martedì 2 aprile 2013

La cinquantaduesima volta, prima parte


Titolo: La cinquantaduesima volta
Autori: Giusipoo
Pairing: Diego Perrone/Michele Salvemini
Genere: AU/Romantico/Introspettivo  
Rating: slash, NC 13 
Disclaimer: come sempre è tutto frutto di fantasia compresi i nomi di luoghi, i nomi di attività commerciali, locali, gruppi musicali.
I personaggi sono originali, i nomi sono stati scelti per ispirazione artistica e non per insinuare qualcosa




Le ore non passano mai all’officina Coluzzi e la tuta di Diego è sempre più sporca, la maglietta che porta sotto la salopette sempre più sudata. È caldo, il primo caldo del duemiladodici e già non ne può più! Sono solo le undici e quarantacinque. Come farò ad arrivare a stasera? Lavora in quell’officina da una decina di giorni, con suo zio, il marito della sorella di suo padre. Gli è sembrata una buona idea accettare quell’impiego, in modo da mettere da parte qualcosa per andare in vacanza con i suoi amici. Probabilmente in Spagna o in Grecia, o in qualche paese dell’est, tipo Cecoslovacchia, a caccia di ragazze. Sì, gli sembra una buona idea anche Praga. Ci sono gran belle fighe a Praga no? Deve lavorare, si dice, deve racimolare uno stipendio, i genitori già pagano gli studi al politecnico. Frequenta meccatronica da tre anni ed è riuscito a dare giusto gli esami minimi sindacali, facendo incazzare suo padre che gli rinfaccia tutti i giorni di non impegnarsi abbastanza. Sua madre invece è più clemente e tende a proteggerlo, e lo coccola, e gli ricorda ogni giorno di quanto è bello e unico; il cocco di casa, la luce dei suoi occhi. La voce burbera lo riscuote: sdraiato supino sul carrello sotto coppa d’olio, ha quasi rischiato di addormentarsi! “Allora Diè, Marrone sarà qui tra poco. E poi c’è La Classe B di quell’incidente a Via Mandelli” Diego tira fuori la testa da sotto l’auto. Sul viso tracce di grasso. Vede suo zio asciugarsi il sudore della fronte, evidentemente anche lui oggi sente caldo, e con quei chili di troppo, almeno trenta, è più che normale che sudi, vecchio porco. Non ha niente contro le persone in sovrappeso, ma di lui non ha una grossa stima. Ha già avuto un infarto eppure mangia tanto e beve vino, malgrado la zia gli dica sempre di stare attento. “Ho quasi finito qui, e per quella dell’incidente, quel è il problema” si avvicina con fare annoiato. Lo zio oscilla le chiavi sotto il suo naso: “è finita. Manca solo che montino il paraurti e quello ce l’ha  Bartolo”
“Ma zio ora chi cazzo è Bartolo” Diego si pulisce con delle salviette detergenti la faccia.
“Il carrozziere, Bartolo, testa! Con Marrone ci parlo io che mi deve pagare, e se trova il ragazzo fa finta di niente, no? Invece da Bartolo ci vai tu, che sei grandino e la patente l’hai presa da un pezzo, e saprai portarla la classe B”
“Se non ha il cambio automatico non tanto ma sì” ribatte e, alla fine, esasperato dai toni del grasso zio, se ne va. Se non altro fuori c’è un bel venticello. Cavolo, sotto quella merda di Hyundai mi mancava l’aria, porco giuda! Trova la Classe B nel parcheggio delle auto in attesa. Gli manca il paraurti ma di motore è a posto. Il pensiero corre all’incidente: agli ospedali riuniti c’è una ragazza ancora in coma, ma il resto dei giovani se l’è cavata con ferite lievi. Solo lei, Lavinia, sbalzata fuori dall’impatto è piombata sull’asfalto. Emorragia celebrale. Lui è un sensibile e queste cose lo colpiscono, gli mettono l’ansia. Così, una volta entrato, girata la chiave e ingranata la prima, si sente un po’ stranito. Diego guarda dalla parte del passeggero, immaginando Lavinia prima del frontale. Magari stava ridendo, fumando, stava cantando l’ultima di Jovanotti, o di Vasco. Magari ascolta anche buona musica, perché dev’essere una cretina che ascolta solo commerciale? Solo perché per statistica è entrata a far parte delle stragi del sabato sera, si dice, non sarà scontato che sia una stupida. In ogni modo la macchina è pronta per tornare in pista, anche se forse ci è morto qualcuno là dentro. Colto da una curiosità subitanea accende lo stereo e parte una musica elettronica molto sofisticata, decisamente particolare. Gli sono sufficienti i primi accenni di synth per riconoscere I Nevada, un gruppo new wave abbastanza popolare nel panorama cittadino. A Diego sembra una strana coincidenza che gli occupanti della macchina li stessero ascoltando la sera dell’incidente. Dopotutto non sono così famosi e lui è stato ad un loro concerto giusto tre mesi prima. Ma