Titolo: Mai senza di te
Autori: Annina
Pairing: Diego Perrone/Michele Salvemini
Genere: Fantasy/Romantico/Introspettivo
Rating: PG, slash,
Disclaimer: come sempre è tutto frutto di fantasia. Molta fantasia!
Cazzo cazzo cazzo! Non ce la posso fare Michele guarda la notte
dalla finestra, le mani che stringono le tende come se stesse sprofondando in
un abisso, come se solo quelle potessero salvarlo dal precipitare.
Apre i vetri e respira
a pieni polmoni l’aria salmastra, cercando di fare ordine nei suoi pensieri; il
colloquio con i suoi genitori l’ha tramortito. Io non posso andarmene, non possono chiedermelo, non possono, non
possono…
Sente bussare alla
porta e subito senza attendere risposta entra sua mamma, porgendogli il
cellulare “Michele, sta suonando da un po’, è Diego… Michi” la mamma lo
accarezza dolcemente con affetto ma con un’ombra di sofferenza negli occhi.
“Lascia stare mà,
lasciami perdere” “Michele credimi, la tua sofferenza è anche la mia, sono tua
madre. Credi che non sappia quello che stai passando? Credi che non ci sia già
passata a mia volta?”.
“Lo so mamma, lo so ma
non mi aiuta saperlo sai? Io credevo di essere tranquillo, sono cresciuto qui,
non ho mai avuto problemi, la mia vita è qui ormai. Perché? Perché deve
toccarmi questa cosa?” Michele all’improvviso getta via il cellulare e
coprendosi il viso con le mani comincia a singhiozzare disperato.
“Michele, non so come
aiutarti, parlerò ancora con tuo padre, vedremo cosa possiamo fare, andremo
solo noi se sarà possibile. Michele non piangere così, mi strappi il cuore” a
sua volta piangendo la mamma lo culla come quando era bambino, quando aveva gli
incubi o quando tornava da scuola triste perché non riusciva ad andare d’accordo
con i compagni.
“E’ per tutto mamma, cazzo sto qui da quasi
quarant’anni, ho la mia vita qui, ho qualche buon amico, ho i miei fan, le mie
canzoni, la mia vita mamma cazzo! Scusa mamma, scusa, lo sai che non ce l’ho
con te. Per tutto questo mi dispero, non pensavo mai che mi si chiedesse di
andarmene, mai. Dio, così da un giorno all’altro. Io voglio rimanere qui”.
Michele si scioglie dall’abbraccio materno
e comincia a camminare avanti e indietro per la camera. “Diego… sì mà,
anche per Diego. Soprattutto per Diego. Lui… io non gli ho mai detto niente,
c’è sempre stato questo diktat di non fiatare e da dieci anni mi sento in colpa
verso di lui. Abbiamo diviso tutto, le canzoni, i concerti, le birre, il cibo,
i viaggi, tutto, e adesso gli devo spiegare questo… non posso. E poi andarmene?
Così? Sapendo che Diego mi odierà? L’unico, vero, il solo amico, il mio
compagno, quello che non mi tradirebbe mai. Quello che se lo chiamo arriva in
giornata, che se sa che sto male si dispera. E lo stesso è lui per me. Non
posso mà, non posso, piuttosto scappo, mi nascondo, mi uccido” e
riaffacciandosi alla finestra ricomincia a piangere, senza singhiozzi ora,
silenzioso.
Si sente squillare il
telefono fisso, dopo qualche secondo entra il padre che li guarda, pallido e
tirato “Michele, è Diego, è preoccupato che non lo chiami, rispondigli” ma
Michele non accenna a muoversi, solo scrolla leggermente i ricci. Il padre e la
madre si guardano impotenti “Diego ascolta sta facendo la doccia, per questo
non risponde. Sì, ti faccio richiamare appena può, certo. Ciao Diego ancora
auguri per domani, anche ai tuoi mi raccomando. Ciao”. “Michele, sai che non
dipende da noi, ma ti giuro che farò il possibile perché tu possa rimanere, te
lo giuro” anche il padre piange adesso.
