venerdì 26 aprile 2013
Dalle Puglie alle Alpi, dodicesima puntata
Titolo: Dalle Puglie alle Alpi
Autori: Annina
Pairing: Diego Perrone/Michele Salvemini
Genere: AU/Commedia/Romantico/Introspettivo
Rating: PG, slash,
Disclaimer: come sempre è tutto frutto di fantasia. I personaggi sono originali, ho preso in prestito i nomi solo per ispirazione artistica.
XII Capitolo
Diego guarda Gaetano
che gli fa un cenno con la testa: “Vai Diè, salutamelo”. Con passo esitante
Diego segue l’infermiera che lo accompagna al capezzale di Michele. Vederlo lì
nel lettino nudo con tutti quei fili attaccati e la flebo nel braccio lo
stordisce. Guarda smarrito l’infermiera che gli si avvicina: “Coraggio Diego,
siediti vicino a lui; lo so fa impressione vederlo attaccato a tutte quelle macchine,
ma sono lì per tenerlo controllato, non aver paura. E’ il tuo ragazzo ho
sentito” Diego annuisce, la voce non vuol saperne di uscire. “E’ molto carino.
Siete una bella coppia. Vedrai, andrà tutto bene. Vai da lui adesso”.
Diego avvicina la sedia
al letto e prende la mano di Michele; si aspettava che fosse fredda, invece è
calda. Ricacciando le lacrime che vorrebbero scendere, si porta la mano alla
bocca e la bacia. L’infermiera gli fa una carezza sulla testa e si allontana.
Piano, con tenerezza Diego
accarezza Michele e gli ravvia i capelli: “Ciao Michi, sono qui, hai visto?
Gateano mi ha lasciato entrare. Chissà se mi senti. Io credo di sì, sono sicuro
che mi puoi sentire”. L’infermiera finge di dimenticarsi che doveva farlo
rimanere solo cinque minuti, e lo lascia più a lungo; Diego passa tutto il tempo a parlare ininterrottamente
al suo Michele. Quando è il momento di uscire, l'infermiera si avvicina a malincuore, ma Diego non protesta, si alza e si allunga a dargli un
bacio: “Ciao Michi, non aver paura, io sono qui fuori sai? Non me ne vado da
qui. Lascerò l’ospedale solo se anche tu sarai con me” un ultimo bacio e si
allontana insieme all’infermiera, che ha versato più di una lacrima nel
frattempo.
Uscendo Diego appare
come in trance, va verso una sedia e vi si siede con le gambe raccolte e la
testa appoggiata alle ginocchia, cominciando a singhiozzare, lasciando uscire
tutta la tensione che non ha voluto lasciare nella stanza di Michele.
Gli si avvicinano tutti
compresa l’infermiera che consiglia agli amici di portarlo a casa e dargli
magari qualche goccia di calmante.
“Andiamo Diegone, vieni
che andiamo a casa. Vuoi che ci fermiamo da te io e la Vale? O vieni tu a casa
mia, da solo non puoi stare” Danilo e
Valentina si inginocchiano davanti a lui, non sanno cosa fare per lui, si
sentono talmente impotenti che guardano Gaetano come se lui potesse fare
qualcosa, ma anche lui allarga le braccia, sconvolto.
Diego alza la testa e
li guarda tutti uno a uno con le lacrime che rotolano incessanti, gli occhi
disperati: “No, voi non capite, io non vengo a casa, resto qui”. Valentina e
l’infermiera si siedono accanto a lui “No Diego, non puoi restare qui,
l’ospedale a quest’ora è chiuso, devi andare a casa con i tuoi amici, e domattina
se vuoi torni qui. Non serve a niente che resti, ci siamo noi a curarlo, ed è
l’unico paziente per ora, siamo qui solo per lui. Puoi stare tranquillo”.
“Io resto qui finchè
Michele non torna a casa con me. Gliel’ho promesso. E anche se non glielo
avessi promesso, non potrei mai lasciarlo qui da solo. Io lo so cosa vuol dire.
