Titolo: 2Pianeti Sottotitoli: 2 città così lontane (2) Autori: Annina e Giusipoo Pairing: Diego Perrone/Michele Salvemini Genere: AU/Commedia/Romantico/Introspettivo Rating: PG, slash, NC 14
Disclaimer: come
sempre è tutto frutto di fantasia. I personaggi sono originali, abbiamo
preso in prestito i nomi per ispirazione artistica e non per insinuare
qualcosa!
2
città così lontane (2)
“Pronto? Pronto chi parla, sono…”
Diego riattacca. No, non aveva
pensato alla possibilità che al cellulare di Michele potesse rispondere
qualcuno che non era lui, che potesse rispondere una donna. Non aveva pensato
che a casa potesse aspettarlo una donna. Sua
moglie? La sua convivente? E perché non dirlo... perché? Adesso Diego ti metti
tranquillo, ti prepari qualcosa da mangiare e poi esci a fare un giro per
rinfrescarti le idee. Ma, nonostante i buoni propositi, per non rischiare
di star male si prende un ansiolitico, il più potente che gli capita sotto mano.
Dopo si corica in posizione fetale sul divano stringendo il cuscino tra le
braccia, lo stomaco che fa male, o forse
è il cuore, chissà...
Si risveglia due ore dopo,
stordito. Appallottolato in mano, ancora il biglietto da visita di Michele. Devo parlare con lui, non me ne frega niente
se ha una donna, devo sentirlo! Cocciuto, Diego riprende in mano il
telefono e spinge il tasto dove è memorizzata l’ultima chiamata. Se ‘sta stronza sapesse che bel bocchino gli
ho fatto… Basta, sto esagerando! Che poi magari stronza non è, lo stronzo sono
io invece… beh, che si fotta lo stesso, mi dovrà passare Michele!
“Pronto?” maledetta è ancora lei... lo stesso accento di Michele accidenti.
Per forza. Son proprio rincoglionito.
“Eh, sì pronto, io sono un amico di Michele, volevo…”
“Ah, mi spiace. Michele torna
stasera, ha fatto un viaggio breve oggi, e ha dimenticato il cellulare qui; io
sono Barbara”
“Barbara?”
“Sì... Barbara, sua sorella no?
Pronto?”.
Diego sta zitto mentre in
trance pensa: Sua sorella. Sua sorella.
Sua santissima sorella! Il cuore che batte forte. “Lo chiamo stasera allora
ciao!”.
Diego ora sollevato, va in
cucina e si prepara due fette di pane in cassetta con quello che trova in
frigo. Mentre mangia, un’idea prende sempre più forma nella sua testa: parto, prendo il treno e vado giù a Bari. Io
devo parlargli. Sono sicuro che mi vuole un po’ di bene, sennò non mi avrebbe
baciato, non come mi ha baciato. Io vado, si ci vado e basta, e basta!
Lasciando il panino a metà
corre sul suo Mac a guardare gli orari dei treni. Il prossimo è domattina alle 4,50, arriverà a Bari alle 15.Benissimo... Non ha più fame, ora è in
preda all’ansia. Infila nel portafoglio il biglietto di Michele, come se fosse
un prezioso reperto.
Alle quattro del mattino, ben
imbacuccato contro la neve che ha ripreso a cadere, Diego è di nuovo in
stazione; il telefono di Michele era spento quando ha provato a chiamarlo ma
non importa, riproverà in treno, si dice, o gli farà un’improvvisata. Stavolta
non piange, non si dispera, sa che vedrà Michele presto, qualcosa succederà. “Al
massimo gli faccio un altro bocchino! A quello non dirà di no!” ride tra sé
Diego.
Undici ore di viaggio sono
lunghe per tutti, ma per chi sta rincorrendo un sogno come Diego sono interminabili.
Finalmente alle sedici, con
pochissimo ritardo, il treno entra nella stazione di Bari.
