Genere: Real person slash
domenica 30 dicembre 2012
Salutarsi: questo è il problema!!!
Titolo: Salutarsi: questo è il
problema!!!
Autore: giusipoo
Pairing: Diego
Perrone/Michele Salvemini (Caparezza)
Genere: Real person slash
Genere: Real person slash
Story line: Registrazione
de “Il mio gatto” (Torino 2002)
Rating: nessuno
Disclaimer: come
sempre è tutto frutto di fantasia...
sì, ironico ma quell’ironia di chi scherza per dire una verità non
semplice
Michele era sulla porta e Diego
accanto a lui. Lo aveva accompagnato per salutarlo. Era già finito quel giorno,
stava pensando. Una giornata divertente in cui il suo amico pugliese aveva
registrato la sua parte del Il mio Gatto.
Era stato tutto perfetto ma, appunto, ‘era’. E siamo già ai saluti. Gli altri stavano stancamente riponendo gli
strumenti, tutte le loro cose. Diego, salterellando da un piede all’altro, si
avvicinò di più a Michele per un ultimo abbraccio, cercando di non sembrare
formale ma nemmeno impacciato. Eppure lo era, la cosa più imbarazzante per lui
era che anche Michele sembrava bloccato. Nessuno dei due sembrava naturale in
quel momento. Perché il problema era che si erano subito piaciuti, subito
cercati e subito mancati. Ora, chissà quando si sarebbero rivisti, anche se
Michele gli aveva già parlato di un certo progetto da discutere meglio poi, da soli... Ma ora erano là, e salutarsi,
quello il problema! Michele gli mise una mano sul braccio e Diego si piegò per
un bacio sulla guancia. Michele rispose a sua volta con un bacetto volante tra
i capelli e l’orecchio. “Ciao Diegone, stammi bene” si abbracciarono.
“Anche tu Michi” Diego appoggiò
la testa sulla spalla per una stretta finale, forse definitiva. Ecco che il
torinese si stava un po’ stranendo pure perché non erano soli e Diego temeva
che gli altri lo avrebbero preso in giro, una volta che Michele fosse sceso per
prendere il taxi che lo avrebbero riportato in aeroporto. No, per lui era
difficile staccarsi, non pensare! Non poteva pensare. Mentre era tra le sue
braccia invece ripensò a tutto: a quando quella mattina presto, con un volo
praticamente notturno, Michele lo aveva raggiunto e come si era sentito felice
nel vederlo, e le risate che si erano fatti. E quando avevano mangiato gomito a
gomito, e Michele che gli aveva parlato guardandolo negli occhi, che gli aveva
dato spesso ragione, e che la pensavano uguale su tante cose. Che giornata era
stata! Ed era già finita.
“Diego devo andare... il taxi sarà
già arrivato” Michele lo disse con gli occhi tristi. E Diego comprese che anche
lui, sì, anche lui avrebbe voluto che non fosse già finita, che ci fossero
ancora altre ore da passare insieme. Avrebbe proprio voluto dirglielo,
gridarglielo: ma perché diamine non ti
sei fermato almeno una notte! Mah, però lo capisco, è già stato tanto che sei
venuto fino a qui. “Va bene ti accompagno” lo disse e furono fuori, in
strada. L’aria era fresca, anche troppo. Caparezza si chiuse nel suo giacchetto
e Diego che ne era privo, gli si accoccolò accanto. “Vedi che il taxi non è
ancora arrivato...”
“Ma tu hai freddo” Michele, con
le mani attorno ai fianchi dell’amico e collega, lo sentì rabbrividire sotto le
sue dita. Erano nuovamente abbracciati, senza nemmeno essersene resi conto. Non è solo il freddo che mi fa rabbrividire,
pensò Diego mentre si chiese se qualcuno avrebbe notato due ragazzi dello
stesso sesso abbracciati in mezzo alla strada. “Sembriamo due innamorati che si
salutano Diego” Michele stemperò con una battuta ma non staccò le mani dal
corpicino infreddolito. “Bello però” Diego lo sussurrò cauto.
“Cosa?”
“Che pensavo la stessa cosa. Cioè
pensavo una roba...”
“Dimmelo”
“Ehm... che la gente ci noterà
che stiamo così e ci stiamo salutando e non è che me ne freghi tanto. Mi
dispiace che te ne vai ecco, avrei voluto che restassi ancora” Oddio l’ho detto! Diego si sentì
sprofondare dalla vergogna. Cosa avrebbe pensato ora di lui? Che aveva una
cotta! Come minimo.
“Anche a me dispiace. Se non
avessi il biglietto e non dovesse partecipare a quel festival giusto domani. Ma
è domani Diego, non potevo rimandare la registrazione del Il mio gatto e nemmeno questa manifestazione era procrastinabile.
Tu mi capisci, no?” Michele teneva gli occhi abbassati sugli occhi sgranati del
piccolo Diego.
