venerdì 31 maggio 2013
Tra rabbia e passione, ventiquattresima puntata
Titolo: Tra rabbia e passione (cronaca di una
torbida relazione fra trulli ed onore)
Autori: Annina
e Giusipoo
Pairing: Diego Perrone/Michele Salvemini
Genere:
AU/Storico/Commedia/Erotico/Romantico/Introspettivo
Storyline:
Fine anni settanta
Rating: PG, slash, rigorosamente NC 17
Disclaimer: si intenda tutto frutto della fantasia e
del talento delle autrici. In verità i personaggi sono originali, abbiamo preso
in prestito i nomi per ispirazione artistica e basta
WARINIG: per i contenuti, si sconsiglia caldamente la lettura alle persone sensibili e facilmente impressionabili
Il giorno successivo, il solito turno di ronda con i
colleghi si trasforma in una tortura per Alfredo. Non riesce a guardare in
faccia Diego, continua a rivederlo come l’ha visto il giorno prima
nell’uliveto: gli occhi riversi, la bocca aperta a lasciar uscire i gemiti… Dio come mi scoppia la testa! Ma
nonostante l’emicrania è costretto a guidare. Diego è sempre lì, riflesso nello
specchietto retrovisore che guarda il paesaggio scorrere dal finestrino della
macchina di servizio: maledetto bastardo,
ma oggi la paghi, la paghi cara, la paghi tutta. La testa, la mia testa. La
sera prima Alfredo ha bevuto finché non è mezzo svenuto sul divano. I suoi
genitori hanno finto di non accorgersi che era ubriaco. Che puzzava di vino,
mentre gli passavano davanti guardandolo con pena.
“Appuntato! Che faccia abbiamo oggi! Non dirmi che ti ha
fatto male il vino sardo, Alfredo! Hahaha!” Camporeale, gioviale come sempre,
dà una botta sulle spalle di Alfredo, che si trattiene appena dal mandarlo a
quel paese. Il vino che Orru ha lasciato loro la domenica sera, prima di partire, non c’entra niente. Si è sbronzato
sì fino a stordirsi, ma era vino pugliese quello.
“Non credo sia stato quel vino Marescià… ma ho mal di testa,
speravo passasse da solo” Ferrero strizza gli occhi contro il sole continuando a
muoversi tra le vie di Bisceglie.
“Se vuoi ho un’Optalidon, a volte soffro di emicrania, e me
lo porto sempre” questa volta è Diego a parlare. Il giovane si allunga dal
sedile posteriore e appoggia una mano sulla spalla di Alfredo che ha un brusco
scatto: “No!” Poi, dopo un respiro profondo riesce a correggersi con un
gentile: “No grazie… Diego, resisto”.
Diego è stupito dal comportamento di Alfredo, ma dà la colpa
al mal di testa, ne soffre anche lui da quando era ragazzino, sa che è una
brutta compagnia. Che poi da qualche mese non lo ha più avuto, anzi ripensandoci
l’ultimo mal di testa lo ha avuto il giorno del pestaggio di Michele. La notte
dopo. Poi in tutti quei mesi più niente. Gli scappa un sorriso. Sono troppo felice per star male. Pensa
che l’emicrania faccia parte del bagaglio di tristezza che il vecchio Diego si
portava ovunque andasse. Ora si sente invincibile, niente può fargli più paura.
“Perrone invece sorride: lei non ha bevuto il cannonau che
ci ha lasciato Orrù prima di partire?”
“No signore, io non amo molto il vino, preferisco la birra”
sogghigna con malizia, come se avesse detto: a me non piace la figa, preferisco il...
Camporeale continua la chiacchierata piacevole per tutti
tranne che per Ferrero: “Che fa oggi? Si allena o va dalla fidanzata?”
Si gira verso Diego che continua a sorridere: “Tutt’e due le
cose Maresciallo! Se il tempo si mantiene mi alleno in mare ora che la piscina
è chiusa e probabilmente verrà anche… lei”. Gli scappa sempre un po’ da ridere
quando dà il femminile a Michele, che tutto è fuorché femminile, con quella
barba, quei baffi, quella massa di capelli neri dove nascondere le mani… ecco che mi perdo, quando penso a Michi.