Diego scende di corsa, si
precipita all’uscita a cercare un telefono pubblico: dovrà anche pensare di
comprare un cellulare nuovo prima o poi e denunciare la scomparsa della sim.
Correndo con l’andatura di uno
che sta fuggendo da un serial killer, si scontra con due questurini di ronda
nella stazione. Cazzo!
“Che c’è da correre tanto? Da
cosa stiamo scappando?” chiede un poliziotto.
“Ma no, non scappo. Sto cercando
un telefono, sono venuto a trovare un amico, devo chiamarlo ma ho perso il
cellulare”. Impallidito, Diego cerca di spiegare con calma, ma ha qualche
difficoltà, ha già avuto a che fare con la polizia.
“Certo, favorisca i documenti
intanto”.
“Sì, va bene, subito” Diego
cerca nel portafoglio ma la Carta d’identità sembra volatilizzata. Va a vedere che l’ho lasciata a casa...
“Non li troviamo vero? Sparita
insieme al cellulare. Bene, ci segua in ufficio che provvediamo al
riconoscimento”.
“Ma perché, non ho fatto
niente! Sto solo cercando un telefono, sono stanco” Diego, in preda al panico,
li implora ormai.
“Venga, non si preoccupi è solo
una formalità” e mettendosi al suo fianco lo accompagnano agli uffici della
Polfer.
“Sentiteposso almeno fare una telefonata? Per favore”
.
“Vedi troppi film, guarda che
non sta succedendo niente, è solo un controllo” ridono i due poliziotti. Ridono
di lui. Ma quando uno di loro accede al server, il nome segnalato con tanto di
foto, riempie il computer a tutto schermo: “Ma guarda un po’, Diego Perrone.
Sei proprio tu, con gli orecchini e i capelli in quella maniera. Vedi che ci
sei nel CED. Ti hanno già arrestato per possesso e spaccio di stupefacenti. Che
sei venuto a fare qui da Torino?”.
“Un mio amico, sono venuto a
trovarlo. E lo spaccio non me l’hanno dato poi. Vi prego, mi fate telefonare?”.
Nella sua voce ansia e irritazione la fanno ormai da padrona.
Nemmeno gli rispondono, lo
lasciano lì seduto per due ore durante le quali al ragazzo passano per la mente
mille possibilità: Mi arrestano, mi
buttano dentro, un motivo lo trovano questi, cazzo cazzo cazzo, ma perché? Non
potevo guardarmi intorno, non potevo andare piano, ma poi ho una faccia così da
delinquente io, cazzo se mi buttano dentro. Me lo aveva detto l’avvocato: riga
dritto, alla prossima ti legano!
“Chiama dai, intanto finiamo i
controlli”. Dev’essere il poliziotto
buono, questo.
Diego ha le mani che tremano,
quasi non riesce a schiacciare i tasti giusti; finalmente una voce risponde
dall’altra parte “Sì!”.
Il cuore perde qualche battito:
“Michi, Michi sei tu? Sono Diego”
“Ciao Diego, che fai?”.
“Ecco, io sarei venuto a Bari
perché volevo parlarti, ma adesso sono qui negli uffici della polizia in
stazione e… ”
“Cosa? Cos’hai fatto?” La voce
di Michele tradisce sconcerto.
“Niente correvo per
telefonarti, li ho urtati cazzo, e mi han portato qui. Ho paura adesso...” la
voce è stridula, Diego ha davvero paura, anche se sa di non aver fatto niente. “Aspetta”
Michele chiude la comunicazione, e Diego si sente ancora più solo.
Poi finalmente lo chiamano, gli
fanno firmare il verbale e dandogliene una copia lo salutano con un: “Vedi di
filare dritto Perrone, qui non vogliamo rompicoglioni”.
Diego, con le gambe malferme,
apre la porta ed esce velocemente dall’ufficio: “Cazzo mi lasciano andare, non
ci credo, mi lasciano andare”.
