martedì 9 aprile 2013

Tra rabbia e passione, undicesima puntata


Titolo: Tra rabbia e passione (cronaca di una torbida relazione fra trulli ed onore)
Autori: Annina e Giusipoo
Pairing: Diego Perrone/Michele Salvemini
Genere: AU/Storico/Commedia/Erotico/Romantico/Introspettivo
Storyline: Fine anni settanta
Rating: PG, slash, rigorosamente NC 17
Disclaimer: si intenda tutto frutto della fantasia e del talento delle autrici. In verità i personaggi sono originali, abbiamo preso in prestito i nomi per ispirazione artistica e basta


Capitolo 11



E Michele lo fece a modo suo. E per Diego fu parecchio brutale ma, sembrerà un ossimoro, anche dolce e fuor di dubbio intenso. Bellissimo. Lo trascinò nella sua stanza senza chiudersi la porta alle spalle. Lo spogliò rabbiosamente e, una volta che il ragazzo fu nudo e alla sua mercé, lo sbatté su letto senza riguardi. Diego respirava a fatica: erano nudi finalmente, niente li divideva. “Girati” e Diego obbedì mettendosi a pancia in sotto. Per un attimo Michele tentennò di fronte alle natiche perfette, chiare, così attraenti, il desiderio del mondo. Pensò a quante volte lo aveva fantasticato quel momento, prima di venire, pentendosi un attimo dopo essersi svuotato. E ora stava accadendo sul serio. Poteva riuscirci senza morire di piacere, o di dolore? Non era poi importante. Gli si buttò addosso maldestramente. La sua guancia destra l’attaccò alla sinistra di Diego. Ma i corpi non erano nati per incastrarsi così, alla minima sfregata e Michele dovette crearsi un varco con le dita e la saliva. Non c’era niente di tanto nuovo nemmeno in questo, si disse, al culo l’ho messo tante volte, solo che davanti non c’era un uccello. Aveva sempre pensato che fosse una roba animale quella, che un uomo degno di questo nome mai e poi mai avrebbe dovuto fare ad un altro quella cosa; era un gesto vile, schifoso. Ma Diego era consenziente. Anzi, sembrava non chiedere altro. Lo capiva da come lo sentiva fremere sotto le sue mani, da come gemeva al suo tocco. Era pronto per lui, voleva lui! Voleva che fosse proprio dove Michele era e dove voleva essere. Esisteva connubio migliore?  Il topolino che vuole farsi prendere dal gatto, il pesce che cerca l’amo dove abboccare, il randagio che corre incontro all’accalappiacani. Poteva sembrare così e forse era così, perché quelli come lui vedono tutto al contrario... E poi non ci pensò più: per i cinque minuti che fu in lui non pensò più che era una cosa strana e contro natura, anzi... non c’era davvero posto migliore dove essere al mondo, di questo fu sicuro. E sentì Diego godere insieme a lui, e non fare niente per nasconderlo: gemendo, cercandogli le spalle, avvicinando il corpo al suo, in perfetta sincronia con le spinte rabbiose, decise. Si erano trovati fin troppo bene. Diego venne prima di Michele e, distrutto, crollò sulle lenzuola rantolando. A Michele bastò poco per arrivare a sua volta. Abbracciato a lui, sgusciò via cercando di riprendere fiato. Anche il soffitto ammuffito che osservava ogni giorno da una vita, gli apparve nuovo, interessante addirittura. Le macchie creavano delle forme strane, simili ad una cartina geografica. Poi si sentì la testa di Diego sul suo petto. I capelli umidi di pioggia e di sudore. “Grazie Michi” la voce lo riscosse. “Tu non sai quanto ne avevo bisogno”.“Eri qui per questo no?” Michele, contagiato dalla sua sincerità, ora voleva parlare. Se mai aveva davvero avuto paura dei fantasmi, ora non più, ora voleva affrontarli. “Parliamone. Dopotutto abbiamo scopato. Come si chiama questa cosa? Scopare?”A Diego scappò una risatina, poi disse: “Punto primo sì, hai ragione, ero qui per questo e punto secondo: chiamalo scopare, chiamalo inculare. Chiamalo come ti pare... a me è piaciuto, tanto. Anche a te?”       
Come poteva negarlo? “Cazzo carabiniè, cazzo se si sta bene dentro di te... oh se ci sai fare! Perché uno non ci pensa che può funzionare così bene anche tra uomini, ma da quando hai iniziato a ronzarmi intorno, sì che ci penso!”“Io ho iniziato a ronzarti intorno? Ma se in questo stupido paese dove mi giro ti vedo: al cinema, in piscina, per strada. Mi hai ossessionato”
“Lascia stare, tu hai ossessionato me” Michele gli girò la testa tra le mani per guardarlo negli occhi e tuffarsi in quel mondo sconosciuto, brulicante di paesaggi selvaggi.
“Però sei bello Diego, altroché se lo sei. Ci sei venuto da lontano per incasinarmi la vita?” Ma lo disse con la voce dolce, e, infatti, gli baciò il nasino all’insù.
