lunedì 7 gennaio 2013

Liberiamoci di lui senza liberarci di lui




Titolo: Liberiamoci di lui senza liberarci di lui
Autore: giusipoo
Pairing: Diego Perrone/Michele Salvemini (Caparezza)
Genere: Real person slash
Story line: Verità supposte tour
Rating: NC13
Disclaimer: come sempre è tutto frutto di fantasia e non si vuole in alcun modi ledere all’immagine dei protagonisti e insinuare qualcosa contro i suddetti (in particolare nei confronti di Stefano)




Liberiamoci di lui senza liberarci di lui. Questo era il pensiero più cattivo e più vergognoso reciproco che i due non si erano detti. Però ognuno dei due lo pensava sotto sotto. Michele si sentiva profondamente in colpa per quel pensiero, ormai divenuto fisso da quando Diego aveva appoggiato il suo piemontese piede sul palco e aveva cantato Io vengo dalla luna con lui. Forse perché loro due dalla luna ci venivano sul serio, fatto sta che quell’idea cattivissima, scorretta e cinica non poco, era venuta fuori proprio durante una bella serata con la luna piena. Il gruppo di amici era in spiaggia attorno al fuoco. Una ragazza dai lunghi capelli castani con qualche fezza blu, cantava in vero stile hippy, chitarra in mano. Infatti, in altrettanto stile figli dei fiori, giravano canne, si intonavano canti tipo l’immancabile Bella ciao, si iniziavano senza terminarli mai discorsi contro Berlusconi e la Lega, e si passavano bottiglie di vino  e di birra, accatastante in una bacinella nella quale prima c’era del ghiaccio e ora era tutta acqua. Tutta intorno la pugliesità, il caldo, il cielo terso, le tante stelle e la luna piena, posta in mezzo come una maestra di scuola con attorno gli scolari.
Diego e Michele, poco distanti dall’assembramento, stavano appoggiati con la schiena su una vecchia barca rovesciata, lasciata in quella spiaggia chissà da quanto. Con i nasi all’insù e leggermente brilli, discutevano sull’immensità della volta celeste e se le stelle che stavano ammirando, a quel punto fossero già morte. “Perché si dice che arrivi solo la luce, no? Ma poi sono morte già un migliaio d’anni fa, non è così Michele?”
“Boh... lo sai che è un po’ fuori dalle mie competenze? Ma credo di aver sentito qualcosa del genere pure io”
“Dovevi informarti prima di scrivere Io vengo dalla luna” Diego ghignò appoggiandosi con la guancia sulla spalla dell’amico, il quale gli diede una spintarella per toglierselo di dosso ma poi, con il braccio gli circondò le spalle. “Io vengo dalla luna ma mica ho fatto astrofisica!” rise Michele e poi sospirò. Era sempre tutto così morbido e piacevole quando c’era Diego nei paraggi, ma il giorno dopo se ne sarebbe andato e vattelappesca e chissà quanto si sarebbero rivisti. Quel pensiero lo intristì molto e il giovane cantante punk lo percepì subito. “Hai cambiato umore Michele?”
L’altro trasecolò un attimo, doveva dare atto che la sensibilità di Diego era qualcosa di strabiliante, quasi magica. “Sei un gatto. Percepisci subito il cambiamento Die’. Sì, mi rode che te ne vai, è quanto” Michele lo ammise con quella gretta sincerità e onestà d’animo che solo le persone perbene e integre come lui sanno dare. Diego ne fu colpito e si strinse di più a lui, quasi come a voler assorbire il suo calore, il sangue passionario che gli scorreva sotto pelle. Invisibile ma c’era. C’era vita sotto quei muscoli, non tanti pezzetti di polistirolo.
“La verità è che vorrei sempre una scusa per tornare a Molfetta. Sono incasinato. Mi sono incasinato la vita” decretò serio ma poi scoppio a ridere. “Una birra please!”