Le forti emozioni e la
debolezza dovuta al digiuno prolungato, gli provocano un leggero sbandamento
improvviso e sente che sta per cadere lungo sul marciapiedi, ma due braccia
forti lo acchiappano al volo, stringendolo.
“Il mio destino sarà di
raccoglierti sempre da qualche parte, randagio?”.
Diego si gira e guarda Michele
con i suoi grandi occhi nocciola sottolineati da profonde occhiaie, il viso
pallido e tirato, ma con un sorriso che da solo illumina tutt’intorno.
Quando ha ricevuto la chiamata
di Diego, Michele non lo sapeva, ma si trovava giusto a trecento metri da lui,
dalla stazione centrale di Bari.
Stava rientrando dopo l’ultimo
viaggetto, questa volta Taranto, praticamente una passeggiatina. Già nel
pomeriggio era libero e stava solo pensando a come passare quelle prime ore di autonomia,
alla musica che avrebbe ascoltato, o al film che avrebbe visto. Era
intenzionato ad andare al cinema, di cominciare nel migliore dei modi quei sette
giorni di ferie forzati. E poi è arrivata la telefonata di Diego. Non tanto
inaspettata a dire il vero. Quando Barbara, sua sorella, le ha detto di un
tizio dal dialetto strano, del nord, che lo ha cercato quando era in viaggio
per Salerno e ha dimenticato il cellulare tutto il giorno, ha subito capito che
si trattava di lui.
Diego.... Diego!
Certo non può negare a se
stesso di essere stato così felice e allo stesso tempo, sentirsi una merda per
quella distrazione. Quel telefonino lasciato in carica e quando si era
ricordato di non averlo con sé, troppo tardi per tornare a prenderlo. Si era
detto: cazzo mi frega, posso comunicare
con il baracchino, e poi chi mi cercherà mai... già, proprio l’unico di
cui, improvvisamente, sembra importargli qualcosa. Ora non era più il suo
passato Diego, come aveva pensato quella prima sera. Ma allora cos’è? E ora che
Diego è praticamente tra le sue braccia, Michele non può fare a meno che
sorridergli e mettergli un dito sotto il mento: “Allora mi dici che combini?”
“Lascia perdere, è iniziata nel
peggiore dei modi questa mia visita a Bari, che poi lo sai che non ci sono mai
stato?”
“Sei qui per fare turismo?”
malizia Michele, ma sanno tutti e due che non è così.
“No, no per parlarti” tira su
con il naso. Poi si avviano fianco a fianco camminando verso l’ortica... Di nuovo!
“Lo devo spostare da qui, se prendo
un altra contravvenzione mi fanno un culo così! Hai fame? Hai la faccia di uno
che non mangia da giorni”
“Se ho fame! Sto svenendo!” fa
teatrale Diego piegandosi su di lui. Anche se imbarazzato da quel contatto,
Michele lo stringe a sé cingendo con un braccio la spalla e subito Diego gli
circonda la vita e gli poggia la guancia sul braccio. “Dove si può mangiare a
quest’ora?”
“Dove ti pare, tu dove vorresti
andare?”
“A casa tua?” si volta e lo
fissa. Negli occhi di Michele passa un lampo di nervoso perverso.
