Titolo: 2Pianeti Sottotitoli:Una famiglia e un sogno per 2 (2) Autori: Annina e Giusipoo Pairing: Diego Perrone/Michele Salvemini Genere: AU/Commedia/Romantico/Introspettivo Rating: PG, slash,
Disclaimer: come
sempre è tutto frutto di fantasia. I personaggi sono originali, abbiamo
preso in prestito i nomi per ispirazione artistica e non per insinuare
qualcosa!
WARNING: Rigorosamente NC 17 per scene di sesso esplicite
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Sono ancora al supermercato quando
Michele gli urla dietro: “Dove credi di andare? Non puoi sfuggire, è così. È
per questo che non può funzionare, io e te siamo troppo diversi! E aspettami ti
sto parlando” invece Diego sgattaiola via tutto piccato. Michele gli corre
dietro, disinteressandosi della gente (potrebbe esserci qualcuno che lo
conosce), che ormai assiste tra il divertito e lo sconcertato al battibecco tra
innamorati. “Tu sei abituato a prendere, prendere sempre quello che ti pare e
poi a buttarlo via quando sei stufo. Io no! E non voglio essere messo da parte
come un vestito vecchio, non funziona così”. Sono ormai arrivati davanti alla
cassa. Michele gesticola inviperito mentre Diego tira fuori la sua carta di
credito. “E non ho intenzione di lasciarti pagare, la roba che hai preso per me
la pago io, sia chiaro, non mi faccio mantenere da nessuno” Michele continua a
scernere la sua ira.
Diego si gira e lo guarda dritto
negli occhi; i suoi sono spalancati e quasi schiariti dalla rabbia: “Michele,
non so perché tu ti sia convinto che io sia un grosso stronzo che è rotolato da
Torino solo per rovinarti la vita, ma va bene, se è quello che pensi. Forse
sbatto via dei soldi che non merito e che non ho faticato a guadagnare, qui ti
do ragione, dovrei mettermi a lavorare, o potrei fare del volontariato, insomma
dovrei usare meglio il mio tempo”. Michele tenta di parlare ma Diego lo
interrompe. “No adesso taci un attimo. Ho fatto delle cazzate nella vita, ho
avuto storie con la droga, faccio il vagabondo perché tanto non devo rendere
conto a nessuno. Ma non provare a darmi dell’insensibile. Che uso le persone,
non dirlo mai Michele. Io non l’ho mai fatto”. La cassiera che lo aiuta ad
infilare la roba nelle decine di bustine Auchan, finge di non vederlo piangere,
ma tossicchia toccandosi di continuo gli occhiali. Con ormai gli occhi gonfi e
rossi, Diego conclude: “Se c’è qualcuno che consoce bene il termine ‘sentirsi
usato’, sono proprio io” e, una volta pagato le trecento euro e passa, in lacrime,
spinge il carrello verso l’uscita.
Michele cammina un passo dietro a
lui. Le parole di Diego l’hanno colpito, ma rimane della sua idea: è un
ragazzino viziato, abituato ad avere tutto dalla vita. Forse però è vero che non ha mai usato le persone, dopo tutto io che
cazzo ne so? Che diritto ho di metterlo in dubbio?
“Eh, senti Diego” lo affianca. Lo
prende per una spalla e con decisione, lo fa voltare. “Va bene, ok... scusami
ti prego, a volte mi faccio prendere un po’... non so nemmeno come chiamarla,
ansia? Insicurezza?”.
Nel frattempo sono arrivati alla
macchina. Michele apre il bagagliaio e sotto la pioggia che nel frattempo è
tornata a cadere, caricano la spesa.
Salgono di corsa, e Diego si infila
subito le cuffiette del nuovo I-pod.
“Diego, parlo con te, ti ho chiesto
scusa. Oh, stammi attento un attimo” e Michele gli toglie le cuffiette dalle orecchie. Lui si
gira di scatto verso di lui, livido: “Cosa c’è? Hai paura che stanotte non ti
faccio niente? È per questo che mi chiedi scusa? Sei tu ad avere paura di
perdere il giocattolo. Sono io il tuo giocattolo” Diego non riesce a trattenere
una lacrima, che però si toglie subito con rabbia dal viso.
Michele ora si sente una carogna ad
aver inveito contro quel ragazzo che, nonostante viva più che agiatamente, è
appurato che gli sono mancate le cose più importanti.