“Non avrei voluto incasinarti la vita in realtà sai? Ma sono felice di averti conosciuto. Sto così bene con te... così bene” ripeté baciandogli il petto, le clavicole, le spalle. Michele si sciolse un po’, era così bello sentire le labbra di Diego sulla pelle, il solletico dei baffetti.
“Mi piacciono i tuoi baffetti Diego” glieli accarezzò: “Non so immaginarti senza, sembreresti un bambino. E io mi sentirei uno stupratore”
Diego scappò una risata: “Sì, stuprami sempre allora. Perché mi piace troppo” poi ci ripensò: “Pensi che sono malato?” la voce era incerta.
“Mi sa che un po’ lo siamo tutti e due, no Diè? Tu sei un carabiniere che ti piace prenderlo nel culo. Ieri mi hai fatto menare dai tuoi colleghi e poi mi hai costretto a lasciarmi succhiare il cazzo tenendomi sotto tiro. Ecco, precisiamo, se me lo dicevi che volevi succhiarmi il cazzo non c’era bisogno di puntarmi l’arma contro... ” Diego rideva. “E non contento il giorno dopo torni qui e mi chiedi come sto, e vuoi farti inculare. Eccomi! Dico io, ok. Ma santo dio dove mi porterà tutto questo?”
Diego smise di ridere e il silenzio invase la stanza. “Dove ci porterà tutto questo” suggerì abbracciandosi a lui più stretto ma un attimo dopo si staccò per accendersi una sigaretta. Si alzò avvicinandosi alla finestra della stanza di Michele e guardò fuori. Aveva smesso di piovere e da dietro i nuvoloni neri era comparsa una bella luna quasi piena. Invece Michele era perso dietro le due ‘lune piene’ di Diego: “Ma tu lo sai che hai un culo che è una favola Diego? Cioè, ma si può? Un uomo non dovrebbe avere un culo così, ti stupisci se poi uno ci prova?”
Diego si voltò sogghignando: “Ma finiscila, se non fossi stato io a venire qui, tu ti saresti nascosto dietro ai tuoi compagni”
“Nascosto? Io? Mai! No, invece ti sarei venuto a cercare. Eccome. Non mi scappavi”.
Per associazione di idee Diego si ricordò che l’indomani doveva andare a Pescara, il treno era alle sei e quaranta. “Saranno già passate le dieci, devo andare” annunciò controllando se i vestiti appoggiati sulla sedia erano asciutti. Non lo erano per niente ma li indossò lo stesso.
“Ma come Diego, te ne vai già?” Le sopracciglia di Michele oblique. Non voleva che se ne andasse: dovevano continuare a parlare, a parlare... a scopare... “Eh, Diego. O... ragazzino, parlo con te!”
“Michele... ascolta: non è così facile ecco... Alfredo non mi smollava stasera, tu non hai idea di cosa ho dovuto fare per convincerlo a lasciarmi uscire da solo. Ora si è convinto che tu e i tuoi amici della radio verrete a farmi la pelle”
Michele lo interruppe: “Non lo farebbero mai e io non gli dirò mai niente. Contavo di non farmi vedere finché non ho rimesso apposto la faccia e magari vestirmi un po’ di più per coprire i lividi”
“In ogni modo... domani devo partire per Pescara, fino a domenica. Ho le gare” fece per andarsene ma Michele lo bloccò abbracciandolo per la vita da dietro. “Dai cazzo, tre giorni stai via? Proprio ora che avevamo iniziato ad andare così d’accordo”
Diego si irrigidì ma il corpo nudo di Michele lo forviava. “Dai, dispiace anche a me, ma quando torno... ”
“E se venissi con te?” A Michele le parole sfuggirono come la sabbia tra le dita.
Diego si voltò di scatto: “Ma sei scemo o cosa?”
“Ci sarà Alfredo? Cazzo, porco lui, l’appuntato è innamorato di te, te ne rendi conto?”
“Cazzate! Alfredo non è innamorato di nessuno, al massimo dell’impepata di cozze o della tiella”
“E allora perché ti protegge?”
“Perché mi vuole bene Michi, non tutti mi stanno addosso perché ho un bel culo...” Diego guardò dall’altra parte. “E comunque non viene con me, ai campionati ci vado da solo”
“Tutto solo?” Michele lo abbracciò e furono petto contro petto, o quasi: Diego era almeno quindici centimetri più basso di lui e il suo petto era all’altezza dello stomaco. Così Michele poté baciargli i capelli. “Mi prendo un giorno domani, tanto lo hanno visto come stavo ridotto. Un giorno di ferie me lo danno. Cazzo mi frega. Domani vengo con te e basta. Così continuiamo a parlare”
Diego respirò amore, mentre la prospettiva di stare tre giorni con l’uomo dei suoi sogni si faceva sempre più dolce e realissima. “Non dimenticare la patente, all’albergo dovremmo registrarci. Sarà un casino perché mi pagano solo una stanza ma tu potresti prendere un’altra stanza”
“Sì, faremo così” Diego gli riempì il pomo di Adamo di bacetti rapidi e poi, dopo un morso sul pizzetto, lo salutò. “A domani se verrai” ed era già con un piede fuori dalla porta.
“Figurati se non vengo” rispose Michele con gli occhi che luccicavano. Mancavano poche ore, e in cuor suo gli sembrarono troppe.
