mercoledì 24 ottobre 2012
Roma amore mio
Titolo: Roma amore mio
Parring: Diego/Michele
(Caparezza)
Genere: Commedia e
romantico
Storyline: Antecedente
alle collaborazioni
N.C. 13
Disclaimer: è
tutto frutto di fantasia, come sempre e niente è fatto a scopo di lucro
Camminavano uno a fianco all’altro
per via del Seminario. La serata era fresca, l’aria frizzantina, proprio come
ti aspetteresti a Roma, quando l’estate è alle porte e le ragazze iniziano a
mettere i top scollati ed esibiscono le spalle. Ma non era ancora tempo di
pantaloni alla pinocchietto questo è certo, non per Diego che li esibiva sotto
una t-shirt bianca con un disegno di un coniglio dal collo sanguinante. Un po’
truculenta come immagine ma ben si adattava al look aggressivo, completamente
contrastante con l’aria da angioletto. Accanto a lui Michele, un groviglio di
emozioni in un uomo di ventisei anni con un passato alle spalle già pesante,
con la voglia di diventare “altro”, di staccarsi dagli sbagli di quel passato
che rinnegava, che rifiutava, che aveva cercato di rinchiudere in una scatola e
gettare nell’oceano, proprio come il cuore d’oceano del Titanic.
Erano vicini quella sera perché
si erano dati appuntamento. Le due precedenti volte, Diego con il suo gruppo I
Medusa e Michele da solo, avevano appena fatto in tempo a conoscersi
fisicamente e poi apprezzarsi artisticamente. Ma sembrava che le due cose
dovessero in qualche modo andare di pari passo. Caparezza apprezzava I Medusa e
Diego Perrone e viceversa. Diego pensava (e diceva) che Caparezza sarebbe
diventato un grande, avrebbe fatto il botto. Ormai lo affermava da mesi,
parlandone in continuazione, tanto che i componenti del suo gruppo, dopo
l’ennesima volta nella quale aveva iniziato a parlare di lui pretendendo di
sentire il demo del suo CD in macchina, avevano protestato e uno di loro aveva
commentato: “E sposatelo se ti piace tanto!” Diego era fatto così, quando si
puntava su qualcosa non si staccava più, e per lui quel CD che il collega gli
aveva donato in anteprima durante il loro secondo incontro a Roma, era diventato
come la coperta di Linus. Se lo portava ovunque, persino al bagno! Per questo
quando si erano dati appuntamento a Roma per discutere del disco che stavano
mettendo su insieme, aveva iniziato ad agitarsi molti giorni prima. La fidanzata
di Diego, era stranita, non aveva mai visto così il suo ragazzo, gli sembrava troppo
preso. Lui che non amava per niente lasciare la sua Torino, se non per il mare
che amava tanto, in pochi mesi era già alla terza partenza per Roma. Che aveva
di tanto speciale la città eterna ora per lui? Stava germinando il lei il
sospetto che l’amato nascondesse un intrigo amoroso, altro che infatuazione
artistica! Come la chiamava lui. Ma Diego era partito e ora si trovava in
quella via di Roma a pochi passi dal Pantheon. E non parlavano più da pochi
secondi. Michele provava a riempire quei silenzi con un quintale di
chiacchiere, detestandosi poi perché mai e poi mai avrebbe voluto sembrare a
Diego un chiacchierone, un logorroico che parla parla senza dire in realtà un
granché. Sì, uno di quegli sciocchi ragazzi del sud che non fa altro che
pontificare su questo e su quello. Quando era con Diego, ecco questo lo
turbava, non riusciva a sentirsi completamente a suo agio. Tipo sottoesame.
Forse perché aveva capito quanto il cantante dei Medusa lo stimasse, o
semplicemente perché ci teneva a non apparire uno sciocco. Invece Diego non
sembrava infastidito da quei rari silenzi tra un discorso e l’altro,
distraendosi con i passanti, con un chiesa, un gruppo di turisti, la luna quasi
piena, una bella ragazza.
“Eccolo, è questo il posto”
Michele indicò la trattoria che stavano cercando ormai da parecchi metri, un
posticino caratteristico dove i tavoli all’aperto erano stati piazzati prima
del tempo. Ma sembrava un sacrilegio richiudersi in una serata così tra quattro
mura, e il turista torinese e il barese furono d’accordo sul mangiare fuori tenendosi però i giacchetti.
Ma quando iniziò a spirare il famoso ponentino, che proveniva dal mare, Diego
starnutì sui resti del suo fiore di zucca (aveva tolto l’alice) e Michele lo
guardò con affettuoso rimprovero. “Hai solo pantaloni a mezza gamba?”
“Sembri mia madre” gli rispose
sogghignando Diego. Uno sguardo intenso, dritto negli occhi, come stava
capitando di frequente quella sera. Ad abbassarlo per primo era sempre il
ragazzo del nord, che si lasciava sopraffare. E lo stomaco faceva una piroetta.
A parte quell’imbarazzo, stava bene, non ricordava di essere stato così bene
con qualcuno da sempre. In Michele stava trovando un amico, qualcuno di
speciale, non se lo sarebbe aspettato. Finalmente iniziarono a parlare della
canzone che avevano composto insieme durante quei mesi. Sempre via telefono.
