martedì 4 dicembre 2012
Diventare grandi Decimo capitolo
Titolo: Diventare grandi
Pairing: Diego - Michele
Rating: NC 13
Disclaimer: I personaggi mi appartengono. Ho preso solo in prestito i nomi. Questa fic non è scritta a scopo di lucro ma solo per divertimento
*******
Diego
non riesce a darsi pace. Ogni istante pensa all’amico, al disprezzo nella sua voce,
al suo sguardo colmo di risentimento, rabbia. Stretto a Michele, piange
silenzioso. Si sente vulnerabile come non lo è mai stato nella sua giovane
vita. Alza lo sguardo, Michele dorme, la testa reclinata su un lato, la bocca
socchiusa ancora sporca della panna dei bignè. Dopo aver mangiato i dolci, il
leader del movimento ha cantato per lui, coccolandolo con la sua voce calda e
melodiosa. Questo non ha impedito al desiderio sopito di risvegliarsi e di
scatenarsi con tutta la sua irruenza. Dopo essersi amati Michele è sprofondato
in un sonno profondo, mentre Diego si è accontentato di guardarlo dormire.
Ora dopo un paio d’ore, si annoia. Guarda fuori dalla finestra e il pensiero
corre a Dado. Si chiede se sia ancora a Milano o se abbia fatto ritorno a casa
con il primo treno. Lui i soldi li aveva. Nello sbirciare nel suo sacco vi
aveva trovato qualche biglietto da mille lire. Una forza invisibile lo spinge
ad uscire per tentare di rimediare alla situazione che si è venuta a creare con
Dado.
Ma come?
Si domanda prima di sgusciare fuori dal tepore delle coperte e dal calore del
corpo di Michele. Rabbrividendo, si riveste in tutta fretta. Prima di uscire
dalla camera gli scocca un bacetto sulla guancia. Michele mugugna qualcosa, poi
torna a dormire sereno. Diego sgattaiola dalla stanza. Pensa che l’aria fresca
possa fargli bene, ma una volta in strada il freddo pungente gli mozza il
fiato. Stringendosi il giubbetto che gli ha prestato l’amico, si incammina.
Quel quartiere gli piace, ci sono lunghi viali alberati, pochi palazzi e
soprattutto poche auto. Già si vede ad abitare lì, frequentare la facoltà di
Lettere, andare a fare la spesa con Michele, trascorrere tutta la notte
abbracciati a parlare. Sospirando per quei pensieri che per un attimo gli
sembrano anche realizzabili, non si accorge di essersi allontanato un po’
troppo. Si è perso, ma cerca un punto di riferimento per orientarsi. Torna
indietro, qualcuno a cui chiedere, ma essendo domenica in giro non c’è quasi
nessuno. Continua a camminare fino a quando non riconosce l’edicola che ha oltrepassato
poco prima. Accanto un piccolo Caffè. Senza pensarci troppo, si fionda dentro.
Nel locale pochi solo avventori, il profumo di prosciutto gli ricorda che è ora
di pranzo. Guarda con bramosia i panini esposti nel banco, ma non avendo soldi
con sé, si sforza di concentrarsi su altro.
Diego
si avvicina ad un tizio mingherlino intento a servire una birra ad un omaccione
seduto al banco: “Scusi, c’è un telefono?”
L’uomo
lo fissa per qualche istante “Sì, sul retro”
Diego
si fa largo tra i tavolini fino all’apparecchio, poi si blocca incerto se
chiamare o meno.
Dopo
aver composto il numero di Dado resta lì in attesa, con la cornetta attaccata
all’orecchio, il cuore in subbuglio e la bocca secca. Sa che se dovesse rispondere
non saprebbe cosa dirgli. Gli squilli gli rimbombano nelle tempie. Attende
qualche minuto, poi riaggancia. Sconsolato si dirige verso l’uscita, ma il tipo
dietro il bancone gli urla qualcosa.
Diego
si volta fissandolo con un’espressione apatica.
“La
telefonata si paga!” ripete lui appoggiando le mani sul legno ed osservandolo.
“Non
hanno risposto” replica avvicinandosi.
Dallo
sguardo che gli lancia l’uomo, Diego comprende che non solo non gli crede, ma
che lo ha scambiato per un senza tetto o un tossico. Si dice che il suo aspetto
è davvero trasandato.
“Ma
sentilo il bamboccio” dice rivolto al cliente che dalla confidenza sembra
essere un avventore abituale. “Fa il furbetto”
“Non
faccio il furbo, perché dovrei pagarti per una telefonata che non ho fatto?”
replica ritrovando tutta la sua strafottenza.
