Titolo: La cinquantaduesima volta
Autori: Giusipoo
Pairing: Diego Perrone/Michele Salvemini
Genere: AU/Romantico/Introspettivo
Rating: slash, NC 13
Disclaimer: come sempre è tutto frutto di fantasia compresi i nomi
di luoghi, i nomi di attività commerciali, locali, gruppi musicali.
I personaggi sono originali, i nomi sono stati scelti per ispirazione
artistica e non per insinuare qualcosa
Le ore non passano mai
all’officina Coluzzi e la tuta di Diego è sempre più sporca, la maglietta che
porta sotto la salopette sempre più sudata. È caldo, il primo caldo del
duemiladodici e già non ne può più! Sono solo le undici e quarantacinque. Come farò ad arrivare a stasera? Lavora
in quell’officina da una decina di giorni, con suo zio, il marito della sorella
di suo padre. Gli è sembrata una buona idea accettare quell’impiego, in modo da
mettere da parte qualcosa per andare in vacanza con i suoi amici. Probabilmente
in Spagna o in Grecia, o in qualche paese dell’est, tipo Cecoslovacchia, a
caccia di ragazze. Sì, gli sembra una buona idea anche Praga. Ci sono gran belle fighe a Praga no? Deve
lavorare, si dice, deve racimolare uno stipendio, i genitori già pagano gli
studi al politecnico. Frequenta meccatronica da tre anni ed è riuscito a dare giusto
gli esami minimi sindacali, facendo incazzare suo padre che gli rinfaccia tutti
i giorni di non impegnarsi abbastanza. Sua madre invece è più clemente e tende
a proteggerlo, e lo coccola, e gli ricorda ogni giorno di quanto è bello e
unico; il cocco di casa, la luce dei suoi occhi. La voce burbera lo riscuote: sdraiato
supino sul carrello sotto coppa d’olio, ha quasi rischiato di addormentarsi!
“Allora Diè, Marrone sarà qui tra poco. E poi c’è La Classe B di
quell’incidente a Via Mandelli” Diego tira fuori la testa da sotto l’auto. Sul
viso tracce di grasso. Vede suo zio asciugarsi il sudore della fronte,
evidentemente anche lui oggi sente caldo, e con quei chili di troppo, almeno
trenta, è più che normale che sudi, vecchio
porco. Non ha niente contro le persone in sovrappeso, ma di lui non ha una
grossa stima. Ha già avuto un infarto eppure mangia tanto e beve vino, malgrado
la zia gli dica sempre di stare attento. “Ho quasi finito qui, e per quella
dell’incidente, quel è il problema” si avvicina con fare annoiato. Lo zio
oscilla le chiavi sotto il suo naso: “è finita. Manca solo che montino il
paraurti e quello ce l’ha Bartolo”
“Ma zio ora chi cazzo è Bartolo”
Diego si pulisce con delle salviette detergenti la faccia.
“Il carrozziere, Bartolo, testa!
Con Marrone ci parlo io che mi deve pagare, e se trova il ragazzo fa finta di
niente, no? Invece da Bartolo ci vai tu, che sei grandino e la patente l’hai presa
da un pezzo, e saprai portarla la classe B”
“Se non ha il cambio automatico
non tanto ma sì” ribatte e, alla fine, esasperato dai toni del grasso zio, se ne
va. Se non altro fuori c’è un bel venticello. Cavolo, sotto quella merda di Hyundai mi mancava l’aria, porco giuda! Trova
la Classe B nel parcheggio delle auto in attesa. Gli manca il paraurti ma di motore è a posto. Il pensiero corre all’incidente: agli ospedali riuniti
c’è una ragazza ancora in coma, ma il resto dei giovani se l’è cavata con
ferite lievi. Solo lei, Lavinia, sbalzata fuori dall’impatto è piombata
sull’asfalto. Emorragia celebrale. Lui è un sensibile e queste cose lo
colpiscono, gli mettono l’ansia. Così, una volta entrato, girata la chiave e
ingranata la prima, si sente un po’ stranito. Diego guarda dalla parte del
passeggero, immaginando Lavinia prima del frontale. Magari stava ridendo, fumando,
stava cantando l’ultima di Jovanotti, o di Vasco. Magari ascolta anche buona musica, perché dev’essere una cretina che
ascolta solo commerciale? Solo perché per statistica è entrata a far parte
delle stragi del sabato sera, si dice, non sarà scontato che sia una stupida.
