venerdì 24 maggio 2013
Tra rabbia e passione, ventiduesima puntata
Titolo: Tra rabbia e passione (cronaca di una
torbida relazione fra trulli ed onore)
Autori: Annina
e Giusipoo
Pairing: Diego Perrone/Michele Salvemini
Genere:
AU/Storico/Commedia/Erotico/Romantico/Introspettivo
Storyline:
Fine anni settanta
Rating: PG, slash, NC 17
Disclaimer: si intenda tutto frutto della fantasia e
del talento delle autrici. In verità i personaggi sono originali, abbiamo preso
in prestito i nomi per ispirazione artistica e basta
Sulla
strada per Bisceglie, Diego, sistemato come al solito sulla spalla del suo
amore, intonò Il mio canto libero di
Battisti. Michele lo ascoltava stupito: era la prima volta che lo sentiva
cantare: “Diè, canti da dio, veramente. Pensavo che la tua voce fosse bella
quando ridi, divina quando godi, ma quando canti… ma invece di nuotare e finire
nei carabinieri, non potevi dedicarti al canto?”
“Quando
godo ho una voce divina? Ma Michi, se mi dici che urlo quando vengo!” Diego rideva,
ma era soddisfatto dei complimenti di Michele.
“Urli
sì, urla molto intonate” Diego gli diede un pugno nel fianco, sbuffando. “Ma ti
giuro Diè, ti esce una voce sexy da morire quando fai l’amore, sensuale: solo a
ripensarci mi si drizza anche adesso guarda! Comunque si parlava del canto. Sei
bravo Diè, devi cantare più spesso. Anzi vai avanti: ma non con Battisti però,
dai, mi canti la canzone di un fascista! Che è bella, sinceramente, però dai…”.
“Io non
credo che Battisti sia fascista. Sarà un pettegolezzo. Penso che faccia delle
canzoni stupende, e sarai d’accordo con me che un fascista con l’arte non ha
niente a che fare: è una contraddizione in termini” Diego si era infervorato,
Battisti gli piaceva al pari di De Andrè e Guccini.
“Mi
scusi prof, cos’è? Una contraddizione… va beh, mi hai convinto dai,
ricantamela” ordinò. Diego gli cantò di nuovo le prime strofe, poi
accarezzandolo in viso gli sussurrò: “Sei tu il mio canto libero Michele, tu mi
hai liberato dai fantasmi che mi tenevano incatenato”.
Michele
fermò repentinamente la macchina sul ciglio della strada e lo prese fra le
braccia, cantando il pezzo successivo: “Nasce
il sentimento, nasce in mezzo al pianto… Io non canto bene come te Diego,
non ho la tua bella voce, ma ti posso dire che questa è proprio la nostra
canzone; sorretto da un anelito d’amore…
di vero amore” sulle ultime parole Michele lo baciò, ma fu un bacio quasi
casto, delicato, che li lasciò tremanti a guardarsi. “Hai ancora le stelle
negli occhi Diè”.
Diego
annuì senza parlare: la commozione gli chiudeva la gola. Tenendoselo stretto
Michele rimise in moto, e guidando lentamente ripartirono.
Entrati
in paese Diego si rimise seduto e si passò la mano sullo stomaco: “Michele, ho
una fame tale che mangerei qualunque cosa: sto pensando a dei panini, penso che
potrei anche mangiare una pastasciutta, anche se sono le sette del mattino!”.
“Fame
chimica piccolo! Anch’io ho una voragine al posto dello stomaco” all’occhiata
interrogativa del compagno spiegò: “L’hashish mette fame, si chiama fame
chimica. Poi mettici su il sesso sfrenato sulla sabbia, altro che panino!
Passiamo al forno, ci facciamo un po’ di scorta”. Michele si diresse dal solito
panettiere e comprò un paio di forme di pane, focaccia e brioche; tornò in
macchina passando i sacchetti a Diego e finalmente andarono a casa.
