giovedì 2 maggio 2013
Tra rabbia e passione, diciassettesimo capitolo
Titolo: Tra rabbia e passione (cronaca di una
torbida relazione fra trulli ed onore)
Autori: Annina
e Giusipoo
Pairing: Diego Perrone/Michele Salvemini
Genere:
AU/Storico/Commedia/Erotico/Romantico/Introspettivo
Storyline:
Fine anni settanta
Rating: PG, slash, rigorosamente NC 17
Disclaimer: si intenda tutto frutto della
fantasia e del talento delle autrici. In verità i personaggi sono originali,
abbiamo preso in prestito i nomi per ispirazione artistica e basta
Capitolo 17
Arrivò
anche giugno e passò pure. In qualche modo Diego e Michele riuscivano a vedersi
quasi ogni sera. Ufficialmente Diego era fidanzato ma non mostrava la sua
ragazza per due ragionevoli motivi: lei era molto timida, e lui molto geloso in
quanto bellissima. Per via della nuova ragazza, anche Alfredo sembrava essersi
tranquillizzato, e non lo tormentava più come prima. C’erano ancora stati un
paio di inviti a cena che Diego aveva gentilmente declinato, spiegando che
preferiva uscire con Mirella. Qualche volta aveva accettato la sua compagnia in
piscina, ma in questo caso era stato Alfredo ad annoiarsi: Diego si tuffava e
nuotava ininterrottamente per un paio d’ore e lui, che era tutt’altro che uno
sportivo, si ritrovava a fare un paio di vasche e poi, avutane abbastanza,
restava ad aspettare il collega seduto a bordo vasca.
Diego
ricevé il nuovo il nuovo programma di allenamento dall’allenatore: alle vasche
e alla solita ginnastica avrebbe dovuto aggiungere mezz’ora al giorno di pesi
per sviluppare spalle e bicipiti. Questo comportava ulteriori soste in
palestra. Alfredo rinunciò presto a seguirlo anche lì, dichiarandosi più che
soddisfatto della sua pancia. Diego gioì: era finalmente libero di muoversi
come voleva! Tutte le sere che non era di turno, smontava e correva dal suo
amore. Non mancarono nemmeno le prese in giro da parte dei colleghi, per il
fatto che non si mostrasse mai in pubblico con la ragazza: “Diè, ma quanto sarà
cozza la tua fidanzata per tenerla così nascosta?” I carabinieri presenti in
mensa risero alla battuta di Savino. “Con la gobba, un occhio di vetro” “Senza
tette e con la parrucca” “Senza denti, zoppa, con l’alito che puzza” furono i
commenti goliardici degli spiritosi.
Anche
Diego rise, e decise di stare al gioco: “Invece è bellissima, come voi non ne
avete mai viste. Alta e con un fisico da paura. Capelli ricci, lunghi e
nerissimi: paghereste per avere una donna come lei”.
Savino
ribatté: “Allora avrà i baffi! Si sa, donna baffuta…”. A Diego andò di traverso
l’acqua che stava bevendo, ma proseguì: “Certo, ha anche una lunga barba
nera!”. Si alzò e salutando guadagnò l’uscita, seguito dalle risate dei
colleghi. La sua espressione irradiava tutto l’entusiasmo e l’amore che provava
per quella creatura misteriosa e fortunata. A tutti era sufficiente guardarlo per
credere alla sua felicità. Salì in camera a prendere la sacca e ridiscese
allegramente le scale: l’indomani, lunedì, sarebbe stato il suo giorno libero e
Michele si era preso un giorno di ferie. Volevano passarlo al mare,
possibilmente da soli, anche se a luglio era una pretesa quasi impossibile. Ma
Michele gli aveva garantito di conoscere una caletta solitaria e impossibile da
raggiungere a piedi. Avrebbero preso una barchetta e remato fino a lì. Per
iniziare quella sera avrebbe dormito a casa sua. A Diego non sembrava vero. Si
erano visti quasi tutte le sere, ma dopo Pescara non avevano più condiviso lo
stesso letto. Camminando a piedi verso casa di Michele, Diego sorrideva
allegro. Chissà se ci sarebbe stato anche il padre: non lo aveva mai visto.
Sapeva da Michele che veniva da un leggero esaurimento, e che per tanto tempo
non era uscito di casa, ma ora stava meglio e aveva iniziato a lavorare in
campagna con un parente e ad uscire tutte le sere o quasi. Speriamo che stasera sia uscito; intanto era arrivato sotto al
portone di Michele. Lo vide affacciato al balconcino che gli sorrideva
salutandolo con la mano.