“Sei
stato lì dietro troppo tempo! Non ti credo!”
“Non
me ne frega un cazzo!” Diego gli fa un gestaccio e tenta di raggiungere
l’ingresso, ma l’omaccione si alza afferrandolo per un braccio.
“Fermo!”
“Lasciami!
Che vuoi?” Diego si dimena.
L’altro
punta su di lui gli occhi truci: “Hai bisogno di un bagno e anche di
altro” fa una smorfia
“Vai
a farti fottere” mastica Diego riuscendo finalmente a liberarsi e a scappare fuori.
La
voce dell’uomo lo raggiunge: “Ti è andata bene perché sei un ragazzino e sono
di buon umore, ma la prossima volta, vedi. Questi giovani d’oggi tutti drogati
e impasticcati”
Una
volta lontano Diego calcia un sassolino con rabbia. Gli viene anche voglia di
tornare lì per lanciargli qualcosa su quel brutto muso che si ritrova, ma di
guai ne ha fin troppi per aggiungere anche un’aggressione alla lista. Cercando
di calmare il nervoso che prova, si avvia verso il palazzo che ricorda essere
proprio dietro l’angolo. Lo stomaco gli brontola e il pensiero di un paio di
pastarelle superstiti dallo spuntino mattutino, lo spinge ad aumentare il passo.
Arrivato
in fondo alla strada scorge qualcuno che si guarda intorno come un invasato.
“Merda”
impreca riconoscendo Michele, i capelli spettinati, gli occhi fuori dalle
orbite e la camicia fuori dai pantaloni. Abbozzando un timido sorriso lo
raggiunge e questi lo strattona arrabbiato: “Cazzo, vuoi farmi prendere un colpo?
Dove stavi?”
“Ho
fatto due passi” non comprende le ragioni della sua preoccupazione. “Tu dormivi
e mi annoiavo”
“Ragazzino,
non prendermi per il culo!” gli afferra il mento. “Sei andato a cercare quell’amico
tuo vero?”
“No,
io…” tenta di negare, poi confessa. “Gli ho telefonato, ma a casa non c’era.
Cazzo, Michi, mi sento una vera merda” vorrebbe spaccare tutto.
“Dovevi
dirmelo” il tono si addolcisce. “Piccolo” lo attira in un abbraccio, ma Diego
si scansa come infastidito. “Scusa se ti ho trattato male, ma pensavo fossi…”
“Cosa?
Scappato?” divertito Diego gli sferra un buffetto sul petto e Michele, dopo
aver fatto un profondo sospiro, lo spinge nel piccolo portone “Rientriamo, dai”
Sulle
scale Diego si volta a guardarlo, ma come se non riuscisse a trovare le parole
non dice nulla.
“Che
hai? Sembri così strano”
Mordendosi
il labbro, Diego cerca una scappatoia: “Niente, riflettevo, ma…” scuote la
testa.
“Ma
cosa?”
“Niente”
abbozza un sorriso e scappa avanti.
Una
volta sul pianerottolo Michele gli agguanta una mano: “Deve essere successo
qualcosa, sei troppo strano!” carezza le dita con le sue.
“Uffa
ma perché ti devo dire tutto? Non sei mio padre!” protesta Diego tirando via la
mano e senza aspettarlo, si fionda dentro casa.
Alzando
gli occhi al cielo, Michele lo segue, ma il ragazzino sembra essersi dileguato.
“Diego? Vuoi dirmi che diavolo intendevi prima?”
Nessuna
risposta. Entrato nella camera matrimoniale, lo sorprende accanto alla finestra
che sta per infilarsi un dolce in bocca.
“Allora?”
in attesa Michele appoggia le mani ai fianchi. “Se hai deciso di farmi
incazzare ci stai riuscendo”
“Scusa,
è che sto morendo di fame” Diego addenta la pastarella.
“Cerca
di non strozzarti” scuote la testa. “Allora, si può sapere che blateravi prima?”
lo scruta come se volesse leggergli dentro. Sente che gli nasconde qualcosa e
questo pensiero lo fa impazzire. “Non sono tuo padre, ma ti voglio bene e
capisco quando stai male”
Non
volendo affrontare quell’argomento, Diego continua ad ingozzarsi.
“Abbiamo
saltato il pranzo, se vuoi c’è un posto che fa dei panini buonissimi e costa
anche poco, ti va?”
Diego
scuote la testa, poi di pulisce le mani sui pantaloni.