“No Diego, ti chiedo scusa davvero,
lo so, sono un orco, ma ho le mie idee, e mi rendo conto che possono anche
essere sbagliate, ma a volte non riesco a tenermi dentro le cose. Diego
guardami” Michele gli prende il mento e lo gira verso di sé. “Perdonami. Stanotte
io andrò a rinchiudermi nello stanzino a dormire, ti chiedo scusa, davvero”.
Diego vorrebbe resistere, ma l’amore
che prova per quel bruto di camionista è più forte di tutto; con un sorriso
mesto annuisce. “Scuse accettate” sussurra con un’espressione così tenera che
farebbe sciogliere un terrorista accanito. Michele lo abbraccia, nonostante
siano ancora nel parcheggio di un frequentatissimo supermercato, e cercandogli
la bocca, lo bacia. Quando ormai sono satolli della pace fatta, Diego si stacca
e lo esorta: “Andiamo? Abbiamo tutto no? Telefono, vestiti, cibo, torta per la
mamma!”
Tutto allegro, Michele ingrana la
marcia e parte.
Una volta arrivati a casa, scaricate
le buste e disseminati i vari acquisti per tutta la casa, Diego riattiva il
telefonino e, come previsto, arrivano gli sms di conferma che l’ha cercato
Steff. “Quel figlio di puttana punta solo ai miei soldi!” si lamenta tirando
fuori roba dalle buste. Giunge pure un sms di sua madre, che con un freddo: Dove sei finito? Sapevo che eri in Umbria.
Chiamami. Pur controvoglia, Diego assolve al compito e la chiama. Michele,
suo malgrado, assiste al dialogo forzato e freddo tra loro. Gli lascia una
grande tristezza quella telefonata così arida, distaccata, ma per non
angosciare Diego ulteriormente, non commenta.
Dopo la doccia ed essersi cambiati
arriva Barbara e suonando più volte il campanello, annuncia: “Dai ragazzi, sono
già le sette, la mamma sta aspettando, noi saliamo, muovetevi”.
Michele bestemmia in barese, e Diego
lo guarda divertito: “Dovrai insegnarmi un po’ di barese, è buffo! Anzi, mi
correggo: tu sei buffo!” Michele lo fissa con finta rabbia: Diego ha indosso
tre pezzi nuovi dei nuovi acquisti: jeans scoloriti, felpa grigia con una
scritta stilizzata e scarponcini Timberland. Il fatto che sembri un sedicenne
appena uscito dal liceo lo fa sentire uno stupratore, accendendo la sua
fantasia. Con decisione, lo inchioda contro il muro, china la testa e, fronte
contro fronte, lo guarda severamente: “A chi hai detto buffo?”.
“Fermo Michi, ho la torta, mi cade!”.
“Peggio per te, mia mamma ci rimarrà
molto, ma molto male” e lo bacia prima delicato, poi con sempre più trasporto.
Lo sente tremare sotto le sue mani, si stacca e lo guarda: Diego è appiccicato
al muro con gli occhi chiusi. Improvvisamente li spalanca e Michele si ritrova
a perdersi ancora una volta in quello sguardo così dolce. “Te lo devo dire: non
vorrei dover andare di sopra Diego, preferirei spogliarti qui, ora, e farti
cose che non puoi nemmeno immaginare...”.
Diego è felice, appoggia finalmente
a terra la torta prima che cada e si avvinghia al collo di Michele, baciandolo
dappertutto in viso, sul collo, mettendogli le mani sotto il maglioncino.
“Ma torneremo giù no? E poi vediamo
chi farà cosa a chi!” E termina la sua esplorazione sulla bocca di Michele.
Rassegnati a dover rimandare la
passione, si avviano alla cena di famiglia.
Quando entrano, Michele vede il viso
di Diego illuminarsi. La tavola è preparata in modo rustico, e imbandita con
una quantità di roba che potrebbe sfamare un’intera caserma!
“Che bello! È una tavola bellissima”
sembra un bambino la notte di natale.
La signora Salvemini è lusingata, va
incontro a Diego e prendendolo a braccetto lo accompagna al suo posto che è accanto
a Giuseppe Salvemini, seduto a capotavola. Michele è davanti a Diego e la mamma
si mette in un angolo. Barbara e il marito occupano già i loro posti.
La cena ha inizio. Diego è incantato
dalle attenzioni che la mamma di Michele riserva ai suoi figli, abbracciandoli
e baciandoli ogni volta che passa loro vicino, riempiendo loro i piatti fino
all’inverosimile. Michele vede la meraviglia negli occhi del ragazzo, è
evidente che davvero non ha mai fatto parte di una vera famiglia.