Michele si avvicina
“Papà… senti, prova… cioè se Diego capisse, io dovrò spiegargliela ora questa
cosa, non mi si può chiedere di tacergli tutto e scomparire. Ne soffrirebbe
troppo e anch’io. Se potesse venire con noi? Se mai avrò il coraggio di
chiederglielo e se mai avrà lui il coraggio di guardarmi ancora negli occhi”.
“Non so Michele, ma non…
chiederò comunque, te lo giuro. Ora chiamalo che non sta più nella pelle dalla
preoccupazione. Coraggio ragazzo mio” e insieme alla madre si allontanano dalla
stanza.
Michele afferra il
telefono e digita il numero di Diego. “Michele allora? Mi fai stare male, non
mi rispondi non mi chiami” la voce di Diego gli arriva davvero preoccupata.
“Niente Diè, scusa, i
miei non sapevano che stavo in doccia. Allora, cosa racconti?” Michele si
toglie le ultime lacrime che continuano a scendere.
“Michele hai una voce
strana. Sei sicuro che va tutto bene? Non dirmi di balle però, lo sai che ti
tano subito” Diego ha un radar per queste cose, Michele lo sa e sorride
nonostante tutto.
“Stai tranquillo
ragazzo mio, ho una preoccupazione in effetti ma te ne parlerò quando ti vedo. Tanto
domani mattina salto sul treno, e arrivo da te quando avrai finito il nordico
pranzo di natale. Alle quattro o poco più dovrei essere lì”.
Silenzio dall’altra
parte, poi la voce di Diego arriva alterata dall’apprensione “non me la
racconti Michele, hai più che una preoccupazione. Non vuoi cominciare a
parlarmene? Vero che da lontano è difficile, ma sai che non posso pensare che
non stai bene Michele, se non stai bene tu, non posso stare bene io”.
Michele sorride: questo
è il suo amico, il suo compagno di giochi, di viaggi e di letto, come ha
sbandierato l’estate passata dal palco, presentandolo al loro pubblico. Questo è Diego, Diego mio. “No Diego,
goditi il natale, io mi godrò la vigilia e domani sera ti spiego, ma non è
niente di che, credimi, ho solo bisogno di vederti probabilmente, è da troppo
che non giochiamo un po’”.
“Sì Michele, anch’io ho
bisogno di te, è da Trani che non ci vediamo, una vita ormai. Non dobbiamo più
lasciar passare tutto questo tempo. Allora ti lascio andare a cena Michi. Mi
prometti che mi richiami se ti senti triste? Anche se fosse notte fonda? Anche
mattina presto? Prometti”.
“Prometto Diego
prometto, ma davvero stai tranquillo. Ci vediamo domani sera. Non vedo l’ora.
Metti la birra in fresco ragazzo! A domani” Michele appoggia il telefono al
comodino, si raggomitola sul letto e ricomincia a piangere finchè sfinito si
addormenta nella sua vecchia camera a casa dei genitori.
Anche Diego a centinaia
di chilometri di distanza posa il telefono, ma non riesce a stare tranquillo,
ha sentito il panico nella voce di Michele, ne è sicuro. E’ successo qualcosa di brutto e non vuole parlarmene. Diego già
normalmente molto attento alle sfumature, quando si tratta di Michele diventa
particolarmente ricettivo, e si accorge subito se qualche cosa non va. Guarda
l’ora: le 21,30.
Non poteva essere sotto
la doccia, a quest’ora il cenone di natale di solito è in pieno svolgimento. Non voleva parlarmi. In tensione Diego
pensa che gli altri lo stanno già aspettando da un po’, ma non ha più voglia di
raggiungerli in birreria, manda un messaggio a Danilo e si rannicchia sul
divano, accendendo la tv.
