Titolo: Tra rabbia e passione (cronaca di una torbida relazione fra trulli ed onore)
Autori: Annina e Giusipoo
Pairing: Diego Perrone/Michele Salvemini
Genere: AU/Storico/Commedia/Erotico/Romantico/Introspettivo
Storyline: Fine anni settanta
Rating: PG, slash, rigorosamente NC 17
Disclaimer: si intenda tutto frutto della fantasia e del talento delle autrici. In verità i personaggi sono originali, abbiamo preso in prestito i nomi per ispirazione artistica e basta
Capitolo 11
E
Michele lo fece a modo suo. E per Diego fu parecchio brutale ma, sembrerà un
ossimoro, anche dolce e fuor di dubbio intenso. Bellissimo. Lo trascinò nella
sua stanza senza chiudersi la porta alle spalle. Lo spogliò rabbiosamente e,
una volta che il ragazzo fu nudo e alla sua mercé, lo sbatté su letto senza
riguardi. Diego respirava a fatica: erano nudi finalmente, niente li divideva.
“Girati” e Diego obbedì mettendosi a pancia in sotto. Per un attimo Michele
tentennò di fronte alle natiche perfette, chiare, così attraenti, il desiderio
del mondo. Pensò a quante volte lo aveva fantasticato quel momento, prima di
venire, pentendosi un attimo dopo essersi svuotato. E ora stava accadendo sul
serio. Poteva riuscirci senza morire di piacere, o di dolore? Non era poi importante. Gli si buttò addosso
maldestramente. La sua guancia destra l’attaccò alla sinistra di Diego. Ma i
corpi non erano nati per incastrarsi così, alla minima sfregata e Michele
dovette crearsi un varco con le dita e la saliva. Non c’era niente di tanto
nuovo nemmeno in questo, si disse, al
culo l’ho messo tante volte, solo che
davanti non c’era un uccello. Aveva sempre pensato che fosse una roba animale
quella, che un uomo degno di questo nome mai e poi mai avrebbe dovuto fare ad
un altro quella cosa; era un gesto vile, schifoso. Ma Diego era consenziente.
Anzi, sembrava non chiedere altro. Lo capiva da come lo sentiva fremere sotto
le sue mani, da come gemeva al suo tocco. Era pronto per lui, voleva lui!
Voleva che fosse proprio dove Michele era e
dove voleva essere. Esisteva connubio migliore? Il topolino che vuole farsi prendere dal
gatto, il pesce che cerca l’amo dove abboccare, il randagio che corre incontro
all’accalappiacani. Poteva sembrare così e forse era così, perché quelli come lui vedono tutto al contrario... E poi non ci
pensò più: per i cinque minuti che fu in lui non pensò più che era una cosa
strana e contro natura, anzi... non c’era davvero posto migliore dove essere al
mondo, di questo fu sicuro. E sentì Diego godere insieme a lui, e non fare
niente per nasconderlo: gemendo, cercandogli le spalle, avvicinando il corpo al
suo, in perfetta sincronia con le spinte rabbiose, decise. Si
erano trovati fin troppo bene. Diego venne prima di Michele e, distrutto,
crollò sulle lenzuola rantolando. A Michele bastò poco per arrivare a sua volta.
Abbracciato a lui, sgusciò via cercando di riprendere fiato. Anche il soffitto
ammuffito che osservava ogni giorno da una vita, gli apparve nuovo, interessante
addirittura. Le macchie creavano delle forme strane, simili ad una cartina
geografica. Poi si sentì la testa di Diego sul suo petto. I capelli umidi di
pioggia e di sudore. “Grazie
Michi” la voce lo riscosse. “Tu non sai quanto ne avevo bisogno”.“Eri
qui per questo no?” Michele, contagiato dalla sua sincerità, ora voleva
parlare. Se mai aveva davvero avuto paura dei fantasmi, ora non più, ora voleva
affrontarli. “Parliamone. Dopotutto abbiamo scopato. Come si chiama questa
cosa? Scopare?”A
Diego scappò una risatina, poi disse: “Punto primo sì, hai ragione, ero qui per
questo e punto secondo: chiamalo scopare, chiamalo inculare. Chiamalo come ti
pare... a me è piaciuto, tanto. Anche a te?”