Era la scappatoia per evitare silenzi pesanti per Michele e sguardi troppo
penetranti per Diego. Sorprendentemente si trovarono d’accordo su tutto. Diego
diceva: ok, perfetto. Michele: sì, ci avevo pensato anch’io. Erano esterrefatti,
succedeva così raramente a due autori. Michele convenne che quell’alchimia che
li faceva trovare così, avrebbe potuto sfruttarsi meglio. Pensò ad un futuro
dove c’era Diego a fare qualcosa con lui, a far parte di qualcosa del quale lui
era già parte. Non seppe esprimerlo a parole. A rompere quel circolare di
pensieri che si annidavano sotto la folta chioma riccia, ci pensò il cameriere
che arrivò con il conto. Litigarono su chi dovesse pagare per quasi dieci
minuti e, alla fine, esasperato da tanto zelo, Michele lasciò pagare Diego ma
con la promessa che quanto prima sarebbe venuto a trovarlo a Molfetta e avrebbe
accettato di essere suo ospite in tutto. Dalla stanza, all’eventuale
ristorante, colazione, qualsiasi cosa.
Camminarono ancora qualche metro
fino a giungere a Campo de Fiori. Sembrava che Caparezza avesse già intenzione
di arrivare sotto la statua di Giordano Bruno, il famoso filosofo, da prima.
Era come se quel percorso fosse stato nella sua mente. Una volta là, partì per
la tangente a parlare dell’eretismo, degli eretici ma di quello in particolare.
Gli occhi brillavano e sembrava uno di quei professori alternativi che ogni
alunno spera di trovare sempre, magari anche solo come supplente. Probabilmente
anche Diego, il quale affascinato, lo ascoltava in silenzio quasi mistico. Una
tale partecipazione emotiva che però fece a Michele l’impressione contraria.
“Cazzo, sono tre ore che parlo,
ti sto rompendo vero?” si scusò grattandosi la testa.
“Ma tutto il contrario! Starei
ore ad ascoltarti parlare Michi... sei così... preparato... ” fece un
sorrisetto storto, una smorfietta che il cervello di Michele si affrettò a
classificare <<adorabile>>.
“Beh... dai... sì, sono
abbastanza preparato... però non vorrei che pensassi... ” si bloccò. La lingua
era andata oltre la pubblica decenza.
E Diego indovinò il resto: “Tipo
che stai cercando di stupirmi? Come se io fossi una ragazza da impressionare
così poi te la do?”
Michele divenne rosso e di
conseguenza arrossì anche Diego, ma la birra in circolo li aiutò a rilassarsi e
così il talento di Molfetta, proseguì la pantomima: “Ok mi hai beccato Diego,
in effetti ho accettato di partecipare al Il
mio gatto solo per... perché mi ti voglio fare! Scusa se ho finto di
apprezzare la musica dei Medusa o di apprezzare te come cantante!”
“Sì, ok ma io che ci guadagno? A
parte che stanotte scopiamo” fece l’occhiolino e un sorrisetto sbilenco che mandò
completamente in pappa ogni razionalità e il cervello di Caparezza, sotterrato
dai quintali di sebo capelluto, fece tilt. La gente passava accanto a loro
indisturbata e lui si sorprese a guardare Diego Perrone con la faccia più
estasiata che aveva e un’espressione che esprimeva un solo concetto: Non hai idea di quanto mi piacerebbe...
Restarono altri secondi cruciali
in silenzio a guardarsi oltre le spalle, imbarazzati, saltellando su un piede e
sull’altro. Un pensiero semi coerente attraversò Michele. Era ora di ritirarsi.
“Sei stanco?” chiese Diego quando
Michele gli espresse di voler tornare in albergo.
“No, ho solo voglia di iniziare a...
scopare... ovviamente!” cazzeggiò sperando che l’altro cogliesse la battuta. Prima
o poi anche Diego avrebbe scoperto questo lato ironico che lo
contraddistingueva e il torinese gli sembrava abbastanza intelligente e fine di
cervello da capire ogni battuta e, per quel poco che aveva visto, sembrava
anche possedere un immenso senso dell’umorismo, molto simile al suo per di più.
Diego si attaccò al suo braccio: “Allora corriamo che ne ho un sacco voglia
anch’io” rispose appoggiando distrattamente la testa sulla spalla. Allacciati e
per niente preoccupi di come avrebbero sostenuto quel giochino, si avviarono
verso il loro hotel.
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Mi piacciono da matti quando sono così, un fascio di nervi ed emozioni. Michele si vede che è attratto dal piccoletto, sfoggia tutta la sua cultura per impressionarlo e per farlo capitolare. Non che ce ne sia bisogno, Diego pende dalle sue labbra, si vede che Michele gli è già penetrato dentro, fin nelle viscere. il vederli così spensierati quando ancora Michi non era famoso e l'entrata di Diego nella famiglia non era neanche in programma mi fa a pensare a quanto la vita a volte abbia dei disegni così strani per portare due artisti provenienti da un background cosi diversi non solo a collaborare ma anche a diventare un tutt'uno. Questa fic è colma di tensione, di cose non dette celate sotto lo scherzo, le battute, ma sotto la cenere si nasconde una fiamma pronta ad esplodere.
RispondiEliminaQuesta fic è un piccolo concentrato di emozioni e promesse!
RispondiEliminaDolcissima e carica dell'atmosfera romana che li ha fatti conoscere! <3
Grazie ragazze, sempre gentili. Bel commmento ale
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