Niente di buono da
vedere, come sempre. Lascia su Deejay e pensa che non ha ancora mangiato ma la
telefonata di Michele gli ha tolto l’appetito. Ciononostante si prepara una
cioccolata e prendendo anche un pacchetto di biscotti torna sul divano. Quello
va bene per tirarsi su di morale, e in questo momento ne ha bisogno.
Dopo i primi due
biscotti afferra il telefono e richiama
Michele, il quale svegliandosi all’improvviso e senza pensare risponde con voce
roca. “Michi, stavi dormendo? Hai la voce assonnata!”. “No Diego, io… sai com’è
dopo tutto il cibo che ho ingurgitato, è il minimo la voce assonnata dai”.
Diego è ormai in preda
al panico “non ti credo assolutamente; vieni subito dai, parti ora, vedi se c’è
un treno, altrimenti salti in macchina e vieni. Guarda che scendo io se non ti
muovi tu, ci vuole un attimo, cazzo vuoi che me ne freghi del pranzo e del
natale e di tutto quanto…”.
“Diego stai calmo non è
niente ti dico. Non mi metto in macchina adesso, il treno è alle 5,30 di
domattina e alle 16 al più tardi sono a Torino. Tu stai buono e finisci il
pranzo dai tuoi, io tanto ho le chiavi entro e ti aspetto va bene? Nemmeno 24
ore e ci vediamo Diegone. Non dovresti essere in birreria tu?”.
“Non mi andava più, mi
sono fatto una cioccolata e mi sono messo sul divano ad arrovellarmi sul perché
sei così strano. Comunque va bene, ti aspetto domani. Ciao Michele”.
“Ciao Diego mio”.
Nonostante tutto Diego sorride spegnendo il cellulare, adora quando Michele lo
chiama Diego mio, gli dà l’esatto senso della grandezza della loro amicizia, un
senso di appartenenza totale. Pensando a domani, a quando Michele sarà li con
lui, alla chiacchierata che si faranno e a tutto quello che verrà dopo, Diego si prende il gattone ronfante tra le
braccia e sistemandosi sotto al pannetto di pile si addormenta.
Il giorno seguente
mentre Michele passa le nove ore di treno cercando un modo per dire a Diego
quello che non avrebbe mai voluto dirgli, Diego sopporta il pranzo di natale
con tutta la famiglia, ma diversamente dal solito mangia pochissimo; gli altri
anni è sempre stato contento di partecipare a questo raduno di parenti, ma
quest’anno non vede l’ora che siano le quattro per correre a casa incontro a
Michele. L’ha già chiamato quattro volte, forse anche cinque. Gli viene da
ridere immaginando la faccia dell’amico all’ennesimo squillo, ma è inutile,
quando sa che sta per vederlo diventa frenetico.
Oggi poi sa che non
sarà una giornata come le altre, sa che Michele deve dirgli qualcosa che non
gli farà piacere. Poi cerca di dirsi che forse è davvero tutta una sua
macchinazione, si è inventato un film e invece Michele arriverà e saranno
felici di vedersi, di raccontarsi, di giocare. Ma non ci crede.
Alle quattro scatta in
piedi e saluta tutta la famiglia “mi spiace, vi avevo detto che dovevo andare
via presto, è stato bellissimo come al solito, scusate però devo proprio
scappare. Mamma grazie, papà ci vediamo domani vero?” bacia tutte le persone
ancora sedute davanti al dolce e infila la porta di casa a tutta velocità.
In giro non c’è
nessuno, sono ancora tutti attorno alla tavola natalizia, e in poco tempo
arriva davanti a casa sua, ma non vede traccia dell’amico. Forse è già dentro? Ma senza accender la luce?
Apre la porta e chiama
ma non riceve risposta. Ci rimane così male che gli occhi gli si riempiono di
lacrime. Prende il cellulare e per l’ennesima volta pigia il tasto 1 che
corrisponde alla persona più importante per lui.
“Sono qui Diego, lascia
raffreddare il cellulare” Michele, sacca sulla spalla, compare davanti al
cancelletto. Diego si gira di scatto, poi fa un passo indietro per schiacciare
il pulsante e aprire il cancello, e di corsa si precipita tra le braccia
dell’amico. In punta di piedi lo abbraccia e ficca il viso nel suo collo,
baciandolo.