“No, non ti porto a casa a spalla, scordatelo!” Quel principio di battibecco celava la voglia di confondere quanto i due avevano ammesso. Perché era una verità pesante, quella di entrambi. Se avessero continuato ci sarebbe scappato pure un bacetto al chiaro di luna? Si domandò Michele avvampando e rabbrividendo, non decidendo se fosse ribrezzo o... altro! Ma decise che era ribrezzo, sicuro, sennò cosa? Ma il suo turgore lo sputtanava. In quel momento passò Alfredo, allacciato a un’amica: “Che fate? Pomiciate? Non riempite questa spiaggia di fazzolettini eh, mi raccomando!” sfotté. La ragazza ridacchiò ma loro, Diego e Michele, non li degnarono di uno sguardo. Però si staccarono finendo ai lati opposti delle barca. Alle due meno venti però nessuno accennava a tornare alle proprie case. Si erano riunite le coppie e formata qualcuna nuova e attorno al fuoco erano rimasti solo in tre. Diego tremava dal freddo mentre ingurgitava la sesta bottiglia di Heineken. “Non vomitarmi addosso” lo supplicò Michele con voce faceta. “Se dovessi aver bisogno di vomitare, scansati ok?” perché Diego gli si era di nuovo arrotolato intorno, tipo chioccia. Michele continuò a provare di finire un discorso logico, poi passò loro davanti Stefanino e le parole sfuggirono. “Diego, vorrei fossi tu la mia seconda voce”
“Perché dici che io vomiterò? Vedi che sei più ubriaco di me” biascicò Diego spingendo la testa di capelli spettinati contro il collo dell’amico.
“Ma non sono ubriaco... ti piacerebbe ammettilo, e piacerebbe anche a me, lo ammetto! Non sarebbe lo stesso. Non per lui, Stefanino è un ragazzo perfetto, davvero lo dico. È bravissimo nel suo mestiere, che non è quello del cantante... è un bravo grafico, forse è sprecato...”
“Nessuno si sentirebbe sprecato a fare la tua seconda voce” Diego lo disse sicuro di sé. “Grazie amico, tu dunque accetteresti” lo buttò fuori cercando di togliersi le mani di Diego da dentro la maglietta. “Se accetterei di passare la mia vita per qualche altro anno sui treni? Intendi dividendo il palco? Oddio, Michi... ok fammici pensare un attimo.... ehm... sì. Sì ovvio che accetterei. Ma tu ce l’hai una seconda voce, il problema non si pone”
“... Esatto, e tu sei il cantante dei Medusa. Non potresti manco volendo accettare, se ci pensi. Però sarebbe stato divertente...”
“Sarebbe stato bellissimo Michele” Diego ride da ubriaco ma anche da contento, come se il film delle cose che avrebbero potuto fare insieme fosse proiettato in uno schermo immaginario sopra il mare. “Sai le risate? Sarebbe un cazzeggio continuo. E poi crescerei”
“E crescerei anch’io. Crescerebbe lo show. Nel prossimo tour si potrebbero aggiungere dei momenti più lunghi tra un pezzo e l’altro. Non solo per dire due cose come fanno quasi tutti ormai, no. Proprio degli sketch, una cosa teatrale tipo. Ma divertente che introduca anche. Vedi Diego io vorrei fare qualcosa di più... vorrei entrare in diversi ambiti della creatività, vorrei avvalermi della tua collaborazione perché tu non sei solo un bravissimo cantante, con la voce che hai, il tuo talento. Tu sei pure uno che riuscirebbe a far ridere anche durante un attacco terroristico. Io conosco, ti conosco, ma che fai dormi?” Michele si scostò un attimo e lo trovò così: addormentato. Completamente partito. “Russi pure Diego, che cazzo! Ti manca solo la bolla sul naso e sei perfetto, ma non hai sentito un accidente di quello che ti dicevo?” Michele non lo sapeva ma Diego stava sognando di loro sul palco. Di travestimenti e vestiti raffazzonati di fretta, di notte a tirare tardi a decidere quale battuta a chi. Vedeva il suo futuro e lo sentiva talmente vicino. Quando si svegliò era sulla Fiat Tipo di Michele. “Dove siamo?” si toccò la chioma confuso.