Si sente venire la pelle d’oca soltanto ricordando i suoi occhi e i suoi
capelli che gli strofinano la schiena o il torace quando fanno l’amore con
tutta quella passione, come il giorno prima nel loro spiazzale nascosto tra gli
olivi, o la domenica pomeriggio sul letto di Michele.
Riscuotendosi guarda avanti a sé e vede gli occhi di Alfredo
fissi su di lui dallo specchietto retrovisore. Vi legge qualcosa di strano, ma
non sa dirsi cosa. E nemmeno gli importa. Ricomincia a pensare a quando vivrà
col suo compagno, e potranno dormire insieme, svegliarsi insieme. Ormai è deciso,
la lettera di dimissioni l’ha già abbozzata, deve solo batterla a macchina e
consegnarla al suo superiore.
“Torniamo in caserma Alfredo, tanto non succede niente, c’è
calma e si sta anche annuvolando: mai avuta un’estate così piovosa come
quest’anno. C’è ancora una mezz’ora. Diego, appena arriviamo portami tutto
quello che c’è da firmare, così ci mettiamo sul pulito. E tu Alfredo te ne vai
a casa e ti metti tranquillo, che hai una faccia che non mi piace!”.
Appena tornati alla stazione, Diego si avvia veloce verso il
suo ufficio e raccoglie tutte le carte da portare al maresciallo, mentre
Alfredo scompare verso gli spogliatoi.
“Vada, vada Perrone, li riporto di là io così domani può
spedire tutto. Se non ha niente da fare stacchi pure e vada ad allenarsi, che a
settembre vengo anch’io a vedere le sue gare! E voglio vederla vincere”.
Diego scatta sull’attenti: “Certo maresciallo. Arrivederci”.
Appena fuori dalla stanza corre verso gli spogliatoi e si prepara. Prepara
anche la borsa, perché a nuotare ci va davvero. Ce lo accompagna Michele. Vanno
in una spiaggia fuori paese, per stare più tranquilli. Guarda dalla finestra:
il cielo è sempre più nuvoloso. Pazienza. Se piove nuoterà domani, andranno subito
a far l’amore all’uliveto, invece di aspettare la notte sulla spiaggia. Si
infila l’anello: ora è in borghese e pensa che ha il sacrosanto diritto di
mettersi al dito quello che gli pare. Guardandolo con tenerezza, ricorda
l’espressione di Michele quando glielo ha messo. Certo, come ha precisato, non
hanno bisogno di suggellare niente, ma è bello sentirsi ancora più uniti
attraverso quel simbolo. Due anelli che li uniscono. Dalle manette agli anelli…
Oh che smancerie: dai Diego muoviti che si fa tardi!
Uscendo dal solito portoncino Diego s’incammina verso l’abitazione
di Michele. Nonostante la testa ancora tra le nuvole, si accorge del rombo del
motore di una macchina che si avvicina e vede Alfredo ancora in divisa alla
guida dell’auto di servizio. Stupito, risponde al suo cenno. Gli sta dicendo di
avvicinarsi dopo che ha accostato. Alfredo apre la portiera e gli chiede di
salire.
“Ma io devo andare Alfredo, è già tardi” Diego non ha voglia
di stare a perdere tempo con Alfredo, anche se hanno recuperato un rapporto
amichevole e non vorrebbe che mostrandosi scostante si guastasse qualcosa tra
loro.
“Solo cinque minuti Diego, ti chiedo solo cinque minuti”
Diego cede quasi subito e sale vicino al collega. “Ma non
sei smontato anche tu? Cosa ci fai in divisa con l’auto di servizio”.
“La mia non partiva, mi hanno concesso di usare questa”
Alfredo inserisce la prima e poi scatta veloce lungo la strada. “Era da un po’
che volevo chiedertelo ecco, facciamoci una chiacchierata ti va?” La sua voce è
strana e Diego è sicuro, è strasicuro che c’è qualcosa che non va.