Anche Michele lo
stringe talmente tanto che lo solleva da terra, poi lo allontana un attimo per
guardarlo, scompigliandogli i capelli come suo solito.
Diego senza parlare lo
prende per mano e lo trascina in casa, chiudendosi la porta alle spalle, come
per non farlo fuggire. Michele appoggia la sacca lì accanto mentre Diego si dà
da fare per togliergli il giaccone col cappuccio e torna ad abbracciarlo,
quindi lo fa sedere sul divano.
“Tu devi mangiare. Cosa
ti faccio, ti preparo qualcosa dai”.
“No, mangeremo più
tardi a cena o andremo fuori non so, ora mettiti tranquillo qui con me Diegone”.
Diego non chiede di meglio e si rannicchia al suo fianco mentre Michele gli
circonda le spalle.
Per un poco restano in
silenzio, poi Michele gli dà un bacio tra i capelli “ti ricordi Diego quando ci
siamo conosciuti noi due?”.
“Potrei mai
dimenticarlo? Cazzo fu amore a prima vista!” ridono insieme e vanno avanti a
frugare tra i ricordi “da quanto cantasti il pezzo nel mio gatto non ci siamo
più lasciati! A parte gli scherzi, quella data è segnata in rosso nel mio
calendario Michi, non avevo mai conosciuto una persona come te, e non ne ho
conosciute nemmeno dopo. E tu sai che importanza hai avuto in tutti questi
anni, quanto aiuto mi hai dato, quanto ho avuto dal nostro rapporto”.
“La stessa cosa vale per
me Diegone; il nostro è un rapporto raro, fatto di dare e avere, noi ci
leggiamo dentro, non abbiamo bisogno di parlare, e…”.
“Invece adesso credo
che qualcuno debba parlare. Io lo so che hai qualcosa che ti tormenta Michi, e
adesso che sei qui devi tirar fuori tutto” Diego accarezza delicatamente Michele,
che prende un grosso sospiro e comincia a parlare.
“Diego, io non so
davvero da dove cominciare”. “Dall’inizio Michi, tutto”.
Michele si alza dal
divano, lasciando Diego stupito a guardarlo.
“Sappi che ti
arrabbierai e probabilmente mi odierai dopo che ti avrò raccontato tutto, e
magari il problema fosse solo quello”.
“Impossibile, non può
mai essere” con un sorriso Diego tenta di alzarsi a sua volta ma Michele con un
cenno lo fa rimanere seduto.
“Ti ricordi quando
abbiamo cantato Vengo dalla Luna? Ti ricordi quanto ci scherzavamo su? Io
continuavo a chiederti e se venissi
davvero dalla luna che faresti? Mi staresti amico lo stesso? Te lo ricordi
vero Diegone?”.
Diego ride al ricordo
“cazzo se me lo ricordo, sembravi un disco rotto, continuavi a ripeterlo, ti
era venuta la mania! Ma che c’entra? Non divagare, dimmi che problemi ci sono
adesso”.
“Senti Diego, io non ce
la faccio a dirtelo, anzi guarda non dovevo nemmeno venire qui oggi, avrei
dovuto scrivertelo e sparire o sparire e basta”.
Diego ora è davvero
spaventato si alza e si precipita ad abbracciare Michele che lo allontana “no
Diego, davvero lo so che ti arrabbierai e ti spaventerai e non vorrai più
vedermi e la mia vita sarà finita!” Michele si avvia verso la porta e abbranca
il giaccone, ma Diego è più veloce, glielo strappa di mano lanciandolo a terra
e piantandoglisi davanti urla come non aveva mai urlato prima “Michele piantala
subito di dire tutte ‘ste stronzate e parla perdio! Nemmeno se mi confessassi
di essere Jack lo squartatore potrei odiarti o aver paura di te! Ma che cazzo
ti è preso? Sei impazzito, ti droghi e non me l’avevi detto, cazzo hai? Cazzo
hai? Cazzo hai!!!” Diego ha preso Michele per le spalle e lo scuote con tutta
la forza della disperazione, le lacrime che gli scorrono sul viso “mi fai paura
sì, perché temo che ti sia successo qualcosa di grave, Michele ti voglio bene e
so che mi vuoi bene, parla!”. Michele tace e scuote la testa ma a uno scrollone
più forte di Diego urla a sua volta “ci vengo davvero da un altro pianeta cazzo!