Lui lo sa che sono qui fuori, gliel’ho detto e sono sicuro che mi ha sentito.
Noi non possiamo dividerci, lo sapete già. Voi andate, tutti non possiamo stare”
Diego parla con calma, come farebbe con dei bambini.
“Dai ragiona, vuoi
passare tutto il tempo del ricovero di Michele su quella sedia? Non ce la puoi
fare, vuoi che ricoverino anche te? Dai Diegone, da bravo vieni a casa con noi,
stiamo insieme noi tre, non ti lasciamo da solo, e domattina ti riporto subito
qui, va bene?”.
“Non parlarmi così
Danilo, non sono un deficiente. Ti dico che non mi muoverò da qui, e basta. Se
volete farmi un favore, chiamate domani la serra, spiegate tutto al Beppe, lui
capisce è una brava persona. Ditegli che chiedo aspettativa, poi lo chiamerò. E
tu Vale, portami qualcosa per cambiarmi quando vieni. Userò gli spogliatoi
della pediatria, sono sicuro che il prof me lo lascerà fare”. Si appoggia allo
schienale e sospira, sfinito. “Andate a casa, ci vediamo domani”.
Rassegnati Danilo e
Valentina lo baciano; Valentina lo accarezza: “Se hai bisogno a qualsiasi ora
ci chiami che noi arriviamo, va bene? Tanto lo sapevo già che finiva così.
Testone”.
Se ne vanno tutti e tre
insieme e dalla porta danno un’ultima occhiata al ragazzo: rannicchiato sulla
sedia con la testa appoggiata al muro, è l’immagine della disperazione. Vedono
arrivare l’infermiera che gli parla e lo avvolge in una coperta, poi si gira
verso di loro e fa un cenno come a dire andate, ci sono qui io. Annuiscono e
lasciano l’ospedale con la morte nel cuore.
La notte passa senza la
consolazione di un po’ di sonno. Dietro agli occhi chiusi Diego rivive i
momenti più belli vissuti con Michele, dal primo incontro, alla prima volta che
si sono amati, nella serra delle orchidee, al bacio sulla spiaggia, giù in
Puglia. Ogni volta che si affaccia l’idea che potrebbe non avere più Michele
accanto a sé apre gli occhi, col cuore che si capovolge nel petto e il cervello
che fa schizzare i pensieri lontano, come biglie lanciate per aria.
Le lacrime sono
esaurite per ora; Diego aspetta l’alba solo per vedere un po’ di luce, che gli
faccia sembrare meno cupo quello che ha davanti: non dicono che al mattino
tutto fa meno paura?
Dicono anche che i
sogni muoiono all’alba però. Si alza dalla sedia, le gambe fanno fatica a
reggerlo, ma si sforza e si avvia verso il corridoio per accendere il
cellulare. Non sa più niente della famiglia Salvemini, non sa se hanno trovato
un volo o come saliranno a Torino. C’è un messaggio di Marta, l’aereo è per le
7,00, faranno scalo a Roma, non saranno lì prima di mezzogiorno. Sono le 6,30:
Diego compone il numero della ragazza ma niente, è spento. Spegne il suo e
torna dentro, avvicinandosi alla macchinetta delle bevande calde. La cioccolata
non c’è. L’avrebbe bevuta volentieri. Michele lo prenderebbe in giro, lo prende
sempre in giro per tutta la cioccolata che beve. Gli scappa un sorriso al
pensiero del compagno che lo guarda ridendo, come fa lui, con la testa piegata
sulla spalla. Poi lo rivede com’è ora, i tubi, i fili, gli occhi chiusi… i suoi
begli occhi neri. Non ci pensare Diè… Mi
direbbe così, lo so. Gli sembra quasi di sentire la sua voce. Prenderà un
caffè, deve tenersi su. Fa per inserire la moneta ma si apre la porta del
reparto ed esce l’infermiera, Rosella si chiama, con una esse, gliel’ha detto
stanotte, quando è andata a fare due chiacchiere con lui. E’ una brava persona.
