martedì 21 agosto 2012

O mi baci o vai via











Titolo: O mi baci o vai via

Storyline: habemus capa tour

Genere: real person slash 

Pairing: Diego Perrone/Michele Salvemini (Caparezza)

Rating: NC 17

Disclaimer: Tutto ciò si consideri frutto della fantasia e del talento dell'autore. Non c'è niente di reale né è a scopo di lucro.

Nota dell’autore: avevo in mente tutt’altro titolo e tutt’altra storia, ma poi l’omino nel cervello ha fatto da sé. Il titolo è tratto da una frase di un pezzo sentito alla radio proprio nel momento top della storia. L’amore vero, di Bianca Atzei.





Diego non stava più nella pelle all’idea del gruppo di Caparezza nella sua Torino. Da mesi sognava il momento nel quale sarebbe partito il tour e avrebbe portato Michele e gli altri nei suoi locali preferiti, gli avrebbe presentato i suoi amici, i suoi genitori. Era emozionato e nervoso. Quando arrivarono presso una grande piazza antistante il centro con a seguito il grosso tir contenente strumenti e attrezzi vari, Diego scese dal furgone raggiante. Piovigginava e una fitta nebbia rendeva l’atmosfera irreale oltre che tetra. Michele Salvemini e gli altri si chiusero nei rispettivi capotti giubbotti. “Ma che cazzo...” biascicò Gaetano, era Febbraio e non certo uno di quelli miti. Era pure caduta un po’ di neve e le strade ghiacciate.
Michele si avvicinò a Diego. “Abiti lontano? Mi sa che mi sta venendo il raffreddore” tirò su con il naso.
“Prendiamo un taxi e andiamo a casa mia”. Sperò che sua madre avesse riordinato ma non al punto da far sembrare quella stanza il rifugio di una vecchia zitella con problematiche compulsive di pulizia. Doveva pur sempre mantenere la sua atmosfera rock. Gli altri sarebbero andati in albergo. Ma non Michele. Con lui era già d’accordo: sarebbero stati a casa sua la sera antecedente la prima tappa nei pressi di Torino. Erano molto uniti e tante volte il giovane cantante dei Medusa aveva invitato Michele a salire dalle sue parti, ma complice i continui impegni, non meno la pigrizia del pugliese, non c’era mai stata occasione. Michele si mise sottobraccio all’amico e allacciati cercarono un taxi. Qui dentro rimasero appiccicati parlando del tour e di quanto erano ansiosi di iniziare. Michele era affascinato dall’entusiasmo di Diego, anzi ne era quasi commosso. Ogni tanto piegava la grande testa di capelli, per l’occasioni celati in una enorme fascia di lana marrone che fungeva da capello, contro la fronte dell’altro cantante, il quale a sua volta si accoccolava di più a lui. A guardarli così sembravano una coppietta nel bel mezzo di una fuga d’amore. Quasi irritantemente mielosi. Il tassista, abituato a veder un po’ di tutto dentro il suo mezzo, si fece gli affari suoi.