quello non è di certo un caso, in quei locali ci tira tardi il venerdì sera. Il panorama indie lo conosce abbastanza bene. I Nevada gli piacciono, anche lui ha un Cd da qualche parte nella sua macchina. Tra una meditazione e l’altra è arrivato di fronte al carrozziere. Bartolo si affaccia e subito gli indica dove lasciare la macchina. Diego scende e saluta. “E ora come torno?” dà un’occhiata in giro. Oltre a Bartolo ci sono due tipi sulla trentina, appollaiati sopra un muretto all’ombra, che mangiano tranquillamente e, dato l’orario, è più che normale. Anche Diego ha fame. Uno di loro è un romeno dai capelli biondastri lisci. L’altro invece è moro, con folte sopracciglia. Dentro un basco stile rasta con i colori della bandiera giamaicana, trattiene quella che promette essere una foltissima chioma. Sul naso importante un paio di occhiali dalla montatura rosso fuoco. La bocca che morde la sua pizza farcita è incorniciata da un pizzetto scuro. Le basette scure anni settanta sottolineano lo stile alternativo. “Vuoi favorire?” quest’ultimo gli allunga una bottiglia di birra da 33 cl. Diego accetta al volo: a parte che ha sete, gli piace molto la birra. “Grazie” e si mette a bere con loro. Mentre sorseggia, si sente le occhiate curiose del giovanotto con il basco ma non dice niente, guardandosi in giro. Non era mai stato da Bartolo ma, tutto sommato, le indicazioni di suo zio sono state abbastanza precise. Sta di nuovo pensando ai Nevada, poi una voce calda lo desta: di nuovo con la testa tra le nuvole Diego? “Se vuoi ti riporto io in officina” fa il solito ragazzo con il basco che finalmente si alza. Diego rimane impressionato dall’altezza e si ritrova a dover tirar su la testa per guardarlo in volto. Lui è giusto un pochino sopra gli uno e settanta ed è proprio quel genere di energumeni a farlo sentire piccolino. “Grazie” risponde sgranando gli occhi grandi e luminosi. “Io sono Michele, piacere” si toglie un guanto sporco di vernice e offre la grande mano nerboruta. Diego si dimentica che la sua è sporca di grasso e la offre. “Diego” sorride ma poi ci ripensa: “Forse prima di uscire non mi sono pulito abbastanza bene le mani”
“Non ti preoccupare Diego, non mi dà fastidio” precisa affabile. “Bevi tranquillamente la tua birra o vuoi che andiamo subito?”
“No andiamo, la bevo strada facendo” la parte assennata del suo carattere viene fuori: poteva perdere tempo tranquillamente. Ma il fatto è che ora Diego ha fame e vorrebbe tornare a gustarsi la pasta che sua madre gli ha preparato quella mattina e ora è nel porta pranzo, in attesa di essere consumata. A Michele scappa una risatina e anche il romeno ride a sua volta. Bartolo è tornato in officina già da un po’.
“Beh, in moto bere birra non è proprio facilissimo”
Diego alza un sopracciglio: “Moto?”
“Sì, quella” e indica una vecchia bol d’or anni '70 parcheggiata sotto una pianta d’ulivo. Diego si morde il piercing sul labbro inferiore. “Bella, proprio vintage” si avvicina incuriosito. Le moto non sono la sua passione però quelle vecchie lo affascinano. “Almeno hai l’occasione per farci un giro” intanto il biondo riprende a lavorare e Michele si scusa: “Stefan, torno tra poco. Il tempo di accompagnare il ragazzo da Coluzzi” questi fa sapere che non c’e problema.
“Ti va di portarla?” Michele glielo chiede guardandolo negli occhi provocatorio. Diego resta come bloccato a pensare. “Veramente io...”
“Non sei capace? Non hai la patante A?”
“No, no... ce l’ho”
“Allora dai, io nemmeno ricordo molto dove sta tuo zio, è tuo zio vero?”
“Sì, sì” Michele sembra saperla lunga e Diego non vuole deludere le sue aspettative. “Va bene”
Michele gli passa un casco giallo e blu e ne trattiene uno per sé nero con una striscia rossa.
“Salta dietro” fa Diego una volta a cavallo del bolide. Cazzo. È una moto grossa, potente! Ha un po’ paura, ma Michele, ora alle sue spalle in sella, lo rassicura. “Dai, mi fido di te, ok? Non andremo a sbattere, vero? Non ci faremo male, vero?”
“No, dai, non ci faremo male” ripete Diego agitato ma contento. Una volta partiti Michele si stringe a lui e Diego sospira. Non si aspettava niente di quello. Non si aspettava di guidare una moto potente, non si aspettava un ragazzo così interessate che lo abbraccia: “Ma tu non sei di qui, vero?”
“Si sente così tanto?” Diego non può vederlo ma capisce che sta sorridendo. Il vento caldo gli accarezza le spalle. “Un po’. Sei del sud scommetto. Abruzzese o sardo”
