Genere: AU, romance, eros, introspettivo, ironico, grottesco
sabato 2 febbraio 2013
L’amore è blu, 6
Titolo: L’amore è
blu
Autore: giusipoo
Pairing: Diego
Perrone/Michele Salvemini
Genere: AU, romance, eros, introspettivo, ironico, grottesco
Genere: AU, romance, eros, introspettivo, ironico, grottesco
Story line: Fine anni ‘90
Rating: slash, NC 13
Disclaimer: come
sempre è tutto frutto di fantasia e non si vuole in alcun modi ledere
all’immagine dei protagonisti e insinuare qualcosa
Dopo essere
sceso dalla sua vecchia Volvo, che usava di rado ma alla quale teneva, Michele
osservò il complesso di palazzi di fronte a lui. Era quasi mezzanotte e sapeva
che da un momento all’altro, Diego sarebbe spuntato fuori da qualche parte.
Ghignò tra sé al pensiero che mollava la sua ragazza per stare con lui.
Cenerentola che perde la scarpetta e tutta scarmigliata se ne scappa per
fratte, lo faceva ridere. Ma passati dieci minuti a calciare sassolini sul
selciato, si pentì di non avere un telefonino. Ci pensava già da un po’ di
prenderlo, ora ce l’avevano tutti, ma poi si diceva che era perfettamente
inutile per uno costretto a stare dodici ore tra quattro mura. In quel momento
gli sarebbe servito eccome. E se non fosse venuto? Se fosse rimasto a dormire
dalla sua ragazza? Michele iniziò, seriamente per la prima volta, a chiedersi
cosa stava succedendo. Giocava con il fuoco, lo sapeva. Non si era mai sentito
attratto da una persona del suo stesso sesso, ma nemmeno lo aveva mai
mentalmente escluso. Si diceva che se quel treno fosse passato per lui, lo
avrebbe preso, prima di lamentarsi che il viaggio era scomodo e che non faceva
per lui, doveva pur provare, no? Era capitato tutto così all’improvviso, Diego
era piombato nella sua vita e nei suoi desideri e ora se lo doveva tenere. Ma
se non si fosse presentato, se gli avesse tirato un bidone così, beh... se lo scorda che gli dia un’altra
possibilità! Fece per cercare un pacchetto di caramelle alla liquirizia e
proprio in quel momento sentì il rimbombare di un’auto che affiancò la sua. Era
la Micra celestina.
“Scusa il
ritardo” tentò di sorridere ma il suo volto atterrito tradiva tutto il suo
impaccio. Era davvero tanto serio e questo emozionò Michele.
Diego scese e si
avvicinò a lui dando così la possibilità all’altro di percepire l’alito di
birra, e i movimenti troppo dinoccolati facevano intendere che fosse anche più
di mezzo ubriaco. Michele lo prese per un braccio e lo trascinò nella sua
macchina.
“Ma quanto hai
bevuto?” domandò fissandolo affettuoso.
“Non molto, però
mi sento un po’ strano... no, sì, sì. Ok forse ho esagerato un po’, ma non
sapevo cosa dirle, a Tatiana... per fare in tempo, per venire da te, no? E poi
ero così nervoso, e pensavo che la birra mi avrebbe fatto rilassare, invece ero
più schizzato che mai, è stato un bene che me ne sia andato prima...” parlava
senza interruzione, e questo intenerì ulteriormente Michele che,
istintivamente, prese ad accarezzargli i capelli scapigliati. Al contrario di
come lo aveva sempre visto di giorno, ordinato e diligente nella sua divisa da
reparto, quella sera sembrava trasandato, con i capelli dritti e anche il
vestiario non era così a posto. Si accorse che l’ultimo bottone della camicia
era slacciato, lascianndo intravedere la peluria del petto.
“Diego
riprenditi, non dovevi sbronzarti per uscire con me, o sì?”
Il labbro
inferiore del ragazzo tremò: “No, hai ragione. Ho fatto una cazzata, è che
avevo paura... di te” deglutì.
“Di me?” Io dovrei avere paura di te, di quello che
provo.
“Non lo so, di
tutto questo. Scusa sono un coglione” Diego ridacchiò togliendosi un attimo le mani di Michele dai capelli. Eppure le voleva, nessuno sapeva quanto gli
piacevano quelle carezze, quanto ne aveva voglia, ma erano ancora sotto casa
sua. Cazzo, sarò ubriaco ma non sono mica
scemo. Michele sembrò leggergli nel pensiero: “Andiamo da un’altra parte,
ok? La tua macchina qui sta bene. Andiamo, ti porto a riprenderti dalla
sbronza” girò la chiave e la Volvo partì nella notte torinese.
Fecero qualche
chilometro ascoltando Africa dei Toto senza dire niente, ma appena trovava un
semaforo, Michele tornava con la mano destra sulla testa del compagno, il quale
taceva con gli occhi semi chiusi. Dove mi
sta portando? Forse a casa sua, spero di no. Non voglio sia solo una sveltina.