“Lascia stare quella
roba Diego, vieni che ho fatto il caffè per noi, ce n’è anche per te” lo accompagna
nella stanza delle infermiere. Sono
quattro, lei e la collega che stanno per smontare e le due che le
sostituiranno. Rosella lo presenta anche a loro che conoscono già tutta la
storia. Gli sorridono, lo rassicurano. Sono più giovani quelle del nuovo turno
ma anche loro assumono subito un’aria materna nei suoi confronti.
Il caffè è buono, fatto
con la caffettiera. “Anche a noi piace il caffè così, dalla caffettiera. La
mattina lo preparo sempre io, Michi ci mette un sacco di tempo in bagno. Io
sono più veloce. Lui è tranquillo. Poi andiamo al bar dal nostro amico, lì io
bevo la cioccolata. Michi un altro caffè, a lui piace molto il caffè”. E’
ansioso di parlare di lui, come se parlandone esorcizzasse la paura di
perderlo. Guarda Rosella e non ha il coraggio di farle la domanda più ovvia,
non l’ha ancora avuto, ma lei capisce: “Tutto tranquillo; stamattina andranno
avanti con gli esami, e speriamo arrivino quelli che hanno fatto fare d’urgenza
stanotte. Non posso farti entrare Diego, se arrivasse il professore, tu
capisci. Se oggi arrivano i genitori, magari si potrà chiedere a loro”.
Diego lo sapeva già,
alza le spalle, rassegnato.
“Grazie di tutto. Vi
lascio lavorare, torno di là” esce e torna verso la sedia, ma si sente
chiamare: è una delle due infermiere del nuovo turno, che lo prende
sottobraccio e lo guida vicino alla vetrata della camera di Michele.
Dall’interno la collega arrotola la veneziana e Diego può vederlo. Almeno
vederlo. E’ come ieri sera non è cambiato niente, non si è mosso. Appoggia la
fronte al vetro freddo e lo chiama tra sé, i pugni stretti, le lacrime che
ricominciano a cadere.
“Sono ancora qui Michi.
Lo so che mi senti”. I singhiozzi riprendono a scuotere le spalle magre. Le due
infermiere una dentro e una fuori dalla stanza si guardano impotenti.
“Vieni Diego, ora
dobbiamo richiudere”. Scuote la testa, non vuole staccarsi dal vetro, ma non fa
storie. L’infermiera gli cinge le spalle e lo fa sedere: “Vuoi qualcosa?
Qualche goccia per calmarti? Non ti farà male”. Diego risponde di no: “Grazie
ma è meglio di no. Grazie anche per avermi fatto vedere Michele, ringrazia
anche la tua collega. Siete tutte molto gentili”.
“Bene Diego. Se hai
bisogno bussa all’ambulatorio, va bene? Una di noi c’è sempre” gli fa una
carezza e si allontana.
Qualche ora più tardi
arriva Gaetano con un sacchetto di brioche. “Ciao Diego. Novità? Tieni queste
te le manda Danilo, mi ha fatto passare apposta da lui stamattina. Dice che
Valentina viene stasera, si è fatta cambiare il turno e starà un po’ qui con
te”.
Diego ringrazia e
appoggia il sacchetto su una sedia. “Guarda che devi mangiare, non servi a
niente se caschi per terra svenuto. Mangia” Gaetano toglie una brioche dal
sacchetto e gliela porge, imperativo: “Forza! Se vuoi star qui tutto il giorno
ad aspettare, devi anche tenerti su”. Lui la prende e comincia a
sbocconcellarla: “non ce la faccio Gaetano, mi viene la nausea”. “Mangia” è
quasi un grido: “Dai Diè, fa il bravo” gli batte una mano sulla spalla e gli
sorride, mentre Diego riprende a mangiare adagio.
E’ solo verso l’una che
si sente un rumore dalle scale e finalmente arriva la famiglia di Michele.