“Sardo?” Michele ride: “Ma ti sembro sardo?” e poi fa una pantomima azzeccata del dialetto isolano facendo ridere Diego. “Non lo so, dai, non ci capisco niente di dialetti però si sente poco. Non lo so, me lo dici?”
“Ok, te lo dico se una sera di queste usciamo. Ci stai?” nel frattempo Diego ha imboccato la via che lo porta all’officina, ma gli dispiace che il giro sia già finito. Gli piace guidare quella vecchia moto. Gli piace avere quel misterioso carrozziere così particolare attaccato alle spalle. Dall’abbraccio riesce a percepire i pettorali duri, sodi. “Senti, che ti dispiace se allungo un po’ il giro? Mi piace guidare questa moto”
“Se diventiamo amici te la farò guidare quando vuoi”
Diego precisa: “Non divento amico così. Noi non siamo fatti così”
“Noi chi? Noi meccanici? Noi pircingati? Noi biondini, noi bassetti con le basette...”
Diego protesta ridendo: “Noi torinesi spiritosone”. Senza rendersi conto sta flirtando con lui.
“E come siete voi torinesi?”
“Beh, siamo un po’ freddini all’inizio. Non ci fidiamo subito, tutt’altro. Ci vuole un po’ e poi bisogna perseverare per arrivare a chiamare qualcuno amico”
“Ok allora quante volte dovremmo uscire insieme io e te per poterci definire amici?”
Diego attraversa una strada alberata che porta al centro. “Non lo so davvero, dipende da come sei. Da come ragioni. Magari sei uno stronzo, o magari scopri che io sono uno stronzo e allora usciremo insieme pochissimo”
“Già, ci dobbiamo conoscere, tu non sai niente di me” Michele ora sposta la propria mano dalla vita al petto e Diego ha un brivido per quella che sembra una carezza. Senza pensarci due volte allunga ulteriormente il giro e chiede, cercando di sembrare naturale: “Stasera tu che fai?”
“Non lo so, esco con te?” ribatte Michele tranquillo. Ora entrambe le sue mani sono sul petto del ragazzo e poi si spostano lungo il torace. Se non è una carezza quella! Diego è confuso ma anche molto, molto eccitato. Se per i modi diretti di Michele, se per il torace attaccato alla sua schiena, per le carezze... o forse è il giro in moto. Sì, probabilmente è il giro in moto che me lo ha fatto rizzare...
“Va bene, ora torniamo”.
Dopo pochi minuti sono davanti all’officina Coluzzi. Michele, ancora con il casco, sfila dalla tasca anteriore della salopette di Diego il cellulare. Le dita per una frazione di secondo sfiorano l’inguine creando imbarazzo; imbarazzo solo da parte di Diego. Invece Michele è molto sicuro di sé mentre si fa squillare il cellulare componendo il proprio numero sul smartphone di Diego.
“Ti chiamo verso le otto, va bene?” Diego annuisce fissandolo a scatti. Un po’ lo guarda in viso, un po’ fissa il suo petto. Anche Michele porta la tuta da lavoro, ma non è una salopette. Un pezzo intero però, chiuso da una lunga lampo che parte da metà coscia e arriva fin sotto il collo, dove si intravede un po’ di peluria. “A dopo” Michele si allontana e, una volta a cavallo della moto, gli fa un ultimo cenno con la mano e se ne va. Diego resta a guardare la scia di polvere sentendosi strano e confuso. La fame gli è passata. Lo stomaco sembra essersi riempito già con qualcos'altro  Ma non ha idea se siano farfalle, bruchi o libellule. Sa solo che non ha voglia né di mangiare né di lavorare. Vorrebbe solo stare in camera sua, sdraiato sul letto a guardare il soffitto, fantasticando e rielaborando ciò che gli è capitato durante quell'ultima strana ora. 

6 commenti:

  1. Bellissima !Prende un sacco!
    Poi le descrizioni fanno appassionare moltissimo !
    aspetto impazientemente la parte 2!

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  2. Occhei ragazza, l'inizio è fulminante! C'è tutto quello che può far sognare: sono sporchi, sudati, bevono birra e si strusciano su una moto d'epoca... e li hai lasciati lì in pieno flirt interruptus!
    Io sto qui in tachicardica attesa: quindi regolati! <3

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  3. Fantastica la scena di loro due in moto. Michele che lo provoca carezzandolo. Qui si prospettando fuochi d'artificio. Mi piace tanto questo primo capitolo. Michele non perde proprio tempo. Diego gli piace e va all'attacco colpendo il suo obiettivo. Mi sembra quasi una battaglia navale. Vediamo ora il contrattacco di Diego durante la loro prima uscita

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    1. Sporchi, sudati, bevuti, agguerriti. Che disamina ragazze!

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  4. Soprattutto sporchi e sudati. Awwwww

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