“Sì, no... cioè... io vivo
sotto i miei. Cioè loro, i miei, vivono sopra di me. Nell’appartamento di
sopra. A quest’ora è praticamente certo che se mi vedessero rientrare... meglio
che ora ci facciamo una bella passeggiata, tipo lungo mare, ok? Tu mi parli e
quando si fa sera ti porto a cena da qualche parte. Ma un panino te lo pago
subito” si fermano al chiosco dei sandwich dove finalmente Diego riesce a
buttare giù qualcosa. Parla e mastica: “Cioè... se ho capito bene, tua madre
controlla tutti i tuoi movimenti? Chi entra, chi esce... ”
“Non è che lo faccia proprio di
proposito... o forse sì, ma non posso... cioè, che gli dico? Tu sembri un fattone,
e quello lei penserebbe! Che mi porto i fattoni in casa. Invece, se facciamo
calare la notte, quella si mette a vedere Un posto al sole e noi entriamo, non
ci vedrà nessuno a quell’ora, vedrai”
Diego ride: “Sei buffo! Però va
bene, salvati da Un posto al sole per avere un po’ di privacy” ammicca e quella
specie di allusione o quello che è, provoca in Michele un immediato
irrigidimento alle parti basse. Cazzo, di
già? Per stemperare l’atmosfera fa una battuta: “Hai detto che volevi
parlarmi ma non ti fai mille chilometri per fare conversazione quando esistono
i telefoni” ridacchia agitato. Intanto il panino è finito e una leggera
pioggerellina mischiata a nevischio bagna il suo giaccone.
“Dimmela la verità, sei qui
per...” non dice niente ma Diego, dopo quella frase, ha una luce diversa sul
viso.
“Ecco, mi hai già scoperto. E
che strazio! Volevo fartene uno a sorpresa! Quelli a sorpresa sono i migliori...”
BUM! Michele è in panne. Cazzo me lo rifà davvero!
“Camminiamo Diego” questa volta
lo prende a braccetto e s’incamminano lungo la strada che costeggia il mare.
Parlano a lungo anche quando l’ultimo alito di luce annega, sostituito da
quella dei lampioni. Diego non sa spiegare quello che prova a Michele, però gli
racconta diversi aneddoti della sua vita da figlio di papà mal voluto. I
problemi con la droga, anzi i casini con la droga. Gli amici che lo abbandonano,
per poi ricercarlo solo quando hanno bisogno di denaro contante. “Per loro sono
un bancomat”
“Mi dispiace Diego” Michele è
sincero. Ma anche spaventato. Capisce che Diego è una che dalla vita non ha
avuto poi molto ma che avrebbe potuto avere tutto, abituato ad avere tutto
grazie ai soldi di papà. E ora vuole
me... Pensa non capendo se questa cosa lo lusinghi di più o lo terrorizzi.
Diego ha lo stomaco che brontola
già da un po’. “Michele guarda, portami a mangiare, perché non ce la faccio più”
ride.
“Mi sembra di essere diventato
la tua balia! O ti raccolgo se cadi a terra, o devo nutrirti!” Michele lo
guarda severo, ma con il sorriso negli occhi.
“Cosa vuoi farci, se non ci sei
mi si chiude lo stomaco, ma quando sono vicino a te mi viene fame. Molta fame…”
Diego fa gli occhi maliziosi; Michele cerca di sostenere il suo sguardo, ma l’occhio
gli cade inavvertitamente sul piercing sul labbro, e subito sente il familiare
sfarfallio dello stomaco, l’eccitazione che sale.
Perdio,
non potrò più guardare un anellino senza sentirmi così? Una specie di maniaco
sessuale, un erotomane! Michele indica un ristorante poco lontano.
“Ecco La Marianna…” la voce esce acuta, se la schiarisce mentre Diego lo guarda
con fare interrogativo: “Questa Marianna è una tua amica?”
Michele ride: “No, è il nome
del ristorante Diego. Al sorso preferito La marianna. Si chiama così, è uno dei
miei ristoranti preferiti, e per quanto riguarda la cucina tipica, non si
batte!”
“Beh, cos’hai da ridere? Hai
detto la Marianna, ed io mi sono sentito un po’ geloso ecco” la cosa finisce
lì.
Diego gli si stringe al fianco,
ma Michele lo allontana un pochino, stanno per entrare al ristorante, lo
conoscono qui, insomma lui non è certo uno che bada alle apparenze, però…
Michele si sente a disagio con i suoi pensieri: Non sono un omofobo, anzi, però forse mi infastidisce che pensino...
scrolla la testa, non vuole più pensare.
“Dai Diego entra” spingendolo
all’interno, lo guida verso un tavolo davanti alla vetrata.