“Veramente avrei un appuntamento lo sai...” è nervoso.
“Appunto di questo volevo parlarti Diego. Dimmi un po’ di
più di questa misteriosa fidanzata, tanto bella che non abbiamo mai visto però.
Perché Orrù dice di averla vista con te, a Molfetta…” la voce melliflua, bassa.
La schiena di Diego si imperla di sudore, che si appiccica
alla camicia, ma non è solo il caldo, perché caldo fa caldo, molto, ed è pure
nuvoloso; c’è pure poco vento. Quel genere di clima che ti fa mancare il
respiro. Diego si apre il penultimo bottone della camicia come alla ricerca di
aria: “Non mi pare proprio di aver visto Gigi a Molfetta. Sì, ci sono stato ma
no, non l’ho visto io. Comunque cosa vuoi sapere? Qual è il problema Alfredo?
Sei strano oggi”. Diego è spaventato, il viso di Alfredo è ombroso, teso, e
questa cosa di Orrù non ci voleva. E se lo avesse visto davvero? Si chiede.
Intanto Alfredo si allontana dal traffico cittadino diretto
verso l’uscita del paese. “Ma lui ha visto te Diego. Allora? Te la descrivo io
la tua fidanzatina? Che ne dici se ti dico che la tua fidanzata non esiste, ma
esiste Michele Salvemini, detto Ortica, il delinquente che ti aveva molestato
in piscina, quello che te lo mette nel culo, Diego” la voce di Alfredo è sempre
bassa, glaciale. Diego trema. In un gesto di nervoso si aggrappa al poggia
mano. Il sudore ora è freddo sulla sua pelle. Diego ora ha paura, una paura
folle. Attaccato alla portiera, si tiene alla maniglia d’apertura: “Fermati
Alfredo, lasciami scendere, dove mi stai portando?”.
“Che c’è Diego, hai paura? Hai paura di me? E perché? Solo
perché mi hai detto un sacco di balle? Solo perché mi hai fatto rischiare la
carriera per pestare un bastardo? Per difenderti dalle sue presunte molestie?”
La voce di Alfredo è poco più di un sibilo.
“Fermati, fammi scendere ti ho detto! Fammi scendere!” Diego
lo urla, poi lo prende per il braccio ma Alfredo, pur nella sua follia, è tanto
lucido da afferrare la pistola con la sinistra e puntargliela contro. La canna
sfiora la gola del ragazzo. “Calmo Diego, calmo, lo sai che non mi piacciono le
persone agitate. Ci facciamo un giro in spiaggia, guarda, siamo arrivati già. E
non c’è nessuno a disturbarci, vedi? Qui sta per piovere e sono tutti andati
via. Anche il tempo ci aiuta oggi”.
Parcheggia la macchina e scende andando ad aprire la
portiera per far discendere anche Diego: “Non fare il furbo Diego, sai che so
sparare benissimo con entrambe le mani. Scendi che continuiamo la chiacchierata”.
Diego tiene lo sguardo basso, sperando di non soccombere
alla paura che lo sta attanagliando, che lo ha aggredito cibandosi di lui. Un
genere di terrore che non ha mai provato in vita sua, che niente ha a che fare
con ciò che conosce. Diego pensa a Michele, a quello che deve aver provato il
giorno in cui gli hanno teso l’agguato proprio lì: Alfredo lo ha riportato
sulla stessa spiaggia. Ora è lui a guardarsi in giro alla ricerca di una via di
fuga, che sa non esserci. Alfredo lo pungola alla schiena con la canna della
pistola, e lo spinge fino al punto che dalla strada non si può vedere. Qualche
goccia cade dalle nuvole scure, ma non è ancora pioggia.
“Perché Diego, perché mi hai preso in giro così?” Lo fa
voltare costringendolo a guardarlo. “Io e te eravamo amici, ci tenevo alla tua
amicizia, adesso cosa posso fare? Mi hai deluso così tanto Diego. Proprio con
Salvemini ti dovevi mettere. Sei un maledettissimo recchione schifoso, sai? Mi
fai proprio schifo, mi fate schifo tu e quel bastardo di Salvemini. Schifo” ribadisce,
poi sputa tra i suoi piedi continuando a guardarlo fisso in faccia.
