domenica 18 novembre 2012

Soli nel mezzo del mondo, Capitolo 7


Titolo: Soli nel mezzo del mondo,
Autori: Annina e Giusipoo
Pairing: Diego Perrone/Michele Salvemini
Genere: Storico/Romantico/Introspettivo  
Rating:slash
WARNING: Rigorosamente NC 17 per scene di sesso esplicte




Capitolo 7


Gli sembrò che sua madre non volesse mai coricarsi, quella sera. Diego si era inventato di avere una fame del diavolo per cenare presto, e la mamma, che non vedeva l’ora che il ragazzo mangiasse un po’ di più di quei quattro bocconi a pasto, aveva apparecchiato velocemente e altrettanto velocemente aveva preparato un buon piatto di pasta, e fatto anche apparire un budino al cioccolato, il preferito di Diego.
Lui però in realtà aveva lo stomaco chiuso, perché sapeva già che sarebbe andato alle cascate quella notte, aveva deciso di seguire il suo istinto, o se non lo avesse fatto lui, sulle rive di quella maledetta laguna così speciale, lo avrebbero portato a forza i suoi ormoni!
Mangiò due forchettate di pasta, poi disse di avere un sonno terribile, diede un bacio alla mamma, sorprendendola, e si rinchiuse in camera sua.
Ma Rosa doveva finire un vestito per la cognata, e continuò a cucire instancabile fino alle undici, quando finalmente si ritirò.
Diego schizzò fuori dalla sua camera, vide il budino sul tavolo e istintivamente decise di portarlo con sé. Finalmente fu fuori, e di corsa prese la strada che portava alla laguna.
Arrivato al bosco che delimitava la zona del corso d’acqua, lo attraversò come se avesse tutti i serpenti dell’Australia alle calcagna, e sbucò sul grande spiazzo erboso che costeggiava la laguna, finendo letteralmente tra le braccia di Michele, che lo stava già aspettando.
“Hey, ragazzino, chi ti insegue?” rise Michele guardando Diego sudato e scapigliato, che lo guardava a sua volta come se non avesse mai visto niente di più bello al mondo.
“Ciao Michi. Visto che ce l’ho fatta a venire?” gli disse stringendo la ciotola della crema tra le braccia.
“Che tieni stretto lì?” chiese Michele.
“Oh, è crema al cioccolato. Non so perché l’ho portata, l’ho vista e…” Diego cominciò a ridere imbarazzato.
Anche Michele rise: “Beh, ormai l’hai portata, mangiamola no?”.
Si sedettero vicini. Michele mangiò una cucchiaiata di cioccolata. “Buona accidenti. Vuoi?” e prendendo dell’altro budino tese il cucchiaio verso Diego. Il ragazzo aprì la bocca guardando l’uomo fisso negli occhi. Michele lo imboccò, poi, ridendo, si abbassò per coprirgli il contorno delle labbra di piccoli baci e  leccare i residui di cioccolato.
Sentendosi sciogliere, Diego si aggrappò alle spalle di Michele, che se lo tenne stretto tra le braccia. Lo accarezzò a lungo, baciandolo sugli occhi chiusi, sul nasino, sul collo e finalmente si impadronì della sua bocca. Diego aveva imparato presto a baciare, le lingue si incontrarono subito; le mani nei capelli di Michele, Diego si lasciò cadere a terra, Michele gli fu addosso continuando a baciarlo con passione, staccandosi a volte per guardarlo negli occhi, per chiedergli se andava tutto bene, e poi riprendendo a dargli piccoli bacetti sulla bocca che eccitavano Diego forse più di tutto il resto.
Dopo un po’ Michele lasciò Diego e si alzò in piedi.
Diego si sentì abbandonato; ancora steso lo guardò con gli occhioni sperduti: “Che succede Michi, cos’ho fatto!”.
Michele rise e si inginocchiò vicino a lui: “Perché sei sempre così insicuro? Cosa puoi aver fatto cucciolo? Vieni qui” gli prese il viso tra le mani e lo baciò ancora appassionatamente. “Non volevamo fare un bagno sotto la luna piena? Vieni piccolo, dai”.
Lo aiutò ad alzarsi e si spogliò restando nudo.
