lunedì 13 agosto 2012

Papà Diegone (terza parte)


Pairing: Diego Perrone/Michele Salvemini

Genere: real person slash

WARNING:  NC17 per scene di sesso

Tutto ciò si consideri frutto della fantasia e del talento dell'autore. Non c'è niente di reale né è a scopo di lucro. 

PS: la canzone è trascritta ad orecchio, sicuramente avrò sbagliato qualcosa. 



Quella notte non scoparono, non sperimentarono: Michele e Diego fecero l’amore per la prima volta.
Impacciati ma appassionati, si strapparono di dosso i vestiti ancora pieni di sabbia e si gettarono fra i ricami delle lenzuola, baciandosi con foga, esplorando, toccando, accarezzando, leccando.
Quando Michele si spinse in lui la prima volta, a Diego sfuggì un piccolo lamento di dolore. Era stato bravo, molto bravo, e cauto, eppure quei pochi centimetri di attrito si fecero sentire lo stesso.
Poi più niente, solo piacere.
Il respiro coinvolto di Michele, il suo calore contro il petto mentre lo teneva abbracciato a sé, una mano fra le sue gambe, lo facevano sentire protetto, morbido, completo.
“Ci stai riflettendo troppo, spingi più forte.” Diego sussurrò, ansimando, spostandogli i capelli dalla fronte e guardandolo negli occhi.
“Sssh.” rispose Michele arrossendo, chiudendogli la bocca con una mano. Diego gli mordicchiò le dita dispettosamente, mugugnando. “Stai buono, voglio godermi questo momento. Ho trovato il mio posto nel mondo.” avrebbe voluto aggiungere Michele, ma non lo fece. Gli baciò il collo, invece, mentre aumentava la velocità dei movimenti strappandogli gemiti sommessi.
Le lenzuola della prima notte.
Diego vi si aggrappò con entrambe le mani quando sentì approssimarsi l’orgasmo. Era una sensazione nuova, intensa, eppure familiare. Non riuscì a contenerlo a lungo e si lasciò scuotere dalle sensazioni, gemendo esclamazioni scurrili mentre Michele, sorridendo, gli stampava un bacetto sulla guancia. Ancora un attimo e anche lui si lasciò andare, farfugliando qualcosa d’incomprensibile agli esseri umani.
E quella non fu che la prima di tante, tantissime altre volte.
A dire il vero trascorsero la quasi totalità del loro rimanente tempo insieme a letto, fino alla fine delle due settimane, nonostante le finte proteste di Diego che avrebbe voluto esplorare la natura, la cultura, l’enogastronomia pugliese e invece non si andava mai oltre il supermercato. Evidentemente dovevano solo rompere il ghiaccio e quello ormai era bello che rotto.
Ma a loro non piaceva solo fare sesso insieme: qualsiasi attività, anche la più banale, come cucinare o guardare un film, era migliore se la condividevano.
Le chiacchiere, gli scambi arguti, il flirtare spudorato, i consigli sulle massime gioie della vita: erano completamente affiatati, anche se a vederli sembravano due opposti. Michele si vergognò anche solo di aver pensato che magari… magari un giorno avrebbero potuto vivere insieme, condividere qualcosa di importante.
Ecco che c’era ricascato.
“A che stai pensando?” gli domandò Diego che era sdraiato al suo fianco, la testa appoggiata sul petto, gli occhi tristi.
“A che cosa vuoi che stia pensando. Non voglio che te ne vai.” Michele gli accarezzava i capelli, lo sguardo fisso di fronte a lui, quasi catatonico. “E’ già arrivato quel maledetto giorno.”
“Già… ancora poche ore…” Diego stava pensando alla stessa, identica e dannata cosa, ma forse ammetterlo per primo l’avrebbe reso più debole, più stupido o forse solo più innamorato. Scoprire che anche Michele si sentiva allo stesso modo fece incrinare le sue difese. “Niente lacrime davanti a lui.” si dissero entrambi. “Devo essere forte.”
Quando poi il treno che lo avrebbe riportato a Torino arrivò in stazione, tutto si fece più reale.
Diego gettò la sigaretta e alzò gli occhi in quelli di Michele.
“Be’…”
“Be’.”
Si guardarono a lungo, come se fosse l’ultima volta. Non potevano neanche scambiarsi un ultimo bacio in quella trafficata stazione di Molfetta delle 13.12, ma un abbraccio sì, e agli occhi di una persona sensibile, quello era l’addio di due innamorati stretti l’uno fra le braccia dell’altro.
“Ci rivediamo. Ti giuro, ci rivediamo presto.” sussurrò Michele al suo orecchio, gli occhi lucidi. Diego annuì, mordendosi il labbro inferiore. Ancora qualche minuto e avrebbe potuto arrotolarsi sul suo sedile e nascondere le lacrime che aveva voglia di piangere.
Il capotreno chiamò la partenza e Diego dovette salire a bordo, continuando però a tenere saldo lo sguardo in quello di Michele. Quando fu troppo lontano, un puntino scuro fra puntini scuri, Diego prese posto e lasciò che una lacrima gli solcasse il viso per poi asciugarla in fretta. Tirò su col naso e si nascose come poteva agli sguardi degli altri passeggeri.
Chiuse gli occhi. Preferiva dormire e sognare di essere ancora nella calda Puglia. Con lui.