Ci vengo davvero, davvero!!!”
“Ma vaffanculo và!” ormai
senza fiato Diego lo lascia andare e si riavvia verso il divano.
“Diego ascoltami,
guardami io vengo da un altro pianeta, mi devi credere” Michele si riavvicina
ma Diego lo allontana “se non vuoi dirmelo va bene, ma non fare l’imbecille
almeno” togliendosi le lacrime dal viso Diego lo guarda piantandogli bene in
viso gli occhioni nocciola schiariti dalla rabbia.
Lentamente Michele alza
le mani e toglie gli occhiali, quindi toglie anche le lenti a contatto,
rimanendo con i suoi veri occhi, sempre neri ma molto più grandi del normale e
con la pupilla gialla. Fermo in mezzo alla sala guarda Diego che fa due passi
indietro e incespicando casca sul divano.
“Ma…cazzo! Michi che
scherzo è? Non mi piace comunque, piantala” Diego lo guarda sconvolto, guarda
quegli occhi che deve ammettere non sono brutti, anzi, ma non sono normali, no
non normali, umani non sono umani.
“Io sono così Diego,
ora posso dirtelo, ora che me ne devo andare non potevo più tenere questo
segreto, non con te. Sono stato obbligato a farlo, non si doveva sapere beh,
puoi capire anche tu no? Mi avrebbero messo sotto spirito come minimo!” Michele
tenta di scherzare, ma non ci riesce, e Diego è sempre più sconvolto.
“Perché? Ma è tutto
vero? Da dove cazzo vieni? Perché non me l’hai detto? A me dovevi dirlo! Non ti
avrei mai tradito e tu lo sai, perché me l’hai nascosto, perché!!!” Diego ormai
è vicino a una crisi isterica, ma a un accenno da parte di Michele di
avvicinarsi a lui, lo allontana con le braccia.
“Ecco, anche per questo
non te l’ho detto vedi? Mi stai allontanando, mi avresti allontanato, cosa
credi? Guarda che ti capisco farei lo stesso se fossi in te”.
Diego scrolla la testa,
incapace di parlare, le mani sulla bocca.
“Comunque, i miei
genitori furono mandati qui da un piccolissimo pianeta di una galassia vicina;
non so molto, non ho mai voluto sapere, so soltanto che non ci sono guerre, è
tutta gente pacifica e tutto quello che hanno spendono nella ricerca, per
questo sono così avanti non è che siamo una forma di vita particolarmente
intelligente, ecco. Purtroppo ci fu un guasto ad un programma non chiedermi di
spiegarti i dettagli ti ho già detto, non li conosco, ma si sparse un virus
letale. Velocemente cercarono un pianeta simile al loro… al mio, e trovarono la
Terra. Siamo uguali in tutto e per tutto, anche il dna, solo gli occhi sono
diversi. Il virus si sparse in fretta, e mentre gli scienziati si rinchiusero
sotto terra nei laboratori sicuri per cercare una soluzione, i pochi non
contagiati furono presi e portati sulla terra; fra questi i miei genitori,
giovanissimi. Io sono nato davvero a Molfetta. Da piccolo mi dissero che avevo
un difetto agli occhi, e mi misero le lenti per non farmi escludere di più dai
compagni, che già così… Poi quando fui un po’ più grande mi spiegarono tutto,
ma costringendomi al silenzio. Feci comunque la mia vita, diventai cantautore,
incontrai te per il Mio gatto e tutto il resto lo sai. Non sono un pericoloso
alieno, ma sì, sono un alieno Diego. Ora ci richiamano là, è tutto sistemato,
ne sono passati di anni però ci rivogliono là tutti. E a questo punto dovevo
dirtelo Diego. Mi dispiace” Michele non piange, ma si sente morire guardando la
paura negli occhi dell’amico.