Diego lo guardava adorante; timidamente allungò la mano per toccargli il torace, le dita tra i peli neri a sfiorargli i capezzoli. Michele gli accarezzò a sua volta i capelli: “dai Diego, ora spogliati” ansimò, domandandosi se fosse più spaventato o eccitato all’idea di vedere il ragazzo nudo.
Diego si tolse la maglietta, ma poi fu come se si risvegliasse da un sogno: non osava farsi vedere da Michele, temeva che lo avrebbe preso in giro anche lui, non lo avrebbe sopportato, non…
“Vieni qui, togliamo questi calzoni” Michele lo attirò vicino e fece per slacciare i primi bottoni, ma Diego scrollò la testa, le lacrime agli occhi: “No Michi, mi vergogno, io sono piccolo e troppo magro e…” Michele lo guardò divertito, e circondandolo con le braccia gli mormorò all’orecchio: “Non è niente Diego, niente, non preoccuparti” sfilandogli nel frattempo calzoni e slip.
Diego chiuse gli occhi ma Michele non disse niente, e non rise questa volta. Dopo un po’ Diego lo guardò e Michele gli sussurrò: “Non aver paura, vieni qui ragazzo” lo abbracciò. “Sei bello Diego, non capisco le tue paure” e prendendolo per mano lo condusse verso l’acqua.
“Sono bello…” Mia madre me lo ha sempre detto. Ma io non ci ho mai creduto. Per le madri tutti i figli sono belli, ma ora... se me lo dice lui... Mordendosi il labbro al colmo della felicità, Diego seguì Michele come un ombra, ma si fermò titubante sulla riva. “Vieni, non aver paura, non c’è niente che possa farti del male qui, stammi vicino” e s’inoltrarono nell’acqua.
Non era fredda come pensava Diego. Nuotarono per un po’ vicini, si immersero e ridendo giocarono come due delfini.
Michele prese Diego portandolo verso la cascata e passandovi attraverso lo aiutò a salire sul grande masso bianco di poco sotto il pelo dell’acqua e ricominciò a baciarlo; questa volta però la passione surclassò la dolcezza, e Diego lo percepì subito. Scendendo dal collo, si sentì baciare i giovani capezzoli, il petto, tutto il corpo. Sensazioni mai provate. Diego mugolava e sospirava, l’erezione sembrava dover esplodere. Quando Michele la toccò, Diego scattò a sedere, guardandolo con gli occhi sbarrati.
“Che succede cucciolo? Non vuoi più?” chiese Michele.
“Sì che voglio, ma non so, io non l’ho m-mai fatto p-prima...” balbettò Diego.
“Lo so, diavolo, per questo ti ho detto che venendo qui questa notte saresti diventato un uomo! Stai tranquillo, lasciati andare, con me sei acqua nell’acqua”.
La cascata metteva una cortina tra loro e il mondo, niente e nessuno poteva vederli, solo la luna.
Michele ricominciò ad accarezzarlo, l’erezione possente pur nel fisico gracile. Diego superò la timidezza e cominciò ad accarezzare Michele a sua volta.
“Bravo ragazzo, continua così” gli sussurrò Michele all’orecchio. Quando capì di essere arrivato al punto di non ritorno, lo coricò di spalle e si aggrappò a lui.
Non forzò subito l’entrata, ma Diego comprese lo stesso cosa stava succedendo e si irrigidì cercando di sottrarsi: “Fermati Michele. Forse no, forse non voglio più...” sulla voce una nota di panico. “Sì che lo vuoi Diego, sì che lo vuoi anche tu. Ti prego, non farlo, non fermarti ora” la bocca sulla sua, Michele lo baciò con passione sempre più pressante, e lo tenne fermo, bloccandolo sul masso con il peso del suo corpo. “Rilassati Diego, rilassati ora, sarà bello vedrai” e Michele piano entrò. Diego gridò e pianse, nonostante l’acqua limitasse l’attrito, era comunque indicibilmente doloroso; ma poco alla volta si arrese e si rilassò di conseguenza. Michele si muoveva piano in lui, lo massaggiava, lo accarezzava, lo baciava, e finalmente Diego provò l’orgasmo vero. Schizzò nell’acqua e sulla mano destra dell’amante. Morì tra le braccia di Michele, che morì dentro di lui.

