Titolo: Diventare grandi
Pairing: Diego –
Michele
Rating: NC - 17 per scene di violenza e sesso
I personaggi mi appartengono, ho solo preso in prestito i nomi. Questa fic non è scritta a fini di lucro, ma per puro divertimento
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Appiccicando
quasi il viso alla finestra, Diego guarda preoccupato gli agenti scendere dalle
volanti e avvicinarsi ai cancelli. D’istinto Michele lo spinge via: “Non farti
vedere!”
“Mica
capiscono chi sono, da lì!” protesta l’altro. “E poi, è buio pesto” Diego
guarda l’orologetto al polso che gli ha regalato il padre per la promozione
dell’anno precedente e si accorge che sono le dieci passate. “Cazzo, volevano
sorprenderci nel sonno”
“Già,
bastardi”
Diego
è sinceramente preoccupato che lo riportino a casa con la forza. Trema al
pensiero della reazione di suo padre nel caso in cui dovesse presentarsi
scortato dalla polizia: “Che facciamo?”
“Niente.
Ci barrichiamo dentro e aspettiamo che se ne vadano! Domani faremo la nostra
marcia, manifestando per i nostri diritti!” esclama convinto Michele.
“E
poi, sono solo quattro, non possono farci niente!” replica il ragazzo
fingendosi spavaldo.” Noi siamo più di venti!”
“Se
arrivano i furgoni siano fottuti!” mormora il moro carezzandosi la barbetta.
“Michi,
credi vogliano fare irruzione?” nervoso Diego si mordicchia il labbro inferiore.
Nel
sentire quel diminutivo, l’interpellato lo guarda come in trance, ma per Diego
è stato talmente spontaneo da non accorgersene.
“Che
c’è? Perché non rispondi?” Nella speranza di vederli andare via, Diego torna a
guardare fuori.
“Zitto!
Devo pensare!” Michele cerca di restare lucido per decidere come agire, poi scatta
verso la porta. “Dobbiamo barricare il portone principale!”
Diego
lo segue nell’ingresso. Michele si avvicina a Paolo, un piccoletto dal viso
butterato dall’acne per impartire i primi ordini, poi istruisce anche gli
altri.
Nella
sala principale c’è un gran via vai. Ognuno sembra avere un compito. Tutti
tranne Diego e lui si sente impotente. Vorrebbe aiutare, non essere un peso per
il gruppo.
Osserva
i ragazzi spingere dei banchi contro il portone e chiudere le finestre. Diego
teme però che in caso di un attacco della polizia in forze, potrebbe non
bastare. Non riuscendo a restare lì fermo, si avvicina a Michele che sta
tentando di spostare un armadietto contro l’entrata principale.
“Dimmi
che devo fare!” il tono è ansioso, le mani affondate nelle tasche dei jeans.
“Niente,
anzi, compagna Syria” Michele richiama la ragazza dai capelli rossi. “Mostra a
Diego come uscire senza essere visto”
“Cosa?
Non se ne parla!” Diego sbatte con forza i piedi per terra. “Io resto!” stringe
i pugni, le labbra atteggiate in un broncio talmente adorabile che Michele non riesce
a resistere.
“E
va bene, ma devi nasconderti!” gli accarezza una guancia. La sua mano è umida e
quel contatto conferisce a Diego una forza ed un coraggio senza eguali.
“No!
Posso esserti utile, ti prego. Voglio restare con te!” imbarazzato da quello
che ha appena detto, tenta di giustificarsi. “Sono uno di voi, qui nessuno
scappa a nascondersi, non sarò di certo io il primo!”
“Hai
le palle, ragazzino!” esclama Syria. “Nessuno ha mai parlato così al compagno
Michele” poi sposta la sua attenzione sul riccio e nei suoi occhi e nota una
luce che non gli ha mai visto. “Vado ad aiutare le altre” e sorridendo
maliziosa si allontana lasciandoli soli.
“Sei
una peste, te l’ha mai detto nessuno?” mormora Michele con una voce stridula.
“Tanto
lo so che ti fa piacere” felice di poter restare a dare una mano, scoppia a
ridere.
Michele
gli lancia un’occhiataccia: “Invece di prendermi in giro, aiutami a spostare
questo armadietto” e si posiziona sul lato destro, mentre Diego sul sinistro.
Lo spingono contro il portone, ma sentendo il suono delle sirene, Michele capisce
che sono arrivati i celerini sulle loro camionette. Sono poliziotti da
combattimento e lui ha provato sulla propria pelle le loro armi di cosa siano
capaci.
