche conto che dopo quattro giorni, quella era la prima volta che si ritrovavano completamente da soli.
Impacciato Diego rise e Michele circondatogli le spalle con un braccio, lo condusse all’esterno.
Una volta sul terrazzino, il proprietario si riappropriò della poltroncina, mentre Diego restò in piedi, appoggiato alla ringhiera.
“Non ti siedi?”
“Preferisco stare in piedi” e lanciò un’occhiata al panorama notturno. Grottaglie si stendeva a perdita d’occhio. Diego, folgorato dalle luci e dalla bellezza del paese, si lasciò andare ad un sospiro.
Alle sue spalle, Michele lo osservò stranito, ma anche emozionato. “Stupendo vero?”
“Già” si voltò, gli occhi brillavano. “Stupendo” ripeté.
Si guardarono senza parlare per qualche secondo, poi Diego si avvicinò al compagno. “Facciamoci una birra!” dopo aver stappato due bottiglie gliene porse una. Per una frazione di secondo le dita si sfiorarono, ma Michele prudente ritirò la mano.
“Grazie” si affrettò a berne un lungo sorso.
Diego era diventato improvvisamente serio e silenzioso e Michele lo conosceva da troppo per non sapere che qualcosa lo turbava “Cosa c’è che non va?”.
“Sono solo stanco” Diego si passò una mano tra i capelli, poi continuò “ma non mi sono mai divertito tanto come in questi ultimi giorni” gli rivolse un sorriso dolcissimo.
Un leggero formicolio alle parti basse mise Michele in una condizione di disagio. Inquieto si mosse sulla poltroncina. “Sono contento che ti trovi bene con m… noi” si corresse dandosi dell’idiota. Quando era da solo con Diego l’adolescente sfigato nascosto dentro di lui faceva capolino impedendogli di esprimere quello che davvero provava.
“Alla grande” rispose di slancio. “Mi piace travestirmi, mettere in scena i personaggi” aggiunse. 
“Sul palco sembri un’altra persona, un vero camaleonte”
“Grazie” si toccò i capelli chiari “ma sei tu la star tra noi” sulle labbra apparve un sorrisetto malizioso. Michele deglutì cercando di spostare la sua attenzione altrove, ma la bocca e soprattutto il piercing che forava il labbro sembravano una vera calamita.
Il silenzio cadde inesorabile e Michele temette che Diego potesse sentire tamburellare del suo cuore.
Dopo un tempo che gli parve infinito, Diego ruppe quella quiete quasi irreale. “Volevo parlarti, Miché!” annunciò improvvisamente il torinese e senza accorgersene, Michele se lo trovò inginocchiato davanti, ad invadere il suo spazio vitale.
Tentando di aumentare la distanza tra loro il cantautore pugliese appoggiò la schiena alla spalliera, ma il cuore sembrava volergli schizzare fuori dal petto. Lo sfiorò il pensiero che Diego volesse ritornare alla sua carriera piuttosto che limitarsi a fargli da corista. In fondo, sarebbe stato un suo diritto. Era così bravo e non gli aveva mai nascosto la voglia di proseguire a fare musica con i Medusa, il gruppo di cui era leader. Alla prospettiva che alla fine del tour Diego volesse tornarsene a Torino e non cantare più con lui, Michele avvertì uno strano dolore e il panico gli rese impossibile respirare normalmente.
“Ehi, stai bene?” e appoggiandogli una mano dietro la nuca Diego avvicinò il viso al suo.
“Sì, si” ma aveva cambiato colore.
“Sei tutto rosso, Miché. Forse dovresti dormire. Ne parliamo un’altra volta” infilò le dita nei capelli crespi del pugliese scendendo verso la nuca.
“Resta!” Michele gli afferrò la mano e si beò di quel contatto, la pelle di Diego era fresca ed anche leggermente umida.
Il più giovane restò interdetto, così Michele si affrettò a replicare. “Hai detto che mi devi parlare, no? Su, Diegone…”
Nel sentire quel nomignolo, Diego fremette emozionato: “Non era importante”.
Dal modo in cui si torturava il labbro con i denti, Michele capì che stava mentendo: “Devo pregarti per parlare?” lo pungolò, ma si rese conto che anche le proprie mani si erano ricoperte di uno strato imbarazzante. Imprecò mentalmente, ma Diego sembrò non accorgersene, forse perché ancora più nervoso di lui.
Il giovane serrò le labbra: “Okay, ma penso avrai capito” borbottò il cantautore torinese.
“Capito cosa?” si asciugò i palmi sudati sui jeans.
“Non faccio che pensarci e la cosa mi fa impazzire” Diego mordicchiò il cerchietto sul labbro.
Michele avrebbe voluto farlo tacere con un bacio. Se solo ne avesse avuto il coraggio.
“Mi stai ascoltando?” Esasperato, Diego scattò in piedi. “Cazzo Miché, se non te lo dico scoppio!”