Tra l’altro stranamente non ne aveva voglia. Si sentiva confuso.
Michele non lo
portò a casa sua, anche se ci aveva pensato, oh se ci aveva pensato... Ma era
una bella serata d’estate, calda. Erano a Torino e non faceva per niente
freddo, i lampioni illuminavano bene la città e c’era una parte di lungo fiume
che a lui piaceva tanto, di giorno. Voleva capire se manteneva il suo fascino
anche di notte. Essendo sabato sera, parecchie macchine giravano ancora ma
Michele riuscì lo stesso a trovare un posticino sotto la sfilata di faggi che
si apriva a ventaglio. Il parco e la luna erano tutti per loro, così come il
gorgoglio del fiume poco distante. “Devi vomitare o è tutto ok?” Michele gli
poggiò una mano tra le scapole, Diego fece spallucce. “No, macché vomitare, ora
sto benissimo”
“Sì ma
passeggiare ti farà bene lo stesso” iniziarono a camminare nel vialone
principale. Se fosse stato giorno avrebbero incrociato podisti o ragazzetti che
avevano bigiato scuola, a quell’ora invece c’erano pochissime persone e, dopo
aver camminato quasi un chilometro addentrandosi nella natura, restarono soli.
“Pensavi che ti
avrei portato a casa mia?” Domandò il pugliese interrompendo un discorso sul
sindacato che cominciava a diluirsi un po’. “Perché?” Diego finse di non capire
l’allusione ma gli riuscì malissimo, infatti dopo si fece scappare una risatina
imbarazzata.
“Scusa ma perché
hai la ragazza se ti piacciono gli uomini?” malgrado la sua proverbiale
schiettezza si trattenne da dire più gutturalmente - il cazzo -. In ogni modo, Michele aveva
deciso subito di affrontare il demone oscuro per le corna. Tra l’altro la
brillantezza delle stelle, il blu profondo del cielo e la natura circostante,
sembravano scenari perfetti per una lotta tra forze del bene e presenze
demoniache. Non era riluttante Michele, per quanto poco avvezzo alla
situazione, occorreva chiamare le cose con il proprio nome. E così fece: “Perché
hai la ragazza se sei frocio” non ci mise il punto interrogativo, e Diego fu
spaventato da quella grettezza. Si sentì sprofondare e dopo un gemito di dolore
riuscì a dire soltanto: “Ma frocio a chi? Che ne sai tu...”
L’altro gli rise
in faccia: “Da quando sei entrato nel mio negozio ho capito che ne volevi da
me. E ora siamo qui. Ma magari mi sbaglio. Per te è la prima volta? Per me sì,
e se tu avessi anche esperienza non sarebbe male perché mi daresti una mano a
capire un po’ di robe. Non lo do a vedere ma sono spaesato” e mentre lo diceva
si guardò intorno. Diego, il volto non più nervoso, non sapeva come orientarsi.
Ma non poteva mentire, non ci avrebbe guadagnato niente a fingere di essere
quello che non era, anche se gli scocciava che Michele sembrasse conoscerlo già
così bene. Gli scocciava dargli ragione su tutto. Ma il fatto era che aveva
ragione su tutto. E Diego si sfogò: “Conosco Tatiana dalle medie, abbiamo
cominciato ad uscire insieme al secondo anno del tecnico. Lei è sempre tanto
innamorata di me, mentre io ho fatto le mie esperienze. Non riesco a
lasciarla!” si agitò: “La verità è che non riesco a fare niente di quello che
mi piace. Tipo il disegno, ora l’ho lasciato stare. Ho un lavoro che non mi
piace per niente ma tutti mi dicono: ringrazia Dio che ce l’hai. Ecco, la
situazione è questa” non nominò Nico immaginando che fosse già incluso nella
parola ‘esperienze’.
Michele sembrò
molto impressionato: “Mi farai vedere qualcosa?”
Diego si era
perso: “Cosa?”
“Qualche tuo
disegno, hai detto che ti piace disegnare... ”
“A sì, figurati,
sono tutte tipo stronzate” gli scappò una risatina pensando che appena pochi
giorni prima aveva disegnato lui, Michele, il ragazzo che gli piaceva così
tanto, e ora erano soli in mezzo al parco, la natura. Gli uccelli notturni si
muovevano e cinguettavano solo per loro. Il Po là vicino, scorreva solo per
loro. Non c’erano dubbi: la situazione era sufficientemente romantica e
compromettente. Poi si ricordò che l’esperto era lui, e Michele si era
intimidito alquanto. Diego pensò che se aveva dubbi lui, ben presto
l’insicurezza che provava avrebbe finito per contagiarlo, così si fece coraggio
ed agì. Gli prese la mano e lo trascinò verso una panchina rischiarata appena
da un lampione. Lo fece sedere e poi si sedé al suo fianco.