“Allontanatevi
da porte e finestre!” urla Michele, ma è tardi. Si sente rumore di vetri
infranti e qualcosa viene lanciato nella stanza. Immediatamente la stanza si
riempie di fumo, l’odore acre fa lacrimare gli occhi di tutti i presenti. Tossendo
Diego si porta una mano alla bocca, coprendosi anche il naso con la manica. Il
fumo gli impedisce di vedere chiaramente, ma avverte la presenza di Michele
accanto a sé.
“Michi!”
lo chiama.
“Diego,
scappa!” lo incita.
Altri
vetri infranti e rumori di legno scardinato. Diego capisce che stanno cercando
di aprirsi un varco per entrare. Alcuni agenti fanno irruzione da una delle
finestre. Si sente urlare, voci concitate e ragazzi che scappano.
Diego
comincia ad avere paura, le urla di dolore ma anche di terrore dei
compagni lo costringono ad aggrapparsi
alla prima cosa che trova: il braccio di Michele.
“Corri”
gli sussurra in un orecchio il riccio, ma Diego è impietrito, le gambe come
marmo.
Intanto
il numero degli agenti sembra raddoppiato. Le ragazze corrono a nascondersi, ma
gli agenti sono più veloci, più forti. Le afferrano per i capelli e nonostante
il fumo, Diego intravede Syria che viene trascinata via. Lei urla, si dimena,
ma un colpo in testa la fa afflosciare inerme. Le lacrime scendono dagli occhi
castani di Diego, sia per la paura che possa essere ferita gravemente, che per
il fumo. Sta per avventarsi contro l’agente, quando Diego si sente afferrare.
“Andiamo!” la mano di Michele scivola nella sua, la presa è salda. “Corri!” e
lo costringe a seguirlo.
Un
celerino lo afferra per la maglia: “Vieni qui! Dove credi d’andare?”
“Lasciami
stronzo!” Diego riesce a sgusciare via.
Qualcosa
di duro lo colpisce ad una spalla strappandogli un gemito, ma Michele lo
trascina via verso la scalinata.
Intanto
il fumo comincia a disperdersi. Diego intravede un ragazzo con il viso
sanguinante tirato di peso da un agente, mentre un altro continua a colpirlo.
“Lascialo!
Pezzo di merda!” urla tentando di intervenire.
“Che
vuoi fare?” Michele lo blocca. “Fermo!”
Diego
non riesca a capire perché non intervenga quando i suoi stessi compagni vengono
trattati peggio delle bestie. “Dobbiamo fare qualcosa, Michi!” ormai sta
piangendo.
“La
pagheranno, ma ora devi nasconderti. Non me lo perdonerei mai se ti capitasse
qualcosa”
Il
suo tono sconvolge il piccolo Diego, il quale senza replicare, lo segue su per
le scale. Le salgono di corsa. Con il fiatone e gli occhi che bruciano, Michele
lo spinge in un’aula vuota, le mani ancora legate in una stretta indistricabile.
“Qui
siamo al sicuro, per ora” e con quella libera appoggia una sedia contro la
maniglia.
Michele
si volta verso il compagno, sta tremando, le guance bagnate e i capelli
arruffati. Senza pensarci lo attira in un abbraccio. Circondando il corpo esile
con le braccia nerborute lo stringe con forza.
Diego
trema, poi rincuorato dal calore del corpo stretto al suo, si rilassa
ricambiando l’abbraccio con altrettanta forza. “Perché non hai voluto aiutarli?”
“Che
risolvevamo? Solo farci ammazzare” Michele affonda le dita nei capelli umidi
del giovane. “Cazzo, se penso che potevi restare ferito” continua a stringerlo
possessivo “Che coglione sono stato a non mandarti via!”
“Ho
scelto io di restare!” dichiara Diego, gli occhi lucidi e rossi.
“Ma
sono io l’adulto” Michele continua a stringerlo possessivo, poi rendendosi
conto dello tsunami che si sta abbattendo su di lui lo lascia andare.
“Che
facciamo adesso?” Diego ha il cuore che sembra voler schizzare fuori dalla gola.
“Restiamo
qui!” cammina avanti e indietro, tanto che a Diego sembra un leone allo zoo.
“Perché
li hanno picchiati? Non facevamo niente di male!”
“Perché
i celerini sono così. Prima colpiscono e poi ti chiedono chi sei!” negli occhi
scuri del leader un lampo di rabbia. “Ma non finisce qui! Se pensano di averci
fermati sbagliano!”
“Siamo
rimasti solo noi, gli altri li hanno di certo portati via!”
“Non
preoccuparti, ci riorganizzeremo. Questo mondo corrotto ha vita breve, te lo
garantisco”
Avvertendo
un dolore acuto alla spalla, Diego si tocca lamentandosi.
“Ti
ha ferito quel bastardo?” subito gli è accanto.
“Sì,
col manganello” scostando la maglia dal collo tenta di guardarsi.
