domenica 7 aprile 2013

Un padre e un padre, decima, undicesima e dodicesima parte



Titolo: Un padre e un padre
Sottotitoli: Legato, La partitta di beneficenza, Notte di Natale
Pairing: Diego Perrone (Padre Andrea)/ Michele Salvemini
Genere: AU/Drammatico/Romantico/Introspettivo
Raiting: PG, slash
Disclaimer: Adattamento della fan fiction Un padre e un padre, di cui la versione originale si trova qui
Come sempre è tutto frutto di fantasia, i personaggi sono originali, ho preso in prestito i nomi per ispirazione  artistica e non per insinuare qualcosa!




Legato


Gina continuava a fissarli. Era un’indecenza bella e buona essersi lasciati andare con i bambini a pochi passi da loro, pensò Andrea. Ed era una vera fortuna che fosse stata la più piccola, e anche la più innocente, a sorprenderli o quasi.
“Stavamo prendendo il tè” rispose gutturale suo padre.
“E non rischiate di scottarvi la lingua se state così stretti stretti?” la sua purezza li disarmò facendoli sentire ancora più sporchi.
“Tesoro, perché sei sveglia? È tardissimo”
“Ho sete e devo fare la pipì”.
“Te lo dico sempre di farla prima…” Andrea si alzò cercando di far sembrare il gesto più naturale possibile, fallendo miseramente. Era così imbarazzato da poter sentire le guance ardere come quando si sta per troppo tempo vicini al fuoco.
“Io andrei” fece sapere.
“Ci si vede domani” replicò Salvemini. Lo accompagnò alla porta. Prima di lasciarlo andare non poté trattenersi dall’accarezzargli la guancia sulla quale apparivano nitidi i primi punzoni di barba. Anche Andrea avrebbe voluto accarezzargli la barba. E anche di più… ma guardò la sua bici e la strada buia che avrebbe dovuto condurlo verso casa. Prima di salire sul sellino sospirò. Era talmente freddo che temette di non riuscire a muovere le gambe. E quando giunse dinanzi alla chiesa, talmente fradicio di neve da non sentirsi più gli arti.
Felicità e paura, due sentimenti tanto distanti ma quanto mai vicini in quel momento, cospirarono contro il sonno di Padre Andrea. Per quanto cercasse di dormire il ricordo dei momenti tremendi (tremendamente belli) passati con il boscaiolo tornavano prepotentemente a farla da padrona. Se la piccola Gina non fosse entrata… dove saremmo arrivati? Peccatori, senza scusate. No, non posso tormentare quell’uomo, io… io ho dato l’estrema unzione a sua moglie, e ora mi faccio baciare da lui? Era inaudito. Stavamo bene insieme, si volevano bene. Andrea gli aveva fatto tornare il sorriso. Queste erano tutte le cose buone che non sarebbero dovute andare perse. Ma per il resto, i baci, lo strofinamento dei corpi, il piacere… Quelle impudiche, demoniache, scellerate azioni, andavano cancellate e alla svelta. Andrea s’impose di non pensarci più, ma per quanto ci mettesse tutto se stesso, il calore, l’odore, il sapore dell’uomo tornavano a fare i loro comodi facendo avvicinare il suo corpo alla perdizione. Odiandosi per quello che avrebbe voluto fare, si legò i polsi tra loro alla spalliera del letto aiutandosi con i denti. Ma, nonostante questo, col giungere dell’alba, una chiazza umida troneggiava nel punto centrale del letto.