Una mezz’ora dopo circa arrivarono sotto il caseggiato dove si trovava l’appartamentino di Diego. Si era fatta ormai notte. Una volta dentro scoprirono che l’ambiente era ben riscaldato e la mamma del padrone di casa si era pure preoccupata di fare una grossa spesa così da scongiurare di dover andare a cena fuori. Anche se una mezza parola di raggiungere in qualche ristorante il resto del gruppo c’era, ma Diego sperava che non sarebbero più usciti, quello che non sapeva era che Michele voleva esattamente la stessa cosa.
Michele vagò per l’appartamento guardandolo con interesse e studiandolo come se avesse voluto memorizzare ogni cosa, dare ad ogni cosa un significato. Si era trattenuto dal dire a Diego quel che provava per lui per due ragioni, in primis perché aveva una gran confusione in testa, e voleva essere sicuro di non avventurarsi in qualcosa di ambiguo e contorto. Già aveva la sua collezione di rapporti che gli avevano più tolto che dato. Così rischiava pure di rimetterci un amico. Ovviamente il secondo motivo, e non da poco, che lo aveva frenato era il fatto che lui avesse una ragazza. Mentre lo vedeva cucinare tranquillo, Michele domandò cercando di apparire naturale: “E la tua ragazza? Non vi vedete?”
Ostentando altrettanta indifferenza, Diego rispose: “Sta chiusa in casa per un esame, comunque non stasera. Non era a nostra serata?” gli fece uno sguardo talmente dolce che Michele sentì lo stomaco rimescolarsi ma diete colpa alla fame e fregò un pezzetto di pane. “Certo, certo” si avvicinò guardandolo con intensità. Moriva dalla voglia di un abbraccio ma non osava interromperlo. Era così tenero tutto preso dalla cucina! Sembrava proprio volersi dare da fare. I risultati furono ottimi, e dopo cena finirono seduti sul divano stile vintage. Diego mise della musica, una roba strana, un misto tra una tarantella portoghese e Jazz. Michele non commentò ma gli chiese di sedersi vicino a lui. Diego però preferì sedere sul tappeto, accoccolandosi ai suoi piedi. Era una posizione che assumevano spesso, così Michele poteva accarezzargli i capelli passandoci le dita in mezzo o massaggiargli le spalle. Diego si lasciava andare sulle ginocchia socchiudendo gli occhi.
“Ti emoziona l’idea di cantare nella tua città?”
Diego sospirò: “Tantissimo, ma sono anche felice. Habemus capa è un album stupendo e il tour farà furore”
“Pure grazie a te” dopo il complimento lo avvicinò a sé prendendolo tra le gambe. Diego si appoggiò. Nel frattempo la musica divenne meno vivace e più malinconica. Come in empatia con il pezzo Diego sospirò, sembrava tormentato. Michele si sentì un imbecille mentre pronunciava quelle quattro parole, ma una volta scappate dalla sua bocca, non c’era modo di rificcarsele dentro.
“A cosa stai pensando?” l’aveva detto! Come il più tonto degli innamorati.
“A niente, mi godo il momento. E mi fa un po’ paura...”
“Spiegati”
“Non so Michele, sono così contorto che è come se la felicità mi spaventasse. In questo momento è tutto così perfetto. Sono con te a Torino e domani iniziamo il tour. Ci credi che è come se temessi che fosse un sogno e che da un momento all’altro mi sveglierò e sarò solo il leader scazzato di una banda di punkettarsi senza futuro”
Michele storse il naso: “Sei molto sicuro di te, vedo” accarezzandogli i capelli proseguì: “Ti rendi conto che potrebbe pure non andare bene, no? Mi è capitato di fare concerti per venti persone contate. Le prospettive sono ottime ma se andasse da schifo? Non posso assicurarti che stare nel mio gruppo significhi il successo per te....” restarono in silenzio per qualche secondo, poi Diego disse proprio quello che sperava sentir dire a Diego, ed era proprio per cose come quelle che lo amava. Perché Diego non lo deludeva mai.
“Non mi frega Michy, a me basta cantare con te, far parte di qualcosa che fai tu. Anche se domani ci saranno mille persone e tra un anno cinquecento, e tra due cento e così via, sarò felice lo stesso. Non è per il successo o i quattrini che sono felice in questo momento...” detto questo considerò che fosse proprio il momento di aprirsi un’altra birra.
“A no? Forse è la mia compagnia allora” Michele lo squadrò un attimo nervoso, perché l’emozione romantica si stava trasformando in emozione fisica. Anche perché Diego si era tolto la felpa e ora stava in t-shirt a maniche corte. Ed era bello come il sole. Il torinese porse la birra all’amico poi si andò a sedere finalmente al suo fianco. “La tua compagnia? Non proprio. Più l’illusione che il mio piacere di stare insieme a te sia almeno un quarto del tuo di stare assieme a me”
Michele pensò che fosse proprio una fottuta risposta da cantautore. Sembrava comunque promettente. Ma si chiese cosa rispondere. Certo non poteva dire: cazzo ti amo. Lo capisci? O: certo che sto bene con te, sennò non sarei qui. Banale. Si schermì, poi, dopo essersi controllato la punta delle scarpe, ammise: “Sai benissimo che è molto più della metà, lo sappiamo tutti e due... ”
“Perché lo so?” Diego si piegò su di lui per appoggiare la testa bionda sulla spalla. “Cioè lo so che mi vuoi bene, scusa. Però voglio sentirmelo dire e voglio sentirlo. Non è insicurezza, sono fatto così!”
“Sei fatto benissimo” Michele sogghignando lo abbracciò tirandolo ancora più a costo a sé. Ci risiamo, pensò Michele. Ecco che erano entrati in uno di quei loro momenti coccole che però finivano senza arrivare a nulla. Che l’eventuale -qualcosa- fosse un discorso importante o un pompino o la composizione di un pezzo nuovo,  non importava, almeno era qualcosa! Non poteva sopportarlo, decise, non a Torino, non con Diego in quella disposizione mentale, non il giorno prima dell’inizio del tour. Se lo avesse baciato, magari si sarebbe beccato un pugno, o uno schiaffo. Oppure Diego, irrazionale e impulsivo com’è, lo avrebbe ricambiato stringendogli le braccia al collo e mordendogli la lingua. Ci avrebbe messo di certo tutto se stesso. Nel scansarlo o nell’accoglierlo. Ma il temperamento di Michele era troppo cauto di natura per permettergli di fare un gesto di cui non conoscenza le conseguenze. Alla fine osò domandare, tanto poteva sempre dire che scherzava.
“Dimmi la verità, Diegone, se ora ti baciassi.... intendo proprio sulla bocca e con la lingua. Ecco.... tu mi prenderesti a sberle o ci staresti?” il tono era da cazzeggio. Diego sorrise estasiato. Dopo essersi grattato la gola rispose: “Troppo chiedere di provarci e poi vedere che accade? Devi farlo per forza così meccanico?”
“Meccanico? No, scusa. È che non voglio turbarti o turbarmi. Cazzo... hai capito... ”
Diego scattò seduto: “Non ho capito niente invece!” ma subito tornò accanto a lui, solo che questa volta con il viso rivolto verso il suo. In attesa. In silenzio. “Mettiamola così Michele: o mi baci o vai via”
“E dove vuoi che vada con questo freddo” riuscì a pronunciare prima di ritrovarsi irrimediabilmente attratto da quelle labbra imbronciate.
Diego gli permise d’entrare, anzi gli fece pure un comitato d’accoglienza fatto di ansiti e una vagonata di lingua. Dopo qualche secondo Michele fu certo di non aver mai baciato in vita sua prima di baciare Diego Perrone.
“Sarà la vicinanza con la Francia ma questo qui sì che è un fottutissimo bacio alla francese... mio dio...”
Lo sentì ridere e poi tornare alla carica, ancora baci, ancora passione. Michele fu piegato spalle al divano e ben presto rotolarono sul tappeto, incapaci di smettere di baciarsi come ossessi, come se li avessero pagati per dare il via alla rivisitazione omosex di Ultimo tango a Parigi.  A cavallo del pugliese, prima si liberò della maglietta, poi pretese di togliergli la felpa In un lampo di razionalità Michele cercò di frenarlo. Magari per quella sera si sarebbero limitati a baciarsi. Magari era quello il loro destino. Restare nel giardino segreto delle tenerezze tra bambini. Il loro segreto, l’ultimo baluardo dell’infanzia, o l’ennesimo per uno della sua pasta. Invece le intenzioni di Diego erano tutt’altro che tenere, era bellicoso il ragazzo. Mentre si piegava a baciargli la gola, il pomo d’adamo, le spalle, il centro del petto. Michele fu certo che con quell’entusiasmo non sarebbe durato molto. E quando lo sentì cincischiare con la sua cinta, lo supplicò: “Rallenta che mi vengo addosso”
“Mi scuso per l’irruenza!” Diego lo rivelò in un sorrisetto. La voce scossa dal fiatone.
“Pure io sto bene avanti” un altro bacio poi chiarì: “Andiamo piano ora, ok?”
“Sì, ok!” non se lo sognava più di tornare indietro, non gli importava più se era all’altezza, se era giusto o sbagliato, o della ragazza di Diego, magari in quel momento impegnata a studiare, o a fare esattamente la stessa cosa. Chissà. Di cosa sarebbe accaduto poi tanto meno. E quando infine furono entrambi un impiastro appiccicoso, si scoprirono a ridere come due ubriachi, e anche a piangere un po’, almeno Diego...