“Stiamo andando a casa. Ti sei svegliato finalmente. Cazzo Die’, mi è toccato prenderti in braccio e portarti fino alla macchina. Quasi un chilometro. E per fortuna che non pesi un cazzo!”
“Così sbronzo? Mi dispiace”
“No ma è pure tardi. Sono le tre passate. A che ora hai il treno domani? Alle due del pomeriggio? Ricordiamoci di mettere la sveglia se vogliamo stare a Bari in tempo. Che piaga che sei..” sussurrò alla fine e Diego capì che non si riferiva solo al fatto che lo aveva dovuto prendere in braccio e portarlo alla macchina. C’era altro...
“Stavi parlando di qualcosa che riguardava Stefano prima che mi addormentassi, vero? Ho un ricordo vago, però so che poi ho fatto sogni stupendi” Diego sorride evidentemente ancora annebbiato dai fumi dell’alcool: “C’eravamo noi, io ero con il gruppo e giravamo per il tour del tuo nuovo album. Era così divertente”
“Allora sentivi?” Michele si girò un attimo e lo fissò con dolcezza. Diego stava sbracato ma gli occhi erano vispi. “Mi sa che qualcosa mi è arrivato. Era davvero un bel sogno Michi, tanto bello. Mi ha lasciato una cosa qui dentro” si toccò il cuore.
“E facciamolo diventare realtà questo sogno” allora!” Michele lo disse ma con la certezza che fosse una pazzia. Un bel sogno al quale abbandonarsi ma, irrealizzabile. “Sarebbe bello se non ci fosse che tu stai a Torino, hai i Medusa, è il tuo gruppo”
“Non sarebbe poi così impossibile dai! Michele pensaci. Se lo vogliamo sarebbe possibile. Ci parlo io con Stefano se vuoi...” gli prese di toccarsi il piercing sul naso nervoso.
Michele sussultò: “Ma scherzi? Cosa gli vorresti dire: scusa Stefanino ma siccome io sono più bravo ti inculo il posto?”
“Beh no, in queste cose ci vuole tatto. Basterebbe fargli capire che dovrebbe farsi da parte perché è più portato per la grafica, che fare i tour con te lo sta allontanando dalla sua vera propensione, da quello che gli riesce meglio”
Michele impugnò saldamente il volante. Già... sembrava tutto così facile! E così giusto. “Diego sei un genietto anche da ubriaco. È così! Non dobbiamo farlo fuori, solo fargli capire che il suo posto non è il palco”
“Non so Michi” Diego si sistemò meglio sul sedile: “Potrebbe sortire l’effetto contrario sai? Si potrebbe sentire fottuto e tenersi il posto ancora più stretto. Bisognerebbe dargli di psicologia”
“Che intendi?” Sotto la scarmigliata chioma, Michele era tutto orecchie.
“Ok, io domani me ne vado, ma tu hai tempo di lavorartelo. Di dirgli tipo: come sei bravo Ste’, cazzo di lavori che fa di grafica. Mi sarai utilissimo quando sarà pronto il nuovo disco. E chissà quando sarà. Però cazzo, quanto dio buono tempo porta via al tuo lavoro starmi dietro, mi sento quasi una merda. Una roba così... ”
La faccia di Michele ora sembrava quella del Joker: “E tu da quando fai psicologia? Eh ma è vero, cazzo se ne hai di ragione Diegone. Ora che mi ci fai pensare anch’io credo che sarebbe portato ad andarsene se facessi così, se iniziassi a fargli capire in maniera soft ma costante, che sta trascurando il suo lavoro”
“Vedi come sono intelligente?” Diego fece un sorrisetto tranquillo ed erano già arrivati davanti all’abitazione di Michele. Entrando il cane di casa venne loro incontro per salutarli. Ma ora che sembrava tutto deciso, Michele assunse un atteggiamento serio, preoccupato. Non si infilarono subito in camera, prima Diego chiese di fare una doccia: “Così non la devo fare domani e magari mi rilassa che mi sento così intontito” si toccò il ciuffo spostandoselo dietro l’orecchio.