Quella mattina, durante la colazione, Padre Donato notò i segni sui polsi.
“Che hai fatto, prete?  Che sono quei polsi completamente lividi?”.
“Non serve che te lo spieghi, ho combattuto contro i demoni, stanotte.”
“Non ci posso credere. Approvate metodi tanto barbari? Ma dico io, siamo nel medioevo?”
No, Andrea non voleva affrontare l’argomento, non dopo quello che era successo con Michele, non con Padre Donato. Ma una spiegazione al collega, la doveva. 
“Basta così, Padre, ho motivo di credere che tu non possa capire certe cose. E non voglio discussioni in proposito.”
“Capisco che ti senti minacciato. Ma a ventotto anni è più che normale avere gli ormoni in subbuglio. La castità è un dovere che ti sta a cuore. Ma anche la salute mentale e fisica dovrebbe essere tra le nostre priorità, non credi?”
“Fumi, e non mi risulta, almeno secondo recenti studi, essere una buona abitudine. E bevi, questo anche non fa bene alla salute. E dunque non farmi la morale”.
“Dio ci ha fatto le mani per usarle. Non per legarci quando…”
“Insomma basta” urlò in un falsetto che non gli apparteneva. La perpetua giunse dalla cucina per capire il perché quella che sembrava una discussione ordinaria, stesse prendendo una piega tutt’altro che civile.
Ritrovato un po’ di raziocinio, Padre Andrea uscì dal refettorio. Andò nella sua camera a cambiarsi. Ufficiò la messa. Chiacchierò con dei parrocchiani. Fece una passeggiatina. Nel pomeriggio spalò la neve che occludeva il passaggio verso la parrocchia di fronte all’entrata. Fece ogni azione in maniera convulsa. Voleva dimenticare, ritrovare padronanza di sé. Ma prima che il sole fosse tramontato del tutto, la figura massiccia di Salvemini si delineò tra il chiaro e scuro dell’imbrunire. Il cielo rosso come il tuorlo d’uovo si riversava con tutta la sua audacia sopra i due peccatori.
“Eccomi qui” esordì timidamente l’uomo. Sembrava un giovinetto al suo primo approccio.
“Perché non… voglio dire” Andrea s’impappinò. L’emozione che gli procurava Michele era paragonabile allo stordimento di una droga. La testa gli girava un po’ come quando si è un tantino brilli.
“Perché non sono venuto a messa? Scusami ma ho lavorato tutto il santo giorno e poi c’è stato l’allenamento… ”
“Già… e non sono venuto”.
“Perché?”
“Ho avuto da fare” era una bugia più che palese. E Michele se ne accorse.
“Mi raccomando, vieni domani. È l’ultimo allenamento prima della partita.”
Pur titubante e guardandosi costantemente le punte delle scarpe, Andrea annuì



La partita di beneficenza


Un cielo plumbeo gravava sulle teste degli spettatori. In lontananza, i tuoni preannunciavano bufera. Nonostante il freddo, sugli spalti c’era quasi tutta Ferriere, almeno la parte cattolica e non certo quella comunista. Alcune donne si tenevano le gambe al caldo sotto una coperta, curiose di vedere i ventidue contendenti e, soprattutto, com’era carino Padre Andrea con la divisa da calciatore, e, tra le righe, senza il vestito scuro con il quale officiava messa.
Alle dodici in punto, come da programma, entrarono in campo. La pioggerellina iniziò a picchettare fastidiosa. Gina gridò: “Forza papà” e anche gli altri bambini scalpitarono. Per quel giorno era concesso di scatenarsi un po’. Mancava così poco al Natale, e la scuola era chiusa. Il maestro non li avrebbe messi dietro la lavagna. I ragazzi della prima comunione incitarono i loro catechisti, Andrea e Donato.
“È davvero uno splendido mortale, Padre Andrea vestito così” confidò Benedetta Quattrini alla sua vicina di posto.
“O mio Dio, dovresti vergognarti per i pensieri impudichi che hai formulato” ma Benedetta le rispose con una risata maliziosa. La perpetua, poco distante da loro, non aveva sentito, ma intuì che l’interesse primario delle tifose fosse Padre Andrea e sorrise tra sé. Anche lei, nonostante l’età, lo trovava decisamente attraente.