Si
fermò a salutarlo a sua volta, incantato. Ancora adesso, dopo quasi due mesi
dalla prima volta che lo aveva ‘rapito’ e ammanettato in cascina, non riusciva
a credere che quel bel moro fosse suo! Infilò il portoncino e salì i gradini a
due a due, arrivando al pianerottolo proprio mentre Michele apriva la porta per
accoglierlo. Si trattenne dal saltargli al collo, perché aveva sentito dei
passi scendere le scale; Michele gli strizzò l’occhio e lo guidò in casa.
“Vieni
che ti presento mio padre; si ferma a cena con noi, poi però ha un impegno,
deve uscire”.
Un
sorriso si allargò sul viso di Diego mentre stringeva la mano al signor
Salvemini.
A
cena il clima era rilassato. Parlarono della situazione politico-economica italiana
ed estera. Se Michele e suo padre erano ferratissimi sull’argomento, Diego non
fu da meno, e conversarono piacevolmente fino al momento del dolce, che nessuno
di loro consumò perché rimpinzati di pasta e di cozze alla marinara e in
più si erano finiti un’intera forma di pane.
Quando
venne il momento di uscire, il padre strinse la mano di Diego salutandolo con
calore: “Mi spiace quasi andarmene, si stava parlando così bene. Sono proprio
contento di averti conosciuto Diego; devi venire più spesso a cena da noi,
d’accordo?”.
Diego
annuì contento: “Senz’altro signor Salvemini, sono stato benissimo anch’io
stasera. A presto”.
Dopo
aver salutato suo padre con una pacca sulla schiena e un ‘saluta zio’
distrattissimo, Michele tirò il catenaccio e tornò verso Diego: “Ricordiamoci
di riaprire più tardi, o dovrà dormire sul pianerottolo” ghignò. Sedette
pesantemente su una sedia e, con un gesto lesto, attirò Diego in braccio:
“Eccoti qui finalmente tra le mie mani! Che ne dici di spogliarti intanto?”.
Mentre parlava Michele gli sfilò la maglietta lanciandola a terra.
Il
viso già abbronzato di Michele spiccava sulla t-shirt rossa, una fascia sempre
rossa tratteneva la massa di riccioli neri: “Dio Michele, stai così bene in
rosso che quasi mi spiace spogliarti” Diego gli accarezzò la barba con
dolcezza, guardandolo attentamente, come se volesse imprimersi i suoi
connotati. “Stai disprezzando il mio torace virile Diè?” Scherzò con il viso
fintamente rabbuiato.
“Ma
no, tutt’altro” Diego lo aiutò a togliersi tutto e, accarezzandogli le cosce
infilò le mani sotto ai calzoncini di tela che Michele aveva iniziato a portare
da quando era scoppiato il caldo.
“Mmm…
non hai più le manine gelate, ma il tocco è sempre molto piacevole Diego”. Il
carabiniere sorrise e continuò ad accarezzarlo tra le gambe.
“Spogliati
Diego, forza” Michele si tolse le sue mani da dosso e lo fece alzare. Gli
piaceva dargli ordini, e Diego era contento di obbedirgli. Nell’intimità
Michele era molto autoritario nei modi, molto. Faceva parte del gioco. Era
Diego per primo a volere quel trattamento. Dopo il piacere ci sarebbe stato
tutto il tempo per la dolcezza e le coccole. Diego si sfilò i calzoni e subito
dopo gli slip e, una volta nudo davanti a lui, restò immobile mordicchiandosi
il labbro inferiore in attesa.
“Ancora
Diè? Guarda che ormai ti conosco, so quando hai dei pensieri, e so anche quali
sono. Vieni qui” se lo rincollò addosso accarezzandogli le braccia. Diego
nascose il volto tra la selva che erano i capelli di Michele: “Ascoltami” iniziò
pretendendo che tirasse fuori la testa e lo guardasse in faccia: “Io non so chi
prima di me ha avuto la fortuna di spogliarti, e non so cosa ti abbia detto.
Hai ‘sta fissa di essere piccoletto, di non avere il fisico, e non mi credi se
ti dico che non è vero. A me piace guardarti nudo, sei eccitante da morire Diè.
Sei piccolo, certo, sei tutt’altro che un colosso. Ma mi piaci anche per
questo no? Per me sei bellissimo. Poi adesso ti sei modellato coi pesi, sei
fantastico”.