“Hai bevuto troppo” Michele lo spinse verso il bagno con una mano sulla spalla. Quella sensazione di stordimento, di sega mentale imminente, non lo aveva lasciato. Perché ho detto quelle cose? S’incolpò. Diego non può trascurare la sua musica, la sua Torino, la sua ragazza... Diego deve fare le cose che si sente, non quelle che sogno io! Si persuase mordendosi un’unghia. Attese che l’amico uscisse dalla doccia seduto sul letto, ancora lontanissimo dal sonno nonostante l’alba iniziasse a spingere per venir fuori. Alcune allodole avevano già iniziato il loro canto. Al cane sfuggì un latrato. Diego entrò in camera imbacuccato nell’accappatoio di Michele, che gli stava due volte. “Vieni qui, siediti” gli fece cenno Michele sul suo posto. “Non hai proprio sonno, sei ancora vestito. Ma non dormiamo?”
“Prima parliamo”
“Ancora? Pianificare del futuro ancora? Alle quattro passate? Ma da domani ci parli tu con Stefanino, andrà benissimo”
“No! È quello il problema, non dovresti fare tutto così. Come hai sempre fatto dopo tutto Diego. Prendi e parti. Non che non mi faccia piacere. Questa collaborazione è fruttuosa per entrambi e lo sa Dio quanto ti sono debitore di come ti sbatti per me. Però ora stammi a sentire: tu devi riflettere su questa cosa. I prossimi tour potrebbero essere un massacro. Dopo Fuori dal tunnel e Io vengo dalla luna mi è piovuto tutto addosso, ora la gene mi riconosce per strada, sono finito sui giornali, persino quelli di gossip! Potrei avere date ovunque, stare fuori per molti mesi e...”
“E non è quello che sogniamo?” Diego lo interruppe spalancando gli occhi grandi che, per quanto stanchi e arrossati, erano ancora in grado di far incrinare il suo interlocutore. “Cazzo Die’, io lo sogno. È il mio di sogno! Il tuo è quello di suonare con i Medusa... ecco, non avrei dovuto metterti in testa quelle sciocchezze”
“Ma non sono sciocchezze Michele” Diego gli si avvicinò lasciando che l’accappatoio gli cadesse da una parte, scoprendogli la spalla. “Devo spiegarti perché sono qui? Perché il sogno tuo fa parte di me? O meglio io faccio parte del tuo sogno. Non ti rimangiare quello che hai detto. Ma forse lo hai detto da ubriaco e vuoi continuare con il tuo caro amico, che è pure tuo concittadino e vi conoscete da più tempo” Diego si biasimò oscillando il capo: “Sono uno stronzo. Me lo merito, volevo sostituire uno bravo così. Mi farei odiare da tutti, merito il tuo biasimo Michele”
“Ma io non ti biasimo per niente! Casomai sono io che vado biasimato” Michele gli rimise apposto l’accappatoio tornando a coprire la spalla. “Prendi una maglietta dalla valigia e un boxer e dormiamo. Stasera mi hai distrutto Diego. Cominci a diventare un compagno di stanza pesante”“E tu russi” “Non è vero” “Certo che è vero, va bene Michi, ne parliamo domattina prima del treno. Mi dispiace tanto però se ci hai ripensato su una nostra collaborazione. Ma potrò ancora fare delle ospitate in qualche data? Me lo permetti?” a quel punto, l’accappatoio ai suoi piedi, Diego era nudo di fronte alla valigia. Michele per non guardare spense la luce. “Se magari me le fai trovare le cose, accendi quel cazzo di luce”