Michele
lo aiuta alzandogli la maglia da dietro fino a dove appare una macchia
violacea. “Merda”
“Molto
brutto?” si sincera Diego preoccupato.
“Ti
hanno lasciato un bel ricordino, ma vedrai che le ragazze lo adoreranno” la
sfiora con le dita strappandogli un gemito. “Scusa” riabbassa l’indumento.
Restano
un attimo in silenzio poi Diego, ripensando ai compagni feriti, a Syria, al suo
viso dolce, ricomincia a piangere.
“Piccolo,
siamo al sicuro qui” tenta di rassicurarlo, ma non è molto convincente.
“Syria,
lei…” Diego ricomincia a singhiozzare
“Lo
so quello che provi per lei, vi ho visti l’altra notte” nella voce Diego avverte
un po’ di gelosia.
“Non
ricordo niente di quello che è successo, ero troppo fatto” confessa
asciugandosi le lacrime.
“Non
dirlo a lei, potrebbe anche strapparti le palle” ironizza, ma al giovane sembra
sollevato.
Diego
abbozza un sorriso, poi avanza di un passo verso di lui.
Rumori
di passi e delle voci li allarmano. Afferrandolo per un braccio Michele lo
spinge verso i banchi. “Nasconditi”
Diego
si accuccia, ma non volendo lasciarlo andare neanche per un secondo, lo
tira verso a sé. Per la foga, Michele perde l’equilibrio finendo su di lui. Batte
la fronte contro quella del ragazzo.
“Ahi”
“Che
fai, Diego!” si tocca il punto dello scontro.
“Fatti
più qui, ti vedono” lo rimprovera. Michele è seduto sul suo grembo, le braccia
ai lati del corpo. Le bocche sono ad un soffio, i respiri affannosi.
Diego,
per impedire che possa allontanarsi, gli circonda la vita con un braccio.
Gli
occhi castani fissi nei suoi, le labbra socchiuse sembrano pronte per essere
baciate.
Il
leader del movimento deglutisce rumorosamente, poi senza preavviso si sporge ad
incontrare la bocca del compagno sotto di lui. Diego risponde con dolcezza,
facendosi trasportare dall’istinto. Assapora ogni istante di quel bacio tanto
agognato, ma anche temuto. Tutto quello che ha immaginato non è niente in
confronto a quello che prova lì tra le braccia di Michele e con la bocca fusa
alla sua. Lo sente pressarsi contro di lui, avvicinare le mani al viso, le dita
seguirne i contorni, poi risalire e affondarle nei capelli spettinati. La mano di
Diego si sposta a sollevargli la camicia e percorrendo la linea della colonna
vertebrale, carezza la schiena nuda. Il mondo esterno, compresa la polizia,
sembra sparire. Diego si avventa su Michele, la voglia che ha di lui sembra non
esaurirsi. Baciare Michele è così diverso dal baciare una ragazza, ma anche più
bello. Desidera che il tempo si fermi per non tornare alla realtà e a quello che
li aspetta una volta usciti da quell’aula.
“Diego”
sussurra Michele in cerca d’aria.
“Michi,
baciami ancora!” lo supplica, gli occhioni lucidi e le gote arrossate.
Sfiorandogli
il labbro con il pollice il riccio sorride malizioso: “Che ingordo”
Diego
fa per replicare quando un forte rumore come di legno rotto li fa balzare. La porta si apre con un tonfo e due agenti con
il viso coperto dall’elmetto e manganelli in mano fanno irruzione nella stanza.
Michele
scatta in piedi tirando su anche Diego. I poliziotti li guardano con uno strano
sorriso, poi ridacchiano.
“Abbiamo
due cupi*” esclama il più alto dei due.
“Che
c’è? Abbiamo interrotto qualcosa?” avanza l’altro battendo il manganello sul
palmo della mano.
Diego
si aggrappa alla camicia di Michele, il quale tenta d proteggerlo con il suo
corpo.
“Lasciate
andare il ragazzo, non c’entra niente con questa manifestazione!”
“Ma
lo senti? Difende il fidanzatino!” e lancia un’occhiata a Diego. “Ehi, ma non
sei un po’ troppo giovane?”
“Quanti
anni hai, ragazzino? Lo sa la mamma che ti fai fottere in giro?” scoppiano
entrambi a ridere.
Diego
fa per scagliarsi contro gli agenti, ma Michele lo blocca: “Fai il loro gioco,
fermo e zitto!”
“Hai
detto qualcosa, capellone?” uno dei due agenti avanza verso la coppia, lo
sguardo cattivo e un sorriso crudele a deformare il viso.
Prima
che Michele possa anche solo rispondere, il celerino lo colpisce sulla spalla
con una tale violenza da farlo crollare in ginocchio.
“Michele.
