lunedì 26 novembre 2012

2Pianeti, parte terza



Titolo: 2Pianeti
Sottotitoli: vari, saranno specificati via via
Autori: Annina e Giusipoo
Pairing: Diego Perrone/Michele Salvemini
Genere: AU/Commedia/Romantico/Introspettivo  
Rating: N.C. 14 
Disclaimer: come sempre è tutto frutto di fantasia. I personaggi sono originali, abbiamo preso in prestito i nomi per ispirazione artistica e non per insinuare qualcosa!







In 2 sull’Ortica (3)


Usciti dall’autogrill li accoglie la pioggia.
“E cazzo, ma cos’è! Prima la neve, ora piove. Ma che è la settimana della sfiga?” fa Michele e si mette a correre verso il camion con Diego dietro, ma, nonostante la corsa, arrivano a bordo infradiciati, soprattutto Diego, perché invece i capelli di Michele sembrano perfettamente asciutti! E hanno fatto da ombrello un po’ anche al resto. Una volta dentro la cabina, Michele sbraita: “Togliti quella felpa che è fradicia; chissà perché poi con due gradi sotto zero, tu lasci il giubbino sul camion” e dopo essersi tolto la giacca a vento, armeggia con il riscaldamento che non vuol saperne di partire.
“Cristo che freddo, perché non parte?” Diego batte i denti rannicchiato sul sedile, la maglietta bagnata quanto la felpa, il ciuffo appiccicato alla fronte.
“Togliti anche la maglia no? Non lo so perché non parte, togli la maglia e infilati il giubbotto, ma Diego sveglia, bisogna dirti proprio tutto?”
Diego china la testa e obbedisce, togliendosi la maglia e mettendo in mostra un fisico secco e nervoso, da ragazzino, il petto praticamente glabro. Si allunga dietro al sedile e raccoglie il giubbotto, infilandoselo. Anche così però non smette di tremare.
“Forza, è partito adesso vedrai che si scalda in fretta. Dai, buttati in cuccetta, io starò qui” e Michele comincia a sistemarsi sul sedile.
Diego è sorpreso, burbero com’è non se lo aspettava proprio quel cambio di rotta. Ma lui si è immaginato una situazione diversa, e non ha nessuna intenzione di disilludere le sue aspettative: “No, dai non ci vado li dietro da solo, vieni anche tu”.
“Di cosa hai paura, del mostro sotto al letto? Pensi che i pelati si animeranno e verranno ad ucciderti? Sei proprio un bambino!”.
“Va bene, sono un bambino, ma vieni con me lì dietro o sennò sto anch’io qui sul sedile con te” testardo Diego, tolte le scarpe, si rannicchia stringendosi le gambe, come suo solito.
“Ma chi me l’ha fatto fare di fermarmi in quell’autogrill stanotte?” Michele dà uno scappellotto in testa a Diego e lo spinge dietro “forza bimbo, a nanna” scavalcando a sua volta il sedile.
Ancora avvolto nel giubbotto, Diego si accomoda nella cuccetta: per lui è più che confortevole!
Michele si corica nel suo lato, come sempre con le gambe un po’ piegate. “Un po’ strettini, ma ci si sta. Comincia a fare caldo vero?”
Diego sorride: “Si sta bene ora” e si rannicchia sul fianco, addosso a Michele che, a disagio, cerca di spostarsi un po’ ma cade dalla cuccetta quasi subito. Diego si alza e ridendo lo guarda, disteso tra i sedili: “Ti faccio paura?”.
Michele gli lancia un’occhiata torva, e si sposta davanti: “Vado ad abbassare, non senti che caldo che fa adesso?”
“Sì, ora fa davvero troppo caldo, devo togliermi sta roba di dosso” e sfilandosi il giubbotto lo lancia sul sedile.