“Se vuoi dirmi
qualcosa, anche mandarmi ancora affanculo fallo Diego, ma non guardarmi così,
non aver paura di me, io sono Michele, lo stesso di sempre, non ti ho mai
ingannato”.
“Devi…” Diego ha la
voce rauca e non riesce a parlare “devi andare via per forza? Cioè non puoi
restare qui volendo?”.
“Non posso. Mio padre
ha detto che avrebbe cercato di farmi restare o se tu… non so se ha avuto
risposta, ma non credo… non credo. Ora vado Diego, perdonami se puoi” e
raccogliendo il giaccone da terra se lo infila, raccoglie la sua sacca e apre
la porta.
Sente un tocco leggero
sulla spalla “togliti quel cazzo di giubbotto e chiudi la porta, che mi hai
rotto le palle davvero oggi!” Diego gli toglie di nuovo la giacca e gli prende
la mano attirandolo sul divano.
“Siediti Michele e
rispondimi: giurami che non mi hai preso per il culo fino ad ora; giurami che
sei davvero uguale agli umani; giurami che se avessi potuto me lo avresti detto
prima; giurami che la nostra amicizia è stata sempre sacra per te” Diego gli
tiene le mani aspettando una risposta.
“Te lo giuro Diego,
potessi morire ora”. Diego scrolla la testa e chiude gli occhi, poi li riapre e
lo fissa nei suoi “Sono così belli Michi. Giurami che non te ne andrai; giurami
che scapperemo insieme piuttosto ma non mi abbandonerai; non ho paura di te
Michele, ho paura di perderti”. Michele fa un sorriso mesto “non so cosa dirti
Diego, so che farò di tutto per non andare via o potrei portarti con me se ti
lasciassero venire”.
Diego lo guarda ancora
un attimo, poi scoppia in una bellissima risata, piegandosi su sé stesso.
“Che razza di regalo di
natale che mi hai fatto! Comunque non sono mai stato razzista, posso cacciare
un alieno da casa mia?” ride anche Michele ora, prima piano poi si lascia
contagiare da Diego e ride alla grande.
Diego gli prende il
viso tra le mani “giurami che la tua lingua non diventerà quella dei visitors!”
e lo bacia dapprima con delicatezza e poi sempre più appassionato. Quando si
staccano Michele lo abbraccia scompigliandogli i capelli “Diego, sapevo che eri
speciale, ma sei anche più speciale di quanto ti facevo! Vieni qui Diego mio”
Diego non se lo fa ripetere due volte e gli si accoccola sul petto con un
sospiro. “Dovevo immaginarlo che eri un alieno, sei troppo avanti. Ti voglio
troppo bene Michele, fossi anche satana, non potrei mai fare a meno di te. E
chiamami più spesso Diego mio, mi fa sentire così speciale!”.
Restano abbracciati per
tanto tempo sul divano senza parlare, al buio, finchè arriva il gatto a
pretendere coccole e cibo.
“Vieni micione, vieni
qui con Alien vieni” ride Diego, mentre Michele lo spintona “ma piantala! Ma un
po’ di rispetto per un povero extraterrestre!”
e si volano ancora tra le braccia, ansiosi di stare vicini, temendo la
separazione più di ogni cosa.
“Michele, quando saprà
qualcosa tuo padre? E come si parlano? No guarda, meglio che non lo so, non
dirmi altro, l’unica cosa che voglio sapere è che resterai qui con me. E non
credere, se torni in Puglia io torno con te, non ti lascio un attimo, se arriva
un raggio verde dovrà prelevarmi con te”.