Quando Santina comincia ad
abbracciare anche lui e a spingerlo a mangiare, come se ce ne fosse bisogno
poi, Diego si elettrizza ancor di più e, ad un certo punto, l’abbraccia con
trasporto, ringraziandola: “Non sono mai stato meglio in vita mia, grazie!”.
Commossa, la donna lo stringe a sé, scoccandogli due baci sulle guance, che da
pallide come sono normalmente si ravvivano. Michele ride contento per la gioia
che legge nell’espressione di Diego, e la cena va avanti a gonfie vele, anche
quando Michele battibecca con la madre, o con la sorella per quisquilie. Anche
quando Giuseppe, laconicamente si mette a raccontare di quando il Verde Luna, l’hotel
ristorante dove lui lavora solo part-time, era il loro. È tanto felice Diego
per quella prima sua escursione in una famiglia vera, che quando viene il
momento di tornare a casa, si dispiace.
“Bene Diego, tanto se stai qui un po’
di tempo verrai spesso a mangiare da noi. Vedrai, ti farò provare tutte le
nostre specialità” i famigliari di Michele si passano letteralmente il ragazzo
tra le braccia, baciandolo e stringendolo con affetto.
Prima di farli uscire, Santina
rifila al figlio la torta avanzata, con queste parole: “Ci farete colazione,
noi non possiamo per la glicemia, mangiatela voi che siete giovani!”
Mentre scendono le scale, Michele lo
accusa ridendo: “Ma come, dovevamo fare tante cose stanotte, e poi tu non mi
vuoi più tornare a casa? Ti hanno conquistato vero?”
“Ci puoi giurare, è stata forse la
prima cena degna di questo nome a cui abbia mai partecipato. Hai una famiglia
straordinaria, magari saranno rompiscatole, ma ti vogliono un gran bene Michi”.
Michele sorride: “Sì, hai ragione,
siamo una bella famiglia. Ma adesso andiamo, dobbiamo anche giocare ad Assassin’s
no?”.
“Oh, ho in mente molti giochini da
fare, caro Michi” malizia mentre Michele apre la porta di casa.
Diego è incontenibile. Tira fuori
dalle scatole tutto, senza curarsi delle cataste che si formano intorno al
divano di Michele, il quale nemmeno tenta più di frenarlo. Ulisse, entrato per
ripararsi dal freddo e dalla pioggia, resta in un angolo ad osservare i due
giocare alla Xbox. Fanno un tale baccano che, ogni tanto, Michele gli chiede di
parlare piano: “Papà fa la mattina, si sveglia alle quattro!” lo avvisa ma
sempre rilassato.
Sul volto di Diego un alone di
tristezza e incredulità: “Che turni di merda. Tutto questo lo decide il nuovo
padrone?”
“Sì, è un bastardo. Ma la cosa
divertente sai qual è? Che tra un po’ sarà tutto all’asta perché il bastardo
non è riuscito a pagare a mio zio. E così arriverà lui che è il più bastardo di
tutti!” Diego rammenta l’acredine tra la famiglia Salvemini e il fratello della
madre di Michele.
“Non posso crederci, ma è stato
adottato? Tua madre è così dolce, come gli è venuto un fratello così?”
“Ma che adottato... anzi, sono due
gocce d’acqua!” Sbuffa appoggiando la consolle sul divano. “Lasciamo stare
questo argomento sennò mi stranisco” Michele si mette a sedere, lo sguardo
fisso davanti a sé. Diego gli siede accanto, passandogli il braccio sulle
spalle e allungandosi sopra di lui, fino a che le guance non si toccano. “Ma
non possiamo provare a vincerla noi l’asta?” biascica distrattamente. Michele
si volta guardandolo con disappunto misto a curiosità. Devo aver capito male... “Noi?”
“Sì, nel senso... io! Cioè se io ti
aiutassi a vincere l’asta, tuo padre tornerebbe in possesso dell’hotel, no?”
Michele si alza sconvolto. Sta per dire qualsiasi cosa gli passi per la mente,
ma poi si ricorda la scenetta al supermercato. Non vuole litigare, non vuole
incomprensioni e, soprattutto, non vuole far piangere Diego. “Ok” si rimette
seduto e, solennemente, gli prende le mani tra le sue. “E di grazia, come
vorresti vincere l’asta? Pagando con la carta di credito? Quella con cui
abbiamo svaligiato il supermercato?”