“Cazzo, cazzo, cazzo” fa Michele continuando a trafficare col riscaldamento “non si abbassa, si è tipo bloccato... ma porca… non posso nemmeno aprire un po’ il finestrino che piove che dio la manda ed entra l’acqua” Michele rinuncia e torna in cuccetta, togliendosi pure la felpa e rimanendo solo con la canottiera.
“…senti che fuori piove, senti che bel rumore…” fa Diego guardando Michele: però, che fisico! Con la felpa non lo aveva notato, ma così… ma che cazzo vado a pensare? Se una birra mi fa questo effetto adesso, siamo a posto!
“Ci beviamo una lattina Michi? Poi ti giuro dormo, sto zitto, non ti rompo più le palle fino a domani”.
“Piantala di chiamarmi Michi! Tieni la tua birra” aprendosene una a sua volta, passa la lattina a Diego.
La pioggia batte forte sul camion; i due occupanti stanno seduti sulla cuccetta  a bere in silenzio.
Dopo non aver trattenuto un rutto, Diego se n’esce: “Situazione romantica no?” e guarda Michele con gli occhioni nocciola spalancati.
Michele non sa se ridere o dargli uno schiaffo. Perché deve sentirsi turbato se un ragazzino insolente lo prende in giro? Però ha due occhi davvero stupendi questo ragazzo. Troppo magro e piccoletto, ma ha un suo fascino. Sarà meglio che smetta di bere, ho certi pensieri idioti... Nota i tatuaggi sul braccio. È quasi tentato di chiedergli che significano ma desiste.
All’improvviso sente una mano che gli carezza una coscia, e si gira a guardare Diego, che lo fissa con un’espressione indecifrabile.
“Che cazzo fai?” lo assale Michele.
“E dai Michi, siamo qui stretti in una cuccetta, di notte, fuori piove, vedila con un occhio di romanticismo” e con espressione malandrina si mette in ginocchio e infila una mano sotto la canottiera di Michele, ad accarezzargli il petto, a torturargli i capezzoli.
“Ma tu sei tutto scemo, ti sei bruciato il cervello” e Michele cerca di togliersi di dosso le mani, ma a dire il vero senza troppa convinzione.
Nel frattempo Diego non ha pace, gli solleva la canottiera per poi riempirgli la pancia di maliziosi bacetti.
“Dico Diego, adesso basta davvero, capito? Non so te, ma io con gli uomini non ci sono mai stato, e non intendo cominciare da stasera...”.
“Ne sei sicuro?” Diego, ridendo lo accarezza tra le gambe, dove scova il sesso di Michele tutt’altro che addormentato.
“Ce l’hai duro come il diamante, e mi dici che non ti fa piacere che ti tocchi un uomo?” Diego si corica su di lui, strusciandosi come un gatto.
Michele si alza di scatto, scrollandoselo di dosso e inchiodandolo al letto: “Ora la pianti, capito?”.
“Ma perché? Ci divertiamo un po’…” Diego continua a guardarlo con gli occhioni spalancati, teneri.
Michele ora lo guarda con durezza, lo acchiappa in mezzo alle gambe, impugnandogli il membro eretto e anche il resto attraverso i calzoni: “Ragazzino, non scherzare col fuoco, non scherzare con me, capito? Potresti anche pentirtene....”.
Diego ansima, spaventato adesso alza le mani in segno di resa: “Va bene, va bene Michele, scusami, davvero scusami”.
Michele lo guarda ancora un attimo, poi lo lascia, e gli volta le spalle.
Cercando di addormentarsi, Michele pensa: che diavolo! Come ha fatto a diventargli duro al tocco di un ragazzo, di un uomo perdio! Non gli era mai successo prima. Questa è una giornata da dimenticare. Speriamo che passi alla svelta. Prova a dormire pensando al corpo di Diego addosso, ora immobile e non più a strofinarsi come un gatto che fa le fusa, ma sempre tremendamente caldo e piacevole.