Il cameriere arriva subito: “Ciao
Michele, cosa vi porto?” lanciando occhiate incuriosite verso il giovane seduto
al tavolo di fronte Michele. È abituato a vederlo con qualche amico più robusto
e più virile, o Gaya, dunque molto più femminile.
“Sì, allora… Diego faccio io
anche per te?” chiede.
“Certo Michi, mi fido di te”
risponde ammiccando.
Stronzo, pensa
Michele. “Ah, sì allora ci porti le orecchiette e poi l’orata al forno con le
patate” risponde Michele.“E la birra”
conclude Diego con un bel sorriso.
Il cameriere lo guarda male,
poi si rivolge a Michele: “Birra? Ci vorrebbe il vino bianco però…”.
“Vino, infatti ci porti il
vino, e siamo a posto. Grazie” Michele è infantilmente soddisfatto di aver
contraddetto Diego.
“Io lo reggo poco il vino, per
quello volevo la birra, ma va beh, non importa. Tanto è una serata speciale, se
mi sbraco un po’ che fa...” mentre sogghigna fa tutte smorfiette che lo fanno
sembrare uno che ha già fatto l’aperitivo.
Michele pensa a qualche notte
prima, quando avevano tutti e due bevuto, pensa… pensa… Meglio se non regge il vino… andiamo sul sicuro... Ma subito dopo: Michele! Levati quella idea fissa dalla
testa e smetti di fissare quel cazzo di piercing!
Michele versa il vino bianco e
fresco:Diego si attacca subito al
bicchiere e se lo beve tutto.
“Guarda che sei praticamente a
stomaco vuoto, e hai già ammesso di non reggerlo: non ti porto a casa in
braccio sai?”.
Diego scoppia a ridere: “Sarebbe
una bella esperienza però!” e senza badare alle raccomandazioni, si vuota un
altro bicchiere.
Mentre aspettano i piatti sono
stranamente silenziosi. Diego gioca con tutto quello che trova sul tavolo,
costruisce torri con le stoviglie e rovescia la boccetta del pepe.
Michele
si innervosisce subito: “Ma non stai mai fermo tu?” e gli porta via da davanti
tutto quello che c’è di pericoloso. Pensa che se Diego romperà qualcosa, dovrà
scusarsi e pagare pure l’extra. Già gli è bastato lo sguardo severo del
cameriere. Come se già sospettasse che, tutto sommato, si tratta di una cenetta
romantica. L’arrivo del primo interrompe una sorta di discorso di Diego, che
più che un discorso è un delirio contro la polizia che gli ha fatto perdere due
ore della sua preziosa esistenza.
“Senti
Diego, la polizia ti ha fatto perdere due ore della tua vita, però se tu non ti
mettevi nei casini non sarebbe successo niente. E metti giù quel pane, perdio,
Diego non ti si sopporta!” Michele stavolta alza la voce, a costo di farsi
sentire anche dai vicini di tavolo. Va bene che lo vuole brillo, ma così sicuro
gli combinerà qualche casino. Metti che a
casa poi lo sentono, perché gli prende a cantare o chissà cosa, me la vedo
mamma che scende a controllare! Magari con la scusa di dire che non aveva ispezionato
se erano chiuse le persiane e sa che io mi scordo. Che cazzo le dico? Ciao ma’,
niente, ti presento Diego, ci siamo conosciuti in autostrada, abbiamo dormito
nello stesso letto a Dresda, ora sta un po’ qui con me... Guarda Diego e lo
vede assorto a fissare la tovaglia; come al solito gli spiace di aver trasceso.
“Diego,
guarda, mi spiace sgridarti sempre, ma tu sei troppo agitato, devi calmarti un
tantino, cazzo”. Diego fa il broncio ma in realtà le sgridate di Michele lo
fanno sentire importante, amato, protetto addirittura. È come se gli stesse
restituendo un’infanzia che non ha mai avuto. “Non ti preoccupare Michi” fa allargando
gli occhioni da Bambi, “Non romperò niente, mi calmo, non farò nessun casino...”
ma la voce è impastata... “Minchia come è buona questa pasta, ma che ci
mettono? È pesto?”