Diego
annuì e gli strusciò il naso sul collo, prendendo a dargli tanti teneri
bacetti, sussurrandogli parole d’amore. Arrivò alla sua bocca e ne leccò il
contorno: ogni volta che la lingua di Michele tentava di toccare la sua, si
ritirava e tornava subito dopo a leccargli le labbra. Dopo un po’ le mani di
Michele gli bloccarono la testa, e finalmente si baciarono e fu come sempre
stupendo. Forse perché il primo bacio per loro era arrivato tardi, a causa
delle remore di Michele, ogni volta che si baciavano era sempre come la prima,
uno scoppio, un fuoco d’artificio, qualcosa di sovrumano. Diego mosse i fianchi in modo sensuale,
sfregando il suo sesso contro quello di Michele, ancora rinchiuso nei
calzoncini.
“Diè,
se continui mi farai venire addosso! Come diavolo fai a muoverti così, sensuale
da morire…”.
“Aspetta”
mormorò Diego alzandosi e togliendo a Michele quello che si frapponeva ancora
fra i loro desideri. Di nuovo su di lui, ricominciò a muoversi mentre lo
baciava ancora e ancora. “Diego vorresti? Io non resisto più: o mi fai entrare,
o ti allontani!”. Diego appoggiò la fronte alla sua parlandogli sulla bocca:
“Ma come, niente servizio completo stasera Michi?” .
“Tranquillo
ragazzo, non è ancora mattina! Non crederai di cavartela con una misera inculata?”
Così dicendo gli prese saldamente le natiche tra le mani e lo sollevò. A Diego scappò
un sorrisetto dolce ma poi si mise serio. Sentendolo davvero al limite, gli
impugnò il pene e, una volta posizionato sopra di lui, lo accolse. Dovette
mordersi il labbro per non gridare subito. Chiuse gli occhi.
“Guardami
Diego, lo sai che mi devi guardare, voglio sempre vedere i tuoi occhi quando
siamo uniti così”.
Diego
ansimando con la bocca semiaperta, spalancò gli occhi nei suoi ancora una
volta, perdendosi in quei pozzi neri che erano quelli di Michele. Mentre si
muoveva ricominciarono a baciarsi con passione.
“Diego,
io…”.
“No,
aspettami, aspettami Michi, solo un attimo ancora…” si portò la mano di Michele
sul sesso e la guidò fin quanto, inarcando la schiena arrivò a sua volta. Si
abbandonò tra le braccia dell’amato, sfinito. Michele gli accarezzò la testa
con tenerezza, ravviandogli i capelli sudati. “Il mio Diego. Sai, guardarti in
viso mentre si fa l’amore è metà del piacere. Sei bellissimo quando sei
eccitato. Anche quando non lo sei però” Michele gli strizzò l’occhio e Diego
rispose con un bacetto sul naso. “Poi non parliamo della tua voce. Ti ho mai
detto quanto mi piace la tua voce, piccolo?”
“Me
lo dici sempre”
“Sì
ma mentre godi è anche meglio, adoro ogni tua espressione, ogni tuo gemito”
“Anch’io
Michi, anch’io, sei bellissimo, ti amo”. Si tirò su e crollò letteralmente
sulla sedia di fronte: “Che caldo fa Michi, sto morendo. Cos’è questo profumo?”
Scrutò sul tavolo finché non notò la zuppiera del dolce. “Crème Caramel? Buono!
Ne mangerei proprio adesso”.
“Sì,
è il dolce che aveva preparato mio padre. Oh, niente di che, direttamente dalla
busta nel latte, però è fresco”. Rimediò due cucchiaini e mangiarono la crema
direttamente dalla zuppiera.
“Hai
caldo eh piccolo? Vuoi farti un bagno? Ti rinfreschi un po’”.
“Magari! Avrei propri bisogno di un po’ di
fresco” rispose Diego sventolandosi con la mano. “Tra l’altro sono pure
riuscito a sporcarmi con il dolce” si passò un dito sul torace dove un po’ di
liquido si allungava. Ma non era solo la parte liquida del Crème Caramel. Lo
sapevano entrambi ed entrambi scoppiarono a ridere. “Vieni dai, molla quel
cucchiaino adesso” Michele gli prese la mano e lo trascinò in bagno; una volta
là fece scorrere l’acqua nella vasca e Diego vi si immerse con piacere. “Tu non
vieni? Dai Michi, entra anche tu”.