Come
poteva negarlo? “Cazzo carabiniè, cazzo se si sta bene dentro di te... oh se ci
sai fare! Perché uno non ci pensa che può funzionare così bene anche tra uomini,
ma da quando hai iniziato a ronzarmi intorno, sì che ci penso!”“Io
ho iniziato a ronzarti intorno? Ma se in questo stupido paese dove mi giro ti
vedo: al cinema, in piscina, per strada. Mi hai ossessionato”
“Lascia
stare, tu hai ossessionato me” Michele gli girò la testa tra le mani per
guardarlo negli occhi e tuffarsi in quel mondo sconosciuto, brulicante di
paesaggi selvaggi.
“Però
sei bello Diego, altroché se lo sei. Ci sei venuto da lontano per incasinarmi
la vita?” Ma lo disse con la voce dolce, e, infatti, gli baciò il nasino
all’insù.
“Non
avrei voluto incasinarti la vita in realtà sai? Ma sono felice di averti
conosciuto. Sto così bene con te... così bene” ripeté baciandogli il petto, le
clavicole, le spalle. Michele si sciolse un po’, era così bello sentire le
labbra di Diego sulla pelle, il solletico dei baffetti.
“Mi
piacciono i tuoi baffetti Diego” glieli accarezzò: “Non so immaginarti senza,
sembreresti un bambino. E io mi sentirei uno stupratore”
Diego
scappò una risata: “Sì, stuprami sempre allora. Perché mi piace troppo” poi ci
ripensò: “Pensi che sono malato?” la voce era incerta.
“Mi
sa che un po’ lo siamo tutti e due, no Diè? Tu sei un carabiniere che ti piace
prenderlo nel culo. Ieri mi hai fatto menare dai tuoi colleghi e poi mi hai
costretto a lasciarmi succhiare il cazzo tenendomi sotto tiro. Ecco,
precisiamo, se me lo dicevi che volevi succhiarmi il cazzo non c’era bisogno di
puntarmi l’arma contro... ” Diego rideva. “E non contento il giorno dopo torni
qui e mi chiedi come sto, e vuoi farti inculare. Eccomi! Dico io, ok. Ma santo
dio dove mi porterà tutto questo?”
Diego
smise di ridere e il silenzio invase la stanza. “Dove ci porterà tutto questo” suggerì
abbracciandosi a lui più stretto ma un attimo dopo si staccò per accendersi una
sigaretta. Si alzò avvicinandosi alla finestra della stanza di Michele e guardò
fuori. Aveva smesso di piovere e da dietro i nuvoloni neri era comparsa una
bella luna quasi piena. Invece Michele era perso dietro le due ‘lune piene’ di
Diego: “Ma tu lo sai che hai un culo che è una favola Diego? Cioè, ma si può?
Un uomo non dovrebbe avere un culo così, ti stupisci se poi uno ci prova?”
Diego
si voltò sogghignando: “Ma finiscila, se non fossi stato io a venire qui, tu ti
saresti nascosto dietro ai tuoi compagni”
“Nascosto?
Io? Mai! No, invece ti sarei venuto a cercare. Eccome. Non mi scappavi”.
Per
associazione di idee Diego si ricordò che l’indomani doveva andare a Pescara,
il treno era alle sei e quaranta. “Saranno già passate le dieci, devo andare”
annunciò controllando se i vestiti appoggiati sulla sedia erano asciutti. Non
lo erano per niente ma li indossò lo stesso.