I primi scambi di palla furono timidi, poi, man mano cominciavano a prenderci gusto, quelli della fazione avversaria presero il sopravvento. Andrea, che ce la stava mettendo tutta nonostante la struttura fragile o forse per merito di essa, si liberò scaltramente di due avversari e s’involò in contropiede verso l’aria di rigore avversa. Un omaccione barbuto lo stese facendolo carambolare più volte. Con estrema enfasi fu redarguito sia dall’arbitro, il figlio del bottegaio, sia dall’arrabbiatissimo capitano Salvemini.
“Stai bene?” chiese ad  Andrea tendendogli la mano. Il prete l’afferrò grato.
“Sì, sono ancora tutto intero per fortuna” rispose sorridendo.
I due parlottarono prima del calcio di punizione. Il pallone carambolò tra le numerose teste. Corrado Buzzi saltò più in alto di tutti e fece goal. Uno a zero per la San Giovanni Battista. Tutti gli furono intorno per congratularsi. A quel punto la partita si trasformò in battaglia. Iniziò a piovere sul serio e gli atleti ad azzuffarsi a centro area. Il sudore si mischiò al fango e, a metà circa del secondo tempo, l’arbitro, coadiuvato dai due guardalinee, decise che bastava così. Anche per non perdere tutti gli spettatori rimasti.
Mentre uscivano dal rettangolo di gioco, Michele circondò con un braccio le spalle di Padre Andrea.
“Bravissimo” gli sussurrò avvicinando la bocca al suo orecchio.
“Sono distrutto” rispose.
“Una bella doccia calda e tornerai come prima”.
“Sempre se c’è l’acqua calda”. Padre Donato, poco dietro, non poté fare a meno di notare il gesto confidenziale. Li osservò anche nello spogliatoio. Dimentichi della presenza degli altri, Michele e Andrea continuavano a civettare scherzando spesso e guardandosi fitto negli occhi.
Dopo la partita, i giocatori si ritrovarono tutti in trattoria per mangiare, e bere vino in quantità, naturalmente. Dopo il quarto bicchiere, Donato fu accanto al suo collega: “Bene bene, te e il boscaiolo fate passi da gigante”.
Andrea tossì stizzito: “Sei arrivato all’ebbrezza e vuoi concedermi qualche nuova perla?”
“Niente da ridire, anzi. Penso proprio che se c’è qualcuno che può toglierti quell’aria saccente da creatura al di sopra di tutto, mi riferisco alle bassezze di noi poveri umani, è proprio Salvemini. Certe braccia scaldano meglio di trenta coperte, ne vero?”
“Tu... tu e le  tue imbecillaggini… ”
“No, sul serio. Mi piace su di te quello sguardo innamorato. Vi rende così… fammi trovare le parole giuste... a sì: così umano. Mi conferma quello che ho sempre pensato di te”.
“Non intendo continuare ad ascoltare”
“Ho sempre pensato che non sei affatto un algido ragazzo del nord. No, hai un cuore, un cuoricino caldo pronto a esplodere”.
“Hai finito?”
“E non solo il cuore. Anche tutto il resto, soprattutto quello. Intendo dire: lo accoglierai dentro di te? Non il contrario, mi parrebbe strano se grande e grosso com’è lo spacca legna si mettesse…”.
“Basta così” turbato e infastidito (e parecchio eccitato) Andrea si allontanò da lui. Era davvero tutto così lampante? Era bastato lasciarsi andare quel tanto da dare adito a tutti… no, santo cielo, solo a quell’ubriacone di Padre Donato potevano saltare in testa simili sciocchezze, si disse. Lui e Salvemini erano ancora casti, dopo tutto. Si desideravano, ma era fuori luogo, del tutto fuori luogo considerare quella possibilità. Solo un uomo rozzo poteva concepire certe lascivie. Sebbene queste considerazioni sagge, Andrea non riuscì più a smettere di pensare al corpo bronzeo e bellissimo dell’amico. Ne era quasi ossessionato. Quella carne compatta, quella peluria bruna ben distribuita. Il sesso baldanzoso, quasi aggressivo. Senza rendersene conto, nello spogliatoio, Andrea si era ritrovato inconsapevolmente a fissare quella tale parte che nel medioevo, proprio a causa di Santa Romana Chiesa, gli artisti erano costretti a celare dietro foglie di fico. Per sua fortuna, Padre Donato non aveva fatto cenno a quello.