Gaetano si alza e va a
stringere la mano di Mario, il padre, mentre le tre donne corrono vicino a
Diego, e lo stringono tra loro, piangendo e facendogli un sacco di domande a
cui Diego non sa rispondere.
Quando la situazione si
calma prendono le sedie e formano un cerchio e Diego spiega loro tutto quello
che sa.
“Vuoi dire che
potrebbero aver falsificato gli esami di tutti i dipendenti? Ma che razza di
persone sono? Gaetà, ma tu li conoscevi questi?”.
“No Mario, è una
piccola ditta che vernicia i pezzi che poi arrivano dove lavoro io, sapevo che
avevano bisogno di una persona, e ve l’ho detto, ma mai potevo pensare che
fossero dei delinquenti” Gaetano si sente colpevole, ma Mariella lo rassicura:
non è lui a doversi sentire colpevole, ma se mai dovesse essere vera questa
storia, i veri colpevoli sarebbero i proprietari della ditta “ammazzano le
persone pur di non spendere i loro quattrini”.
“Ma dicci Diego, ora
come facciamo? Ce lo fanno vedere? I medici quando passano?” Monica lo guarda
con espressione angosciata, ma Diego non può rispondere a quello che non sa.
“Aspetta, sento le infermiere” si dirige verso la porta dell’ambulatorio e
bussa. L’infermiera parla un attimo con lui e poi si dirige verso il gruppetto
dei parenti: “Il professore passerà di nuovo verso le 18 e si fermerà a parlare con voi, poi avrete un ora per
vedere il paziente. Di solito può entrare solo una persona, non so, decidete
voi come fare. Arrivederci” con un sorriso l’infermiera si allontana.
“Beh, noi dobbiamo
cercare un albergo, non siamo riusciti a fare niente da casa. Ragazze voi state
qui e io e papà andiamo a cercare qualcosa qui intorno”.
“Da me potete stare in
due, nella mia camera, io mi sposto nell’altra che è piccolina ma per me va più
che bene. Posso farmi ospitare da Adele, ma mancherebbe ancora un posto; c’è il
divano” Gaetano guarda i cugini perplesso, ma è Diego a intervenire: “Scusate,
c’è casa mia; ci sono due stanze con due letti grandi. Se non vi dà fastidio,
insomma. E’ piccolina, ma è sempre
meglio che stare in albergo no? Almeno siete tutti insieme”.
“Ma tu Diego dove
staresti poi? Se sono due camere”.
“Io resto qui finchè
Michele non sta bene. Meglio, finchè non torna a casa” lo dice con un
sorriso triste, e a Mariella scappa una lacrima. “Diego, sei un caro ragazzo,
ma non puoi certo passare tutto il tempo su quella sedia, vuoi ammalarti anche
tu?”.
Con un sospiro Diego
controbatte: “Sapete quali sono state le ultime parole di Michi, prima di… sì
insomma prima di svenire? Tienimi, stai con me, non lasciarmi: e io non lo
lascio, non lo avrei fatto comunque. Io starò qui finchè Michele non tornerà a
casa con me” si riappoggia allo schienale e porge le chiavi di casa a Mariella:
“Andate a casa mia, mi fa piacere, farebbe piacere anche a Michele”. Annuendo
in silenzio, Mariella prende le chiavi.
Il tempo passa bene o
male e arrivano le 18. Il professore si affaccia e subito i Salvemini si alzano
per parlare con lui. Diego rimane seduto ma Monti gli fa cenno di avvicinarsi.
“Vorrei che sentisse anche lei, perché è suo il merito se abbiamo scoperto
qualcosa così velocemente. Altrimenti avremmo dovuto procedere per tentativi. Il signor Salvemini presenta i
sintomi dell’avvelenamento da piombo. Il piombo attacca i globuli rossi,
favorendo l’anemia, e avendo lui già un anemia abbastanza importante a causa
della sua malattia, l’emoglobina è caduta a picco. La sua malattia è stata la
sua fortuna forse, perché se avesse inalato ancora per molto piombo, sarebbero
sorti altri problemi difficilmente risolvibili. Ed è stata la salvezza anche
dei colleghi, che abbiamo già provveduto a chiamare. Il paziente è già sotto
terapia, speriamo che risponda alle cure. Non posso sciogliere la prognosi
però, è ancora a rischio purtroppo. Naturalmente abbiamo già presentato un
esposto alla magistratura. Ora potete vederlo. Uno alla volta, i parenti” e
stringendo loro la mano torna verso il reparto.