In ogni modo la macchina è pronta per tornare in pista, anche se forse ci è
morto qualcuno là dentro. Colto da una curiosità subitanea accende lo stereo e
parte una musica elettronica molto sofisticata, decisamente particolare. Gli sono
sufficienti i primi accenni di synth per riconoscere I Nevada, un
gruppo new wave abbastanza popolare nel panorama cittadino. A Diego sembra una
strana coincidenza che gli occupanti della macchina li stessero ascoltando la
sera dell’incidente. Dopotutto non sono così famosi e lui è stato ad un loro concerto
giusto tre mesi prima. Ma quello non è di certo un caso, in quei locali ci tira
tardi il venerdì sera. Il panorama indie lo conosce abbastanza bene. I Nevada
gli piacciono, anche lui ha un Cd da qualche parte nella sua macchina. Tra una
meditazione e l’altra è arrivato di fronte al carrozziere. Bartolo si affaccia e
subito gli indica dove lasciare la macchina. Diego scende e saluta. “E ora come
torno?” dà un’occhiata in giro. Oltre a Bartolo ci sono due tipi sulla trentina,
appollaiati sopra un muretto all’ombra, che mangiano tranquillamente e, dato
l’orario, è più che normale. Anche Diego ha fame. Uno di loro è un romeno dai
capelli biondastri lisci. L’altro invece è moro, con folte sopracciglia. Dentro
un basco stile rasta con i colori della bandiera giamaicana, trattiene quella
che promette essere una foltissima chioma. Sul naso importante un paio di
occhiali dalla montatura rosso fuoco. La bocca che morde la sua pizza farcita è
incorniciata da un pizzetto scuro. Le basette scure anni settanta sottolineano
lo stile alternativo. “Vuoi favorire?” quest’ultimo gli allunga una bottiglia
di birra da 33 cl. Diego accetta al volo: a parte che ha sete, gli piace molto la
birra. “Grazie” e si mette a bere con loro. Mentre sorseggia, si sente le
occhiate curiose del giovanotto con il basco ma non dice niente, guardandosi in
giro. Non era mai stato da Bartolo ma, tutto sommato, le indicazioni di suo zio
sono state abbastanza precise. Sta di nuovo pensando ai Nevada, poi una voce
calda lo desta: di nuovo con la testa tra
le nuvole Diego? “Se vuoi ti riporto io in officina” fa il solito ragazzo
con il basco che finalmente si alza. Diego rimane impressionato dall’altezza e
si ritrova a dover tirar su la testa per guardarlo in volto. Lui è giusto un
pochino sopra gli uno e settanta ed è proprio quel genere di energumeni a farlo
sentire piccolino. “Grazie” risponde sgranando gli occhi grandi e luminosi. “Io
sono Michele, piacere” si toglie un guanto sporco di vernice e offre la grande
mano nerboruta. Diego si dimentica che la sua è sporca di grasso e la offre.
“Diego” sorride ma poi ci ripensa: “Forse prima di uscire non mi sono pulito
abbastanza bene le mani”
“Non ti preoccupare Diego, non mi
dà fastidio” precisa affabile. “Bevi tranquillamente la tua birra o vuoi che
andiamo subito?”
“No andiamo, la bevo strada
facendo” la parte assennata del suo carattere viene fuori: poteva perdere tempo
tranquillamente. Ma il fatto è che ora Diego ha fame e vorrebbe tornare a gustarsi
la pasta che sua madre gli ha preparato quella mattina e ora è nel porta
pranzo, in attesa di essere consumata. A Michele scappa una risatina e anche il
romeno ride a sua volta. Bartolo è tornato in officina già da un po’.
“Beh, in
moto bere birra non è proprio facilissimo”
Diego alza un sopracciglio:
“Moto?”
“Sì, quella” e indica una vecchia
bol d’or anni '70 parcheggiata sotto una pianta d’ulivo. Diego si morde il
piercing sul labbro inferiore. “Bella, proprio vintage” si avvicina
incuriosito. Le moto non sono la sua passione però quelle vecchie lo
affascinano. “Almeno hai l’occasione per farci un giro” intanto il biondo
riprende a lavorare e Michele si scusa: “Stefan, torno tra poco. Il tempo di
accompagnare il ragazzo da Coluzzi” questi fa sapere che non c’e problema.
“Ti va di portarla?” Michele
glielo chiede guardandolo negli occhi provocatorio. Diego resta come bloccato a
pensare. “Veramente io...”
“Non sei capace? Non hai la
patante A?”
“No, no... ce l’ho”
“Allora dai, io nemmeno ricordo
molto dove sta tuo zio, è tuo zio vero?”
“Sì, sì” Michele sembra saperla
lunga e Diego non vuole deludere le sue aspettative. “Va bene”
Michele gli passa un
casco giallo e blu e ne trattiene uno per sé nero con una striscia rossa.
“Salta dietro” fa Diego una volta
a cavallo del bolide. Cazzo. È una moto
grossa, potente! Ha un po’ paura, ma Michele, ora alle sue spalle in
sella, lo rassicura. “Dai, mi fido di te, ok? Non andremo a sbattere, vero? Non
ci faremo male, vero?”
“No, dai, non ci faremo male”
ripete Diego agitato ma contento. Una volta partiti Michele si stringe a lui e
Diego sospira. Non si aspettava niente di quello. Non si aspettava di guidare
una moto potente, non si aspettava un ragazzo così interessate che lo abbraccia:
“Ma tu non sei di qui, vero?”