“Ma
come Diego, te ne vai già?” Le sopracciglia di Michele oblique. Non voleva che
se ne andasse: dovevano continuare a parlare, a parlare... a scopare... “Eh, Diego. O... ragazzino, parlo con te!”
“Michele...
ascolta: non è così facile ecco... Alfredo non mi smollava stasera, tu non hai
idea di cosa ho dovuto fare per convincerlo a lasciarmi uscire da solo. Ora si
è convinto che tu e i tuoi amici della radio verrete a farmi la pelle”
Michele
lo interruppe: “Non lo farebbero mai e io non gli dirò mai niente. Contavo di
non farmi vedere finché non ho rimesso apposto la faccia e magari vestirmi un
po’ di più per coprire i lividi”
“In
ogni modo... domani devo partire per Pescara, fino a domenica. Ho le gare” fece
per andarsene ma Michele lo bloccò abbracciandolo per la vita da dietro. “Dai
cazzo, tre giorni stai via? Proprio ora che avevamo iniziato ad andare così
d’accordo”
Diego
si irrigidì ma il corpo nudo di Michele lo forviava. “Dai, dispiace anche a me,
ma quando torno... ”
“E
se venissi con te?” A Michele le parole sfuggirono come la sabbia tra le dita.
Diego
si voltò di scatto: “Ma sei scemo o cosa?”
“Ci
sarà Alfredo? Cazzo, porco lui, l’appuntato è innamorato di te, te ne rendi
conto?”
“Cazzate! Alfredo non è innamorato di nessuno, al massimo dell’impepata di
cozze o della tiella”
“E
allora perché ti protegge?”
“Perché
mi vuole bene Michi, non tutti mi stanno addosso perché ho un bel culo...”
Diego guardò dall’altra parte. “E comunque non viene con me, ai campionati ci
vado da solo”
“Tutto
solo?” Michele lo abbracciò e furono petto contro petto, o quasi: Diego era
almeno quindici centimetri più basso di lui e il suo petto era all’altezza
dello stomaco. Così Michele poté baciargli i capelli. “Mi prendo un giorno
domani, tanto lo hanno visto come stavo ridotto. Un giorno di ferie me lo
danno. Cazzo mi frega. Domani vengo con te e basta. Così continuiamo a parlare”
Diego
respirò amore, mentre la prospettiva di stare tre giorni con l’uomo dei suoi
sogni si faceva sempre più dolce e realissima. “Non dimenticare la patente,
all’albergo dovremmo registrarci. Sarà un casino perché mi pagano solo una
stanza ma tu potresti prendere un’altra stanza”
“Sì,
faremo così” Diego gli riempì il pomo di Adamo di bacetti rapidi e poi, dopo un
morso sul pizzetto, lo salutò. “A domani se verrai” ed era già con un piede
fuori dalla porta.
“Figurati
se non vengo” rispose Michele con gli occhi che luccicavano. Mancavano poche
ore, e in cuor suo gli sembrarono troppe.
Per
questo Michele passò la notte ore a girarsi. Troppa adrenalina: la serata d’amore
con Diego, la partenza l’indomani. Decise che avrebbe lasciato un biglietto a
suo padre, ancora da Peppino, e chiamato il suo responsabile di reparto dalla
stazione, sarebbe stato libero di andare a Pescara con Diego. In qualche modo
avrebbero fatto. Puntò la sveglia con il gallo che picchettava il terreno alle
cinque e cinquanta e, in qualche modo, tra l’una e mezza e le cinque quaranta
dormì. Dieci minuti prima che suonasse la sveglia, quando fuori il sole non
aveva degnato di inondare la terra con i suoi raggi, si svegliò. Si scoprì
affamato e non c’era da stupirsi, non aveva cenato! Dal solito Indesit tirò
fuori una ciotola di ricotta schianta. Era decisamente una colazione
‘generosa’. Dopo si lavò i denti, e senza preoccuparsi di portarsi anche un
misero cambio, lasciò un biglietto a suo padre, acciuffò il portafoglio e uscì.
