giovedì 13 settembre 2012

La lunga estate caldissima, Capitolo 14

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Titolo: La lunga estate caldissima

Pairing: Diego Perrone/Michele Salvemini (Caparezza)

Genere: AU/Comedy/Romantico/Introspettivo

Rating: slash. NC 17

Disclaimer: I personaggi mi appartengono, ho solo preso in prestito dei nomi e questa opera non ha scopo di lucro.

Note dell’autore: il titolo di questa fiction è stato ispirato dal pezzo degli 883, che faranno da colonna sonora all’opera insieme a tante altre. Spero di riuscire a far assomigliare i personaggi il più possibile agli originali. 




*****


Capitolo 14



Diego e Michele in qualche modo sono riusciti a non intaccare la casa dell’amore. Non ci riescono le continue telefonate di mamma Salvemini, preoccupata perché il figlio ha smesso di andarla a trovare o quasi. Così chiama di continuo, anche in un momento che fanno l’amore, stranamente di pomeriggio, durante la controra. Non ci riesce Susanna, ovviamente, che si gioca le sue carte provandoci con Diego, ma quando tenta di baciarlo, durante una breve pausa nel proscenio prima di uno sketch, le ride in faccia ferendola. In seguito si scuserà con lei. Non ci riesce nemmeno il malessere segreto di Diego, quel mondo marcio che si porta dentro. E Michele, con il suo acume e la sua immensa sensibilità, non compie lo sbaglio che avrebbe fatto un innamorato qualsiasi. Non domanda, non si impone, non tenta di salvarlo. Attende con la pazienza di Penelope che senta lui il bisogno di aprirsi. Ed è giusto dire che, abituato com’è a convivere con i suoi di demoni, non senta nemmeno troppo il bisogno di ‘sapere’. Probabilmente perché ne è spaventato. Terrorizzato anzi, che tutto quel marcio venga ad intaccare la loro isoletta felice. Quella dove si rifugiano ogni tanto di pomeriggio, di notte, e ogni volta che i loro occhi s’incontrano, al chiaro di luna o non. Con gli occhi fanno viaggi interminabili e ambiti, dove nessuno può raggiungerli. E ora che i giorni si snocciolano uno dopo l’altro, inesorabilmente, aumenta l’esigenza di consumare la passione. Come se aumentando gli incontri, riuscissero a fregare l’inesorabile e misterioso orologio che li accompagnerà alla fine dell’idillio. O quanto meno, ne avranno ricavato più ricordi, più materiale per quando dovranno stare separati. Ma è quasi ferragosto e nessuno dei due parla lontanamente di ‘dopo’, di come ovvieranno a quei novecento abbondanti chilometri che li dividono. Siamo quasi al quindici del mese e la calura non lascia spazio a fraintendimenti: condizionatore a palla e abbigliamento minimale. Caldo già, ma ci si suda addosso che è una bellezza. I piccioncini si sono appartati e, sebbene la doccia, Michele si porta addosso il vago eco dell’odore di ragù. Diego, tra le sue cosce, si muove svelto ma sensuale. È quasi arrivato quando un’improvvisa ‘pioggia di porpora’*, la sua suoneria, si staglia tra loro. Nessuno dei due lo spegne mai, Michele per via di papà e soprattutto mamma’, Diego... Questi si allunga per controllare il display, sperando si tratti di qualcuno dell’animazione, o del suo capo che si è risvegliato dal coma. Il numero privato lo mette in allarme. Senza tante cerimonie si scansa da Michele che rumina imprecazioni in salentino stretto.
“Pronto... ” silenzio di dieci secondi. “Cosa?” altri dieci secondi, forse otto: “Quando” grugniti... “Va bene” e chiude la comunicazione. Michele chiede chi è con lo sguardo, ma quando Diego gli offre solo l’espressione più contrita che ha, il suo piglio si addolcisce. “Vieni qui” allarga le braccia e il piemontese ci finisce dentro. Per alcuni secondi sembra ritrovare la pace. Restituisce piccoli baci sul collo, sulle spalle e sul petto. È il suo modo per dirgli: lo so che ci sei, grazie per la tua discrezione, sei fantastico, cosa ho fatto per meritare una perla di ragazzo così?
“Scusami amore, devo risolvere... una grana” Michele glielo sente enunciare che si sta vestendo. Annuisce e, il tempo di trovare i suoi pantaloni a ginocchio, Diego è già fuori dalla camera.