******

Diego, uno straccetto zuppo, si sentì voltare e poi prendere in braccio. Era già tutto finito e gli sembrò di averlo sognato. Michele lo strinse forte contro il suo petto massiccio, gli asciugò le lacrime che continuavano a scendere. “Piccolo mio, ti ho fatto tanto male?”.
Diego lo guardò con i grandi occhi pieni di sofferenza ma anche di amore per lui, Michele lo vide distintamente. “No; sì, fa ancora male, ma è stato bello Michele, è stato bello… bellissimo” e gli si accucciò sul petto. Senza avere il coraggio di guardarlo negli occhi, Diego domandò: “Michi, ma tu mi vuoi almeno un po’ di bene?”. Michele guardò la grande luna, poi gli sollevò il mento e gli disse: “Sì, ti voglio almeno un po’ di bene” e gli sorrise. Il sorriso ebbe un riflesso immediato sul viso di Diego.
La notte non finì lì. Uscirono dall’acqua infreddoliti. Michele tirò fuori una copertina dalla sacca e ci si infilarono tutti e due sotto. Restarono per ore a parlare. Diego si sfogò. Raccontò a Michele quanto stava male a Torino, quanto fosse odioso crescere da illegittimo, senza padre e con lo sguardo di tutti che lo facevano sentire un diverso, un non voluto. Michele di rimando, gli raccontò di quanto si sentisse solo, dopo che sua moglie si era ammalata. Anche se donne e i divertimenti non gli erano mai mancati. E quando furono riposati e rilassati, fu Diego a toccarlo timidamente tra le gambe. Scoprì che era già duro per lui e gli chiese in sussurro di fargli di nuovo l’amore, come prima. “Domani non potrai camminare già così, fidati. Vuoi di nuovo provare quell’inferno?”
“La fine non è stata tanto inferno” ridacchiò con malizia. La malizia dell’adolescente che non vuole crescere ma nemmeno restare così.
Michele non si lasciò convincere ma gli insegnò a dargli piacere in un altro modo. Incredulo per quella cosa che non avrebbe mai immaginato, il ragazzo accettò ed eseguì ogni dettame dell’adulto.
Michele quasi impazzì per quell’innocenza, quel suo non saperci fare affatto ma, al con tempo, riuscire a farlo impazzire così.
Prima di venire gridò: “Mi strappi il cuore!” ma non c’erano dubbi: Diego si era impadronito del suo intero corpo, non solo del cuore.
Dopo restarono di nuovo a guardare le stelle. Presto però iniziarono a scemare e la nebbiolina a scendere. Michele soffiò sul suo orecchio accarezzano le labbra ancora umide del suo seme: “Andiamo adesso ragazzo, rivestiamoci e andiamo a casa, che è quasi l’alba”. Si rivestirono e Michele accompagnò Diego a casa, salutandolo con un bacio tenero sulla bocca.
“Quando ti rivedo?” chiese Diego.
“Domattina per andare a scuola no?”
“Sì certo” rispose sommesso.
“E poi nel pomeriggio per le nostre lezioni no? E poi vedremo no?” Michele sorrise a Diego “stai tranquillo cucciolo. Vai a dormire un po’ adesso”. Diego gli volò al collo, lo strinse, Michele gli scompigliò i capelli e ripartì.