Diego sorride, felice che Michele lo
stia prendendo sul serio e non abbia perso le staffe: “Con i soldi! Con cosa se
no”
“I soldi di chi? Diego, per quanto
puoi essere ricco, tu non hai un milione d’euro in banca... o ce l’hai?” alza
il sopracciglio. “Tuo padre è un mafioso?”
Diego ride: “No, è uno schifoso ma
non è un mafioso e, ok, non ho quella cifra. Non ora, ma se vendessi il mio appartamento...
“
“Alt!” Michele non lo fa parlare. “Diego...
cazzo... finché si scherza si scherza. Tu venderesti il tuo appartamento per...
un Hotel che poi non sarebbe manco tuo? Che film ti stai facendo?”
“Risolveremmo tutto!” Diego si sente già l’eroe di una fiction mentre
pontifica: “Prenderò io l’hotel, che me ne faccio poi della casa a Torino. Me l’hanno
intestata, no? Posso venderla e farci quello che mi pare con i soldi... ”
“No!” urla Michele.
“E perché no? Perché non credi che
ti amo? Perché pensi che tra una settimana mi sarò già stufato?”
“Forse, ma non per quello. Perché è una cazzata. E poi, se anche io fossi
talmente infame da approfittare della tua ingenuità, mi dici come spiegherei
questa cosa... cioè che tu ci presti tutti quei soldi?”
“Perché sono il tuo ragazzo, perché
sennò? Tanto lo dirai prima o poi ai tuoi... o no?” Diego ora è un po’
spaventato. Non pensa riuscirebbe a fingere di essere il figlio dell’amico del
collega a lungo. “Non lo devono sapere e basta, è così? Smetterebbero di
volerti bene? Qualcosa del genere?”
“Diego, stai cambiando discorso. Non è quello il problema. Anche se tu fossi
una ragazza non li accetterei i soldi. Lo capisci?”
“No!” sbraita, poi si ricorda dell’orario
e del padre che deve dormire e abbassa la voce. Mellifluo gli circonda la vita
con le braccia: “No, non lo capisco
amore... no! Io li accetterei da te, sono certo di sì. Se tu avessi qualcosa
che ha me serve, io la prenderei. Te lo giuro”
“Ma ti credo, dal tuo punto di
vista, ma guarda il mio Diego. Tu vuoi che io sia l’artefice di tutto questo
casino. Colui che si prende la responsabilità di lasciarti vendere la casa che
i tuoi genitori ti hanno regalato, per usare quei soldi per me. Non sarebbe
giusto, fidati” Diego prova ad insistere, ma capisce che si sta arrampicando
sugli specchi. Ben presto gli dà dell’orgoglioso, del malfidato, e prima che
inizino a litigare sul serio, Michele gli offre una birra e, mentre Diego è ancora
intento a sbevacchiare, Michele guadagna la camera da letto.
Una volta entrambi distesi sul
letto, Diego maligna: “Ma non dovevi dormire sulla brandina?” Spingendolo fuori
amichevolmente. Michele sghignazza, tenendosi stretto il posto accanto a lui: “Giusto,
la brandina! Se mi ricordo dove sta! Toccherà che la cerchi. Mia madre domani
mattina verrà per aprire le finestre, cambiare la biancheria, robe così. Devo
inventarmi qualcosa”
“Cioè tirerai fuori davvero la
brandina e ci metterai le lenzuola e tutto?” Diego si accende una sigaretta: “Ho
capito, non gli dirai mai di noi” s’acciglia.
“Non ora! Cristo di una testaccia
dura! Ammettilo Diego, sei impulsivo come pochi ma lo capisci anche tu che è
presto, no?”
“Pensi che gli verrà la depressione
scoprendo che il loro unico figlio maschio, non è quel baluardo di virilità che
pensavano?”
“No, non penso sia il problema. A
modo mio sono sempre stato uno strano per loro. Un alternativo, uno che va in
giro vestito come capita, che se ne frega di quello che pensano gli altri. Che
non accetta le regole”
“E come si spiega che lo scapestrato
sono io e tu il precisino?”
“Il precisino?” Michele lo fissa in
attesa che chiarisca.
“Nel senso che non ti butti sulle
cose, ragioni su tutto, razionalizzi tutto. Sei il classico bravo ragazzo Miche’,
hanno un figlio fantastico e lo capisco se ti fai problemi e non vuoi farli soffrire.
Nemmeno io so come la prenderebbero i miei genitori se scoprissero che mi sono
messo con un uomo. Immagino direbbero che lo faccio solo per dargli un
dispiacere”
“Moderni”
“Stronzi” precisa chiudendosi.