“Ok, non ti scaldare!” Michele si voltò dall’altra parte perché quel cameratismo andava bene con tutti ma non con Diego. Con lui non funzionava mai così. Gli saliva subito l’ormone e dopo stava per alcuni minuti a fare considerazione su di sé che lo facevano sentire tanto patetico. E con un senso di angoscia barra inadeguatezza, cercava di tornare alla normalità ricorrendo all’ironia, e si diceva tra sé: “Non te la prendere Miche’, tutti i supereroi hanno un lato debole, e nel tuo caso è il culetto della tua seconda voce” raggelò, davvero aveva pensato seconda voce? Inorridendo al massimo provò a scrollarsi di dosso tutti quei dubbi chiudendo le palpebre. Intanto Diego al suo fianco, si sistemava meglio. Ma il sonno raggiunse il pugliese solo di giorno, giorno inoltrato. La luce invadente illuminava tutta la stanza. Aveva come sempre dimenticato le imposte aperte. Aprendo gli occhi si rese conto di avere Diego addosso. Non erano proprio abbracciati ma Diego gli aveva poggiato la testa su una spalla e teneva le braccia stretta in grembo, ma era comunque attaccato alla sua schiena. Il respiro flebile, regolare. Michele si voltò: “Diego è tardi, svegliati” lo scosse: “Devi ancora finire di fare la valigia e ci vuole un po’ per arrivare a Bari. Che rogna sei...” e un pensiero: sarà affamato. Non ho più nulla in casa, toccherà fermarci al bar, e ho fame anch’io cazzo... Diego si stiracchiò fino a quando non spalancò i fari grandi. “Ultimo risveglio in Puglia” esalò frustrato.
“Ma non ti lamentavi che russavo?” Michele lo guardò torvo, anche con i capelli incasinati e la barba sfatta era comunque uno schianto cosmico di ragazzo. Non lo sto pensando io, sono solo obiettivo... “Mi mancherai Michi, mi mancherete tutti, anche il tuo russare mi mancherà” e lo abbracciò appoggiandosi su di lui completamente, circondandogli le lunghissime gambe con una sua. E poi all’improvviso: “Michele io ci ho pensato. Sono stato sveglio parecchio prima di addormentarmi, proprio come te. Ho sentito che ti giravi. E ci ho pensato sì, voglio far avverare il tuo sogno, che è anche il mio” “Dai Diego...” che aveva già capito dove voleva arrivare. “No, Michele, niente ‘dai Diego’. Dico sul serio”. A Michele scappò un sorriso storto mentre lo esaminava critico: “Che capelli che hai” ridendo nel chiarore della luce, glieli scapigliò ancora di più. “E smettila di prendermi in giro!” Diego si scansò le mani dalla testa innescando una piccola lotta mattutina. “Ma hanno un loro fascino” Michele tentò ironicamente di rassicurarlo. “E senti chi parla di capelli, ma ti sei visto?” “Anche i miei hanno un loro fascino...”. Diego si ritrovò con la schiena contro il letto: “Michele stavo cercando di fare un discorso serio, e se non vuoi farmi perdere il treno, mi devi stare a sentire” “Di nuovo con la storia di Stefanino? Ma non era chiusa?” “No, non è chiusa” Diego sgusciò fuori liberandosi del peso del collega. Dopo un sospiro, iniziò il solenne discorsetto: “Dopo, riflettendo, ho capito che non ti stai facendo degli scrupoli su Stefano ma su di me. E sbagli. Ti sbagli davvero, ok? Io voglio essere la tua seconda voce Michele, se ci penso davvero in questo momento non c’è niente che desideri di più” “Sei pazzo! Pazzo e romantico” Michele si alzò finalmente dal letto. Ma qualcosa da quel momento iniziò a germinare in lui e poco importò che avesse ragione, tipo sul fatto che Diego iniziò a lamentarsi che in casa non c’era rimasta nemmeno una merendina del discount. E così entrarono al primo bar che trovarono lunga la strada. Diego aveva deciso di tenere un bel broncio infantile, cosa che impensierì Michele ma lo intenerì anche parecchio. Non lo accompagnò alla stazione, ma quando Diego, prima di scendere dalla Tipo gli gettò le braccia al collo per baciargli il pizzo, lui ricambiò strofinandogli la bocca sull’anellino del labbro inferiore per tanti rapidi bacini che lo avrebbero trascinato a quei momenti che dopo si sentiva spossato e patetico. “Stammi bene Diegone, non bestemmiare troppo e bevi di meno, ok?”