“Ma secondo te è pesto? Siamo a
Genova? Sono orecchiette con le cime di rapa” Michele scrolla la teste, mentre
Diego si mette a ridere, a ridere, sembra non voler più smettere. “Cos’hai adesso
da ridere? Diego guarda, il vino te lo tolgo adesso” o questo mi si addormenta, altro che risentire l’anellino, mi tocca
portarlo davvero a casa in spalla. O peggio, mi tocca tenergli la testa mentre
vomita! Poi l’occhio cade sul ciuffo lungo la fronte che sconfina fino all’occhio.
Ha il vizio di toccarsi spesso i capelli, di scansarseli dal viso. Come se gli
dessero noia, come se non riuscisse proprio a trovargli un senso. E gli piace
sentirlo ridere, vederlo mangiare e bere mette allegria, mette pace. Sì, i pensieri
di Michele lentamente annacquando nel delizioso bianco, diventano più leggeri.
Quando la cena finisce, Diego
insiste per pagare e Michele cede ma non dopo avergli dato del filo da torcere.
Fianco a fianco raggiungono la strada. È troppo tardi per camminare e, in ogni
caso, Diego non ci riuscirebbe, sbronzo com’è. Ormai è del tutto appoggiato
alla spalla di Michele. Lo abbraccia. Il camionista non dice più di no. Gli
occhi indiscreti degli altri lontani. Prende il telefonino dalla tasca e chiama
un taxi.
Il taxi li deposita davanti a casa
in venti minuti. Michele fatica non poco a togliersi di dosso le mani di Diego,
che continua a volerlo abbracciare. Gliele infila sotto il giacchetto, lo
pizzica, si strofina come un gatto. E per lui non è stato per niente semplice
affrontare gli occhi del tassista che dallo specchio retrovisore gli ha
lanciato occhiatacce per tutta la breve corsa, continui sguardi di disgusto.
Finalmente lo spinge giù dall’auto: “Una piovra sei Diego, chetati”; dopo aver
preso i soldi, il tassista se ne va senza una parola, ma Michele è sicuro non
vede l’ora di raccontare tutto ai colleghi.
Ma chissenefrega, pensa Michele. Ora viene la parte difficile, far
entrare Diego in casa senza che al piano di sopra si sveglino tutti. “Diego
ascoltami, vieni qui, fai silenzio per qualche minuto, entriamo, poi mettiamo
la musica e tu puoi pure cantare l’inno nazionale se ti va. Hai capito?” Diego
non deve proprio aver capito, affastella parole, ride, fa casino. Michele alza
occhi e braccia al cielo, poi lo guarda, lo prende per le spalle e incurante degli
occhi indiscreti che potrebbero vederlo dalle finestre, lo bacia sulla bocca.
Ci voleva. Diego sembra sciogliersi fra le sue braccia, rispondendo al bacio
con trasporto. Quando Michele si stacca, Diego lo guarda smarrito, ma
finalmente zitto. “Non sai cosa ho rischiato ma almeno ti ho lasciato senza
parole”. Poi, veloce, lo spinge attraverso il giardinetto, e via dentro casa.
Accesa la luce, trascina Diego sul
grande divano rosso. Poco dopo la musica dello stereo si diffonde per tutto
l’appartamento. “Michele baciami ancora!” ridacchia Diego completamente
sbracato, con le mani tra le asole dei jeans. Il ventre piatto sbuca fuori,
lasciando intravedere uno slip dalla marca nuova, non più Intimissimi ma Grigioperla.
Michele è tentato di accettare la
proposta di Diego, ma poi considera che è decisamente troppo sbronzo. Certo,
vederlo lì con i jeans abbassati, i primi peli che si intravvedono dagli slip…
il desiderio è forte.