Michele nota che ogni volta che Diego accenna alla sua famiglia, un’ombra di
malinconia si impadronisce di lui. Come se scendesse un sipario invisibile sul
suo solito scanzonato e irriverente buonumore. “Non parliamo di questo adesso,
non parliamo più di niente, ok?” fa Michele, poi gli schiocca un bacetto sulla
guancia e questo induce l’altro ad abbracciarlo.
“Hai ragione stavolta, non parliamo
più, facciamo l’amore” lo dice con una tale naturalezza che Michele si
scioglie. Tutti i discorsi sulla coerenza e sul raziocinio si sgretolano mentre
pensa che Diego ha gli occhi più belli sui quali abbia posato i suoi. “Ti amo
Diego” gli sussurra con la bocca attaccata alla sua guancia. “Ti amo un
casino... ”
“Anch’io” senza smettere di
accarezzarsi, iniziano a svestirsi. Un po’ l’un l’altro, un po’ ciascun per sé.
Le Timberland volano attraverso la stanza seguite da jeans e felpa,
maglioncino, canottiera, boxer... Diego lascia campo libero a Michele che
prende il controllo incollandolo al materasso. Si lascia baciare ovunque, si
lascia andare alla bocca, alla barba, alla dedizione più completa e necessaria.
Mentre sta venendo, Michele è costretto a tappargli la bocca con il palmo.
“Me lo dovevo immaginare che avresti
fatto un casino”
“Veramente mi sono trattenuto”
parlano fianco a fianco. Nessuno accenna ad andarsi a pulire. Se lo sono fatto
a vicenda, con la bocca e con le mani. Ma ad entrambi non sembra vero di avere
ancora tutta la notte per provare, per sperimentare. Iniziano a parlare di
prima volte e Michele racconta del suo drammatico primo bacio, avvenuto solo
pochi anni prima. “Ero così timido, che imbecille! Ero pure tanto brutto. Anzi,
lo sono...”
“E invece Gaya? Dal nome mi sta già
sulle palle!”
“Sei solo geloso” Michele lo
abbraccia di fianco. Poi si alza poco per guardarlo nudo. “Sei proprio fatto
bene. Piccolino ma proporzionato”
“Tu invece sei grosso e
sproporzionato!” ride Diego.
“Insolente” le dita di Michele
accarezzano i tatuaggi sulle braccia. “Che significano?”
“Tante cose, ma non saprei spiegarti,
ero troppo fatto”
“Ah, ecco”
“A proposito: hai mica del fumo?”
“Intendi canne? No, io non faccio
uso di stupefacenti. Sono un autotrasportatore diligente”
“Sì, lo so. Il ragazzaccio sono io.
Però a me andrebbe da matti uno spinello cazzo!”
“Al centro commerciale non ce l’avevano
eh? Ma se proprio ti serve, una passeggiatina alla stazione e trovi più erba
che al San Nicola!”
“Davvero lo faresti? Mi porteresti a
cercare dell’erba?”
“Non a quest’ora ma sì, perché no.
Sei maggiorenne e poi il fatto che sia illegale non vuol dire che sia sbagliato
fumarla. In Italia è pieno di roba regale che fa malissimo! Le farmacie, i bar,
persino gli asili!”
“Come sei impegnato e colto” Diego
gli fa il solletico sbaciucchiandolo. Dopo essersi stuzzicati, decidono di
accendere la tv. Smettono di parlare e questo concede a Diego una pace
interiore piacevolissima, una speranza. Si dice che se riescono a dividere il
letto guardando la tv senza sentire il bisogno di parlare, hanno già fatto un’enorme
passo avanti nel loro menage. Hanno raggiunto quell’intimità che certe coppie
mettono anni a trovare. O non trovano mai e poi si lasciano. E con quei dolci
pensierini, appoggia la testa sulla spalla dell’amato. E si addormenta cullato
dal respiro di Michele e dal chiacchiericcio di un talk show.
È notte fonda quando Diego apre gli
occhi e sbircia la sveglia da sopra alla spalla di Michele. Sono le tre, non ha
dormito nemmeno due ore. In tv va un vecchio film tedesco: già, a Rai tre a
quest’ora è Giusti che imperversa.
Diego sbuffa, ridacchia e si rimette
comodo tra le braccia di Michele, che, tutto raggomitolato nel piumone, dorme
della grossa. Tenta di riaddormentarsi, ma non ci riesce, c’è qualcosa che lo
tormenta, e non capisce cosa.