Mangiano qualcosa e
bevono un paio di birre, giusto per tenere un po’ a bada l’ansia. Il signor
Salvemini non chiama, e loro non osano fare il numero, non vogliono sapere, non
vogliono cattive notizie, ma l’angoscia sta crescendo in tutti e due.
“Andiamo a letto Michi?
Domattina magari ci sembrerà meno dura no? Alla luce del giorno le cose
sembrano più semplici”. “Si andiamo, vediamo di riposarci un po’”.
Vanno a letto, ma senza
secondi fini quella sera; restano lì abbracciati come sempre quando dormono
insieme, Diego fra le braccia di Michele, la testa sul petto. “Michi non te le
mettere le lenti quando stai con me, hai degli occhi bellissimi, magici!”. “Va
bene Diego mio, i miei occhi saranno solo per te”. Si addormentano molto dopo
la mezzanotte.
Alle cinque li sveglia
il suono del cellulare di Michele. Balzano tutti e due a sedere sul letto e
Michele vede dal display che è il padre. “E’ papà Diego”. “Rispondi cazzo
rispondi” Diego gli prende la mano e la tiene stretta tra le sue.
“Pà, dimmi. Sì c’è
Diego con me. Dimmi pà ti prego. Sì. Sì ho capito. Va bene pà va bene certo. No
non … va bene passami la mamma. Ciao mà… con Diego sì. Sì gliel’ho detto. Sì mi
chiama Alien, cosa vuoi che abbia detto? Sì mà mi vuole bene anche così. Glielo
dico. Ciao mà… un bacio. Anche a lui sì” finalmente Michele toglie la
comunicazione e si infila la mano tra i riccioli neri. Fa un sospiro profondo e
guarda Diego che stà lì pallido, con gli occhioni nocciola spalancati, pieni di
paura “Michi cosa ti hanno detto? Devi andare? No che non vai, non lo permetto,
non voglio Michele ti prego io senza te non posso proprio stare, andiamo via,
ci nascondiamo, preferisco vivere sotto terra che perderti!” piange senza
rendersene conto, con grossi lacrimoni che rotolano sul visetto dolce.
“No Diego mio no, non
piangere stai buono, hanno detto di sì, hanno detto che ci lasciano qui, anche
i miei rimangono qui. Mi spiegherà meglio poi, ma l’importante è che rimango
Diego!” lo abbraccia accarezzandogli la nuca mentre Diego ora singhiozza “non
ci potevo pensare Michi, non potevo”. “Nemmeno io ce l’avrei fatta senza di te
Diegone, non me ne sarei mai andato”.
Con un bel sorriso tra
le lacrime Diego chiede “ma d’ora in avanti chi riesce a stare serio quando
canteremo Io vengo dalla luna? O pensi di dire anche questo ai fan?”.
“No Diegone, quello che
abbiamo già detto basterà credo. E adesso che ne dici di giocare un po’, caro
il mio compagno di mille avventure, nonché di letto?” e finalmente tranquilli
possono dare sfogo a tutto il loro entusiasmo.
Mi hai tramortita!!! Sapevo che era frutto di un sogno "strano" ma sei stata talmente brava nel sott'intendere la trama che io non sapevo davvero cosa pensare... hai avuto davvero una loccante fantasia stavolta.. solo che ora ho paura di sognarmeli quegli occhi enormi da alieno ihihihihi, beh io non amo molto il fantasy però questa mi è piaciuta e ora mi sto immaginando che non ci starebbe male un giochino (visto che come scrivi tu loro giocano...) tipo tra terrestre e alieno dove il terrestre insegna delle usanze terrene all'alieno che riguardano l'accoglienza e la fratellanza... :D Tesoro il titolo non fa una piega: Mai senza di te! Non li vogliamo separati mai!!!!!!!!
RispondiEliminaEh, lo so che non ti piacciono i fantasy, ma non poteva essere che così questa storia! E poi dai, non mi stupirei se un giorno dovessimo scoprire che davvero arrivano da un'altra galassia: sono troppo avanti! Non li vogliamo separati no, insieme ci fanno sognare così bene...
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