Alle
sei Diego uscì dalla caserma con il borsone sportivo e si incamminò verso la
stazione, già stanco e stufo. Alfredo gli aveva dato il tormento anche poco
prima, pretendendo di accompagnarlo lui in stazione, con l’auto di servizio. Al
rifiuto di Diego si era alterato e guardandolo con espressione cattiva gli
aveva detto che c’era qualcosa che non andava, e che avrebbe scoperto cos’era.
Diego aveva negato con i capelli che sudavano come se fosse sotto un sole
cocente, cercando di ostentare indifferenza mentre lo pregava di stare tranquillo,
non gli andava di farlo uscire dalla caserma a quell’ora, quando la stazione
era praticamente a due passi. Ringraziandolo aveva addirittura falsamente
aggiunto che gli spiaceva che a causa del turno non potesse andare a vederlo
gareggiare. Era disposto a dirgli qualunque cosa pur di tranquillizzarlo, per
evitare che indagasse davvero, che scoprisse cos’era successo con Michele,
anche se non sapeva come avrebbe potuto arrivare a capire quello che c’era tra
loro, essendo l’amico alla fin fine, tutt’altro che un uomo di mondo. In ogni
caso, quello che contava per Diego era coprire l’uomo che amava disperatamente.
Camminando
lentamente e respirando l’aria fresca del mattino, in dieci minuti Diego arrivò
davanti alla stazione. Si guardò intorno: a quell’ora c’era pochissima gente in
giro. Michele non si vedeva.
Si
portò sul secondo binario e si sedette in attesa del treno, sicuro che sarebbe
stato un viaggio solitario. Con un sorriso mesto pensò che tutta la sua vita
era stata un viaggio solitario, finora.
La
gente ti riconosce che sei strano, ti si avvicina, ti fiuta e si allontana,
funziona così. Chissà come sarebbe andata con Michele.
Aveva tanto tempo per pensarci. Mancavano pochi minuti all’arrivo del treno:
Michele oggi non sarebbe arrivato. Decise di non perdere tempo a chiedersi
quale impedimento avesse fatto cambiare idea all’amante, visto che la notte
prima sembra così convinto di accompagnarlo a Pescara. Che ci viene a fare in Abruzzo? Dopotutto ha avuto il suo trastullo,
voleva il mio culo e l’ha avuto. Stupido Diego che sognavi già la fuga
romantica! Raccolse borsa e giornali e si alzò dalla panchina,
avvicinandosi al binario: il treno arrivò lentamente fermandosi con uno stridio
di freni. Diego si avvicinò al primo portello e lo aprì, apprestandosi a
salire, quando si sentì chiamare: si girò verso le scale e vide Michele
arrivare di corsa ridendo: “Ferma quel treno carabiniere!”.
Da come era terminato il capitolo precedente preannunciavo una scena così ardente. Cavolini se Michele lo desiderava il bel carabiniere. A sua volta Diego, nonostante l'irruenza, ha trovato bellissimo fare l'amore con lui, anzi, gli dice anche grazie perchè era un bisogno fisico il suo di essere posseduto da Michele. Mi sorge il dubbio che se non avesse agito il pugliese l'avrebbe fatto lui. Chissà cosa accadrà in questi tre giorni da soli. Fuoco e fiamme.
RispondiEliminaMi sorge il dubbio che tu ti sia fermata un po' troppo alla superficie della storia, molto alla superficie. Perché a leggere questo commento sembra che i due personaggi abbiamo dei pruriti che si stanno togliendo e dunque la cosa si esaurirà in poche pagine, come ha pensato Diego ad un certo punto: "Dopotutto ha avuto il suo trastullo, voleva il mio culo e l’ha avuto. Stupido Diego che sognavi già la fuga romantica!" E io potrei dire: "Stupida me che speravo che chi leggesse andasse oltre" :(
RispondiEliminacon tatto, si può fare tutto
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