Diego e Gaetano tornano
verso le sedie e i genitori e le sorelle a rotazione visitano Michele.
Nel frattempo arriva
anche Valentina con i vestiti per Diego, che approfitta per andare a fare una
doccia in pediatria mentre gli altri si danno il cambio al capezzale del suo
compagno: è dura per lui stare lì sapendo di non poterlo nemmeno sfiorare.
Quando tornano l’ora di
visita è terminata. I cinque Salvemini si predispongono a lasciare l’ospedale
mentre Diego riprende possesso della sua sedia. “Diego sei sicuro che non ti
secca se noi invadiamo la tua casa? E sei sicuro di voler restare qui ancora
stanotte? Ti ammalerai” Marta è veramente preoccupata per lui, ma Diego la
rassicura: “Andate mi fa piacere; trovate tutto nell’armadio della stanza
piccola, lenzuola, tutto quanto. Lì il letto è da fare. Noi dormiamo
nell’altra” vede una smorfia sul viso di Mario, ma non gliene importa nemmeno
un po’. E’ casa sua, sua e di Michele quella, che a lui faccia piacere o meno.
Finalmente se ne vanno e Diego può stare un po’ tranquillo a farsi coccolare da
Valentina. Le ha già spiegato quello che ha detto il dottore, ora gli fa
piacere stare tra le sue braccia in silenzio, sentiva il bisogno di un po’ di
affetto. Poco dopo anche Danilo e Fabio arrivano, non potevano stare lontano
dall’amico in difficoltà, e pur nell’ansia del momento Diego si sente felice in
mezzo a loro.
I giorni scorrono
lenti, Michele sembra rispondere alle terapie, i Salvemini viaggiano da casa di
Diego all’ospedale per l’ora di visita. Diego non ha più visto Michele, nessuno
glielo ha proposto; Monica gli ha detto che loro hanno chiesto al padre di
farlo entrare per un po’, ma lui non ha voluto sentire ragioni, tocca alla
famiglia stargli vicino, dice.
Diego ormai è l’ombra
di sé stesso: vive da una settimana su una sedia mangiando poco e dormendo
meno. E’ pallido e stanco, solo gli occhi rimangono bellissimi, pur se
sottolineati da profonde occhiaie.
Finalmente all’ottavo
giorno il dottor Monti arriva insieme al collega di pediatria, e porta la buona
notizia che Michele ha risposto benissimo alle terapie, e che in giornata verrà
tolto dalla terapia intensiva. Poco alla volta uscirà dal coma indotto. Ora
potranno scegliere una persona che stia sempre vicino a lui: i pazienti
rispondono meglio se svegliandosi trovano con loro una persona cara.
Diego ascolta la buona
notizia sotto l’ala dell’amico pediatra e alla fine lo abbraccia ridendo e
piangendo di gioia: Michele sta meglio, ancora qualche giorno, poi potrà
riabbracciarlo.
“A questo proposito io
e il mio collega Monti vorremmo parlare con voi; sappiamo che è un discorso che
non vi piacerà quello che vogliamo farvi, ma tentar non nuoce, come si dice. I
pazienti rispondono meglio alle cure se sentono vicino una persona cara. Ora,
non sempre la persona cara è un genitore, o un fratello. Non so se mi spiego”
il pediatra lascia la parola a Monti che continua: “Sì, la persona che ognuno
di noi vuole vicino in questi momenti è la moglie o il marito, il compagno. Mi
capite? A prescindere dal bene che vogliamo ai famigliari, è chi ci siamo
scelti per la vita che vogliamo accanto, sempre. La scelta spetta a voi
genitori naturalmente, perché i ragazzi non sono sposati. Se lo fossero il
problema non si porrebbe, sarebbe Diego di diritto. Vi chiediamo di pensarci”.