Andrò a pisciare e strisciando cauto da Michele per non svegliarlo, esce dal piumino
rabbrividendo: lasciare il nido caldo delle sue braccia lo rattrista. Mi sa che quando torno lo sveglio e con
un bel sorriso, mettendosi sulle spalle una copertina trovata sulla poltrona
vicino al letto, si avvia verso il bagno. Uscendo dal gabinetto pensa di fare
una capatina in cucina: il pensiero della torta al cioccolato, ecco cos’era! L’avanzo della dolce che
hanno riportato dalla cena la sera prima e che la signora Santina gli ha
incartato per la colazione. Beh, se uno ha fame, ha fame.
Apre il frigo, prende la torta e se
ne taglia una generosa fetta. Prima di chiudere il cabaret in frigorifero, stacca
una fontanella di cioccolata e se la infila subito in bocca, tutto contento. Fa
per chiudere lo sportello quando sobbalza spaventato: da dietro Michele con l’espressione
assonnata, i capelli sconvolti e vestito con i soli boxer, lo guarda torvo: “Che
combini?”.
Diego, col cuore che va a mille,
ribatte: “Cosa cazzo fai tu? Mi hai spaventato a morte, sembrava la scena di
Psyco!”.
“Ma io non sono Norman come puoi
vedere, e tu non sei una bella ragazza in una doccia”.
“Beh, sono un bel ragazzo in un
frigo però!” ghigna Diego.
“Bel ragazzo dici?” Con la mano sotto
il mento, Michele lo studia come se lo stesso esaminando: “Sei nudo con un plaid ridicolo sulle spalle,
hai un baffo di cioccolato e... ”
“Quindi mi stai dicendo che non ti
piaccio neanche un po’” Diego fa il broncio guardandolo con occhi malandrini.
“Ti sto dicendo che ho voglia
di mangiarti Diego” Michele si avvicina e gli toglie con un dito il cioccolato
dalla bocca, leccandoselo con piacere evidente.
Veloce, Diego glielo acchiappa,
succhiandolo a sua volta, “buono… Va bene, vorrà dire che sospenderò il mio
banchetto: pazienza” Diego accarezza i fianchi di Michele, e con un rapido
movimento gli abbassa i boxer. “Io non li ho, non devi averli nemmeno tu” gli
sussurra sulla bocca.
“Vieni qui” Michele lo prende
per mano e lo trascina verso il tavolo. “Non volevi mangiare monellaccio?” e
col cucchiaino prende un po’ di torta e l’avvicina alle labbra. Diego le
schiude e cerca di afferrare la cucchiaiata, ma Michele l’allontana guardandolo
negli occhi. Diego si perde e Michele ride a fissarlo così, con la bocca aperta
e lo sguardo interrogativo. “Tieni Diego” una volta per tutte gli infila la palatina in
bocca. Diego mastica lentamente, lo sguardo sempre fisso su quello di Michele.
Mangia e si lecca la crema dalle labbra continuando a guardare l’amato, che lo
imbocca ancora. Michele lo bacia, lambendo via il cioccolato che la ricopre.
“Sei buono Diego, proprio
buonissimo” mormora con voce roca continuando a baciarlo con passione.
Dopo un po’ Diego si stacca non
senza fatica, solo per sussurrargli all’orecchio. “Michi, ti amo tanto”.
“Allora se mi ami tanto, perché
mi tradisci con una torta alle tre di notte?” scherza Michele, ma sottovoce e
con tono serissimo.
“Giuro che non lo faccio più”
il ragazzo continua la pantomima sorridendo.
Michele lo stringe così forte
che ha quasi paura di romperlo quello scricciolo, ma non può farne a meno:
“Anch’io Diego, anch’io”. Intanto bacia ogni angolo di quel viso che trova
talmente incantevole. “Anch’io... sei mio... sei il mio ragazzo... sei il mio
amore”.
Diego ride contento,
accarezzando il viso di Michele, riempiendolo a sua volta di bacetti, in una
lotta continua a cercare lembi di pelle, come fosse una guerra a chi bacia per
primo.
L’armistizio di baci arriva
quando entrambi scelgono le labbra. E qui i baci non sono più solo baci, sono
morsi, succhiotti, ansiti, saliva sparsa e scambiata generosamente, sussurri,
parole sconnesse. Michele solleva Diego, il quale si arrampica su di lui,
circondagli i fianchi con le gambe, e, cercando di appoggiarsi al tavolo
maldestramente, infila la mano nel piatto di torta, ricoprendosela di crema.