Guarda cosa mi doveva capitare, andarmi a fissare così per una testa
bacata!
La testa bacata nel frattempo si è
tolta le scarpe e la felpa e sta canticchiando a bassa voce, buttato di
traverso sul divano, il ciuffo sconvolto, gli occhi fissi nel vuoto. Fa davvero
tenerezza. E non solo quella...
“Diego, senti: vuoi dormire? Poi
domani vediamo il da farsi. Sei d’accordo?” Michele si maledice per quello che
sta dicendo, ma anche se vorrebbe buttarsi su di lui e baciarlo finché gli
rimangono labbra, si rende conto che non sarebbe giusto per Diego, non vuole
fare quello che a quanto gli ha raccontato lo stesso Diego, fanno tutti quelli
che gli stanno intorno, non vuole usarlo anche lui. No, non può essere, anche la seconda volta sotto i fumi dell’alcol!
“Tu mi vuoi bene, vero Michele? Sei sempre preoccupato per me, per come mi
comporto o per come mi sento. Mi vuoi bene, vero?” gli occhi nocciola di Diego
chiedono disperatamente una conferma.
Michele sente una tenerezza
esagerata e un nodo alla gola improvviso che non lo fa parlare. Si siede vicino
al ragazzo e prende ad accarezzargli la testa, spostandogli il ciuffo dall’occhio.
Diego si lascia fare, indifeso.
“Sì, credo proprio di volerti bene
ragazzo”. Diego gli tende le braccia come farebbe un bambino, e Michele lo
accoglie, se lo appoggia sulla spalla e se lo tiene lì, accarezzandolo
dolcemente.
Cingendolo alla vita, Diego comincia
a dargli tanti bacetti sul collo fino ad arrivare alla bocca, gliela sfiora, ma
non lo bacia. Si stacca e improvvisamente serio chiede: “Michi, senti, posso
fare una doccia? Mi sveglio un po’, ne ho bisogno”.
Michele respira profondamente
cercando di riprendere padronanza di sé: “Certo Diego vieni con me” e lo
accompagna verso il bagno. “Guarda, faccio una doccia anch’io”.
Diego sorride già: “La fai con me?”.
“No Diego, c’è un altro bagnetto di
servizio di là, tu vai tranquillo” Michele gli dà un buffetto e lo spinge fino
alla doccia.
Diego è tempestato da una miriade di sentimenti e di pensieri che lo portano a comportarsi in quel modo così impulsivo. Prende e parte. Rischia tutto per raggiungere Michele,senza sapere come reagirà a questo colpo di testa. Agisce d'impulso, senza pensarci troppo. Io penso che sotto sotto sia spinto soprattutto dal desiderio di essere voluto, accudito. E' il bisogno di affetto, di essere amato da Michele a fargli prendere il primo treno per Bari. Michele dall'altra parte un pò ci sperava di risentire quel ragazzino che nonostante i problemi che gli ha causato, lo ha portato anche a riflettere su molte cose. Quando se lo rivede davanti la bomba di sentimenti che prova, ma che aveva messo a tacere, esplode mettendolo di fronte alla realtà. Il lasciarsi andare sembra essere frenato però dal pensiero di cosa potrebbe pensare la gente, dai genitori invadenti, dai vicini, ma improvvisamente se ne frega baciandolo lì per strada, sorprendendo non solo Diego, ma anche sè stesso. Mi domando se riuscirà a resistere ad un Diego semi nudo steso sul suo divano. Io credo proprio di no.
Questo blog è nato per tutti quelli che amano la coppia Caparezza/Diego Perrone (altresì detta Diegorezza) in odor di slash (slash fanfiction) e per coloro che amano Diego Perrone e il mitico Michele Salvemini come artisti, con un occhio speciale e fantasioso sugli altri musicisti che più o meno ruotano (o hanno ruotato) intorno a questa coppia. Welcome.