Diego è esterrefatto,
non pensava mai che i medici potessero fare un discorso del genere, soprattutto
non pensava potesse arrivare dal prof. Monti e guardando i Salvemini pensa che
loro se lo aspettavano ancora meno.
Il pediatra si porta via Diego verso le scale,
per dar modo ai Salvemini che sono ancora impietriti in mezzo alla sala
d’aspetto di elaborare la richiesta dei medici.
“Diranno di no, ma
grazie per averci provato prof. Comunque sono già contento che Michele sta
meglio e poi me lo porterò a casa. Non ci speravo. Cioè ci speravo, ma avevo
così tanta paura di perderlo”.
“Ora però ti devi
rimettere figliolo. Sei diventato più magro dei miei pazienti. Però per essere
uno che ha la fobia dell’ospedale, te la cavi piuttosto bene, ci sei rimasto
sepolto per più di una settimana!”.
“Già, ha ragione. Ma
come potevo andarmene con Michele là dentro? Poi una promessa è una promessa.
Oh, ecco i miei amici” Danilo, Fabio e Valentina stanno salendo le scale e
vedendo Diego sorridere si mettono a correre. “Diego hai delle novità?” chiede
ansando Valentina.
“Sì. Michi sta meglio,
e adesso lo tolgono dalla terapia. Poi dovrà svegliarsi ma appena si rimette ce
lo riportiamo a casa”. A quelle parole i tre ragazzi chiudono Diego in un
abbraccio collettivo, ridendo di gioia.
Salutato il professore
si incamminano verso la sala d’aspetto, mentre Diego spiega loro il discorso
che i medici hanno fatto alla famiglia di Michele.
“Se somigliano solo un
poco a Michele, ti lasceranno andare, vedrai. E’ per il suo bene”.
Quando arrivano nella
sala sono ancora seduti a discutere, ma la voce di Mariella sovrasta le altre.
Quindi si gira a
guardare Diego e gli sorride: “Vieni Diego ascolta. Non ti dirò che ne sono
felice, mentirei, ma ho capito il discorso del professore, e io voglio solo il
bene di mio figlio. Quindi siamo tutti più o meno d’accordo, vai tu con
Michele, è il tuo posto. Noi continueremo a stare a casa tua ed entreremo negli
orari di visita” gli tende le braccia e Diego vi si precipita, ringraziandola;
anche Marta e Monica sono contente, loro erano state subito d’accordo. Mario
non dice nulla, ma gli stringe la mano.
Vedono delle ombre
muoversi nella stanza dov’è Michele, e dopo un tempo che sembra infinito l’infermiera, Rosella, arriva e chiede chi deve accompagnare dal paziente. Diego si guarda intorno,
impacciato, sorride e si incammina seguendola.
Michele non ha più i
fili, ha solo una flebo, è coperto da un lenzuolo.
Diego si siede vicino a
lui e lo accarezza tremando, con l’altra mano stringe la sua: “Michi, sono
ancora qua. Mi lasciano con te sempre adesso. Non sei più pallido amore, ma sei così magro; però sei
sempre bello. Appena ti porto a casa, ti faccio stare bene io”. Rosella lì
vicino sorride scrollando la testa: quei due ragazzi le fanno tanta tenerezza.
C’è un letto a
disposizione di Diego lì accanto, ma lui non vuole sentire ragioni, rimane
sulla sedia accanto a Michele, continuando a parlargli, a cantare per lui e la
notte appoggia la testa sul letto e dorme così con la sua mano tra le sue.
E’ la mattina del terzo
giorno che finalmente la costanza di Diego viene premiata: mentre sta cantando Cosmik
Debris sente la mano di Michele che stringe la sua. La voce gli viene meno e
suona il campanello per chiamare mentre lo scruta.