Ridendo
tra sé, finge di accarezzare Michele che, sempre vigile nonostante la passione,
gli afferra il polso. “Non ci provare Diego, non ci provare: vai a pulirti
quella mano”.
“Bastardo!
Va bene, lasciami dai” ma appena è libero, sveltamente gli afferra il membro
accarezzandolo, ricoprendolo così di crema. E continua a ridacchiare.
“Diego
ma dai, ma…” Michele non riesce a proseguire perché Diego, lestamente, si è
accovacciato davanti a lui e ha iniziato a fare quella cosa che sembra
riuscirgli tanto bene. “Mmm… Michi, ora sì che sei tu buonissimo... ”.
A
Michele gira tutto, Diego e il suo piercing gli fanno ormai questo effetto. Gli
acchiappa la testa tra le mani e lo fa alzare, baciandolo e ribaciandolo,
scendendo a sua volta a baciargli il sesso guizzante.
Si
amano lì, sul tavolo della cucina, baciandosi, strofinandosi, usando il resto
della torta come lubrificante. Si amano finché non si placano storditi. Unico
spettatore Ulisse, che dorme in un angolo, aprendo un solo occhio quando i
gemiti si fanno più forti.
Riavutosi,
Diego guarda Michele con occhi sognanti, baciandolo leggermente sulle labbra.
Gli morde quello inferiore, glielo tira.
Michele
invece resta ad occhi chiusi, assaporando il momento, annusando l’aria, il
profumo della torta che si è mischiato a quello di sesso. Poi fissa il suo
ragazzo, e serio, tenendolo stretto per le spalle e guardando quei grandi occhi
nocciola sgranati nei suoi, gli dice: “Non lasciarmi mai Diego, mai”. Si rende
conto che lo sta stringendo troppo forte, che forse gli sta facendo male con le
dita che sembrano voler penetrare le carni.
Ma
Diego, con tutta la pace post-orgasmica disegnata in volto, sorride: “Cazzo
dici. Io non ti lascio. Non sarò io a lasciarti Michi, non lo farei mai, ti amo
troppo” e si accoccola al suo petto, felice.
“Coraggio,
una doccia dobbiamo proprio farcela, abbiamo crema e cioccolato dappertutto!”
Michele prende Diego per mano e se lo porta in bagno, dove si ficcano tutti e
due sotto la doccia.
Diego
subito si impossessa del bagnoschiuma e comincia a lavare Michele. Si
insaponano e si lavano delicatamente l’uno con l’altro, con tenerezza, con
amore, senza secondi fini, solo per coccolarsi ancora un po’. Lavati puliti e
asciugati, tranne i capelli di Diego che sono ancora umidi, tornano in camera
da letto e si infilano sotto al piumino.
“Domani
dovremo pulire bene la cucina, o tua mamma chissà cosa penserà” sbadiglia
Diego, accovacciandosi come suo solito tra le braccia dell’amante.
“Si,
domani. Ora dormiamo un po’. Domani puliremo, poi ti porto un po’ in giro,
questa settimana di ferie me la volevo godere sai? E ho iniziato proprio bene” chi lo avrebbe detto? Pensa ubriaco di
felicità.
“Sì
Michi” e sospirando Diego gli dà un ultimo bacio sulla bocca, addormentandosi
subito dopo, sfinito, ma con un sorriso sul bel viso rilassato.
Michele
sta ancora un po’ a guardarselo, accarezzandogli delicatamente la testa. Le
dita tra i capelli umidi; gli aloni scomposti, sembrano tante spighe di grano.
Michele sta pensando che non si è mai sentito più felice di così. E si chiede
se un uomo possa essere più felice di così. E se essere felici equivale ad
essere stupidi, è ben felice di essere
lo stolto più totale!
Quindi
spegne la luce sul comodino, e finalmente si addormenta anche lui, con lo
stesso sorriso di Diego sulla bocca.