“Dovremo
comprarti dei vestiti, questi ti vanno grandi” rassegnato che non riuscirà ad
estorcergli nulla, cambia argomento
“Sono
di Dado, ma lui è più grosso di me” risponde con un groppo in gola.
Michele
si avvicina: “Avrebbero bisogno di una lavata” storce il naso. “Come te”
“Anche
tu ti ci metti? Che strazio!” si butta sul letto, incrociando le dita alla nuca.
“E poi credevo ti piacesse il mio odore” ridacchia malizioso.
“Puzzi!” esclama Michele alzando un sopracciglio. “Dai, potremmo fare un bel
bagno insieme. C’è anche la vasca” lo provoca con un sorrisetto lussurioso.
“Ma
non era abbandonato questo posto?” Diego si rimette a sedere, gli occhioni
castani lo fissano in cerca di risposte.
“Diciamo
che non è proprio abbandonato” Michele si tocca il pizzetto.
“Che
intendi non proprio?”
“Appartiene
a degli amici”
“E
la porta mezza sgangherata? La mancanza di mobili?” Diego stringe le labbra
deluso. “Michi, non ci sto capendo niente”
“Sono
entrati i ladri prima che arrivassi” confessa infine.
“Mi
prendi in giro? Cosa cazzo dici?” Diego incrocia le mani al petto.
“Diego
perdonami, non volevo sapessi che ho degli amici ricchi” Michele si gratta la
tesa
“E
perché? Anche io li ho, ma non invento certo stronzate” Diego scatta giù dal
letto, fermandosi a poca distanza da Michele. “Sei mai stato sincero? Sappi però
che anche io non ti ho detto tutto, perché avrei dovuto? Non posso fidarmi di
nessuno. Prima Dado, ora tu!” un peso sul petto gli rende difficile respirare.
“Hai
tutte le ragioni per essere arrabbiato, ma fammi spiegare!” Michele lo
raggiunge restando però ad una certa distanza.
“E
chi mi dice che non siano altre bugie?” Diego si volta, ma Michele si pressa
contro di lui.
“Su quello che provo non ti ho mai mentito” affonda il volto nel collo
riempiendolo di piccoli baci.
“Smettila!”
gli intima Diego irrigidendosi.
Risalendo
lungo il collo Michele comincia a raccontare: “Quando sono stato arrestato e mi
hanno trasferito a Milano, con i miei precedenti avrei dovuto subire un
processo”
“Come?
Michi, perché…”
“Shhh,
fammi finire” lappa il lobo. “Mio padre ha chiesto a un suo amico giudice di
garantire per me, così niente processo”
“Che
culo!” fischia Diego.
“Già,
una vera fortuna. Ho promesso di non ripetere azioni del genere, ma lo sai che
non riesco a stare senza fare niente. Infatti mi hai visto ieri a quella
piccola manifestazione. Devo solo stare attento a non farmi beccare” negli
occhi un guizzo perfido.
“Sei
un vero genio del male, Michi” ansima Diego piegando la testa di lato.
“Lotto
solo per quello in cui credo” replica stringendogli la vita. “Voglio cambiare
il mondo”
“E
questo? Come lo hai avuto?”
“Mi
ha messo a disposizione questo piccolo appartamento, ma nell’arrivare mi sono
accorto che i ladri avevano rubato quasi tutto” lambisce la gola con la lingua
risalendo verso il mento sul quale comincia a fare la sua comparsa una traccia
di barba. “Dovevo dirtelo, sono un vero stronzo”
Diego
si volta circondandogli, poi le spalle con le braccia: “Sì, lo sei”
“Ma
ti piaccio anche per questo, vero?” Michele si abbassa a sfiorargli la bocca
con la sua.
“Bastardo”
mormora prima di lasciarsi andare a lui.
Ansimando Michele gli riempie il volto di
baci. “Ero certo non ti avrei più rivisto sai?”
“Forse
non dovevo venire, ti ho causato solo casini” Diego si rattrista.
“No,
shhh” gli poggia un dito sulle labbra.
“Se
scoprono che sto con te…” ma Michele, zittendolo con un ennesimo bacio, non lo
lascia finire.
“Non
voglio che ti accada nulla” mormora Diego staccandosi. “Devo andarmene, se
taglio ora, forse mio padre non mi troverà con te e non potrà accusarti di…” negli
occhi un’ombra di tristezza. "Michi, tra due mesi faccio diciotto anni, ma per
la legge sono ancora sotto la sua tutela. Strano che non abbia scomodato tutte
le sue conoscenze per scovarmi” rabbrividendo si stringe a lui. “Cosa
facciamo?”
