“Lo sai che non mi piace, non mi è mai piaciuta”.
domenica 21 ottobre 2012
Dallla panchina alla vita
Titolo: Dallla panchina alla vita
“Lo sai che non mi piace, non mi è mai piaciuta”.
Genere: AU
Autore: Annina
Parring: Diego/Caparezza
Story line: anni '80
NC 17 per scene di sesso
Disclaimer: è
tutto frutto di fantasia, come sempre e niente è fatto a scopo di lucro
“Lo sai che non mi piace, non mi è mai piaciuta”.
“Piantala Michele, non sei mia
madre! Non devo certo chiedere a te chi posso frequentare”!
“No Diego, però siamo amici da
sempre, penso di poterti dire come la penso. Elena è una stronza, ti farà fare
tutto quello che vuole, e tu in questo momento non hai bisogno di una come
lei”.
Diego guarda Michele, sembra
volergli dire qualcosa, invece tace, sospira e fa per andarsene.
Michele lo afferra per un
braccio. “Diego, ascoltami per favore”.
“No Michele. No. Anche tu stai
con Angela no? Anche lei è una stronza, ma io non te l’ho mai fatto pesare”.
Michele lo guarda sopreso:
“Perché?”
“Lascia perdere Micky, fammi
andare via”. E si incammina per il viale del parco, con i grandi occhi
socchiusi, come per non far vedere la tristezza che li riempie.
“Diego dai, non litighiamo ancora,
sono mesi che non si fa che litigare, va bene, non ti dico più niente,
aspettami Diego”.
Diego si volta, guarda l’amico
negli occhi e sottovoce gli risponde: “No Michele, sono stanco di aspettare, io
devo sempre aspettare qualcosa che non arriva mai. Sono stanco anche di te”.
E all’improvviso si gira e inizia
a correre, raggiunge Elena che lo aspetta vicino al laghetto, e se ne vanno
abbracciati.
Angela, che fino a quel momento
era rimasta in disparte, si avvicina, abbraccia Michele, tenta di baciarlo, ma
Michele si scosta e continua a guardare Diego che si allontana.
“Dai Michele, andiamo, il film
sta per iniziare, non mi va di entrare in ritardo. Diego è libero di fare le
sue scelte, è grande ormai” lo prende per mano e lo trascina verso la fermata
dell’autobus.
“No, tu non puoi capire, Diego ha
bisogno di me, non è forte come sembra; fa il buffone, fa il grande, ma …”
Angela lo interrompe: “Anch’io ho bisogno di te, lo capisci? A me ci pensi
qualche volta? Dì, mi ami tu? Tra noi c’è sempre Diego, Diego, Diego. Se non
vuoi perdermi, comincia a pensare un po’ anche a me Michele”.
Michele la guarda, le sorride, e
pensa che si, in fondo ha diritto a pensare anche un po’ a sé stesso e alla sua
ragazza. Al diavolo Diego, faccia un po’ quello che vuole, lui ci ha provato ad
avvertirlo.
Il film fa schifo, lui lo sapeva,
ne avevano anche parlato con Diego… ecco che torna il pensiero di lui, che
chissà cosa sta facendo con quella stupida di Elena, e del cattivo ascendente
che sicuramente avrà su Diego. Diego che è uno che vuole sperimentare sempre e
comunque, che già negli ultimi tempi sta fumando troppo, e sicuramente ha già
provato anche roba più forte. Non doveva lasciarlo andare.
La serata finisce a casa di
Angela, i suoi non ci sono. Stasera però fare l’amore con lei non ha nessun
sapore, Michele vorrebbe essere lontano da lì, in qualunque posto, ma non con
lei.
“Cosa diavolo mi sta succedendo,
non ci capisco più niente” pensa Michele tornando lentamente verso casa. Sente
il bisogno di parlare con Diego. Arrivato al grande palazzo popolare dove
abitano tutti quanti, sale le scale e suona al campanello dei Perrone. Nessuno
risponde. Sempre lentamente sale altri due piani, entra a casa e se ne va a
letto deluso.
Per tutto il mese successivo,
Diego scompare dalla circolazione, non si fa vedere all’Università, e nessuno
sembra sapere niente di lui.
Michele è un fascio di nervi, lo
ha cercato dappertutto, in tutti i posti che frequentano di solito, niente,
nessuna traccia dell’amico né della sua ragazza, sembra che siano scomparsi nel
nulla.