Diego sente il sudore che gli scorre sulla schiena, le mani
gelate, il cuore che batte così forte da far fremere la camicetta. “Alfredo, ti
prego ragiona. Cosa vuoi fare, ammazzarmi? Ci rimetti solo tu. Lasciami andare
ti prego Alfredo, andiamocene da qui, o torna indietro e lasciami qui,
lasciami”.
“No che non ti lascio andare, l’ho giurato ieri che ti avrei
ammazzato sai Diego? Mentre vi guardavo, nell’uliveto. Oh che faccia! Sì, vi ho
seguito ieri, e vi ho guardato: ti ho visto mentre Michele te lo infilava, ti
ho sentito urlargli che lo amavi, oh altroché se urlavi Diego. Che ne diresti
di urlare un po’ anche oggi? Mi farebbe piacere risentirti” mentre parla
Alfredo si avvicina di più, gli passa la canna della pistola sotto al mento e
glielo alza. Vede le lacrime negli occhioni sgranati al massimo: “No Diego, un vero
uomo non piange. Mai. Ah, già ma tu non sei un uomo, sei un finocchio. Un
frocio che si è infilato nell’arma come un verme in una mela. Mi fai schifo te
l’ho già detto vero? E quello?” Ora fissa la mano che Diego ha alzato come a
proteggersi, vede l’anello. “Vi siete fidanzati, te lo ha dato lui quello. Oh,
molto romantico”. Gli prende la mano e glielo strappa malamente, lanciandolo
nella sabbia poco lontano. “No!” Diego si china nonostante l’arma puntata
contro di lui e lo raccoglie, tenendolo stretto in mano. Vede il dito sanguinare
per la violenza che Alfredo ha usato nello strapparlo.
“Oh, come siamo dolci. Ma tanto che fa? Potevi anche
lasciarlo lì, tra un po’ ci sarai anche tu lì a terra Diego. Non dovevi mai
prendermi in giro, mai”.
Diego non reagisce più, il terrore gli scorre nelle vene al
posto del sangue.
“Ma prima voglio fare una cosa con te. Diciamo che voglio
provare l’ebbrezza, voglio sapere cosa si prova anch’io Diego. Sì perché ci ho
pensato tanto caro amico mio. Ieri sera e questa notte, con la testa che mi
martellava, con questo dolore nell’anima, ho ripensato a noi, alla nostra
amicizia. E ho capito che ti sarebbe piaciuto. Che ti piacevo io e che se non
fosse arrivato quell’impiastro di Salvemini magari ti sarei bastato io, no?” Gli
scappa una risatina mentre la voce si fa sempre più lasciva, libidinosa.
“Perché ti sarebbe piaciuto che te lo mettessi nel culetto, vero Diego? Ma era
così facile da dire. Perché non me lo hai detto? Perché tu da frocio avevi
capito tutto, no? Ti eri accorto di come ti guardavo quando ti spogliavi in
piscina. E tutte le volte che mi ti strusciavi addosso...”
Si blocca un attimo e Diego ribatte: “Ma no, Alfredo io...”
Diego tenta di difendersi ma oltre la disperazione non ha nulla. “Non mi
interrompere. Si sarebbe potuta risolvere tra noi la faccenda. Se tu avevi tutta
questa smania di un cazzo su per il culo, c’ero io. Non dovevi cercarlo da quel
farabutto comunista. Avvicinati che te lo faccio sentire. È bello duro qui per
te” Alfredo malamente gli prende la mano e Diego, suo malgrado, si ritrova a tu
per tu con la patta dei pantaloni del collega. “Voglio proprio vedere se è
bello come penso mettertelo nel culo Diego” gli scappa un ghigno soddisfatto,
un’espressione che Diego non gli ha mai visto. Sono parecchie le cose che Diego
non gli aveva mai visto, prima di quel giorno. “Salvemini sembrava molto
contento. Penso di meritarmelo, in fondo si può dire che è grazie a me se siete
finiti insieme. Coraggio Diego, abbassati i calzoni e fammi vedere il tuo bel
culetto”. Al cenno di diniego, Alfredo gli spinge la pistola di nuovo sotto la
gola. Ora la sua voce è alta, non più suadente. Dura e minacciosa: “Non dirmi
di no! Non puoi dirmi di no! Spogliati Diego, subito, brutto bastardo,
spogliati! La sicura l’ho tolta da un po’, e mi sto innervosendo Perrone!”.
