Titolo: Il cassetto dei sorrisi Pairing: Diego Perrone/Michele Salvemini Genere: Romantico/Introspettivo Rating: NC 17 Disclaimer: I personaggi mi appartengono, ho solo preso in prestito
dei nomi e questa opera non ha scopo di lucro. Il titolo prende spunto da Rainy
Baby, di Diego Perrone
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Capitolo 6
Arrivai al punto da non
sopportare più la felicità di Diego e la mia, la perfezione apparente della
nostra vita coniugale, con le sue piccole, meschine gioie quotidiane: dal gatto
che avevamo preso, Piero lo chiamammo, per via di De Andrè, che saltava sul
letto per svegliarci, dopo aver dormito ai nostri piedi. Diego che cucinava
quando aveva tempo, preparando dolci, tipo crostate di ciliege o cheesecake o i
muffin, che io adoravo. Gli amici che ci eravamo fatti, tra cui una coppia di
immigrati italiani, Simone e Gemma, entrambi ricercatori, anche se avevano poco
l’aria dei topi da laboratorio, soprattutto Simone con il piercing al naso che
entrava da una narice e sbucava dall’altra, ridevano del fatto che io non
lavorassi e che ci facessimo bastare duemila euro al mese, contenti di non aver
mai niente da mettere da parte.
Nella noia delle ore solo in casa
iniziai a scrivere. A mano, niente
computer. Appuntavo pensieri, frasi, addirittura strofe ma soprattutto i
ricordi che mi sovvenivano del periodo felice ai Navigli. Poi uscivo e mi
mettevo a guardare le persone che passavano, come un pazzo, o un mendicante.
Fu così che la trovai, come si
trova un randagio per strada. Si chiamava Gabi, sedici anni, scappata di casa
da Essen. La notai perché cercava di accattonare qualche soldo di fronte
all’entrata di una galleria che fungeva da centro commerciale. Aveva un
caschetto di capelli corti e biondi che cadeva davanti agli occhi, una
camicetta logora e i pantaloni troppo larghi, che non sembravano i suoi. Era
così magra che pensai fosse anoressica. Poi l’avvicinai per chiederle se voleva
pranzare con me e scoprii che non consumava un pasto decente da settimane.
Entrammo in una tavola calda e riempimmo il cabaret. Siccome non parlavo
tedesco e lei non parlava Inglese, il dialogo si ridusse a quel poco di
Italiano che aveva appreso nelle estati passate al lago di Garda. Era
affascinata da me e non ci misi molto a capire che aveva una cotta. Ma,
nonostante questo, ripeto, la portai a casa come si porta un cagnolino
abbandonato.
Gabi uscì dalla doccia coperta
dal mio accappatoio che le stava enorme. Strinse le palpebre e poi si venne a
sedere vicino a Diego che si preparava un cannone. “Quanto tempo manchi da
casa?” le chiese in perfetto tedesco. Poi iniziarono a parlare fitto e non
capii più nulla. Escluso dal dialogo mi rifugiai in camera a leggere un libro.
La ragazzina dormì nella cameretta degli ospiti, poco usata in quei mesi,
tranne per una visita lampo della mamma di Diego.
Diego e io, prima di coricarci,
parlammo della situazione. Mi espresse le sue perplessità, ospitare una
minorenne scappata da casa, non gli sembrava una buona idea e poi nessuno di
noi due aveva proprio la propensione alla carità cristiana. “Ti piace vero? Ti
eccita?” chiuse con una vocina più stanca che gelosa. Bastò quello a far
scattare in me la scintilla. Capii che aveva ragione lui, che mi piaceva. Mi
piaceva la ragazzina, e non c’entrava niente il fatto che prima di conoscere
Diego fossi soltanto etero, anche perché con quel corpo filiforme, quasi privo
di seno, Gabi si poteva collocare tra le creature androgine, praticamente priva
degli elementi tipici femminili che attraggono gli uomini. No, mi affascinava
la situazione o forse proprio lei come persona. La sua giovane età, la sua
storia difficile, con i genitori maneschi, le violenze domestiche perpetuate. O
semplicemente la novità. In ogni modo, nonostante fosse geloso, la mattina dopo
Diego ebbe l’accortezza di lasciarmi duecento euro sul comodino per comprare
dei vestiti alla ragazza. Ovviamente si fermò da noi più di quanto fosse
preventivato. Per ricambiare l’ospitalità, accettò di farci da colf così
licenziammo la polacca e demmo quei soldi a lei.