“Sì, va bene, lo so, ne abbiamo
parlato fino alla noia. Se restavi ti avrei ospitato io Miche’, mi avrebbe
fatto piacere tanto... tanto piacere”
“Lo so, anche a me”
istintivamente il pugliese si abbassò per posargli un bacetto delicato sulla
guancia. Ma poteva essere sicuramente un surrogato del bacio in bocca che
bramava dargli da tante ore. Quelle labbra imbronciate, quell’espressione così
dolce...
“Mi piace lavorare con te Diego,
stare con te mi piace... facciamolo ancora. Lo facciamo ancora vero?” gli mise
una mano sotto il mento. Diego se ne uscì con un’altra espressione del suo repertorio.
Con quella mimica facciale non avrebbe avuto difficoltà a fare l’attore, Michele
ne era certo. In questo caso l’espressione non tradiva né gioia, né sorpresa,
né difficoltà. Sembrava piuttosto follia. Era serio ma un serio buffo. “Mi dici
che hai?” Michele lo scrollò un po’ perché ora Diego sembrava caduto in trance,
imbambolato. “Sono un po’ sconvolto Michi... cioè tutto quello che voglio, cioè
che penso... ecco, tu ripeti tutto quello che voglio sentirmi dire da te... è
così strano”
“Non è strano Diego, ci siamo
trovati. Non ci perderemo, anche se ci sono questi cazzo di mille chilometri,
io so che non ci perderemo. Ci tengo davvero, ci tengo troppo a noi”
“Oh Michele, se fai così non ti
lascio andare” questa volta fu un sorriso genuino a sgorgargli dal cuore. “Michele
non ti lascio andare, prendo il biglietto e lo straccio! Grazie davvero” da
lontano però intravide il crudele mezzo giallo che significava addio
definitivo. Non ancora, non ci riusciva. “Vengo con te Michi”
“In Puglia?”
“No... in aeroporto”
“Cosa?” nemmeno il tempo di
controbattere e si ritrovarono tra i piedi il tassista che s’impossessò dello
scarno bagaglio di Michele Salvemini, una sacca, e lo sbatté nel portabagagli.
Una volta ambedue nei sedili
posteriori, Michele sentì che dovevano chiarire. Ma come si fa a prendere quel
tale discorso senza essere inopportuni? Si chiese. “Diego tu sei un po’ strano,
ti rendi conto? Non tu magari tu no, il tuo comportamento...” mi sembra un buon inizio.
“No, hai ragione sì... penserai
che sono tutto matto vero? Mi dispiace Michi. Mi prende così, ma ora ti starai
chiedendo se c’è qualcosa sotto. Tipo che mi sono innamorato di te, vero?”
l’aveva detto, e non si era nemmeno preoccupato di abbassare la voce, infatti
il tassista, un omuncolo di cinquant’anni circa con un capello buffo, ora
ascoltava tutto concentrato.
“Beh, diciamo che potrebbe
esserci questa possibilità?”
“Me lo stai chiedendo?” Diego
riuscì a guardarlo negli occhi che tanto gli piacevano. Ora capiva che non
poteva mentire a quei bei occhioni neri così profondi e sensuali.
“Mi rendo conto, il mio fascino è
devastante. E io pensavo che ti piacesse il mio stile. Miravi all’involucro non
al contenuto” ci scherzò su Michele cercando di raccapezzarsi, perché lo
sapeva: non era solo Diego a dover dare spiegazioni, visto che lui stesso non
smetteva di accarezzarlo, di stringerlo a sé e tutto il giorno aveva flirtato
con lui spudoratamente.
“Beh innamorato forse non è il
termine che userei” rispose alla fine: “Sono un po’ preso, un po’ troppo preso
ecco... e prima, quando hai detto ‘ci tengo troppo a noi’ ecco... io provo la
stessa cosa Miche’! Voglio che ci sia un noi, domani. Ho paura se penso che
sarà solo una di quelle stime, amicizie, o peggio conoscenze che partono in
quarta e poi si perdono per strada. Perché tu mi piaci e sento che pure io a te
piaccio. Ed eccomi qui” poi chiuse perché la voce ora non ce l’aveva più. Aveva
detto davvero tutto. Michele lo abbracciò. “Sto già gettando le basi per come
far proseguire noi...”
“Sì? Impegnatici Michele, perché
io ci tengo davvero. E voglio tornare presto a Molfetta da te” gli stropicciò
la maglietta facendola passare tra le sue dita.
“Però non mi sarebbe nemmeno
dispiaciuto se mirassi al mio corpo...” annunciò Michele faceto, sì, ironico ma
quell’ironia di chi scherza per dire una verità non semplice. “Cioè Diego io non
sono mai stato davvero attratto da un uomo e non penso che un uomo sia stato mai
attratto da me. Dunque come inizio il nostro non mi sembra male”
Diego non rispose ma continuò ad
accarezzare la pelle attraverso la maglietta: “Ne riparleremo quando sarò io giù
da te, ora però stringimi forte che ho freddo”
“Alzo la temperatura?” la voce
del terzo occupante del mezzo li lasciò frastornati. Arrossendo non replicarono
ma cercarono di mantenersi staccati fino alla fine del viaggio.