In una sola giornata Diego viene investito da una miriade di sensazioni e sentimenti che lo confondono. Rabbia e delusione per le parole di Michele; affetto per la famiglia del giovane camionista che per la prima volta lo fa sentire amato e coccolato; desiderio, amore e passione una volta che lui e Michele sono chiusi nell'intimità del loro piccolo nido. Diego si butta a capofitto nella loro storia senza pensare alle conseguenze e desiderando donare tutto quello che è nelle sue possibilità all'amato. Michele è confuso dal suo donarsi così totalmente. Diego arriva anche a voler vendere il suo appartamento per risolvere i problemi della famiglia di Michele. La scena in cucina è l'apoteosi di questo capitolo così intenso. E' fuoco puro, eccitante sexy ma allo stesso tempo anche dolce. Capitolo dopo capitolo riuscite ad avvinghiarmi ancora di più e a farmi amare non solo questa storia ma anche Diego e Michele. <3
Questo blog è nato per tutti quelli che amano la coppia Caparezza/Diego Perrone (altresì detta Diegorezza) in odor di slash (slash fanfiction) e per coloro che amano Diego Perrone e il mitico Michele Salvemini come artisti, con un occhio speciale e fantasioso sugli altri musicisti che più o meno ruotano (o hanno ruotato) intorno a questa coppia. Welcome.
ATTENZIONE: tutte le fanfiction presenti nel sito che citano Diego Perrone e Michele Salvemini (Caparezza)e altri personaggi reali, sono da considerare sempre e tassativamente frutto della fantasia e del talento dell'autore. Non c'è niente di reale né è a scopo di lucro. In caso contrario, qualora si racconti un avvenimento "reale" non sarà una fanfction e verrà ben specificato.
Se non vi piace lo slash non leggetelo
Sublimando sul palco................................................................................................................................
-Durante fuori dal tunnel, alla frase: “Mi sento stretto come quando inchiappetto un topolino” (al posto di puffo, per adeguare alla scenetta) mimato un atto omosessuale, nella fattispecie CaparezzaVSDiego.
-Durante Bonobo Power, vengono imitati coiti e Diego, dopo aver tentato Capa al sesso bonobo, si consola prima con il tastierista poi con una banana.
-Durante una nuova versione di Fuori dal tunnel, Caparezza imita un nuovo coito omosex con uno stura lavandini sempre ai danni di Diego.
-Durante il dito medio di galileo, Diego presta il fianco alla famosa frase: “Temono il dito di Galileo tra le chiappe” mettendosi in posa per farsi infilare metaforicamente il dito medio tra le chiappe da Caparezza.
-Durante una delle tante versioni di Abiura di me, Diego dice: “Ti posso cliccare?” e dopo averlo toccato con la freccetta, arriva con un finto dito (tipo sempre mouse del pc) e lo sbatte sui genitali di Capa.
-In un'altra di Abiura, Caparezza impugna il pacman e "mima" di mordere qualcosa che pende dal corpo di Diego, indovina un po' cosa...
-Ancora Abiura di me, Diego fa la principessa del videogioco di Super Mario che amoreggia con Tetris, interpretato da Caparezza.
-Durante Kevin Spacey, Diego Harry Potter, sbatte la bacchetta magica verso il sesso per evocare un sortilegio contro la prostata di Caparezza.
-Durante stango e sbronzo Caparezza prende di petto le dimensioni della scimmietta di Remy (interpretata da Diego) e definisce le dimensioni del suo pene siffrediane.
-Prima di Auditel's family, per parlare del decadimento dei rapporti amorosi, Caparezza imita una telefonata ad una linea erotica e Diego interpreta una centralista hard con tanto di parrucca e movenze.
-Nel live de La fine di gaia, Caparezza spinge nel sedere di Diego la lancia, gesto però non legato ad una scenetta o altro. Così...
-In The auditel family, alla fine Caparezza svende tutto, persino una notte d'amore con Diego. Ma poi si pente e cerca il suo perdono tirandogli un bacio subito ricambiato
In una sola giornata Diego viene investito da una miriade di sensazioni e sentimenti che lo confondono. Rabbia e delusione per le parole di Michele; affetto per la famiglia del giovane camionista che per la prima volta lo fa sentire amato e coccolato; desiderio, amore e passione una volta che lui e Michele sono chiusi nell'intimità del loro piccolo nido. Diego si butta a capofitto nella loro storia senza pensare alle conseguenze e desiderando donare tutto quello che è nelle sue possibilità all'amato. Michele è confuso dal suo donarsi così totalmente. Diego arriva anche a voler vendere il suo appartamento per risolvere i problemi della famiglia di Michele. La scena in cucina è l'apoteosi di questo capitolo così intenso. E' fuoco puro, eccitante sexy ma allo stesso tempo anche dolce. Capitolo dopo capitolo riuscite ad avvinghiarmi ancora di più e a farmi amare non solo questa storia ma anche Diego e Michele. <3
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