Ora, nelle mie giornate
bighellonanti avevo lei a farmi compagnia, così la portavo nei musei, nei
parchi, al cinema. Siccome le ripetizioni di inglese che Diego le faceva la
sera davano buoni frutti, riuscivamo a parlare oltre quelle poche nozioni
d’italiano che aveva. Non volendo, Diego ed io ci eravamo fatti una specie di famiglia,
con una specie di figlia. Ai vicini e agli amici la spacciavamo come una
parente lontana di Diego venuta a studiare dalla Germania e, per far sembrare
la cosa più vera, le comprai un trolley con dei libri e la mattina
l’accompagnavo in quella ipotetica scuola, mano nella mano come un padre
affettuoso o come un pedofilo accanito. Ovviamente mi sentivo attratto da lei e
lei si sentiva attratta da me, ma ormai la piega affettuosa che aveva preso il
nostro rapporto, ci impediva di andare oltre solletichi, rapidi bacini a fior
di labbra, abbracci, cuscinate e lotte. Devo dire che in questo era abbastanza
presente anche Diego. Gabi era la nostra bambina ma anche il nostro
giocattolino. Questa sua infantilità però non le impedì di iniziare a
sperimentare con i ragazzotti del quartiere, attratti da questo spirito libero,
questa biondina che, appena iniziata l’estate, iniziò a girare con un vestitino
senza spalline così corto che le lasciava scoperto il sedere. Ero geloso, più come
un padre che come un papabile fidanzato e questo faceva ridere Diego che mi
prendeva in giro per la mia possessività. Un giorno però la trovai a pomiciare
con uno ragazzo rossiccio sui venti, che soleva passare le sere ad ubriacarsi
nel bar di fronte il nostro caseggiato. Li beccai dentro il portone, lui
addossato a lei e lei con una gamba nuda gli circondava i fianchi. Mi incazzai
e lei rise per l’accaduto. Le gridai dietro che se avesse continuato a fare la
puttanella in giro l’avrei spedita ai servizi sociali. Bisogna precisare che ad
ogni bravata minacciavo di denunciarla ai servizi sociali, dopotutto era quello
che sarebbe stato logico fare, visto che si trattava di una minorenne scappata
di casa e senza documenti. Io e Diego rischiavamo il culo a tenerla così, senza
contare che pure io ero in Olanda con una sorta di pseudo permesso di soggiorno
studio, un impiccio fatto da Diego. In effetti era quello che mi chiedevo ogni
giorno, e che mi continuai a chiedere anche dopo che iniziai a scoparmela.
Almeno io avevo intenzioni lubriche nei confronti della fanciulla, invece Diego
perché accettava che stesse con noi rischiando così la fedina penale? Il lavoro
addirittura? Arrivai alla conclusione che fosse masochista, o volesse mettermi
alla prova. O entrambe le ipotesi. Fatto è che poco tempo dopo l’episodio della
pomiciata con il rosso nel portone, tra noi qualcosa cambiò. Adducendo una
cefalea premestruale, una mattina di fine Luglio, Gabi si tappò nella sua
stanza. Così uscii da solo a fare spesa, e quando tornai, era passato
mezzogiorno, aprii la porta del bagno per riporre shampoo e docciaschiuma e la
trovai immersa nella vasca.
“Scusa” feci dietrofront
imbarazzato, non aveva chiuso la porta a chiave. Mai successo in quei mesi.
Mi disse di restare ma io imbarazzato ci provai a tornare sui miei passi ma non
fui sufficientemente rapido e lei mi batté sul tempo. La ragazzina si alzò
mostrandosi in tutta la sua grazia. In quei mesi era ingrassata abbastanza da
aver messo su le fattezze femminili. A bocca schiusa, restai imbambolato di
fronte ai graziosi seni, con le aureole piccole e i capezzoli appuntiti, il
ventre appena pronunciato, i fianchi torniti, la peluria biondissima del pube.