Porcelli è occupato con una tranquillissima partita a scacchi interattiva quando si ritrova la visita inaspettata del capo animatore. Dialogo al limite del surreale.
“Dica Perreno”
“Perrone”
“Certo... dica”
“Mi servono tutti i soldi che mi deve”
“Cosa?” occhi fuori dalle orbite: “Io liquido tutti al trentuno agosto, lo dovrebbe sapere bene”
“Non manca molto e... a me servono subito” Diego si rende conto di aver acutizzato troppo la voce. Cerca di tornare nei ranghi, ma la faccia di Porcelli è nera.
“E da quando ti saresti montato la testa? Pensi davvero che mi fiderò a darti tutto? Così te ne torni a Torino e mi lasci nei guai” biasima senza peli sulla lingua.
Ora m’incazzo sul serio: “Ho firmato un contratto e ho tutta l’intenzione di rispettarlo. Ma mi servono quei soldi” in caso contrario non saprebbe dove sbattere la testa. Sarebbe costretto a chiederli a Michele, che magari non troverebbe nemmeno sbagliato fargli un prestito e, discreto com’è, non pretenderebbe nemmeno di sapere a cosa servono. Ma lui starebbe troppo male a non chiarire tutto. Già sta male così: per colpa di quella telefonata si trova lontano da lui, dalle coccole canoniche del post.
“Solo il trenta percento, non posso permettermi di più. Qui scarseggiamo di liquidi. Mi barcameno per mandare avanti la baracca Perreno... Perrone! Sei del nord dovresti sapere come funziona... voi siete precisi, rispettate sempre le scadenze”
Dopo quella retorica, Diego fa spallucce e se ne va. Ha accettato i liquidi. Per il resto sa già come procurarseli.


Michele è preoccupato. Non per la cena che ha già preparato insieme ai suoi colleghi. Nemmeno per lo spettacolo, ormai è diventato automatico e le battute le sanno entrambi a memoria. Anzi, quando iniziano quella sera, è sereno. Diego, con fare sicuro di sé, annuncia il programma di Ferragosto e il pubblico lo ascolta attento. Così come quando intona un vecchio pezzo di Terence Trent D’Arby. Durante Sign your name lo guarda e gli sorride più volte, cosa che non sfugge a Susanna, che comincia a capire perché è stata rifiutata. Michele è sereno finché non nota un segno sotto l’occhio di Diego, come di un cazzotto quasi schivato. Quasi... Ora Michele è preoccupato anche perché quella sera Diego non ha cenato, non è passato nemmeno da lui prima di recarsi allo spettacolo serale come fa sempre. È misteriosamente scomparso per tutto il pomeriggio. Che magari il segno sotto l’occhio e la sua assenza siano collegati? Che poi riesca a districarsi sul palco alla grande, che è la sua vita, cantando bene e recitando altrettanto, è un conto. Ma ora è preoccupato sul serio. Michele teme pure che ormai siano agli sgoccioli. Che non ci sia più modo di tenere fuori dal loro menage i problemi di Diego, perché magari ora non si tratta più di problemi esistenziali ma... E gli è sempre più chiaro quando, a notte fonda, lo vede contare una mazzetta di soldi liquidi. Michele giunge silenzioso alle sue spalle. Sono nella loro stanza, quella di Diego che però è ormai di entrambi. Già da tempo...
“Non chiedermi niente” la voce di Diego lo fa raggelare.
“Lo sai che non lo farei mai”. Michele sembra un cane bastonato e Diego, resosi conto di averlo maltrattato, lascia stare il contante e si volta per abbracciarlo.
“Dimmi solo che hai fatto sotto l’occhio”
“Ti avevo chiesto di non chiedermi niente” questa volta il tono è dolce, malinconico. Michele si aggrappa di più a lui.
“Non voglio impicciarmi, però...”
Diego lo interrompe: “No, hai ragione. Devo dirtelo. Questi soldi me li ha dati Porcelli, e un po’ me li sono procurati. Devo arginare delle grane giù da me”
“Ok...” ovviamente Michele non chiede: quali grane? perché se volesse dirglielo, lo farebbe.
“E il segno sotto l’occhio?”
“Rischi del mestiere...” ridacchia come un bambino cattivo, che ha fatto la bravata e ne è consapevole. A quel punto Michele perde le staffe: “Hai fatto a botte vero? Li hai rubati, non è così?”
“L’alternativa era vendere a chitarra. È uno dei pochi oggetti a cui sono veramente legato”
“Vendere la tua chitarra?” Michele lo ripete tra l’allibito e il costernato. E l’incazzato duro. “Diego!”
Esasperato, il cantante sbraccia e alza la voce, il loro primo alterco vero. “E va bene, ho fatto una cazzata forse. Mi sono messo d’accordo con un ricettatore che sta a quaranta chilometri da qui. Ovviamente un tipo losco. Era questo che ti preoccupava? L’ho menato io però. Gli ho fatto credere che gli davo la chitarra, invece mi sono preso i suoi soldi e pure la chitarra” indica lo sfregio sotto l’occhio: “Questo non l’ho potuto schivare, ma del resto mi è andata bene...”
L’espressione di Michele tradisce panico: “Ma...”
“Lo so che stai per dirmi. Che magari verranno a farmi la pelle, già. Quella è gente che non perdona. E tutte stronzate simili. Ci convivo da una vita con quella risma Miche’, non devi preoccuparti per me...”
“Sono preoccupato invece, sono molto preoccupato...” lo dice triste, quasi sull’orlo delle lacrime. Diego ne è incredibilmente colpito. E capisce. Capisce il male che gli sta facendo, il dolore che gli sta imponendo. “Non è giusto cristo!” sbuffa, impreca, si accende una sigaretta, tutto nello stesso istante. “Mi dispiace tanto, sporco tutto quello che tocco. Io sono bollato, infettato, spacciato. E ti sto contaminando... ”
“Ma di che parli” ora quella di Michele non è più ansia, ma certezza che lo sta perdendo. E gli manca la terra sotto i piedi. Non si è mai sentito così. La parte più dura dell’essere innamorati, quando si arriva a quel punto, sull’orlo del precipizio.
“Ti sto dicendo che faccio schifo Michele. Sono una persona orribile e prima o poi te ne saresti accorto da te. Mi dispiace averti fatto credere di essere diverso. Un ragazzo pieno di doti, come dici tu. Ma che gliene manca giusto una. La normalità”. Già, la normalità, quella di cui è, o forse era, portatore sano Michele, con il suo posto di lavoro sicuro, la sua vita intervallata dal nulla, la sua quotidianità esasperante, con le sue gabbie dorate, dove si era nascosto al mondo per non essere infelice, perfetta incarnazione. Emblema di normalità.
“Voglio stare con te, Diego. Qualsiasi cosa tu abbia fatto. Non mi interessa. Voglio stare solo con te. Ovunque” lo dice con il cuore in mano, in un ultimo tentativo di riconciliazione.
“E per andare dove? Verso cosa? Te l’ho detto, io sono marcio. Diego è marcio! Marcio fino al midollo” una lacrima solca là dove la mano sconosciuta ha inciso il suo segno, come quando il prete battezza un nuovo cristiano. “Scusami, non dovevi innamorarti di me. Porto solo sfiga!” fa per andarsene ma Michele lo blocca sulla porta. Ce lo sbatte quasi con violenza.
“Ricordi cosa hai cantato stasera?” glielo respira in faccia, sono petto contro petto. I’d rather be in hell with you baby, than in cool heaven…”.