Pur emozionato,
ma cercò di non darlo a vedere, chiese: “Ci baciamo?” come se avessero tredici
anni. E, in effetti, se li sentivano davvero, soprattutto il moro si sentiva
come un adolescente alla prima esperienza. “Beh tanto eravamo a buon punto,
no?” Imbarazzato si carezzò il pizzetto poi la nuca e con fare sempre
abbastanza impacciato e meccanico, posò il proprio braccio sulle spalle di
Diego circondandole. Piegò la testa e lo baciò. Gli sembrò prosaico e, allo
stesso tempo, naturale. Non notò alcuna differenza rispetto a quando era con una
ragazza. Ma non riuscì a non sentirsi in difetto. Dopotutto erano passati anni
dall’ultima volta che aveva limonato con una donna, da quando era stato in una
situazione così romantica. E gli piacque tantissimo.
Diego s’innamorò
di nuovo, questa volta ne fu consapevole. Michele era tutto ciò che voleva,
tutto. Non c’erano dubbi. Era esattamente dove voleva essere.
Non si preoccuparono
di esser visti, data l’ora e la completa solitudine. Se qualcuno si fosse
avvicinato avrebbero sentito i passi sul selciato. Completamente rapidi l’uno dall’altro,
il tempo passò di nuovo senza accorgersene, come quel giorno nel retrobottega
della videoteca. Ad un certo punto a Diego scappò un sorriso e Michele rispose
facendogli un buffetto. “Cavolo, era da un bel po’ che non mi capitava di
pomiciare per così tanto, mi faranno male le mandibole domani”
“Già” Diego
appoggiò la guancia sulla sua spalla. Gli sembrava così ampia, e così ampio il
suo torace. “Sai cosa sembriamo?” Michele lo destò dai suoi pensieri romantici:
“Due quindicenni che hanno fatto sega a scuola per pomiciare al parco”
“Io ci sono
abituato, con Tatiana ci baciamo ancora un sacco”
“Cioè vuoi dire
che hai mischiato la saliva sua con la mia? È come se avessi baciato anche la
tua ragazza allora!” Scherzoso oscillò la testa: “Che cosa perversa se ci pensi”
“In effetti ora
non ci baciamo più come allora” si scansò un attimo. “No stasera no, niente
limone. Eravamo con amici Michi, è stata una serata terribile, non facevo che
pensare al nostro appuntamento e temevo di fare tardi, o di essermi sognato
tutto” sospirò e tornato ad abbracciarlo, proseguì: “Io non ci potevo credere che
mi volevi...”
“Nemmeno io
all’inizio. Ma poi mi sono detto: mi piace un uomo. Non sarà la cosa peggiore
che poteva succedermi, no?”
“Sei sempre così
cinico?” Diego lo fissò con gli occhi sgranati e Michele gli chiuse le labbra
con un altro bacio. “Tu, così dolce, sembri l’antidoto del cinismo. Eppure hai
una doppia vita. Ma non ti fa male, cioè non hai le palle piene di fingere?” Tasto
doloroso.
“Oh sì che le ho!
Ma non è mai successo niente che mi facesse veramente riconsiderare tutto” e un
pensiero sottostante: e se fosse lui? Se fosse Michele l’antidoto, come lo
aveva definito Michele. Se ci fosse stato davvero un giorno quel cambiamento
che aspettava senza sapere di aspettarlo. Nel frattempo le stelle non avevano
smesso di brillare, e la luna di illuminare il cielo così blu. Quella sera non
avanzarono di un passo, limitandosi a cose da ragazzini: baci, dolcezza, e un
pizzico di sensualità. Fu Michele a dimostrarsi saggio: “Io domani posso
dormire tutto il giorno, ma tu lavori, vero?”
“Macché, era una
bugia. È così tardi Michi?”
“Sono quasi le tre, è tardi davvero” Michele si rialzò e gli tese la
mano e Diego si lasciò afferrare.
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Dolcezza è la prima parola che mi viene in mente leggendo questo capitolo. Michele che finalmente si lascia andare e quasi si affida al timido Diego: sono troppo belli. Ed è bello anche che si limitino a questo approccio romantico, senza spingersi più avanti per il primo appuntamento; se finisse qui sarei già soddisfatta.
RispondiEliminaChe dose di dolcezza e romanticismo in questo capitolo. Michele sembra molto sicuro di sè, ma in fondo nasconde timore per un'esperienza che per lui è nuova. Ne è attratto, ma teme di essere travolto da quello che prova. Diego invece sa benissimo quello che vuole e una volta che ha appurato che Michele è sulla sua stessa lunghezza d'onda, complice anche l'alcool ingerito, si fa avanti. Lo bacia e in quel momento si rende conto che è quello che ha sempre cercato, la sua ancora di salvezza, la boa alla quale attaccarsi per non andare a fondo. Michele può essere soprattutto l'alternativa alla sua vita non vita.
RispondiEliminaRingrazio le amiche - colleghe slasher per i commenti e anche i lettori silenziosi per le numerose visualizzazioni. Ok che oggi c'è tempaccio ma tutti a casa state? XD
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