Il
signor Salvemini dormiva ancora, e loro si infilarono in cucina, misero la
caffettiera sul fuoco e tostarono le fette di pane. Ancora prima di farsi il
tanto agognato bagno, divorarono tutto quanto allegramente, mettendoci pure un
bel tazzone di caffelatte. Anziché sentirsi ritemprati, la stanchezza iniziò a
farsi sentire.
“Diè,
che ne dici se ci facciamo un pisolino? Cioè, prima un bel bagno che la sabbia
comincia a impadronirsi di me, poi un pisolino. Quando ci svegliamo pranziamo e
poi torniamo a Molfettown, ci facciamo una nuotata, andiamo un po’ più avanti
di dove eravamo oggi che ci sono le docce, così stasera doccino e torniamo alla
festa. Se ti va”. Michele sbadigliando lo guardò interrogativo.
Diego
rispose con un altro sbadiglio: “Sì Michi, anch’io ho sonno esagerato adesso.
Andiamo”.
Si
fecero un bagno insieme, limitandosi a lavarsi reciprocamente con affetto: la
debolezza ormai la faceva da padrona, ma per le coccole l’energia c’era sempre,
quindi si buttarono sul letto di Michele, l’uno addosso all’altro e si
addormentarono subito.
Salvo,
uscendo dalla sua camera, vide gli avanzi della colazione sulla tavola e
sorrise: anche lui da giovane aveva sempre fame, a qualunque ora. Pensò a suo
figlio con tenerezza: era ancora così giovane il suo Michele. Un bravo ragazzo,
un po’ agitato forse, ma per i motivi giusti. Andò ad aprire la porta della
camera per vedere se il figlio dormiva, e vide i due ragazzi addormentati di
traverso sul letto, Diego con la testa sul petto di Michele e con un braccio
che gli artigliava la vita. Rimase un attimo a guardarli: né incattivito, né
disgustato e nemmeno troppo stupito. Salvo ripensò a qualche sera prima, quando
avevano parlato di omosessualità: eccoci
qui, si disse. Ecco spiegato perché
questo benedetto ragazzo sta sempre qui... Si allontanò chiudendo piano la
porta. Sono bravi ragazzi, l’importante è
quello. Oddio, era sempre meglio se fosse capitato a casa di qualcun’altro,
ma Salvo scrollò la testa: c’era di peggio, poteva essere diventato tante cose
e frocio di certo non era la peggiore. Basta che sono felici... ripensò alla
moglie: sarebbe stata d’accordo anche lei. Certo, la gente li avrebbe
tartassati, ne era sicuro, ma avrebbero resistito, avrebbe difeso lui suo
figlio. E anche quel suo…fidanzato? Mah.
Anche lui comunque, li avrebbe difesi entrambi. Pervaso da una nuova forza,
addentò un grosso pezzo di focaccia, mentre mescolava una tazzina di caffè
ormai freddo.
Si
svegliarono alle undici passate sentendo suonare nella strada di sotto la
sirena dei carabinieri. Si guardarono straniti, ed entrambi fecero una smorfia.
“Pensavo che mi fossero venuti a prendere” rise Diego ma un po’ tremante.
“Avrebbero dovuto vedersela con me!” Michele gli diede un bacino sul naso:
“Buongiorno amore mio, dormito bene?”.
“Benissimo.
Non sento nemmeno il caldo quando sono con te. Mi fai stare bene” rispose Diego
passandogli le dita tra i peli del petto.
“Dai,
mangiamo un boccone e poi via in spiaggia” si vestirono al volo e andarono in
cucina, dove trovarono il signor Salvemini che stava scodellando tre bei piatti
di spaghetti: “Bravi, venite a mangiare. Com’era la festa ieri sera?”.
“Bellissima
signor… Salvo” rispose Diego: “Lei non va a farci un giro?” intanto arrotolava
golosamente gli spaghetti.