Finalmente ricompare Elena,
Michele la incontra nel parco. La blocca e le chiede notizie, ma lei non gli
risponde nemmeno se non per mandarlo affanculo e si allontana. Michele la
prende per un polso, glielo torce, e sibila: “Ora mi dici cosa è successo,
dov’è Diego, voglio sapere tutto”.
“Non lo so dov’è, e non me ne
frega niente. Siamo stati in giro, credevo fosse uno così divertente, invece è
un gran rompipalle. Fumava da mattina a
sera, sempre e comunque fatto perso. E stava sempre a parlare di te, di quanto
siete amici, di quanto gli mancavi, di quanto si sentiva a terra. Io volevo
divertirmi, ma lui era sempre depresso! Alla fine me ne sono tornata a casa,
l’ultima volta che l’ho visto è stato alla stazione di Bologna, io sono tornata
a casa, lui non lo so che fine ha fatto, e nemmeno me ne importa, per me
potrebbe anche essere morto quello stronzo”.
Michele le tira uno schiaffo così
forte da mandarla lunga e distesa a terra, “se c’è una stronza, quella sei tu”
e si mette a correre nel parco; “ma cosa mi prende? Non avevo mai picchiato una
ragazza; non avevo mai picchiato nessuno, perdio”. Nelle orecchie una cascata
d’acqua infinita, un unico pensiero martellante nella testa “Diego, Diego,
Diego dove sei?”.
Corre fino a non avere più
respiro, è buio ormai, si avvia verso la loro panchina, quella dove si
ritrovano fin da quando sono bambini. Dov’è, dov’è quel suo amico così fragile,
anche se non arretra mai davanti a niente. Anche a scuola non arretrava mai
davanti a nessuno, si faceva picchiare a sangue, ma l’ultima parola era sempre
la sua. Dovevano sempre intervenire loro, i suoi amici, per difenderlo.
Sorride, Michele, lo ricorda piccolino, secco, uno scricciolo sempre in
movimento.
Diventerò il più grande di tutti,
un giorno, diceva. Non era diventato un gigante, ma era cresciuto, era
diventato un bel ragazzo. Da bambino lo chiamavano tutti Ino, ora era diventato
Diegone. Il più simpatico, quello che teneva su la compagnia, quello che c’era
sempre per ascoltarti e poi magari tirarti su con una battuta. Ma lui, lo
abbiamo mai ascoltato?
Diego, dove sei? Una morsa che
serra il cuore, un’assenza, una mancanza che gli toglie il respiro. Dio come
sto male, lui è il mio migliore amico. Ma è davvero solo il mio migliore amico?
Qui su questa panchina stasera, non posso nascondermi la verità.
Ricordi. Quando da bambino
scappava dal padre manesco, che da quando la moglie se n’era andata
abbandonando lui e Diego, aveva solo lui da picchiare, quando beveva. E Ino
scappava dai Salvemini, due piani sopra. Arrivava di corsa, il rumore dei piedi
scalzi che battevano sul pavimento lo ricordo bene. Dormivi con me quelle sere,
ci stringevamo nel mio lettino: mi abbracciavi stretto, dicevi che ti passava la paura così.
Al mattino ci svegliavamo
aggrappati l’uno all’altro e si rideva; io ti accarezzavo, ricordo che ti
accarezzavo e tu mi mettevi le mani nei capelli, ti piacevano i miei ricci,
dicevi. Abbiamo condiviso il letto per anni anche nell’adolescenza, sempre
abbracciati, sempre ad accarezzarci. Io ti accarezzavo. Tu arrossivi , ma non
ti ritraevi. Eri bello Diego. Ora sei ancora più bello. Cosa mi succede, sto
farneticando, cosa vado a pensare? Ora chiamo Angela, dovevamo vederci. Vado e
la chiamo.
Michele si alza, si incammina, ci
ripensa. Torna a sedersi sulla panchina. E’ inutile scappare, ormai ha capito.
Non vedrà più Angela.
“Voglio Diego, lo voglio qui con
me, è lui che voglio. Come ho fatto a non accorgermene prima. Io sono
innamorato del mio amico. Sono innamorato di Diego. Devo trovarlo, devo
dirglielo, non mi importa se mi manderà al diavolo, non mi importa più di
niente. Mi importa solo di Diego. ”.