Per questo Michele passò la notte ore a girarsi. Troppa adrenalina: la serata d’amore con Diego, la partenza l’indomani. Decise che avrebbe lasciato un biglietto a suo padre, ancora da Peppino, e chiamato il suo responsabile di reparto dalla stazione, sarebbe stato libero di andare a Pescara con Diego. In qualche modo avrebbero fatto. Puntò la sveglia con il gallo che picchettava il terreno alle cinque e cinquanta e, in qualche modo, tra l’una e mezza e le cinque quaranta dormì. Dieci minuti prima che suonasse la sveglia, quando fuori il sole non aveva degnato di inondare la terra con i suoi raggi, si svegliò. Si scoprì affamato e non c’era da stupirsi, non aveva cenato! Dal solito Indesit tirò fuori una ciotola di ricotta schianta. Era decisamente una colazione ‘generosa’. Dopo si lavò i denti, e senza preoccuparsi di portarsi anche un misero cambio, lasciò un biglietto a suo padre, acciuffò il portafoglio e uscì.
Alle sei Diego uscì dalla caserma con il borsone sportivo e si incamminò verso la stazione, già stanco e stufo. Alfredo gli aveva dato il tormento anche poco prima, pretendendo di accompagnarlo lui in stazione, con l’auto di servizio. Al rifiuto di Diego si era alterato e guardandolo con espressione cattiva gli aveva detto che c’era qualcosa che non andava, e che avrebbe scoperto cos’era. Diego aveva negato con i capelli che sudavano come se fosse sotto un sole cocente, cercando di ostentare indifferenza mentre lo pregava di stare tranquillo, non gli andava di farlo uscire dalla caserma a quell’ora, quando la stazione era praticamente a due passi. Ringraziandolo aveva addirittura falsamente aggiunto che gli spiaceva che a causa del turno non potesse andare a vederlo gareggiare. Era disposto a dirgli qualunque cosa pur di tranquillizzarlo, per evitare che indagasse davvero, che scoprisse cos’era successo con Michele, anche se non sapeva come avrebbe potuto arrivare a capire quello che c’era tra loro, essendo l’amico alla fin fine, tutt’altro che un uomo di mondo. In ogni caso, quello che contava per Diego era coprire l’uomo che amava disperatamente.
Camminando lentamente e respirando l’aria fresca del mattino, in dieci minuti Diego arrivò davanti alla stazione. Si guardò intorno: a quell’ora c’era pochissima gente in giro. Michele non si vedeva.
Si portò sul secondo binario e si sedette in attesa del treno, sicuro che sarebbe stato un viaggio solitario. Con un sorriso mesto pensò che tutta la sua vita era stata un viaggio solitario, finora.
La gente ti riconosce che sei strano, ti si avvicina, ti fiuta e si allontana, funziona così. Chissà come sarebbe andata con Michele. Aveva tanto tempo per pensarci. Mancavano pochi minuti all’arrivo del treno: Michele oggi non sarebbe arrivato. Decise di non perdere tempo a chiedersi quale impedimento avesse fatto cambiare idea all’amante, visto che la notte prima sembra così convinto di accompagnarlo a Pescara. Che ci viene a fare in Abruzzo? Dopotutto ha avuto il suo trastullo, voleva il mio culo e l’ha avuto. Stupido Diego che sognavi già la fuga romantica! Raccolse borsa e giornali e si alzò dalla panchina, avvicinandosi al binario: il treno arrivò lentamente fermandosi con uno stridio di freni. Diego si avvicinò al primo portello e lo aprì, apprestandosi a salire, quando si sentì chiamare: si girò verso le scale e vide Michele arrivare di corsa ridendo: “Ferma quel treno carabiniere!”.

3 commenti:

  1. Da come era terminato il capitolo precedente preannunciavo una scena così ardente. Cavolini se Michele lo desiderava il bel carabiniere. A sua volta Diego, nonostante l'irruenza, ha trovato bellissimo fare l'amore con lui, anzi, gli dice anche grazie perchè era un bisogno fisico il suo di essere posseduto da Michele. Mi sorge il dubbio che se non avesse agito il pugliese l'avrebbe fatto lui. Chissà cosa accadrà in questi tre giorni da soli. Fuoco e fiamme.

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  2. Mi sorge il dubbio che tu ti sia fermata un po' troppo alla superficie della storia, molto alla superficie. Perché a leggere questo commento sembra che i due personaggi abbiamo dei pruriti che si stanno togliendo e dunque la cosa si esaurirà in poche pagine, come ha pensato Diego ad un certo punto: "Dopotutto ha avuto il suo trastullo, voleva il mio culo e l’ha avuto. Stupido Diego che sognavi già la fuga romantica!" E io potrei dire: "Stupida me che speravo che chi leggesse andasse oltre" :(

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