“Domani
forse, con zio Peppino e le… ragazze” rise il signor Salvemini pensando alle
‘signore’ attempate che li facevano divertire come adolescenti: la sua nuova
stagione dell’amore. Certo, non era l’amore vero, era sesso, ma era pur sempre
un modo per sentirsi ancora vivo.
Finito
velocemente di mangiare Diego e Michele si apprestarono ad uscire di casa:
“Ciao pà, non so a che ore torniamo, ma faremo ancora mattina credo”.
“Va
bene. State attenti però” li seguì preoccupato sul pianerottolo, mentre Michele
lo guardava stupito: “Attenti a cosa pà? Andiamo alla sagra…”.
Il
padre gli diede una pacca sulla spalla: “Lo so, ma non scopritevi troppo. Intendo…
insomma a me sta bene che... che stiate insieme ecco, ma a tanti potrebbe
infastidire. Non mettetevi nei guai, va bene?”. Lo disse balbettando un po’, ma
sorridendo. Diego e Michele si guardarono e non seppero cosa dire. Commosso
Michele abbracciò suo padre ma quasi subito Salvo lo allontanò spingendolo ad
andare. L’anziano comprese che anche Diego avrebbe voluto dire qualcosa, ma
glielo impedì con un cenno, una pacca sulla spalla anche a lui e rientrò in
casa.
In
silenzio si diressero alla macchina. Una volta a bordo Diego guardò Michele:
“Te lo saresti aspettato? Nonostante i suoi discorsi dell’altra sera, non
pensavo che sarebbe stato così comprensivo: i miei probabilmente non mi
rivolgerebbero più la parola se lo scoprissero. O forse no, chissà, magari sono
io ad essere prevenuto nei loro confronti. Comunque Michi, tuo papà è stato
fantastico”.
“Sì,
proprio un mito il mio vecchio, vero?”. Diego immaginò che ne avrebbero
continuato a palare per tutto il tragitto ma, in realtà, non c’era molto da
dire in proposito. Se Salvo non fosse stato il mito che si era rivelato, come
avrebbe potuto aver tirato su un figlio in gamba come Michele? Dopo essere
passati a far rifornimento dalla parti di Molfetta, arrivarono alla spiaggia
dove trascorsero un pomeriggio bellissimo, nonostante la folla che aveva invaso
la costa. Fecero il bagno e si abbronzarono, ma soprattutto parlarono a lungo,
continuando ad approfondire la loro conoscenza.
Come
deciso, la sera ripeterono tutto il tragitto del giorno prima: cena, giostre,
mercatino. Arrivarono al banco dove la sera prima Diego aveva acquistato
l’anello, e Michele ne prese uno uguale per il suo compagno. Non glielo diede
subito, ma lo portò ancora sulla ruota panoramica, e solo quando furono in
alto, tra luna e mare, glielo infilò al dito, baciandoglielo: “No, come dici
tu, non abbiamo bisogno di suggellare un bel niente noi. Ma questi anelli ci
uniscono, e ci terranno uniti per sempre, vedrai”. Non si baciarono ma si
abbracciarono stretti, solo per sentire il profumo l’uno dell’altro.
Fuori
dalle giostre e dall’allegro caos di bambini, si tuffarono nell’atmosfera rock:
le band avevano iniziato ad esibirsi e non se ne andarono fin dopo le due di
notte, quando la musica finì.
Essendo
sabato sera però questa volta la spiaggia era piuttosto affollata, nonostante
non fossero previsti ulteriori spettacoli. Sembrava che tutte le coppie di
Molfetta si fossero date appuntamento lì. Si sedettero abbracciati, appoggiati
agli scogli. Diego tese la mano con l’anello e la luce della luna lo fece
brillare. Michele avvicinò il suo che catturò la luce a sua volta. Si sorrisero.