Batté i piedi. Michele si alzò a sua volta, ma dovette appoggiarsi perché le gambe si erano intorpidite.
“Vuoi parlare?” il cantautore pugliese non ce la faceva più, voleva sapere di cosa stesse blaterando.
Finalmente quello che si stava tenendo dentro Diego, uscì come un fiume in piena “Penso sempre a quello che è successo nel furgone. Un chiodo fisso. Cazzo! Non avrei voluto rialzarmi più da quella posizione, eri così comodo e poi…insomma, avrei voluto fossimo soli per…” Diego d’istinto si leccò le labbra e Michele si lasciò sfuggire un gemito.
“Per?” Michele spalancò la bocca incredulo per poi richiuderla di botto.
“Insomma…puoi immaginarlo” sorrise malizioso ma quasi subito guardò dall’altra parte sperando di sparire.
Rendendosi conto delle implicazioni che celavano le sue parole, Michele sbatté gli occhi incredulo, poi si diede un pizzicotto sul braccio. “Ahi”
“Che fai?” Diego lo fissò con quel suo solito broncio che lo rendeva agli occhi del cantautore pugliese, ancora più adorabile di quanto fosse di solito.
“Controllo che non sia un sogno” si pizzicò di nuovo, ma questa volta sulla guancia. Accertatosi di non essersi addormentato e di non stare sognando quella conversazione, prese a ridacchiare.
“Miché, mi fai paura. Prima ti prendi a pizzichi, poi ridi come un pazzo. Sei sicuro di stare bene?”
L’interpellato si limitò ad annuire e Diego si mosse. “Non mi sembri uno sano di mente”
“Me lo dicono in parecchi” Michele lo sovrastò con la sua altezza. Gli sembrava così piccolo, un folletto. Voleva afferrarlo e stringerlo a sé, ma il corpo sembrava come pietrificato. La sorpresa di quell’ammissione era stata troppo grande per lui. Si sentiva come destabilizzato. Voleva credergli, ma gli sembrava incredibile.
“A me piaci così, pazzo e imprevedibile” felice di essersi tolto un peso, Diego sorrise. “Ecco, te l’ho detto”
“Diego, non dici sul serio” e riflettendo sulle sue parole, decise che non poteva essere vero per due motivi. Primo, Diego amava le donne e secondo, non si sentiva di certo alla sua altezza. Bello e dolce e talentuoso com’era avrebbe potuto avere chiunque.
Il torinese gli poggiò le mani sui fianchi. “Mai stato più serio in tutta la mia vita, Miché”
“Non posso piacerti” replicò con voce stridula.
“Perché?” Diego si pressò contro di lui, Michele poteva sentire il calore avvolgente provenire dal suo corpo.
“Perché, perché…” ma non riuscì a formulare neanche un pensiero concreto. “Merda, Diego” si agitò come gli accadeva quando era in panne.
“Dammi un cazzo di motivo!” il musetto assunse un’espressione maliziosa e Michele restò senza fiato.
“Io…beh, v-v-veramente…” si odiò chiedendosi perché stesse balbettando in quel modo.
“Allora?” le labbra imbronciate. “Ti piaccio o no?”
Michele fece l’unica cosa che gli venne in mente per indurlo a tacere. Gli afferrò il viso con entrambe le mani e mentre si impossessava della sua bocca, lo tenne fermo.
Sorpreso ma anche felice dalla sua intraprendenza, Diego si alzò in punta di piedi per rispondere degnamente a quel bacio che bramava da quando si era accorto di provare dei sentimenti per lui. Gli succhiò la lingua gustando per la prima volta il suo sapore, ma la barba gli solleticò il mento provocandogli la ridarella.
Stranito, Michele si staccò: “I miei baci ti fanno ridere?”
“No, la tua barba… mi fa il solletico” gliela tirò con le dita, poi senza permettergli di replicare, tornò a cercargli le labbra.
Michele non aveva mai baciato nessuno con un piercing, Ma c’era sempre una prima volta. In fondo dove ammettere di non aver mai baciato nessuno come Diego. Lui era unico. Adorava il suo sapore, il profumo della sua pelle e soprattutto quella bocca morbida e talentuosa.
Possessivo il torinese gli circondò la vita con un braccio, ma ben presto la stanchezza per quella posizione cominciò a farsi sentire e Diego tornò a poggiare i piedi per terra.
“Entriamo, su” gli disse ansimante Michele.
Per tutta risposta, Diego lo abbracciò con forza, appoggiando il volto sul suo petto: “Restiamo ancora un po’” e sospirò felice. Non avrebbe voluto trovarsi da nessun’altra parte.
Michele gli passò una mano tra i capelli, rasati ai lati e con un buffo ciuffo che ricadeva sul viso. Tempo addietro si era chiesto chi glieli avesse tagliati in quel modo, poi finalmente Diego aveva rivelato che se li faceva da solo offrendosi come parrucchiere ufficiale del gruppo. Naturalmente il cantautore salentino si era rifiutato di farsi toccare la sua preziosa chioma.