Dalle parti di Caselle, Michele
fece un gesto da vero signore, pretese di pagare non solo la sua di corsa ma anche
quella di ritorno dell’amico. E non si trattò di un extra da poco.
Una volta in strada, Diego
considerò che dovevano salutarsi sul serio: “Mi dispiace, ti ho fatto spendere
tutti quei soldi, te li rendo”
“Non dire stronzate dai, mi ha
fatto piacere che sei arrivato fin quaggiù, dammi un bel bacio e vai che ‘sto
tizio tra un po’ ci manda a cagare e tu ci devi fare un altro bel viaggetto”
A Diego scappò una risatina ma
poi si avvicinò a lui e alzatosi un po’ in punta di piedi gli stampò un bacetto
sulle labbra. Michele divenne rosso come un gamberetto: “Alla faccia Diego,
siamo in mezzo alla strada”
“Mi hai detto tu di baciarti...”
“Sì, ora però mi faccio rendere i
soldi della corsa e ti trascino nei cessi così ci baciamo per bene” stava
scherzando ma, come al solito, non scherzava affatto.
“Michele è stato solo un bacetto
ma ne avevo voglia da prima, anzi da oggi e anche tu dimmelo!”
“Eh sì, ovvio... ciao Diego,
mandami via sennò non ci riesco più davvero” e così dicendo lo abbracciò e per
un altro mezzo secondo tornò ad impossessarsi delle sue labbra.
Per tutto il viaggio di ritorno,
Diego continuò a risentire il pizzicore della barba di Michele sulle labbra, il
brivido che gli aveva provocato e anche la leggera scossetta elettrica. Mi ha baciato, l’ho baciato... ecco a
cosa pensava ora, con la testa tra le nuvole. E se mi sono innamorato di lui sul serio? Pensò prima di ricevere
un sms dal protagonista dei suoi pensieri.
“Mi dispiace non averti trascinato nel bagno e di non averti baciato
come cristo comanda, in realtà poteva essere un po’ squallido ma secondo me
sarebbe stato perfetto un bagno per noi. Stai attento al tassista, secondo me
ci prova. Tu digli che sei già occupato.... Post scriptum: quanto sei bello!!!”
Rispose: “No mi caga tranquillo. Davvero mi avresti baciato come dio comanda? Perché
non l’hai fatto? ma lo farai? ci baceremo? sarà un casino ma lo voglio. So di
non essere bello ma è bello che tu mi ci fai sentire sempre. grazie. Sei un
essere speciale e io avrò cura di te” appena spinse invia si pentì di aver
citato Battiato, una canzone così romantica poi. Penserà che sono uno stupido
sdolcinato, si disse. E il fatto che non gli ritornò niente indietro lo mandò
un po’ in ansia. Nel frattempo era di nuovo a Torino e il resto dei Medusa già
tornati nelle proprie case. “Ecco, per colpa tua Miche’ devo prendere l’autobus!”
lo attese con un po’ di nervoso. E per le successive due ore, continuando a
ripetersi che l’unico motivo per cui Michele non aveva risposto a quel patetico
messaggio era solo perché in aereo si devono spegnere i telefonini e ora lui
era ancora in cielo. E poi finalmente, alle dieci meno dieci, gli giunse la
risposta, perfetta come immaginava sarebbe stata: “Ti porterò soprattutto il silenzio e la pazienza. Percorreremo assieme
le vie che portano all'essenza. I profumi d'amore inebrieranno i nostri corpi, la
bonaccia d'agosto non calmerà i nostri sensi. Tesserò i tuoi capelli come trame
di un canto. Conosco le leggi del mondo, e te ne farò dono. Supererò le
correnti gravitazionali, lo spazio e la luce per non farti invecchiare. Ti
salverò da ogni malinconia, perché sei un essere speciale ed io avrò cura di
te... P.S. davvero sei un essere speciale Diego, e farò di tutto per fare nostra
questa meravigliosa canzone d’amore. Ti posso chiamare ora? volevo salutarti
anche da quaggiù”
E di getto: “Chiama tu sennò chiamo io: sono felice di non esserti sembrato
sdolcinato, chiamami.” E qualche secondo dopo il telefono gli vibrò nella
tasca.
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Hai presente l'elleboro? Quella rosa che sboccia nonostante o forse grazie al freddo? Questo mi fa venire in mente il tuo racconto, questa amicizia che nella fredda Torino sboccia e diventa un fiore bellissimo. Una storia delicata e dolce che inizia nel 2002 e per fortuna nostra dura ancora oggi nonostante i mille chilometri che li dividono.
RispondiEliminaE La Cura di Battiato ha coronato il tutto.
Come batte il cuore...
ah tesoro grazie... che commento bellissimo e delicato... no non conosco elleboro e ora mi faccio subito una cultura con google su... :) ma quanto li amiamo? :P
EliminaQuesto commento è stato eliminato dall'autore.
RispondiEliminaBellissima.. Prende un sacco.. Poi ci sono dei piccoli termini che ti sciolgono in un modo tremendo..
RispondiEliminaDavvero comlimenti! Per di più dicono che non sia nemmeno il migliore ! avrò un bel po' di tempo da passare su sto blog !