Ormai sono passate altre tre settimane,
ma Michele non si è perso d’animo, è certo che Diego tornerà da lui, hanno
sempre condiviso tutto, nel bene e nel male. Da tre settimane vive sulla loro
panchina, cercando di studiare, cercando di respirare soprattutto, l’ansia che
lo prende alla gola. Ha avuto il tempo di elaborare, di capire sé stesso più a
fondo, sono aumentate le sue paure, non sa come sarà la sua vita d’ora in
avanti, sa che non sarà capito, forse sarà anche emarginato, ma non importa, lui
è forte, non si lascerà andare.
Improvvisamente sente una
presenza, la sente con tutto sé stesso, si volta: Diego è davanti a lui.
“Lo sapevo che tornavi qui” dice
Michele.
“Lo sapevo che ti trovavo qui” fa
eco Diego.
Michele lo guarda, lo vede ancora
più magro, pallido e sofferente, sul bel viso gli occhi sono ancora più
grandi. Gli si avvicina, lo abbraccia, lo tiene stretto a sé, mormorando il suo
nome. Diego si aggrappa all’amico: “non sapevo più cosa fare, volevo tornare
per te, ma ero stato così stupido l’ultima volta che ci siamo visti, non sapevo
nemmeno se mi avresti parlato ancora” dice fra i singhiozzi.
“Vieni, è quasi buio, andiamo a
casa mia, non c’è nessuno, potremo parlare in pace” Michele circonda le spalle
dell’amico e si avviano.
Dopo una doccia, Diego è già più
sollevato. Essere lì in casa con l’amico di sempre è una sicurezza per lui.
“Michele, lo sai che ai fornelli
non ci sai fare, cosa stai combinando?” Michele si volta e vede Diego
sorridergli, col ciuffo umido, i fianchi avvolti dalla salvietta, a pochi
centimetri da lui. Il mestolo cade a terra, gli occhi si perdono in quelli
teneri, grandi di Diego. Si avvicina lentamente alle labbra dell’amico, lo
bacia dolcemente, timidamente. Diego non si ritrae, lo abbraccia a sua volta,
lo bacia con passione.
“Diego…” Michele fa per parlare
ma Diego gli mette un dito sulle labbra “sshhh, zitto Micky, ti avevo detto che
ero stanco di aspettare no? Era questo che aspettavo, solo questo” e riprende a
baciarlo, instancabile, insaziabile.
Il letto di Michele ora è un po’
più grande, ma a loro bastano pochi centimetri. Diego spoglia Michele
lentamente, lo bacia ovunque, chiamandolo, invocandolo. “Ti amo da sempre
Michele, ma non avrei mai sperato che anche tu…”
“Ti amo da sempre anch’io, Ino,
ma l’ho scoperto solo in questi giorni”.
Diego grida quando Michele entra
in lui, dio se fa male… dio se è bello… questo è fare l’amore… questo è l’
amore.
Alla fine si ritrovano
abbracciati, le mani di Diego nei ricci di Michele, che lo accarezza, lo bacia
instancabile.
“Cosa faremo Michele? Lo sappiamo
che il nostro amore non verrà accettato. Siamo negli anni 80, ma la gente è
ancora così arretrata”.
“Non mi importa di niente Diego,
So solo che voglio amarti alla luce del sole. Andremo via se vuoi, in Svezia,
al Polo, sulla Luna, non importa dove, ma nessuno potrà proibirci di vivere il
nostro amore”.
Diego si accoccola tra le braccia
del suo amore sospirando. Ci avrebbero pensato poi.
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Dolcissima questa fic. Mi ha tanto emozionato. Mi sembra di vederlo Michele su quella panchina in attesa di Diego. Così commovente il momento in cui avverte la sua presenza e poi se lo ritrova davanti. Brava, spero ci donerai presto altre chicche
RispondiEliminaDavvero tanto tanto dolce. La panchina mi ha ricordato Nanni Moretti in Caos calmo. Ma lo stile è assolutamente yaoi, con questo Michele che anche essendo coetaneo fa da più grande, da protettore. Infatti, è tipico nei fumetti yaoi trovare il protettore, cioè colui che accudisce il più piccolo, che è anche il più sfortunato, il meno dotato fisicamente, un po' come è accaduto a loro, che Capa si è preso a cuore Diego e lo ha trasferito nel suo bellissimo mondo... bella la descrizione di Diego così magro che vuole crescere, l'ino.... dolce e realistico... bell'inizio Annina!!! :)
EliminaGrazie ragazze, mi avete commosso! No davvero, avevo una paura di deludervi! Bene, sono felice di avervi emozionato un pò! :o)
EliminaChe tenera fic! <3 Dolce ed emozionante!
RispondiElimina(E Ino è un soprannome tanto carino!!! <3)