L’infermiera accorre e
Diego, senza smettere di guardare in viso Michele le spiega che gli ha stretto
la mano, e proprio in quel momento
Michele apre finalmente gli occhi puntandoli nei suoi.
Diego non sa se
piangere o ridere, o gridare forse, intanto lo accarezza dolcemente: “Michi,
hai idea di quanto hai dormito?”.
“Diego sei qui: dammi
la mano piccolo” Diego gli prende la mano tra le sue, se la stringe al cuore,
mentre Michele richiude gli occhi con un sospiro, sorridendo.
Diego esce per dar modo
al medico accorso di visitare Michele, e quando rientra lo trova quasi del tutto sveglio. Il medico è
contento: “Va tutto bene, in una settimana potrete uscire da qui finalmente”.
Diego riprende il suo
posto vicino al compagno, dopo avergli dato un bacio sul naso. Michele ride e
allunga la mano in una carezza sul viso di Diego: “Ti sentivo sai Diè? Ho
sentito tutto quello che mi hai detto, le canzoni che mi cantavi, non riuscivo
a dire niente però, ero imprigionato qui dentro senza potermi muovere. Da
quanto tempo sono qui? Non ricordo più niente”.
“Non ci pensare
Michele, ti racconterò tutto poi. L’importante è che ora stai bene”.
“Ho sonno Diè; vorrei
stare sveglio, vorrei stare con te ma mi si chiudono gli occhi”.
“Stai tranquillo Michi,
dormi ora. Tanto io non mi muovo da qui. Dormi amore”.
“Comunque Frank la
canta meglio Cosmik” è quasi un sussurro, e Michele si riaddormenta.
Diego comincia a
ridere, non riesce a smettere; accorre anche l’infermiera che gli impone di
tacere, ma poi contagiata inizia a ridere con lui.
“Sta bene! Sta proprio
bene, è il mio Michele questo!” Diego sorride all’infermiera e di slancio
l’abbraccia, proprio mentre rientra il dottore.
“Cos’è questa
confusione?” il prof. Monti tenta di fare il burbero, ma alla fine si lascia
andare a un sorriso, mentre l’infermiera si sistema la divisa.
“Per questa volta non
dirò niente. Anche le analisi di questa mattina sono positive Diego. Va tutto
bene, Michele si sta riprendendo velocemente, e io penso che sabato se non
sopravvengono novità, lo potremo dimettere. Dovrà venire a fare dei controlli,
ma starà meglio a casa che qui”. Batte una mano sulla spalla di Diego e si
allontana col camice svolazzante invece che perfettamente allacciato come al
solito. Sembra che tutto il reparto festeggi la guarigione di Michele.
Ancora cinque giorni
che a Diego non pesano stavolta: certo non è comodo, perché nonostante le
insistenze anche di Michele, lui non ne vuole sapere di mettersi a letto almeno
la notte. Per scacciare le sue paure, deve tenere un contatto col compagno. La
mano di Michele nella sua è fondamentale per tranquillizzarlo. Vuole essere lì
quando si addormenta e quando si sveglia, e ad ogni respiro più profondo o più
lieve Diego apre gli occhi e controlla che Michele stia bene.
“Passerà Michi, quando
saremo fuori da qui dimenticheremo tutto e io non ti starò così addosso, ma fin
che siamo qui, lasciami fare a modo mio”.
Michele scrolla i
ricci, ma non protesta più. Invece insiste perché Diego mangi insieme a lui:
non appena ha avuto modo di osservarlo bene, si è accorto dello stato fisico
del suo amico, addirittura peggio del suo, si direbbe.
“Diè, ma chi è il
malato fra noi? Com’è che sei messo così male?” Michele è seriamente
preoccupato e guarda anche l’infermiera, come per avere una risposta da lei,
che non manca di spiegarglielo.