Diego non dorme. Sta pensando a quanto ha voglia di fare l’amore con un uomo conosciuto al mattino. Pensa che voleva prendersi gioco di lui, provocarlo, e invece, stretto in quella cuccetta, con il vento e l’acqua che sbattono il camion facendolo traballare, considera che scherzando così con Michele, si è messo nei guai lui. Non ce la fa proprio a smettere di pensare a come si è sentito spaventato e, allo stesso tempo, eccitato, quando si è sentito afferrare i gioielli in quel modo. Roba da farsela sotto. Invece no, lui più ci pensa e più gli torna fitta la smania. Ma capisce che non può tornare ad infastidirlo. Però sa che è sveglio perché non russa, non respira regolare. Insomma è sveglio quanto lui. I minuti passano agitati per entrambi e Diego ci ha visto bene, nemmeno Michele dorme. Lontanissimo dal sonno, dopo le sensazioni provate poco prima. Si dà dello stupido, del coglione, dell’imbecille e tutti i vari sinonimi. Sono le due passate quando la stanchezza prende finalmente il sopravvento e si addormenta, Diego accollato alle sue spalle. E quando si svegliano, non piove più. Un arcobaleno taglia in due la strada, attorno il cinguettare degli uccellini, in lontananza il rombare dell’autostrada. Quando si sveglia del tutto Michele si accorge delle braccia attorno alla sua vita di Diego. Fa per scostarsi ma poi si limita ad accarezzargli le mani fredde, mentre lo sente russare piano. Sorride un po’. Cazzo Michele, era da un po’ che non ti addormentavi tra le braccia di qualcuno, pensa sentendosi mancare. Come ha potuto paragonare Gaya a quella specie di sbandatello conosciuto il giorno prima? Sbuffa. Il termosifone nel frattempo è morto. Lo sarà anche la batteria, riflette. Per fortuna ha quella di riserva. Non senza difficoltà si scansa dai tentacoli di Diego, il quale ancora tutto rattrappito dall’improvvisa rigidezza climatica, si accoccola su se stesso, rannicchiandosi in posizione fetale. “Dormi cinque minuti, facciamo visita al cappuccino, che ci vuole”. Esce dalla cabina e ha un brivido, saranno ancora sotto lo zero ma il tempo è fantastico. L’arcobaleno gli ruba un sorriso, un alito di gioia spropositato. Quando Michele torna, Diego ha aperto gli occhi. “Buongiorno” si sente dire e sotto il naso, un cappuccino nel cartone e un saccottino al cioccolato nella busta. “Visto che ti piace tanto la cioccolata... “ rumina tra i denti Michele riaprendo lo sportello
“Dove vai?”
“Il tempo di cambiare batteria e poi partiamo”
“Grazie Michi... cioè Michele” si corregge sedendosi e apprestandosi a fare colazione. Diego è commosso da quelle attenzioni, davvero intenerito. Era da tanto che qualcuno non si occupava di lui così, gratuitamente, da quando era bambino forse. Poi pensa a come si è sentito la notte appena passata, prima di riuscire a rubare qualche ora di sonno. Mi sono eccitato, avevo voglia di... no, non è possibile... finisce di mangiare e nel frattempo Michele è già tornato e pronto per partire.
Le strade ora sono pulite e il tir di Michele procede a passo spedito.
Sono ormai quasi arrivati all’uscita per Bolzano e Diego, infastidito dal protrarsi del silenzio, prova a rompere il ghiaccio, riguardo a quanto accaduto nella notte: “Miche’, ascolta... scusa per prima, cioè per stanotte... non so, ero un po’ brillo quando ti ho toccato il cazzo. Ma non sono frocio! Cioè non sono gay, niente del genere, ok?” lo chiarisce toccandosi i capelli nervoso. Michele, in apparenza una sfinge, non ribatte. Ma dopo qualche chilometro precisa: “Perché tu davvero hai pensato che lascerei che un gay ci provi con me? No, tu non hai capito, a me non interessano queste cose. Non ho niente contro gli omosessuali, sia chiaro, ma a me non interessa l’argomento perché i maschietti non mi piacciono... “ tossicchia e sentendosi meschinamente bugiardo aggiunge: “Neanche quelli carini come te, chiaro?”
A Diego si allarga un sorriso enorme sul visetto: “Oh... grazie! Mister tutto d’un pezzo della bassa che mi fa un complimento. A proposito, da quale parte della terronia vieni?” gli schiaffeggia una coscia e subito Michele s’irrigidisce. “La finisci? Devo di nuovo saltarti alle palle?”
“No, tranquillo, le mie palle hanno capito la lezione” sogghigna Diego.
“Sono pugliese” precisa il camionista e un attimo più tardi, Diego ha già di nuovo cominciato a rompere che ha fame, sete, freddo, e non in questo ordine.