“Si sente così tanto?” Diego non
può vederlo ma capisce che sta sorridendo. Il vento caldo gli accarezza le
spalle. “Un po’. Sei del sud scommetto. Abruzzese o sardo”
“Sardo?” Michele ride: “Ma ti
sembro sardo?” e poi fa una pantomima azzeccata del dialetto isolano facendo
ridere Diego. “Non lo so, dai, non ci capisco niente di dialetti però si sente
poco. Non lo so, me lo dici?”
“Ok, te lo dico se una sera di
queste usciamo. Ci stai?” nel frattempo Diego ha imboccato la via che lo porta
all’officina, ma gli dispiace che il giro sia già finito. Gli piace guidare
quella vecchia moto. Gli piace avere quel misterioso carrozziere così particolare
attaccato alle spalle. Dall’abbraccio riesce a percepire i pettorali duri,
sodi. “Senti, che ti dispiace se allungo un po’ il giro? Mi piace guidare
questa moto”
“Se diventiamo amici te la farò
guidare quando vuoi”
Diego precisa: “Non divento amico
così. Noi non siamo fatti così”
“Noi chi? Noi meccanici? Noi
pircingati? Noi biondini, noi bassetti con le basette...”
Diego protesta ridendo: “Noi
torinesi spiritosone”. Senza rendersi conto sta flirtando con lui.
“E come siete voi torinesi?”
“Beh, siamo un po’ freddini
all’inizio. Non ci fidiamo subito, tutt’altro. Ci vuole un po’ e poi bisogna
perseverare per arrivare a chiamare qualcuno amico”
“Ok allora quante volte dovremmo
uscire insieme io e te per poterci definire amici?”
Diego attraversa una strada
alberata che porta al centro. “Non lo so davvero, dipende da come sei. Da come
ragioni. Magari sei uno stronzo, o magari scopri che io sono uno stronzo e
allora usciremo insieme pochissimo”
“Già, ci dobbiamo conoscere, tu
non sai niente di me” Michele ora sposta la propria mano dalla vita al petto e
Diego ha un brivido per quella che sembra una carezza. Senza pensarci due volte
allunga ulteriormente il giro e chiede, cercando di sembrare naturale: “Stasera
tu che fai?”
“Non lo so, esco con te?” ribatte Michele tranquillo. Ora entrambe le sue mani
sono sul petto del ragazzo e poi si spostano lungo il torace. Se non è una
carezza quella! Diego è confuso ma anche molto, molto eccitato. Se per i modi
diretti di Michele, se per il torace attaccato alla sua schiena, per le
carezze... o forse è il giro in moto. Sì,
probabilmente è il giro in moto che me lo ha fatto rizzare...
“Va bene, ora torniamo”.
Dopo pochi minuti sono davanti
all’officina Coluzzi. Michele, ancora con il casco, sfila dalla tasca anteriore
della salopette di Diego il cellulare. Le dita per una frazione di secondo
sfiorano l’inguine creando imbarazzo; imbarazzo solo da parte di Diego. Invece
Michele è molto sicuro di sé mentre si fa squillare il cellulare componendo il
proprio numero sul smartphone di Diego.
“Ti chiamo verso le otto, va
bene?” Diego annuisce fissandolo a scatti. Un po’ lo guarda in viso, un po’
fissa il suo petto. Anche Michele porta la tuta da lavoro, ma non è una
salopette. Un pezzo intero però, chiuso da una lunga lampo che parte da metà
coscia e arriva fin sotto il collo, dove si intravede un po’ di peluria. “A
dopo” Michele si allontana e, una volta a cavallo della moto, gli fa un ultimo
cenno con la mano e se ne va. Diego resta a guardare la scia di polvere
sentendosi strano e confuso. La fame gli è passata. Lo stomaco sembra essersi
riempito già con qualcos'altro Ma non ha idea se siano farfalle, bruchi o
libellule. Sa solo che non ha voglia né di mangiare né di lavorare. Vorrebbe
solo stare in camera sua, sdraiato sul letto a guardare il soffitto,
fantasticando e rielaborando ciò che gli è capitato durante quell'ultima strana
ora.
Bellissima !Prende un sacco!
RispondiEliminaPoi le descrizioni fanno appassionare moltissimo !
aspetto impazientemente la parte 2!
Grazie Gaiuz, benvenuta nel blog ;)
EliminaOcchei ragazza, l'inizio è fulminante! C'è tutto quello che può far sognare: sono sporchi, sudati, bevono birra e si strusciano su una moto d'epoca... e li hai lasciati lì in pieno flirt interruptus!
RispondiEliminaIo sto qui in tachicardica attesa: quindi regolati! <3
Fantastica la scena di loro due in moto. Michele che lo provoca carezzandolo. Qui si prospettando fuochi d'artificio. Mi piace tanto questo primo capitolo. Michele non perde proprio tempo. Diego gli piace e va all'attacco colpendo il suo obiettivo. Mi sembra quasi una battaglia navale. Vediamo ora il contrattacco di Diego durante la loro prima uscita
RispondiEliminaSporchi, sudati, bevuti, agguerriti. Che disamina ragazze!
EliminaSoprattutto sporchi e sudati. Awwwww
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