Notte di Natale


Fu il parroco, naturalmente, a ufficiare la messa. Padre Andrea fece il suo ingresso, scortato anche da Padre Donato, con un vestito nuovo di zecca. La fascia viola copriva le spalle. La luce nei suoi occhi era di felicità pura. Tra i parrocchiani, naturalmente Salvemini, con i tre figli.
Quando fu l’ora di consacrare le ostie, si spostò verso il ciborio. Aprì il tabernacolo e, dopo essersi chinato e fatto il segno della Croce, si alzò per dare inizio al rito.
“Prendete, e mangiatene tutti: questo è il mio corpo offerto in sacrificio per voi. Dopo la cena, allo stesso modo prese il calice e rese grazie: Prendete e bevetene . . . questo è il calice del mio sangue, versato per voi e per tutti in remissione dei peccati, fate questo in memoria di me”.   
Si formarono due file. Era inconsueto, ma era la notte di Natale, ed erano venuti in tanti quella sera ad ascoltare la parola di Dio. Naturalmente, Michele scelse la fila di Padre Andrea che rabbrividì quando le sue dita toccarono la lingua dell’amato. Si sentì sconcio, ebbro e felice. Di una felicità impura.
A fine messa, furono in molti a salutare il parroco. A fare gli auguri tra abbracci e discorsi vacui. Ma lo sguardo e l’interesse di Andrea era tutto per Michele. Lo vide lasciare i bambini a una donna che sapeva essere sua suocera. E restare fermo sull’androne della chiesa. Ad aspettare… ad aspettare.
“Non vai a casa?”
“Ho preferito restare, ti va se resto?”
“Ma è tanto tardi. Io…Michele, dovresti… cioè tu non dovresti stare qui, la messa è finita.” Diego si torturò l’orecchio.
“Ho capito, ti scoccia che qualcuno ci vede. Ti aspetto fuori” senza attendere replica, l’uomo uscì dalla chiesa incespicando un po’.
Michele Salvemini aspettò diversi minuti fermo di fronte al piazzale antistante la cappella. La gente era tornata tutta nelle loro case, le campane avevano da un pezzo smesso di fare din don dan.
Raggiante, vide il suo prete preferito avvicinarsi a lui.
“Non ci speravo più”.
“Dovevo essere certo che Padre Donato fosse a letto”.
“Dici che ha capito?”
“È talmente malizioso. No Michele, finiscila, non c’è niente da ridere” commentò guardando l’amico sghignazzare allegramente. E poi ricomporsi.
“Hai ragione, non è proprio il momento di ridere…” appena terminata la frase si catapultò sulla bocca di Andrea. Fu un bacio breve, affettuoso e senza secondo fini. Si abbracciarono sotto la pioggia leggera che si stava mutando in nevischio.
“Se restiamo qui sotto tra poco ci trasformeremo in due pupazzi di neve” ruppe il silenzio Michele.
“Ti faccio entrare”.
Si spostarono lungo il portico che conduceva nelle stanze dei preti senza passare per la chiesa. Andrea era sulle spine. Dall’altra parte del muro Padre Donato già russava. Michele fece per abbracciarlo di nuovo ma Andrea si scansò deciso, andando ad atterrare sull’unica sedia.
“Non qui. Non la notte di Natale” fece sapere guardando il pavimento.
“Pensi che cambi qualcosa? Pensi che qui in canonica o a casa mia, la notte di Natale o una notte qualsiasi, cambi qualcosa davvero Andrea?”
“Non capisci io, so solo che…”
“Dio ci guarda ovunque noi tentiamo di nasconderci, no?”
“Non è questo il punto”
“Lo so, sei a disagio”.
“Sì, e molto, voglio dire: sto bene con te e in questi ultimi tempi sono così felice quando siamo insieme”.
“Ma?”
“Ecco, Michele , il punto è che dovremmo parlare di questa cosa”.
“Ti sbagli, non dobbiamo parlare perché ci siamo detti tutto la notte che venisti da me a prendere il tè. Ti ho detto che ti amo, e tu mi hai detto altrettanto, penso che il resto…” si avvicinò a lui. Si inginocchiò ai suoi piedi appoggiando le mani sulle sue ginocchia.
“Michele mio tu, tu… tu… sei una tale tentazione... ”
“Non voglio che tu mi veda così, non sono il diavolo travestito da serpente delle sacre scritture. Sono la persona che vuole amarti, darti tutto il suo amore, incondizionatamente. E averne da te”.
“E i tuoi figli? Non è giusto che li lasci a lungo da soli”.
“Ora non tergiversare. In ogni caso, sono con la nonna”.
“Non lo so… o meglio: so che è bello quello che sta succedendo tra di noi, è potente”.
Salvemini si tirò su in modo che le teste fossero una di fronte all’altra: “Ora fatti baciare”.

4 commenti:

  1. Dovrei postare una foto della mia faccia ora, altro che commento: direbbe tutto lei. Ah, un'altra cosa: fammi un'altra descrizione così del corpo bronzeo, bellissimo e compatto del boscaiolo e anche quel poco che resta della mia sanità mentale andrà a farsi benedire insieme a quella del buon parroco.
    Comunque questo racconto coinvolge sempre di più, anche se si arriva sempre sul finale in attesa del dolce... che non arriva mai!!! Ci fai sospirare parecchio. Ma non è solo per l'attesa dell'evoluzione del rapporto fra i due, che ormai dovrà pur succedere, Andrea dovrà cedere, non è possibile essere così...resistenti! Sarà anche un prete, ma qui la tentazione è sovrumana! Però si sospira anche per quel che ci fai vedere, quei profumi, quell'ambiente che ti ci trovi proprio dentro a pedalare insieme a loro. Bello. <3

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  2. Povero padre Andrea, la tentazione va a tormentarlo perfino in parrocchia rendendogli difficile resistere. Concordo con annina, non potrò per sempre al fisico bronzeo del bel Michele. Mamma mia quanto ci fai penare anche se l'attesa non fa che rendere più eccitante il tutto.

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  3. Preciso che l'attesa non serve mica per fare suspance ma solo al fine di costruire una vicenda, altrimenti poco realistica, anzi, totalmente voyeristica e priva di pretese. Invece, il precedente successo che Un padre e un padre ha avuto, pensi sia stato dovuto proprio la fatto che "il tutto" non si consuma in fretta tanto per... e mi stupisce che proprio tu, coautrice di Lezioni di tango, chiami "attesa" quelle che poi alla fin fine non sono che poche pagine!

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