Diego si infilò a letto privo di sonno. Si sentiva schizofrenico, provava una grande felicità e insieme una gran paura. Sono un uomo adesso, e Michele mi vuole bene. Un po’ di bene. E’ stato bellissimo. Bellissimo!
Ripensò a tutto quello che era successo, risentì le sensazioni provate, è stato magnifico. E mentre la stanchezza prendeva il sopravvento un dolore acuto ed improvviso gli ricordò qualcosa che Michele aveva detto sulle conseguenze fisiche.
Riuscì ad arrivare al bagno per un soffio. Dopodiché stette ancora più male e Rosa se ne accorse. Piangendo piegato sul letto, sentì la giovane madre che tentava di misurargli la febbre come faceva da bambino per non disturbarlo. Questo lo fece scattare come una molla. Provava un male cane da quelle parti, senza contare la dissenteria. “Mamma, perdio, in bocca, ma non ho la febbre, te l’assicuro!” “Per me sì, scotti come il fuoco”. Infatti Diego aveva la febbre. Oltre trentotto gli disse la madre preoccupata. “Resta a letto, avviserò io Michele che oggi non vai” e così dicendo uscì dalla stanza senza chiudere la porta. Ma che mi succede, morirò? Morirò perché mi sono fatto inculare da un uomo adulto? Non avrei dovuto... Sputò fuori calde lacrime e imprecazioni sottaciute mentre cerva di addormentarsi.
La mattina venne il dottore che si limitò a guardargli la gola e alla fine della visita decretò che il ragazzo aveva buscato la tonsillite. Ma non era ancora il caso di parlare di toglierle.
Poco prima di pranzo Michele raggiunse Rosa per sincerarsi delle condizioni del ragazzo. Lei si mostrò sorpresa e compiaciuta di questo interessamento e non lo nascose al figlio.
“L’uomo degli struzzi, Michele, il tuo autista e anche il tuo allenatore, ti vuole bene”
Lo so mamma, avrebbe voluto rispondere ma si limitò a sorridere beato. Ormai la febbre stava scendendo anche grazie al paracetamolo.
E non ci furono ne sé e ne ma, il pomeriggio, quando vide Tim e Samuele dalla finestra uscire di casa, schizzò fuori.
“Ma non stavi male?” domandò lo zio accogliendolo nella Meari con un’espressione bonaria. “Stavo male ora sto bene” e gettò la borsa dietro insieme a quelle degli altri due ragazzi.

8 commenti:

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    1. Si la citazione è assolutamente lampante, ma il significato è solo di annanina. Quello che ho pensato io è che sono entrambi uomini ma sono anche due uomini più simili di quello che sembra apparentemente

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  2. Io avevo pensato invece che si sentivano tutt'uno con la natura, fusi con le acque di quel paradiso che è solo loro dove riescono ad isolarsi dal mondo. Le acque della cascata li celano proteggendoli.

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  3. Avete ragione tutt'e due! Acqua nell'acqua,lo stesso elemento, cioè due uomini simili, che possono fondersi fra loro come nell'ambiente che li circonda e in tutto l'universo. Siamo tutti acqua nell'acqua. Un pò zen... ^o^

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  4. Grande. Bellissima e dolcissima citazione.

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    1. Sei brava anna.... anche noi siamo un po' acqua nell'acqua, come siamo riuscite a fondere i nostri stili che poi sono simili :)

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    2. Certo che siamo acqua nell'acqua. Anche se a volte ricevendo le mail in ufficio... mi sento più alcoolica!!!
      Comunque ti ringrazio per avermi presa "sotto l'ala" in questa avventura! <3

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  5. Io... io non ho parole... eppure ci sarebbe così tanto da dire su questo capitolo... realistico, romantico, "pittorico" per le immagini vivide che comunica... e crudo ma estremamente dolce.
    E poi ci sono delle frasi che ormai mi tatuerò sul cuore. "Siamo acqua nell'acqua", “Sì, ti voglio almeno un po’ di bene” e quel bellissimo “Mi strappi il cuore!” così sentito...
    Insomma ragazze... avete prodotto una storia perfetta e che mi lascia qui a volerne di più!

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