“Ma
ci stiamo? O beh, ci staremo” si sistemò di fronte a l’altro che gli allacciò
subito le gambe intorno ai fianchi, stringendoglisi contro. “Tu non sai che
tormento è durante il giorno pensare a te e non poterti abbracciare Michi, non
poterti stringere, non poterti fiutare”.
“Sì
che lo so, perché per me è la stessa cosa. Quando ti penso ho solo voglia di
stringerti. E improvvisamente è la tuta che si restringe, qui a basso…” Michele
ridacchiò sornione.
“Che
scemo” Diego rise dandogli un pugno sulla spalla, e subito baciandogliela.
“Siamo
due scemi Diè. Due scemi innamorati però”. Sentirono un rumore di là in cucina:
si era aperto il portoncino, era tornato il padre di Michele.
“Per
fortuna che avevo tolto il catenaccio, sennò sai che casino?” a Michele scappò
da ridere.
Ma
l’espressione di Diego era tutt’altro che rilassata: “Perché così non è un
casino? Come diavolo usciamo da questo bagno adesso? Cazzo Michele, i vestiti!
Sono rimasti in cucina!” Diego lo guardò terrorizzato.
“Ma
no, sciocco! Li ho portati in camera prima di entrare in vasca, non te ne sei
accorto?” Michele gli arruffò i capelli con tenerezza.
“No,
non me ne sono accorto, comunque come usciamo da qui?”.
“Aspettiamo
che lui entri in camera sua e poi ci dileguiamo nella nostra”.
A
Diego piacque sentirgli dire ‘nostra’, come se lui ormai vivesse lì, di
diritto.
Così
fecero: appena il signor Salvemini richiuse la porta della sua stanza, in punta
di piedi sgattaiolarono in camera e si buttarono sul letto ridendo come monelli
che hanno fatto la marachella.
“Dai
Michele, zitto, che ci sente!”.
“Beh?
Stiamo ridendo, che male c’è? Devi stare calmo Diè. Quando vivrai qui con me
come faremo? Faremo insonorizzare la camera? Non possiamo continuare sempre a
imboscarci in giro per la campagna” una volta che si fu coricato, le mani
incrociate dietro la testa, Michele si girò verso di lui e lo trovò che lo
guardava ad occhi spalancati. “Che c’è? Hai detto qualcosa?” Michele attese.
“Io?
Tu hai detto… cos’hai detto Michele? Quando vivrò qui con te? Ma cosa ti viene
in mente”
“E
dove vuoi andare? Non posso mica abbandonare il vecchio a sé stesso. Ma ci
stiamo tutti e tre qui, non è tanto piccolo no?” Nella voce di Michele c’era
una nota d’ansia.
“Ma
tuo padre non lo accetterà, e i vicini… ma tutti. Io non so Michele, tu la
metti giù facile” Diego ormai era in preda allo sconforto. Michele lo attirò a
sé: “Noi siamo nati per stare insieme Diego, siamo nati per amarci. A me degli
altri non me ne fotte un cazzo, te lo dico così, come lo penso, io penso solo a
te, a noi. E tu? Dimmi come la pensi tu”.
Agitato,
Diego aprì la bocca un paio di volte, e altrettante la richiuse. Il tocco della
labbra di Michele sulle sue lo riscosse: fece una risatina nervosa e finalmente
si rilassò: “Non so come faremo Michi, ma sì, voglio stare solo con te anch’io,
sempre con te e degli altri non me ne importa” si rintanò nel rifugio sicuro
delle braccia di Michele.
“Ora
dormiamo piccolo, ho paura che tu sia troppo nervoso per fare dell’altro”.
“Non
sono nervoso, ma sì, forse per stasera è meglio così, tuo padre nella stanza
accanto un po’ di agitazione me la mette. Mi abituerò” risero e, a dispetto del
caldo, si addormentarono quasi subito abbracciati.
Etichette:
AU,
Caparezza,
Diego Perrone,
eros,
fanfiction,
storie a capitoli,
Tra rabbia e passione
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Adorabile questo quadretto familiare. Sembra quasi come se Diego viva già con Michele e suo padre. Tutto fa pensare a dei programmi precisi, ad una vita insieme in modo da non essere più separati perchè è proprio quello che Michele vuole: stare insieme a Diego e non lasciarlo mai. Scommentto che presto Diego si troverà ad un bivio, dovrà prendere una decisione perchè essere un carabiniere e vivere alla luce del sole la sua storia con Michele sono forse incompatibili, soprattutto in quegli anni. Tifo per l'amore e sono sicura che ascolterà il suo cuore e agirà d'istinto come ha sempre fatto
RispondiElimina