“Il tuo compagno ha
passato otto giorni su una sedia in sala d’aspetto, giorno e notte,
sopravvivendo col nostro caffè e una brioche mattutina che a turno i vostri
amici gli facevano mangiare sotto minaccia! Si allontanava solo per una doccia
veloce, e tornava di corsa. Quindi l’han lasciato entrare qui, quando ti hanno
tolto dalla terapia intensiva e lui si è riappropriato di una sedia, per starti
vicino. Tu sei stato male, ma lui ha sofferto le pene dell’inferno”
l’infermiera sorride e torna a inserire i dati nel computer.
Seduti vicini sul letto
si guardano e Diego sorride: “La mettono giù drammatica, dai. Comunque, dove
potevo andare? Io dovevo stare con te”.
Michele gli prende la
testa tra le mani e lo osserva come se volesse imprimersi il suo viso nella
memoria: “Il mio bel ragazzo. Sei pallido, magro e con le occhiaie e nonostante
tutto questo ti rende ancora più affascinante”. Se lo stringe tra le braccia:
“Ho quasi paura di spezzarti Diego. Grazie per essere stato con me. Ti amo in
un modo… spaventoso Diè”.
“Anch’io ti amo, per
questo non potevo lasciarti qui da solo. Domani è sabato, domani andiamo a casa
Michi, non vedo l’ora”.
Michele lo guarda
malizioso: “Già, anch’io non vedo l’ora…”.
“Buono, sei in
convalescenza ricordi? Ti devi riprendere piano, niente sforzi, vita
tranquilla” Diego enumera sulle dita mentre spiega.
“Sforzi? Non sarà uno
sforzo Diego, anzi, staremo a letto tutto il tempo!”. Ridono, si abbracciano,
hanno quasi dimenticato di essere in ospedale, ed è ancora l’infermiera a
ricordare loro dove si trovano.
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Mio dio che capitolo ansiogeno. Anche io come Diego odio gli ospedali e percepivo tutta la sua angoscia, ma anche la sua voglia di restare vicino al ragazzo che ama, di mantenere quella promessa fatta a Michele. Tutto questo gli fa superare la fobia di quelle stanze asettiche, delle pareti bianche e dell'odore di medicinale. Bellissimo il finale quando Michi si risveglia specchiandosi negli occhioni del suo Diego. Ci voleva proprio un lieto fine. Ora devono tornare a casa, alla loro vita quotidiana e al loro amore così puro e forte che niente, neanche la malattia può intaccare
RispondiElimina"Tu sei stato male, ma lui ha sofferto le pene dell’inferno" questo riassume un po' tutto. Commovente, bellissimo, triste, malinconico, dolce, il proseguo dell'altro capitolo che come dice Ale era proprio ansiogeno ma questo di meno. Si sente che stanno uscendo dal pozzo profondo dove sono sprofondati. Questo giovane amore non meritava una prova così dura ma da come si comporta Diego sembrano una di quelle vecchie coppie che stanno sposate da tanti anni e che non vogliono separarsi mai per nessuna ragione. Penso che a parte la promessa fatta nel momento del crollo, per lui fosse essenziale non separarsi più dal suo amato. Pronto anche al peggio ma mai lontano da lui. Diego non lo avrebbe lasciato morire senza essere vicino a lui in quel momento. Ovviamente noi non avremmo mai accettato che tu lo facessi morire per avvelenamento di piombo anche perché non ci voleva certo il Dottor House per capire che si trattava di quello!!! Eheeheh... belli, brava, bis, tris e così via! :) (la seriale ci stava!!)
RispondiEliminaUna volta assodato che non era lupus... A parte gli scherzi, hai fatto centro. L'amore di Diego è talmente forte, talmente amore, che nel momento in cui il compagno non avesse dovuto farcela, non ce l'avrebbe fatta nemmeno lui. Insomma come Michele ha fatto di tutto per lui nella vita di tutti i giorni, superando gli ostacoli per amor suo, Diego l'ha fatto nella malattia, superando le proprie paure.
Eliminatoccante davvero, brava annina!!!
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