Paring: Diego Perrone/Michele Salvemini (Caparezza)
Genere: Introspettivo
Storyline: L'eretico tour - L'estinzione
Raiting: slash
Disclaimer: Questa fanfiction, come le altre del resto, non è scritta a scopi di lucro e niente di tutto questo è stato documentato. E' solo invenzione della mia testolina malata
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Diego sedeva tristemente nella hall dell’albergo, davanti a sé un cornetto con la nutella e un cappuccino con schiuma extra e cacao amaro. Stranamente non si era buttato sul quelle leccornie come un lupo famelico come faceva sempre. Quel mattino la tristezza gli aveva chiuso lo stomaco. E per chiudere lo stomaco a lui che di solito ingurgitava tutto quello che gli capitava a tiro, voleva dire che era bella forte. Un motivo serio lo aveva per stare così, almeno sembrava serio a lui. Il tour si era concluso la sera prima, decretando la fine di un qualcosa durato un anno e mezzo. Con i suoi compagni si sentiva a casa, coccolato, compreso, amato. Sì, amato. Solo a pensarci si sentì riscaldare. I suoi compagni di viaggio lo adoravano, lui era una specie di mascotte per loro. Colui che li faceva divertire durante le lunghe trasferte, che faceva il pagliaccio per sdrammatizzare momenti pesanti e li faceva anche sognare con le sue canzoni. Sì, cantava loro le canzoni che era solito comporre durante i momenti morti o quando qualcosa stimolava la sua creatività. Soprattutto Michele sembrava apprezzarle. Michele… Non voleva lasciarlo. Non dopo tutto quello che c’era stato tra loro durante quei mesi. Gli sguardi complici durante l’esibizione, le carezze rubate quando gli altri erano impegnati in altro, le serate trascorse a chiacchierare nello stesso letto e soprattutto… e soprattutto…
Diventato ormai porpora, tossicchiò imbarazzato, quasi come se qualcuno potesse comprendere il proprio stato solo guardandolo. In giro però non c’era nessuno, la hall sembrava troppo silenziosa per essere le undici. Allungò la mano per prendere il cornetto, ma aveva appena dato il primo morso che scorse Michele. Si trascinava dietro un piccolo trolley e sulla spalla poggiava una sacca. Deglutendo pensò che forse era davvero l’ora dei saluti. Ingoiò a fatica come se invece di un dolce avesse un sasso in bocca e si alzò. Quando Michele lo avvistò sorrise, gli occhi scuri s’illuminarono provocando nel giovane torinese una buffa ma piacevole sensazione allo stomaco. Tentando di restare calmo e di non cedere alle emozioni che rischiavano di sommergerlo, Diego lo raggiunse.
“Che facevi lì tutto soletto?” gli domandò Michele avanzando di un passo.
“Colazione”
“Vedo” ridacchiando allungò una mano. Diego non capì cosa volesse fare fino a quando non si ritrovò le sue dita sulla bocca. A quel punto cominciò a sudare, dandosi del coglione. Ma è mai possibile che basta che mi tocchi per farmi eccitare come un adolescente in calore?
Michele sfregò il labbro superiore con un dito lasciando il cantante stordito e in balia dei suoi sentimenti. “Avevi del cioccolato” si affrettò a spiegare il pugliese.
“Oh”
“Pasticcione” avvicinò il viso al suo.
“Già”
“Oggi parli per monosillabi, Diego!” Michele corrucciò la fronte. “Ti senti bene? Sei più loquace del solito”
“Ho sonno, non ho dormito granché”
“Lo so bene, ti sei agitato tutta la notte, ma si può sapere che avevi?” il tono era preoccupato.
“Pensieri” distolse lo sguardo, quasi come se gli potesse leggere negli occhi tutta la tristezza che provava.
“Dovevano essere terribili, certi calci!” si lamentò.
“Scusa, ma lo sai che io di notte non sto mai fermo”
“E quando mai stai fermo!” replicò Michele sorridendo, poi gli accarezzò la testa rasata. “E il tuo bagaglio?”
“Di sopra” giocherellò con il cerchietto metallico sul labbro. Al pensiero di doversi separare da lui provò una morsa di dolore che lo fece quasi piegare in due, ma mantenne il suo falso sorriso. “A che ora hai il treno?”
“A mezzogiorno” rispose noncurante del fatto che restasse così poco per restare insieme.
“Sei contento di tornare a casa?”