Una improvvisa malinconia che Diego trovò inadeguata, lo riscosse. “Amore, e
ora? Perché gli occhi obliqui? Che ti è successo?” lo spronò scrollandogli un
braccio.
“Ma
niente Diè, so che ti sembrerò patetico, ma a costo di passare per l’idiota
della situazione…”
“Ma dai,
dimmelo! Mi fai preoccupare così!” Diego, sulle spine, si rosicchiò il labbro
inferiore. “Allora, io e te stiamo
insieme no? Ecco sì, stiamo insieme, gli anelli, lo sa anche papà. Però non mi
hai mai detto... e nemmeno te l’ho mai chiesto... per questo te lo sto
chiedendo ora, ok? Ecco, dimmelo Diego, prima di me, c’è stato qualcuno di importante? Lo so, me
lo hai già detto che non hai amato nessuno prima di amare me, ma mi sembra
impossibile” Michele teneva gli occhi fissi sugli anelli, l’espressione mogia.
“Cosa
c’è Michele? Come mai questi pensieri?” Diego cercò i suoi occhi, stupito.
“Non lo
so, mi è venuta una paura assurda; non fraintendermi, lo so che mi ami, oh, se
lo so. Ma sarà l’atmosfera festaiola che per dispetto mi intristisce, o sarà
che quell’imbecille con la camicia verde che ballava vicino a noi non ti ha mai
tolto gli occhi di dosso. Rassicurami Diè”.
Scrollando
la testa, Diego mise le mani nei capelli di Michele e lo attirò a sé,
baciandolo sulla fronte, sugli occhi, sul naso: “Posso farlo. A parte che non
ho visto nessuna camicia verde vicino a noi stasera: il mio orizzonte inizia e
finisce con te Michele. Che c’entra, i bei ragazzi li vedo, non sono cieco, ma
ti amo, amo solo te, e non mi interessano gli altri. Nel mio passato… vedi, tu
sei diciamo nuovo dell’ambiente. Sorridi? Fai bene, sei bello quando sorridi.
Del mio passato dicevo. Ecco, chi è come me tende a nascondersi, capisci? Siamo
considerati malati, è difficile, più che altro si tratta di rapporti consumati
nell’ombra”. Diego si interruppe e Michele se lo attirò più vicino percependo
il suo turbamento. Diego continuò: “Ho frequentato un solo uomo, per due anni.
Un francese, più grande di me. Parecchio più grande di me” rimarcò. “Avevo
diciotto anni quando lo conobbi, poco più di un ragazzino” improvvisamente il
ricordo di quel dolore, di quella solitudine lo piegò. Diego non se la sentiva
di continuare, non voleva ricordare quel periodo, quei due anni della sua vita,
dove un uomo più vecchio di lui lo aveva usato, perché era così, lo usava. Ma anch’io usavo lui però. Non ci amavamo...
“Ed è
stato lui a metterti tutte quelle idee? Che sei piccolo, che non hai il fisico,
tutte quelle menate che ti fai?” chiese Michele, adombrato.
“Faceva
parte del gioco suppongo. Un gioco che gestiva lui. È passato Michele. È il mio
passato”.
Michele
rimase a guardare l’orizzonte per un po’, poi tornò a guardare lui: “Solo una
domanda ancora, se te la senti di rispondere. È stato il tuo primo uomo, il tuo
primo rapporto. Io…”.
Diego
lo interruppe: “Michi, il mio primo uomo, che non amavo. Con lui non facevo
l’amore, lui mi prendeva e basta. Sesso e basta. Era anche abbastanza brutale;
non pensarci più Michi. Io non vorrei pensarci più, vorrei lasciarli qui su
questa spiaggia quei ricordi. Cancellarli. Io con te faccio l’amore, sento
l’amore che ci attraversa Michele, che passa da te a me. È bellissimo, mi
completa e ci completa. Le due cose non si possono paragonare” dopo un piccolo
starnuto, fu colto da un dubbio: “Il problema è che non sei stato il primo a
mettermelo nel culo Michi?”