Sta di nuovo tramontando il sole quando, dopo quasi otto ore di viaggio non stop, una roba da far crollare anche uno navigato come Michele, si addentrano per la zona industriale di Dresda. Invece il viaggio non è stato spiacevole come pensava. Diego e Michele non hanno fatto altro che parlare in continuazione. Finalmente entrati in confidenza e abbattuto definitivamente lo strascico di imbarazzo della notte in cuccetta, si sono lasciati andare a racconti, aneddoti e mere chiacchiere. Così Diego ha scoperto che Michele vive a Bari, in una località marittima precisamente, che prima i suoi genitori possedevano non solo un piccolo hotel a conduzione famigliare, ma anche un peschereccio ereditato dai nonni, e che dopo un affare andato male, il fratello di sua madre, un losco individuo, almeno così lo fanno apparire i racconti di Michele, ne ha approfittato per dargli in prestito dei soldi, e poi pretendere un interesse tale da costringere i genitori del camionista a dare via tutto. Ora sua madre fa la casalinga e suo padre lavora sotto padrone in quello che un tempo era il suo hotel. E che sarebbe stato anche l’azienda di famiglia per Michele, se suo padre non avesse commesso lo sbaglio di affidarsi ad un agente finanziario privo di scrupoli e privo di competenza! Ha taciuto di Gaya, mettendo un veto su tutto l’argomento ex ragazza e amorazzi vari. Invece Diego ha parlato del suo gruppo, i Jellyfisch, che fanno musica un po’ punk, un po’ rock, spiegando i suoi dissapori. Ha raccontato dei suoi due esami come analista informatico e poi abbandonato il libretto universitario per lunghe gite qui e là, o solo per starsene nel suo piccolo appartamento al centro di Torino, strimpellando la sua chitarra. Ogni tanto una ragazza, nessun amore. Parlano anche di politica, e là si trovano abbastanza d’accordo, anche se Michele ha bello che inquadrato da quale ceto provenga il ragazzo. Di sicuro molto più alto di quello che la marca dei suoi boxer farebbe credere. Arrossisce riflettendo che ha di nuovo avuto uno di quei pensieri stupidi nei confronti di Diego. Ma ora non è più tempo di pensieri e pensieracci, considera, c’è un camion da scaricare, tre tonnellate di scatolame di cui liberarsi.
Ci vogliono diversi minuti prima che il camion sia completamente vuoto. Diego e Michele restano a guardare da una parte, il primo con la sigaretta tra le labbra, l’altro stretto al suo giubbotto che si copre dalle folate di vento. Anche Diego ha freddo e si accuccia a lui. “Brrr, che darei per una doccia!”
“E ne hai davvero bisogno!” risponde Michele e dopo essersi annusato si corregge: “Pure io e visto che non sarò mai a Bari entro oggi, è andata va, mi prendo una stanza al solito Quasar Hotel, dove c’è il mio amico Gaetano, è di Barletta, dalle mie parti”
“Okay, andata. Andiamo da Gaetano allora” a quella Michele lo fulmina con gli occhioni scuri, scuri. “No, non ci capiamo, è stato bello conoscerti, grazie per la compagnia, ma ora le nostre strade si divido Diego” mentre lo pronuncia però, tutta la boria viene meno sotto lo sguardo sconsolato di Diego, che oscilla da un piede all’altro. Sporco, maleodorante, infreddolito e affamato (non hanno pranzato), dopo un lungo sospiro enuncia: “Va bene cazzo! Sembri la versione barbona di Pollicino. Verrai con me” Saltellando tutto felice come un bambino a cui hanno proposto un pacchetto aperto a Disneyland, Diego si attacca al suo braccio e tornano dalle parti della cabina. Altri dieci minuti e sono di nuovo sulla strada.

2 commenti:

  1. Sempre più coinvolgente. Adoro il personaggio di Diego così strafottente, ma sotto sotto così solo e bisognoso d'affetto e di qualcuno che si prenda cura di lui tanto da accodarsi ad un camionista e non volerlo più lasciare neanche giunti a destinazione. Diego tenta di sedurre Michele per giocare, prenderlo in giro e anche per sfida ma ne resta scottato perchè si eccita. Anche Michele nonostante dica di non desiderare i maschi, di non avere quei piaceri ha provato qualcosa e credo abbia davvero dovuto farsi violenza per non cedere alle carezze del ragazzino. Dopo questo momento che ha rischiato di incrinare il loro rapporto, si sono però lasciati andare a confidenze quasi come se fossero due vecchi amici. Michele così diffidente si sta ammorbidendo tanto da permettergli di seguirlo in albergo. Adoro questi due personaggi così sfaccettati e conflittuali e non vedo l'ora di leggere il prossimo capitolo

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  2. La scena nella cuccetta... wow! Ma al di là di questo finalmente siamo venuti a sapere qualcosa di più sul background dei personaggi! <3 Sempre più carini loro, sempre più coinvolgente la storia! Io continuo con la lettura! <3

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