Michele lo guardò dritto negli occhi: “Mi mancherà essere in tour, ma tutto ha una fine e poi, ci vuole un po’ di riposo”
“E sì” mormorò Diego con gli occhi lucidi.
“Ma che hai? Sei così strano”
“Niente” indietreggiò prudente. “Prendo la valigia e torno. Non andartene!” e si precipitò verso l’ascensore.
Una volta al sicuro si appoggiò alla parete e ricominciò a respirare normalmente. Imprecò pensando che forse del tempo lontano da Michele gli avrebbe fatto bene. Avrebbe di certo giovato alla sua sanità mentale. Michele gli aveva fatto capire in tutti i modi che gli voleva bene. Al termine di un paio di concerti aveva anche sparato la bomba dicendo che condividevano lo stesso letto... che poi era vero. Avevano spesso dormito insieme, si erano coccolati e nel sonno sfiorati tanto che la mattina seguente Diego si era ritrovato anche con un’evidente erezione che lo aveva lasciato più confuso che mai.
Arrivato al terzo piano, percorse correndo il corridoio fino alla loro camera. Il letto era ancora sfatto. Si avvicinò passando una mano sul lenzuolo, dalla parte in cui dormiva Michele, poi senza pensare più a niente afferrò il manico del trolley e uscì dalla stanza chiudendosi per l’ultima volta la porta alle spalle.
Il tragitto fino alla hall fu un supplizio. Fissò il susseguirsi dei piani come in trance, poi quando finalmente le porte si riaprirono si precipitò fuori. Non trovando più Michele dove lo aveva lasciato, lo cercò con lo sguardo. Considerò che agli occhi di spettatori ignari poteva sembrare un invasato, ma a lui non importava. Stava per lasciarsi andare allo sconforto quando riconobbe la sua folta chioma. Era fuori, appoggiato con la schiena al furgone rosso. Sorrise trascinandosi dietro il piccolo trolley della Samsonite che conteneva tutti i suoi averi.
“Ehi, temevo fossi già partito!” lo raggiunse piazzandoglisi davanti.
Michele fece un’espressione contrita: “Mi conosci, no?”
“Non ti vedevo e…scusa” arrossì dispiaciuto di aver dubitato di lui.
“Smettila! Non ti devi scusare” l’espressione del pugliese si addolcì e un attimo si sentì attirare in un abbraccio. Michele gli affondò il volto nel collo riempiendolo di bacetti rumorosi.
“Mi mancherai, Miki!” sussurrò Diego tentando di non cedere alle lacrime che premevano per uscire.
“Perché?” si scostò stupito.
“Come perché?” Diego sgranò gli occhi, la bocca spalancata. “Vuoi dire che io non ti mancherò dopo tutti questi mesi insieme?” era talmente sconvolto che urtò la valigia facendola cadere sulla ghiaia.
“Perché dovresti mancarmi? Tu vieni con me a Molfetta, no?” lo disse come se fosse la cosa più normale del mondo.
“Eh? A Molfetta?” aprì ancora di più la bocca, ma Michele gliela chiuse con le dita sotto il mento.
“Ci entrano le mosche, Diegone” ridacchiò soddisfatto dalla reazione ottenuta.
“Vuoi che venga con te?” Diego sbatté le palpebre, poi sorrise felice.
“Certo, perché tu dove pensavi di andare?”
“A casa” rispose ancora sotto shock.
“Appunto” e senza attendere una sua risposta, agguantò il trolley e lo infilò nel furgone.
Dopo aver sistemato i bagagli lo richiamò: “Ehi, Bell’addormentato, perdiamo il treno”
“Tu sei matto!” scoppiando a ridere, Diego obbedì prendendo posto accanto a lui.
Il furgone con alla guida Alfredo partì sgommando tanto che la ghiaia schizzò ovunque.
Le seghe mentaliii!!! Quanto amo le seghe mentali! <333 E che tenerezza Diegone... e il finale... che carini!!! <3 Amo questa fic!!! :***
RispondiEliminaLe belle storie dovrebbero avere tutte un lieto fine... grazie perché tu con il tuo ottimismo ci regali un punto di vista interessante... e siccome una storia è finita quando si decide che lo sia, vedremo cosa succederà... saranno confetti, bebé o qualcosa di più bonobbiano? :D Chissà.....
RispondiEliminaOh, ecco, così la penso, almeno nelle storie, non fatemi mancare un bel lieto fine! Diego è così tenero che fa venire il "magone", ma leggero leggero. Adorabile. Lui. Michele. E tutta la storia!
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