Questi
sorrise: “Va bene, lo ammetto: mi sarebbe piaciuto. Ma lo ho accettato no? Va
bene così solo che temo... ecco temo di essere anch’io brutale. Ti ho lasciato
dei segni, li ho visti. Per non parlare delle manette. Starò più attento,
d’accordo?” Michele gli teneva le mani sulle spalle, lo guardava ansioso. Diego
gli rise letteralmente in faccia: “Ma no Michi, tu non sei brutale, sei l’uomo
più dolce del mondo. Noi giochiamo quando facciamo l’amore, e giocando ci si
può fare un po’ male, no? Come dai bambini al cortile no? Io non voglio che
cambi niente fra noi Michele, è bello quello che stiamo creando, è bello quando
mi ami, sempre. È bello dopo fare le coccole, ridere, amarsi Michi. Tu mi
regali dolcezza in ogni momento e passione quando è giusto e quel tanto di
brutalità che mi piace... che ci piace, no? Non voglio che cambi niente tra di
noi. Mi fai stare bene, mi sento amato e ti amo da morire. E adesso stringimi
amore”. Si accoccolò fra le sue braccia e Michele lo cullò.
“Scusami
piccolo, ma avevo bisogno di saperlo. Non so perché. Ora mi spiace averti fatto
ricordare cose spiacevoli. Ma hai ragione, le seppelliamo qui le cose tristi,
la nostra sarà una vita serena e piena d’amore”. Stretti com’erano, estraniati
dal mondo non si accorsero delle prime gocce di pioggia, che presto divenne un
acquazzone. Ridendo, si alzarono dalla sabbia e corsero come gli altri verso
l’auto; correre non servì, e arrivarono alla Renault completamente fradici.
Fu sufficiente
il vento caldo che proveniva dai finestrini aperti ad asciugarli. Lasciato alle
loro spalle il temporale improvviso, tornarono a Bisceglie. Dopo essersi tolti
i vestiti gualciti si gettarono sul letto uno tra le braccia dell’altro e nel
giro di pochi minuti si addormentarono.
Quella
domenica Diego e Michele non uscirono di casa. Dormirono fino a molto tardi.
Una volta alzati fecero onore alle polpette con carote e piselli che Salvo
aveva preparato loro. Accanto al tavolo imbandito un foglietto sul quale era
scritto: “Siamo andati al cimitero con zio Peppino, sto fuori tutto il giorno.
Michele fai i piatti” la calligrafia infantile. “Tuo padre è proprio un grande”
commentò Diego inzuppando il pane nel sugo delle polpette.
“Secondo
me si è fatto la fidanzata e non me lo vuole dire. Ma ti pare!”
“Pensa
che ci resteresti male per tua mamma Michi. Ci sta, cerca di capirlo”
“Ma sì,
tanto lo so come è fatto. Non bisogna parlarne. Come con noi no? Ci ha detto di
stare attenti perché lo teme davvero che qualcuno ci faccia del male”
Diego
cambiò espressione ombrandosi: “Pensa amore se sapesse del pestaggio di Alfredo
e Tropea. Poverino”
“Ma non
lo ha scoperto no? Dunque perché quella faccia ora. E guardati, ti sei sporcato
di sugo fino al petto...” Michele guardò con desiderio la pelle esposta e Diego
capì. Capì cosa avrebbero fatto dopo pranzo e per tutto il resto del
pomeriggio.
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Dolcissimi nella loro ricerca di normalità che sembrano trovare in una festa di paese, sulle giostre o semplicemente guardando il mare su una spiaggia. E' tutto semplicemente perfetto, anche papà Salvemini che non solo accetta il loro amore ma si professa pronto a difenderli contro tutti. Attendo come una drogata in cerca della sua dose il prossimo avvincente capitolo
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