Diego non riesce a slacciare i calzoni, il tremito delle
mani glielo impedisce. Non vuole che succeda, non vuole, non ora. Michele aiutami, Michele aiutami...
“Spara Alfredo, spara lo preferisco, spara!”.
“Di quello che preferisci tu non me ne frega un cazzo.
Spogliati” esasperato dall’attesa, con la mano libera Alfredo slaccia i bottoni
dei jeans: “Abbassali insieme agli slip, presto, o ti sparo su quel cazzetto
moscio che ti ritrovi agente scelto!”.
L’istinto di sopravvivenza è ancora abbastanza vivo in
Diego, che finalmente ubbidisce e si toglie tutto come gli è stato ordinato. Anche
se pensa che lo ammazzerà, non si accontenterà di violentarlo. E se invece lo
lasciasse andare?
Eccolo nudo, sola maglietta, tremate come una bandiera.
“Girati Diego, avanti” appena voltato, lo scaglia con violenza sulla sabbia e
in un attimo gli è sopra, la pistola sempre tra loro, puntata alla nuca questa
volta. “Fammi divertire Diego, fammi divertire come hai fatto divertire Michele
ieri, muoviti frocio bastardo”. Si apre i calzoni e ne tira fuori il sesso
pronto, teso. Con una fatica che non avrebbe immaginato, Alfredo lo vìola,
sordo alle urla di Diego: il dolore è forte, non è pronto Diego per quello, non
lo sarebbe mai. Non c’è la rilassatezza dell’amore, l’eccitazione, il
desiderio. È tutto così innaturale, proprio non ce la fa. Le lacrime cadono
copiose dai suoi occhi, mentre si ripete continuamente, come fosse un mantra: Michele aiutami, Michele aiutami. Cerca
di pensare a lui per sentire meno il dolore, la paura, il terrore; l’anello
sempre stretto nella mano. Ora mi
ucciderà, non gli basterà questo, mi ucciderà. Se non altro non dovrò passare
il resto della mia vita con questo fardello... Vorrebbe non sentire le
parole di Alfredo, frasi che feriscono, che tentano di uccidere l’amore, il
grande amore che da mesi lo unisce a Michele. “Ma lo sai che sei proprio largo?
È peggio che metterlo in una fica. Ti ha ridotto così quel fattone di
Salvemini? Ah quanto mi fate schifo...” un gemito lo interrompe. “Però mi fai
godere, oh si che mi fai godere. Sei una troia perfetta, e muoviti perdio!
Muoviti come ti muovevi ieri! Vuoi stare sopra? Ti piace di più?” Con violenza
lo costringe a sedersi su di lui. Altro che piacergli di più! Gli fa ancora più
male. A quella nuova sensazione, Alfredo raggiunge l’apice. Dopo aver
eiaculato, come in un singulto di rifiuto si toglie Diego di dosso e lo getta
con decisione sulla rena. Poi si rialza a stento sulle gambe tremanti,
lasciando lo stuprato a terra come un mucchietto di stracci, in lacrime,
agonizzante. “Cosa mi hai fatto fare, cosa mi hai fatto fare. Colpa tua Diego,
solo colpa tua” rigetta fuori mentre si riallaccia i pantaloni della divisa e
si abbassa prendendo Diego per un braccio e strattonandolo in piedi. “Bastardo,
è colpa tua, hai capito?”. Forse colto dalla rabbia per il pentimento per
l’atto appena compiuto, o per lo schifo di quello che ha fatto, inizia a
prenderlo a pugni, e quando Diego gli cade tra i piedi, gli tira calci colpendo
dove capita. Diego non ha la forza di reagire, solo si rannicchia su sé stesso
come un feto. Alfredo continua a colpirlo con ferocia fino a che non lo sente
nemmeno più lamentarsi. Si stacca da lui e cammina sbandando sulla sabbia, fino
a riprendere la pistola che ha lanciato a terra nella foga del rapporto. Prende
la mira, puntando alla sua testa, poi al cuore, il dito teso sul grilletto.