“Ancora la felicità?” Michele piombò alle sue spalle. Diego era di fronte al lavandino e invece di pulirsi la pancia si lavava via le lacrime dal viso. “La felicità è sopravvalutata amico mio. Meglio momenti di contentezza. Come ora, ok?”
“Dici che non possiamo?” esalò ancora piagnucolante.
“Noi possiamo tutto Diego. Siamo onnipotenti!”
“Esagerato!”
“Scommetti?” lo abbracciò da dietro e lo tenne stretto forte a sé. Poi iniziò a lavarlo lui, un gesto di un’intimità totale, che li univa ancora di più, forse, del rapporto durato una manciata di secondi, ma potente quanto il propulsore a otto cilindri.
“Possiamo stare insieme ed essere anche amici e colleghi. Possiamo amarci ed essere liberi. Possiamo fare tutto, e io voglio condividere la vita con te. Lo voglio per davvero”
Asciugato che fu, Diego si sentì un tantino più normale. Forse perché ora aveva un’idea precisa di cosa sarebbe stato il suo futuro con l’uomo che gli aveva cambiato la vita, il suo futuro da lì a qualche anno. Ma sopratutto sapeva cosa stava per succedere di lì a qualche minuto. Sorridendo, di nuovo sereno lo abbracciò e lo trascinò fino alla sua stanza da letto. I loro cellulari suonarono all’unisono ma non vi badarono, occupati com’erano a baciarsi, a ridere e ha consumare con impegno, l’inizio di un percorso.