* Traduzione di Purple Rain, mitico pezzo anni ottanta di Prince

5 commenti:

  1. Bellissimo ma anche molto triste. La consapevolezza che l'idillio stia per finire, che presto Diego se ne andrà pesa sulle loro teste e sui loro cuori. Nonostante cerchino di non farci caso, torna inesorabile, come torna anche quella parte della vita di Diego nella quale Michele non può entrare. Egli non chiede forse per paura di sapere o forse per non portare i problemi nel ragazzo all'interno del loro piccolo angolo di paradiso, nella loro casa dell'amore. Purtroppo per quanto cerchino di lasciare fuori i problemi questi entrano sconvolgendo il sottile equilibrio. Michele è preoccupato per quello che sta accadendo al suo amore, mentre Diego sente che non potrà continuare a nascondergli quella parte della sua vita, quel marcio che lo lacera dentro. Teme di perdere Michele e questo allontana il momento delle confessioni, ma penso che presto dovrà fidarsi di lui e dei suoi sentimenti e confidarsi se non vuole davvero rischiare di perdere tutto. Bellissimo il pezzo finale quando Michele cita il verso della canzone. In Diego ha trovato la pace, si sente finalmente parte di qualcosa e che la sua vita non è più inutile e fatta di casa e lavoro.

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  2. Wow... sei riuscita ad emozionarmi ancora di più. E a farmi preoccupare per Diego, proprio come se fossi Michele... e ancora queste paure così reali che pervadono gli ultimi capitoli, quella di non meritarsi prima, e di perdersi dopo, rendono tutto ancora più vero e vivido. Sei una pittrice di sentimenti!

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  3. grazie ragazze, ale hai fatto un commmento extralarge molto carino ;) a tra non molto, penso poco, per il capitolo finale

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  4. Ma sai che ho il cuore che va a mille? Un turbinio di emozioni. L'amore finalmente, la paura di perdere il compagno, o peggio di fargli del male. Chiedersi se rimanere, o più semplicemente fuggire, ancora. Vita vera questa. Ho quasi paura a leggere il finale adesso.

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