ATTENZIONE: tutte le fanfiction presenti nel sito che citano Diego Perrone e Michele Salvemini (Caparezza)e altri personaggi reali, sono da considerare sempre e tassativamente frutto della fantasia e del talento dell'autore. Non c'è niente di reale né è a scopo di lucro. In caso contrario, qualora si racconti un avvenimento "reale" non sarà una fanfction e verrà ben specificato.
Se non vi piace lo slash non leggetelo
Sublimando sul palco................................................................................................................................
-Durante fuori dal tunnel, alla frase: “Mi sento stretto come quando inchiappetto un topolino” (al posto di puffo, per adeguare alla scenetta) mimato un atto omosessuale, nella fattispecie CaparezzaVSDiego.
-Durante Bonobo Power, vengono imitati coiti e Diego, dopo aver tentato Capa al sesso bonobo, si consola prima con il tastierista poi con una banana.
-Durante una nuova versione di Fuori dal tunnel, Caparezza imita un nuovo coito omosex con uno stura lavandini sempre ai danni di Diego.
-Durante il dito medio di galileo, Diego presta il fianco alla famosa frase: “Temono il dito di Galileo tra le chiappe” mettendosi in posa per farsi infilare metaforicamente il dito medio tra le chiappe da Caparezza.
-Durante una delle tante versioni di Abiura di me, Diego dice: “Ti posso cliccare?” e dopo averlo toccato con la freccetta, arriva con un finto dito (tipo sempre mouse del pc) e lo sbatte sui genitali di Capa.
-In un'altra di Abiura, Caparezza impugna il pacman e "mima" di mordere qualcosa che pende dal corpo di Diego, indovina un po' cosa...
-Ancora Abiura di me, Diego fa la principessa del videogioco di Super Mario che amoreggia con Tetris, interpretato da Caparezza.
-Durante Kevin Spacey, Diego Harry Potter, sbatte la bacchetta magica verso il sesso per evocare un sortilegio contro la prostata di Caparezza.
-Durante stango e sbronzo Caparezza prende di petto le dimensioni della scimmietta di Remy (interpretata da Diego) e definisce le dimensioni del suo pene siffrediane.
-Prima di Auditel's family, per parlare del decadimento dei rapporti amorosi, Caparezza imita una telefonata ad una linea erotica e Diego interpreta una centralista hard con tanto di parrucca e movenze.
-Nel live de La fine di gaia, Caparezza spinge nel sedere di Diego la lancia, gesto però non legato ad una scenetta o altro. Così...
-In The auditel family, alla fine Caparezza svende tutto, persino una notte d'amore con Diego. Ma poi si pente e cerca il suo perdono tirandogli un bacio subito ricambiato
Diego è tempestato da una miriade di sentimenti e di pensieri che lo portano a comportarsi in quel modo così impulsivo. Prende e parte. Rischia tutto per raggiungere Michele,senza sapere come reagirà a questo colpo di testa. Agisce d'impulso, senza pensarci troppo. Io penso che sotto sotto sia spinto soprattutto dal desiderio di essere voluto, accudito. E' il bisogno di affetto, di essere amato da Michele a fargli prendere il primo treno per Bari. Michele dall'altra parte un pò ci sperava di risentire quel ragazzino che nonostante i problemi che gli ha causato, lo ha portato anche a riflettere su molte cose. Quando se lo rivede davanti la bomba di sentimenti che prova, ma che aveva messo a tacere, esplode mettendolo di fronte alla realtà. Il lasciarsi andare sembra essere frenato però dal pensiero di cosa potrebbe pensare la gente, dai genitori invadenti, dai vicini, ma improvvisamente se ne frega baciandolo lì per strada, sorprendendo non solo Diego, ma anche sè stesso. Mi domando se riuscirà a resistere ad un Diego semi nudo steso sul suo divano. Io credo proprio di no.
RispondiEliminaehm... ovviamente no! ;)
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