“Mi faccio prete lo giuro” detto questo scese. Un enorme senso di inadeguatezza lasciò spazio ai tanti pensieri che ingombrarono l’utilitaria come tanti uccellini, pronti per lasciare il ricordino su una bella macchina appena uscita dall’autolavaggio. Come avrebbe potuto liberarsi della sensazione di essere pieno di merda? Si domandò, ma a volte la merda si confonde con la cioccolata, in quel caso però Caparezza alias Michele Salvemini, si rese conto che si stava sforzando di chiamare merda quella che in verità era cioccolata. “Cosa devo fare?” parlò da solo. Non sapeva cosa stava per fare ma lo fece lo stesso.
Passarono alcune settimane poi Diego ricevé una strana telefonata da parte di Stefano. E capì subito che non poteva essere casuale. Sentiva spesso Michele, ma gli altri al massimo gli scrivevano degli sms. Il ragazzo sembrava tranquillo: “Mi ha detto Michele di chiamarti” “Ah sì?” Diego smise di fare quello che stava facendo. La sua ragazza lo squadrò annoiata. “Dimmi pure Stefano” attese: “Ieri sono stato da Michele e c’ho parlato, che ho deciso di lasciare il mio posto come seconda voce. E Michele vuole essere sicuro che tu sei ancora libero e disponibile a sostituirmi” lo sentì ridere. Diego pensò ad uno scherzo ma che razza di scherzo era? “Stefano che stai dicendo, sei fumato?” “No scusa, è che qui c’è Michele che sta facendo il cazzone, no senti, davvero: ho preso questa decisione amico e sento che la mia strada è quella della grafica, che la sto trascurando. Così in questo modo resterò in famiglia ma qui c’è il capo branco che ha bisogno di sapere che avrà un sostituto e pensa a te Diego. Anche gli altri sono d’accordo, allora che hai deciso?” Diego sorrise sotto i baffi. Tutto tornava. Dopo una risatina e soffocando quasi dalla contentezza, esalò: “Puoi dire al cazzone che m’imbarco. Abile e arruolato” Diego sentì Stefano dire a Michele: “Ha detto di sì” poi tornò a lui: “Ti vuole parlare” e glielo passò. Restarono un po’ a respirare sui rispettivi telefonini senza sapere cosa dirsi. Dovevano solo trovare la prima parola giusta. E fu Diego che, emozionato da morire, bisbigliò: “Quando si inizia?”

4 commenti:

  1. Davvero fantastici. Li adoro questi due come complottano ai danni del povero Stefano. Cmq mi sono chiesta tante volte come sia andata davvero e questa versione potrebbe anche non allontanarsi dalla realtà. Io penso, anzi sogno sia andata così, che Stefano si sia reso conto dell'alchimia tra Diego e Michele sul palco e soprattutto del fatto che, nonostante sia uno scricciolo Diego la scena la domini, come un vero animale da palcoscenico. Sei stata davvero brava a cogliere l'essenza di quel momento, mi piace molto l'atmosfera che si respira e soprattutto la tensione e l'affinità tra loro

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  2. Che atmosfera... Spiaggia, musica e la luna naturalmente, è sempre colpa o merito della luna se si creano certe situazioni.
    Probabilmente è stata solo una fortunata serie di circostanze se Michele ha capito che era Diego il miglior attore, se Stefanino si è reso conto di interpretare il personaggio sbagliato sul palco, e poco importa se i nostri eroi gli hanno dato qualcosa più di una spinta! Certo qui si sente tutta la forza di un rapporto che non è solo una grande amcicizia, è molto di più. Sono come due alchimisti che liberano energia, e questa energia la usano per crescere. Insieme.
    Mi inchino come sempre Giusi! <3

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    1. oddio tu ti inchini a me? Brava come sei... bellissimo come due alchimisti.. che poi lo sono davvero, no? :)

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