La mattina dopo Michele sentì il bisogno di scrivere due righe a Diego mentre questi si sbarbava in completo relax, nonostante la quasi mancanza di sonno e un dolore nella zona anale, per colpa della nivea durante un maldestro (di vari maldestri...) tentativi di sodomia.
Quando due persone che sono state a lungo amiche e basta finiscono finalmente a letto insieme, la cosa più bella è la libertà che si prova quando si inizia a darsi da fare. Sì perché puoi fare tutto quello che ti pare finalmente. Non ci sono più i muri. Il bacio sulla guancia sì, sulla bocca ni, con la lingua proprio no! I primi tempi avevo persino timore di farmi le seghe pensando a te, perché mi pareva di violentarti. Quando ci coccolavamo sentivo che ci stavi, che potevo farti di tutto e magari se eri bevuto anche poco sarebbe stato di un facile disarmante. Ma come vedi sono stato un signore e ho preferito venirti a profanare la tua casa, la tua Torino. A lasciare una traccia. Scusa se sto scrivendo questa marea di cazzate perché mica potevo scriverti, non so: Ti amo amore mio, quando stamattina mi sono svegliato tra le tue braccia è stato come se il mio mondo fosse stato fin qui in bianco e nero e ora vedessi pure i colori. Non senti quanto è stomachevole? Però è stato proprio così cazzo! Ci credi? E lo sento ancora... ora però stacco perché mi sa che stai arrivando, hai smesso più canticchiare. Lo so che non è carina una lettera d’amore senza finale, però fa conto che il finale te lo scriverò con la bocca e sulla tua bocca, ok?


Piegato il foglietto in quattro parti, lo mette sopra il cuscino di Diego, che ancora nudo lo osserva curioso. “Una lettera per me”
“Una cosina che mi è venuta di getto”
“Sulla busta dell’avviso di giacenza di una multa...”
“Non ho trovato di meglio”
“Leggiamo” Ma Michele gliela strappa via dalle mani. “Che fai?”
“No, baciami. Abbiamo ancora qualche ora, baciamoci e basta” Diego non insiste e si lascia baciare. E la lettera finisce tra le quattro gambe.
Finirà nella tasca di Diego per sempre. Portafoglio dopo portafoglio.

5 commenti:

  1. Avevo promesso di commentare con un po' più di lucidità mentale, ma ancora non l'ho recuperata. Questa fanfiction è un crescendo: parte dolce, prosegue intima, romantica (ma mai stucchevole) e finisce... in lacrime. Giuro che il finale mi ha commossa con tanto di occhi lucidi e dolore al cuore. La lettera, il fatto che Diego la porti sempre con sé... perfezione. Per non parlare della giusta dose di seghe mentali e dialoghi azzeccati che io personalmente adoro leggere!
    E poi... complimentoni. Lasciameli fare! xD

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  2. Grazie tesoro, accetto tutto quello che mi dici e sono contenta di averti emozionata.. se poi mi vengono così bene le fanfiction su di loro è solo perché sono così perfetti per farle germogliare. Attendo con trepidazione la tua eh.........

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  3. Come ti ho già detto su msn questa fic è tra le più belle e dolci che tu abbia scritto su questa fantastica coppia. Mi piace tantissimo il momento n cui Diego siede tra le gambe di Michele che gli accarezza i capelli. Così reali i dialoghi, ma soprattutto i problemi e le seghe che i due si fanno sui rispettivi sentimenti. Infine la scena che Diego è in bagno e Michele lo coglie da dietro mi ha fatto impazzire. Il finale poi mi ha fatto battere il cuore con la lettera e il visino di Diego quando lo vede mettergliela in tasca. Li amooooooooo

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  4. Grazie ale, ma quando gliela mette in tasca? Ahahahaah, sono nudi, non hanno tasche... LOL la distrattona mia rinco....

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  5. Mado. Si vero la mette sul cuscino. Che testa hihihih. Va be. Cmq è stupendo che lui la conservi sempre con se. Li amooooooooo

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