“Tt-i porto un a-asciugamano”
m’impappinai.
“Ora ho freddo” ridacchiò mentre
le porgevo il telo, per poi passarlo sulla pelle come se fosse una bambina di
cui occuparsi. La mia bambina. Gabi sospirò e io mi sentivo così inquieto che
mentre la scortavo nella sua stanza, mi girava la testa.
Quella notte presi Diego
selvaggiamente. Ancora scosso dai singhiozzi, mi domandò:
“Tutto ok?” ridacchiò. “Come mai
tanta irruenza?”
“Da quando è un delitto amare il
proprio ragazzo?”
“No amore, non lo è... ma mi
domando: Gabi cosa penserà del casino che abbiamo fatto”
Questo blog è nato per tutti quelli che amano la coppia Caparezza/Diego Perrone (altresì detta Diegorezza) in odor di slash (slash fanfiction) e per coloro che amano Diego Perrone e il mitico Michele Salvemini come artisti, con un occhio speciale e fantasioso sugli altri musicisti che più o meno ruotano (o hanno ruotato) intorno a questa coppia. Welcome.
ATTENZIONE: tutte le fanfiction presenti nel sito che citano Diego Perrone e Michele Salvemini (Caparezza)e altri personaggi reali, sono da considerare sempre e tassativamente frutto della fantasia e del talento dell'autore. Non c'è niente di reale né è a scopo di lucro. In caso contrario, qualora si racconti un avvenimento "reale" non sarà una fanfction e verrà ben specificato.
Se non vi piace lo slash non leggetelo
Sublimando sul palco................................................................................................................................
-Durante fuori dal tunnel, alla frase: “Mi sento stretto come quando inchiappetto un topolino” (al posto di puffo, per adeguare alla scenetta) mimato un atto omosessuale, nella fattispecie CaparezzaVSDiego.
-Durante Bonobo Power, vengono imitati coiti e Diego, dopo aver tentato Capa al sesso bonobo, si consola prima con il tastierista poi con una banana.
-Durante una nuova versione di Fuori dal tunnel, Caparezza imita un nuovo coito omosex con uno stura lavandini sempre ai danni di Diego.
-Durante il dito medio di galileo, Diego presta il fianco alla famosa frase: “Temono il dito di Galileo tra le chiappe” mettendosi in posa per farsi infilare metaforicamente il dito medio tra le chiappe da Caparezza.
-Durante una delle tante versioni di Abiura di me, Diego dice: “Ti posso cliccare?” e dopo averlo toccato con la freccetta, arriva con un finto dito (tipo sempre mouse del pc) e lo sbatte sui genitali di Capa.
-In un'altra di Abiura, Caparezza impugna il pacman e "mima" di mordere qualcosa che pende dal corpo di Diego, indovina un po' cosa...
-Ancora Abiura di me, Diego fa la principessa del videogioco di Super Mario che amoreggia con Tetris, interpretato da Caparezza.
-Durante Kevin Spacey, Diego Harry Potter, sbatte la bacchetta magica verso il sesso per evocare un sortilegio contro la prostata di Caparezza.
-Durante stango e sbronzo Caparezza prende di petto le dimensioni della scimmietta di Remy (interpretata da Diego) e definisce le dimensioni del suo pene siffrediane.
-Prima di Auditel's family, per parlare del decadimento dei rapporti amorosi, Caparezza imita una telefonata ad una linea erotica e Diego interpreta una centralista hard con tanto di parrucca e movenze.
-Nel live de La fine di gaia, Caparezza spinge nel sedere di Diego la lancia, gesto però non legato ad una scenetta o altro. Così...
-In The auditel family, alla fine Caparezza svende tutto, persino una notte d'amore con Diego. Ma poi si pente e cerca il suo perdono tirandogli un bacio subito ricambiato
La faccenda si complica!!! (>o<)
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