“Cosa succede lì? Che c’è” una voce che si avvicina dalla strada,
una coppia di pescatori che si sta avvicinando, mentre comincia a piovere sul
serio adesso. Alfredo non ragiona più da un po’, fa per allontanarsi, torna
vicino a Diego, un povero resto di sabbia, sangue e lividi. Gli tira su il
volto e prendendolo dai brandelli della maglietta, gli grida contro: “Hai visto
che mi hai fatto? Per colpa tua, brutto frocio! Ma perché hai rovinato tutto!
Poteva essere bello tra noi! Potevi spiegarmi. Io ti amavo, io ti amavo e tu
hai fatto di me un assassino” disperato gli cattura le labbra e lo bacia con
durezza. Un bacio disperato e doloroso. Ma Diego non reagisce. È mezzo svenuto.
Allora Alfredo si allontana di nuovo e, girandosi repentino, senza prendere la
mira spara.
Alfredo scappa correndo sulla sabbia mentre pensa: Non sanno chi sono e lui è morto, non mi
scoprirete. Scappa scomposto Alfredo, torna alla macchina e sale, mettendo
in moto e partendo velocemente, mentre i due pescatori allarmati corrono vicino
a quello che sembra una persona rannicchiata sulla sabbia.
“Cazzo è morto, l’hanno ammazzato” uno dei due lo gira e
vede la ferita che sanguina, il corpo martoriato che si sta coprendo di lividi.
“No guarda, respira, sta respirando, è vivo. Corri sulla
strada, ferma una macchina. Io sto qui, cerco di fermare il sangue” guarda
inorridito in viso l’amico pescatore. Poi si avvede che è nudo dalla cintola in
giù: “Lo hanno violentato, ti rendi conto? Era un carabiniere quello che lo ha
violentato”. L’altro scrolla la testa senza parlare e corre sulla strada, ma
non passa nessuno, a quell’ora, ormai sono le sei e piove, la gente è già tutta
a casa.
Alfredo corre sulla provinciale verso Bisceglie. Non mi beccano, non mi beccano; l’ho
sistemato il porco, il frocio maledetto. E adesso soffri Salvemini... Ride
Alfredo, ride sguaiato ora, la pistola sul sedile accanto a lui.
Nel frattempo alla spiaggia una macchina si è fermata e
caricato Diego a bordo, stanno correndo all’Ospedale di Bisceglie. Arrivano al
pronto soccorso e subito gli infermieri si affrettano con la barella a caricare
Diego, sempre svenuto, e a portarlo nell’ambulatorio, dove i medici
stabiliscono che ha un proiettile nella spalla destra, e lo sottopongono agli
accertamenti del caso, prima di tutto le radiografie, per vedere se si renderà
necessario operarlo per toglierlo. Mentre un’infermiera gli toglie i resti
della maglietta azzurra, vede che il ragazzo tiene la mano sinistra serrata,
anche se debolmente. Gliela forza e aprendola ne cade un anello cesellato, che
la donna stupita raccoglie e si infila in tasca.
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Mio dio. Che strazio, povero Diego. Quanta sofferenza deve provare, ma l'unica cosa cui pensa è Michele e proteggere il pegno del loro amore. Alfredo accecato dalla rabbia e dalla gelosia compie un atto davvero ignobile, quasi come a liberarsi da un peso, come se eliminando Diego tutto può tornare alla normalità nel suo animo tormentato. L'unica cosa certa è che Michele sarà dilaniato da questo episodio e che Alfredo non la passerà certo liscia. Ragazze siete davvero sadiche. Erano così felici, con l'anello e le prospettive di una nuova vita insieme. Ma tutto si risolverà per il meglio, vero?
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