Lasciatelo figli di puttana!” Diego si scaglia contro l’agente per impedirgli
di continuare a infierire, ma questi gli assesta un colpo in pieno viso. La
botta è talmente forte da fargli perdere i sensi. Sente solo in lontananza Michele urlare il suo nome, poi il silenzio.
Quando
si risveglia, Diego scatta seduto, ma un dolore lancinante alla guancia, lo
costringe a stendersi di nuovo. Con un dito si tocca, una garza gli copre metà
del volto. Guardandosi intorno si rende conto di non trovarsi più
all’Università, ma in una camera dalle pareti bianche, letti e tendine
anch’esse bianche a separarli.
“Sono
in ospedale” mormora “ma che è successo?” cerca invano Michele nei volti degli sconosciuti
stesi accanto a lui, ma sembra non essere stato ricoverato nello stesso
reparto.
Una
donna bionda entra nella stanzetta. Stringe al petto una borsa, indossa un sobrio
cappotto grigio sopra un tailleur. “Diego, tesoro, finalmente ti sei ripreso”
prende posto su una sediolina accanto al letto e gli stringe la mano. Nel riconoscere la madre,
Diego sorride. “Mamma”
“Piccolo
mio, mi farai morire di crepacuore. Che ci facevi tra quella gentaglia?”
A
quella parola, Diego allontana la mano disgustato: “Non sono gentaglia, ma
ragazzi come me che hanno il coraggio di andare contro il sistema” gli occhi si
riempiono di lacrime. “Stanno bene? Voglio sapere che è successo agli altri, a
Michele” non sapere cosa sia accaduto all’uomo che ama lo strazia. Vorrebbe
alzarsi da quel letto e cercarlo.
“Ora
riposa, devi pensare a guarire!” si sporge verso di lui, ma Diego insiste.
“Dimmi
come stanno i miei amici, ti prego!” calde lacrime bagnano le guance aggravando
il dolore che già prova.
Lei
annuisce tristemente “Non so, dei feriti sono stati portati qui, ma gli altri sono
stati arrestati, compreso il loro capo!”
“Cosa?
Michele è stato arrestato?” negli occhi la disperazione. Scatta giù dal letto,
ma quando tenta di mettersi in piedi, le gambe gli cedono. Per non cadere si aggrappa
alla testiera.
Sua
madre corre a sorreggerlo, ma lui si divincola: “Voglio andare via da questo
posto!”
“Non puoi, hai subito un trauma, sei stato svenuto per ore!”
“Non
me ne frega niente, voglio i miei vestiti!” urla quasi.
Suo
malgrado la donna glieli porge. Sedutosi sul letto, Diego s’infila i jeans.
Riuscendo
a stento a rivestirsi, Diego si avvia verso la porta. Sta per uscire quando
sbatte contro qualcuno.
Cerca
di superarlo, ma questi lo afferra per i polsi impedendogli di passare.
“Mi
lasci!” cerca di divincolarsi.
“Tu
resti qui se non vuoi che ti faccia legare!”
Riconoscendo
quella voce, a Diego si ferma per un attimo il battito. Impietrito alza la testa,
suo padre è davanti a lui, gli occhi come due braci e le labbra strette.
Diego
lo fissa furioso di essere stato bloccato, ma anche terrorizzato da quello è in
grado di fare. Sa fin troppo bene che le sue minacce non sono mai a vuoto.
*Omosessuale in dialetto piemontese
Che bel capitolo pregno... azz. Avevo preventivato che sarebbe stato un massacro, ma come è dolce Diego che si commuove per Sirya e la gelosia di Michele... *__* Finalmente sei riuscita a mostrarci il suo lato debole, se così si può chiamare. E quando finalmente si rompono gli argini, sotto un banco, viene fuori tutto ed è davvero emozione pura. C'è tutto il loro amore in quel bacio... Peccato che la realtà spazza via il loro bel sogno d'amore, davvero iniziato nel momento più sbagliato; mi ha ricordato La morte della bellezza, finiti l'uno tra le braccia dell'altro durante un bombardamento!!! Sembra proprio che capiti lo stesso ai nostri sessantottini.. ora però mi hai messo in un mare di guai. Come farà Diego, in ospedale tra la madre con quella sua aria da vittima e il padre padrone, a tornare dal suo innamorato in prigione? ç__ç
RispondiEliminaLa morte della bellezza è la mia Bibbia. Dolce e passionale allo stesso tempo. Sì, ora Diego è davvero nei guai ma troverà il modo per raggiungere il suo amato.
RispondiEliminaChe capitolo!!! I nostri adorati sono riusciti a salutarsi con un bacio prima di essere separati tragicamente... come faranno ora? E come farò io a resistere fino al prossimo capitolo?!?!
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