“Non
lo so” Michele lo guarda con dolcezza, poi si stacca avvicinandosi ad uno zaino
abbandonato sul pavimento. “Pensiamo al presente, d’accordo? Ora devo andare”
“Dove?”
“Ad
una marcia, in centro” gli spiega Michele preparando la sua roba.
Diego
ha un’espressione spaventata, ma lui cerca di rassicurarlo.
“Vedrai
che non succede niente!”
“Vengo
anche io!” esclama Diego stupendo perfino sé stesso.
“Non
se ne parla!”
“Dai,
non ti do fastidio! Me ne sto buono buono” sbatte le ciglia.
“No!
Sei una vera peste!” protesta, ma alla fine non può fare altro che acconsentire.
“E va bene! Ma tu guarda che mi doveva capitare!” scuote la testa.
“Grande!”
e sorridendo soddisfatto di averla avuta vinta, Diego lo precede fuori.
Il
luogo dell’appuntamento, piazza Belgioioso, sembra non riuscire a contenere la
marea di ragazzi lì assiepati. Armati di cartelli e striscioni, giovani di ogni
età ed estrazione attendono l’inizio della marcia. La giornata è fredda e il
sole si nasconde dietro dei nuvoloni che minacciano pioggia. Portandosi dietro
Diego, Michele si unisce ad un gruppetto salutando tutti con pacche sulle
spalle e baci. Dopo aver presentato Diego come un suo cugino, si allontana
con un tipo basso, tarchiato e con degli occhiali dalla montatura spessa. In
mano un cartello.
Diego
li ascolta parlare di quello che è accaduto la sera precedente, dei loro
compagni feriti e tutto quello lo riporta a pochi giorni prima, al pericolo che
hanno corso lui e Michele. D’istinto si tocca la fronte, sul punto in cui una
cicatrice rosea gli ricorda il colpo ricevuto. Spaventato per quello che
potrebbe accadere, ha un fremito, ma la presenza di Michele accanto a sé lo
rincuora.
Quando
sono tutti pronti, il corteo si muove dirigendosi verso il centro della città. Marcia
per i diritti dei lavoratori, per gli studenti e per la libertà di pensiero. Su
insistenza del giovane manifestante, preoccupato, non solo di essere di nuovo
arrestato ma anche per l’incolumità di Diego, restano nelle retrovie. Tra
le mani stringono uno striscione rosso con la scritta ‘Liberi di pensare’
Guardingo
Diego si mantiene vicino al compagno, cercando il suo contatto, anche solo
sfiorandogli il braccio. Michele gli fa un mezzo sorriso, è preoccupato, ma non
vuole che se ne accorga.
Arrivati
in corso Buenos Aires trovano una barriera della polizia ad accoglierli. Sono
una ventina, con caschi e scudi per difendersi, ma anche i tonfa per colpire.
Il
corpo di Diego è scosso da un leggero fremito, ma per timore che Michele possa considerarlo un debole, continua
ad avanzare.
“Vattene!”
gli sussurra Michele.
“Cosa?
Ma che dici!” Diego lo fissa incredulo.
“Fila
via, ora!”
“No!”
il più giovane scuote energicamente la testa.
“Senti
non c’è da scherzare. Questi picchiano duro, lo sai e non voglio vederti
coperto di sangue come…” la voce gli viene meno.
“Lo
so, ma non ti lascio” Diego stringe le labbra in una fessura. “E poi, potrebbero
lasciarci stare!”
“Diego,
sono pronti a caricare. Lo vuoi capire che sono fascisti di merda? Vogliono
metterci a tacere e conoscono solo la violenza per farlo!”
“Michi,
io resto!” esclama stringendo i pugni, i ragazzi li oltrepassano, li
spintonano, ma Diego sembra irremovibile. “Voglio stare con te!”
Michele
lascia andare lo striscione e lo afferra per un braccio, la sua stretta è come
una morsa: “Stammi a sentire! Ho fatto una cazzata a lasciarti venire. Fila via
se non vuoi che ti costringa con la forza”
“Non
eri un pacifista?” ridacchia, ma Michele non ha nessuna voglia di scherzare.
“Diego,
smettila di fare il cretino. Sei ancora in tempo per sgattaiolare via”
“Solo
se ce ne andiamo insieme! Cazzo Michi, se ti prendono finisci dentro!” tenta di
farlo riflettere, ma l’altro sembra seguire solo la ragione della causa.