“Perché non dovresti piacermi?” Diego parlò.
“Potresti avere chiunque, perché me? Non sono un sex symbol, in compenso sono un vero sfigato e…” notando la luce nei suoi occhi si bloccò.
“E cosa?”
“Niente” scosse la testa e tirandogli i capelli all’indietro lo baciò di nuovo, prendendosi il suo tempo per assaporare ogni istante. Una leggera brezza gli scompigliò i ricci insinuandosi anche sotto la magliletta leggera. .
“Meglio rientrare” rabbrividì.
A Diego sfuggì uno starnuto.
“Hai freddo?” domandò Michele preoccupato che potesse prendersi un malanno. “Sei sempre mezzo nudo!”
“Ho te che mi riscaldi” replicò stringendosi a lui, le dita carezzarono la schiena.
“Ma smettila!” e spingendolo attraverso la porta finestra, lo condusse in camera.
Diego si staccò e indietreggiò verso il letto. Dopo aver scostato un paio di boxer abbandonati sul lenzuolo, sedette facendogli segno di raggiungerlo, ma Michele restò fermo dov’era.  
“Che c’è? Perché stai lì impalato?” domandò il biondino.
“Rifletto su come è strana la vita. Quando ti ho conosciuto non pensavo di affezionarmi così a te, di provare questo genere di sentimenti. Primo non mi è mai capitato di essere attratto da un altro uomo, poi tu eri fidanzato all’epoca e non hai mai dimostrato quello che sentivi”
“Sono un grande attore!” esclamò sorridendo. “Michele mi meraviglio di te. Che fine ha fatto la Bonobo power, l’amore libero, le orge”
“Vuoi fare il serio una volta? Quello che sto cercando di dirti è che tu mi piaci davvero, quando mi sei vicino mi sento come se potessi scalare una montagna. Mi dai una forza che neanche immagini”
La faccia di Diego tradì tutta la sorpresa per quell’ammissione. Lo raggiunse afferrandolo e stringendolo a sé con forza.
“Piccoletto, mi sei entrato nel sangue, lo sai?” continuò il rapper pugliese.
“Resto con te stanotte!” confessò infine un Diego visibilmente emozionato.
“Perché Gaetano russa!” era un’affermazione ma alle orecchie di Diego risultò una domanda.
“Ovvio che è per questo” accordò Diego prima di alzarsi di nuovo in punta di piedi e cercare le sue labbra.
Lasciandosi sfuggire un lamento di piacere, Michele gli circondò la vita con un braccio e lo trascinò verso il letto, ma intruppò contro una poltroncina lasciata in mezzo alla stanza. “Ma porca…” imprecò dolorante, l’emozione gli stava giocando dei brutti scherzi. Zoppicò, l'alluce gli faceva un male cane.
“Tutto bene?” gli chiese Diego, gli occhi lucidi. Stava a tutti i costi cercando di restare serio, ma la sua espressione era talmente comica che gli scoppiò a ridere in faccia.   
“Che cazzo ridi” sbottò Michele offeso. “Come rovinare l’atmosfera romantica” e mise il broncio, ma Diego, dopo essersi asciugato le lacrime lo strinse forte: “Ti faccio passare io la bua, amore” abbracciati e semiseri si buttarono sul lenzuolo.
Diego lo guardò per qualche istante: i capelli scompigliati, gli occhi stanchi, le labbra gonfie per i suoi ripetuti assalti e si disse che non gli era mai sembrato così bello come in quel momento. Michele gli sfiorò una guancia, poi lo attirò a sé. Le fronti una contro l’altra, i respiri affannosi, i battiti violenti e le bocche ad un niente. Nessuno dei due osò muoversi per non rompere atmosfera. Ben presto la stanchezza ebbe la meglio, si addormentarono così, vicini.


3 commenti:

  1. Che dolcezza nel finale! E tutto il loro imbarazzo nel rapportarsi, nel forzare i sentimenti ad uscire… adorabili! Questa FIC è stupenda, bravissima! <3

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  2. Sei tanto carina, grazie. A volte ho timore di non riuscire a cogliere il loro vero io, la loro essenza perchè non li conosco da tanto, quindi sono contenta ti sia piaciuta.

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  3. Scusa se ci ho messo tanto a commentare, poteva venire meglio di così? Non lo so... magari dovevamo lasciare meno sviste, ma l'occhio fa i capricci... l'età, e non penso proprio che Diego avrebbe mai lasciato il tour in corsa, manco se l'avessero chiamato a sostituire Madonna in tour!! Il resto sono d'accordo sulla dolcezza e li trovo complici. Carina

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