“Io
starò alla grande, ma tu devi andartene, capito?” gli occhi sono fuori dalle
orbite. “Ci vediamo alla tana!”
Nel
sentire quel nome, Diego trattiene a stento un sorriso, ma l’espressione grave
del compagno lo fa tornare di nuovo serio. “Non voglio lasciarti”
“Devi
farlo! Non ti voglio qui!”
“Sei
uno stronzo, Michi! Sono venuto in questa città di merda solo per te, ho
litigato con Dado, mio padre di certo sarà sulle nostre tracce e tu ora mi
cacci?” tenta di trattenere le lacrime che pressano per uscire.
“Piccolo”
noncurante delle persone intorno a loro, Michele gli carezza una guancia.
“Fallo per me, ti voglio al sicuro. Perché non mi dai retta?”
Diego
fa per rispondere, ma un ragazzo armato di una bottiglia lo spinge via per
passare. Dalle prime file comincia una pioggia di sassi e di altri oggetti
contro i poliziotti lì schierati.
“Michi!”
chiama trascinato dalla folla.
“Diego” Michele sente la sua voce ma non lo vede più
piccolo com’è. Preoccupato si precipita nel punto in cui l’ha visto sparire.
Intanto
i manifestanti corrono verso gli agenti armati di manganelli e di lacrimogeni
per disperdere la folla. In pochi minuti l’aria si riempie di fumo, mentre
bottiglie incendiari esplodono dando vita a piccoli incendi. Alcuni
manifestanti usano spranghe e altri oggetti per rompere i vetri delle auto o
per aggredire gli agenti armati.
In
preda al panico Diego urla il nome dell’amato, ma gli schiamazzi e i rumori
circostanti attutiscono la sua voce. Il fumo gli impedisce di vedere ad un
soffio dal suo naso e quando qualcuno gli sferra una gomitata nello stomaco, si
piega in due per il dolore. A fatica si allontana il più possibile, sedendo sul
marciapiede.
“Cazzo”
si lamenta, gli occhi lacrimano e un conato di vomito lo costringe a rannicchiarsi.
Spera di passare inosservato.
Dalla
sua posizione vede solo le gambe dei fuggitivi che gli passano accanto in cerca
di una via di scampo. Ansimando e tremando ad ogni boato, si appallottola.
Spera che Michele stia bene e che riesca a trovarlo in quell’inferno.
Quando
finalmente il dolore allo stomaco si attenua, Diego si rialza e si incammina
verso l’appartamento del compagno. Non prima di essersi voltato nella vana
speranza di vedere Michele arrivare.
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Mi sembra che questi due non riescano a trovare un equlibrio vero, letto a parte. Il pestifero Diego è un po' troppo immaturo per uno tutto lotta di classe come Michele. Quello che non capisco è come mai il ragazzo non se ne freghi di Dado che è un vero stronzo. Ma capisco che Dado in fondo rappresenta per lui solo l'adolescenza che vorrebbe tenersi stretta, non vorrebbe probabilmente perderlo, perché insieme a lei perderebbe quella spensieratezza fatta di ribellioni, acidi e canne. Per non diventare grande. Ma, a questo punto, diventare grendi sembra obbligatorio, soprattutto tra i lacrimogeni e l'eventuale pericolo di botte che i celerini fasci sono pronti a elargire. Cmq anche Michele è un po' troppo estremista e dovrebbe darsi una calmata. Un rigurgido di adolescenza anche la sua? Certi uomini si sento uomini solo se hanno una lotta, un ideale. Voglio proprio vedere come Michele riuscirà a far coesiste i suoi ideali da estremista, invischiato com'è nelle maglie di un amore estremo.
RispondiEliminaConosco diversi compagni che all'epoca erano impegnati attivisti esattamente come Michele, e che nonostante le idee apertissime non avrebbero mai e poi mai ritenuto possibile innamorarsi di un uomo. E lo pensano tutt'ora. I più grandi nemici degli uomini di sinistra sono proprio loro stessi. Temo che Michele dovrà fare una scelta: rimanere federe alla linea o all'amato? Perchè difficilmente riuscirà presentarsi al prossimo collettivo abbracciato a lui. Ma potrebbe anche stupirci! Diego è al suo primo grande amore, ma è pur sempre un ragazzino, per lui il problema è scegliere se rimanere ancora un pò nell'adolescenza spensierata o se fare un paio di passi avanti ed entrare nell'età adulta. Ma nonostante tutto la scelta mi sembra meno difficile per lui che per Michele.
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