Quando fu di nuovo in auto, Michele si mise a singhiozzare come un bambino. “Miché, accidenti a te. Vuoi smetterla?” si asciugò gli occhi col dorso della mano e mise in moto. “Perché continui a sentirti come se questa fosse l’ultima volta che lo vedi? Sei troppo preso. Sei davvero troppo preso.”
Attraversò in fretta la città e si rifugiò in casa, dove ormai ogni angolo gli ricordava qualcosa di Diego, che fosse solo un apprezzamento o una risatina rivolto ai suoi tanti giocattoli, una frase o un’espressione, o che fosse il suo corpo caldo, preso ovunque, in ogni stanza, più e più volte.
Sospirò, rassegnato. “Le storie a distanza non durano.” cercò di convincersi, in modo da smettere di soffrire più in fretta, come se tutto quello fosse già intollerabile. Ma cambiò idea in fretta, non voleva rinunciarvi. Rovistò nelle tasche e recuperò il cellulare.
Click.
“Michele!”
“Mi manca papà Diegone.”
“Di già?” lo sentì tirare su col naso.
“Già. Di già.”
Pausa.
“Ti spiace se restiamo al telefono per un po’?”
“Non mi spiace affatto, Miché.” sorrise.
Parlarono finché le batterie dei cellulari non furono del tutto prosciugate, e così ogni altro giorno in cui non riuscirono a rivedersi.

Poscritto:
“Buongiorno vita mia!”
“Wow. Addirittura.”
“Ehm, chi parla?”
“Sono Ea, il batterista dei Medusa.”
“Col telefono di Diego.”
“Sì, vuole farti sentire una cosa, si sta scaldando la voce.”
“Via telefono?”

Il cellulare era stato già appoggiato e, dopo un breve silenzio, Michele sentì una canzone in lontananza, suonata dal vivo da tutti i Medusa. Era quella che Diego aveva composto in treno, ora completa.

“Sono qui con te, non mi vedi
Sono qui per te e non ci credi
Ma lo sai che anch’io ti vedo
che mi sorridi dopo che ho sorriso a te
Chiamando poi il tuo nome credo
per strada poi ti girerai senza un perché
Non è facile perché qui niente
mi parla di te ma con la mente io
Io posso sai correre via
sarò negli occhi più belli che oggi vedrai
Nient’altro che una fantasia
e stretto a te aspetto, dove mi porterai
Solo se vorrei sfogare queste lacrime
sono solo e sto pensando ancora a te e vorrei
non dovere più pensare
perché il ricordo di te non mi basterà, non mi basta
Sono qui con te, ora mi vedi,
dimmelo, dimmelo se non ci credi
L’estate mia porta il tuo nome
sul cuore ormai segnato indelebile
Lo spazio ora ci divide
ma il tempo fa aumentare la voglia che ho di te
Papà Diegone chiede al tempo un’altra illusione
Papà Diegone porta nel suo cuore il tuo nome
Solo se vorrei sfogare queste lacrime
e sono solo e sto pensando ancora a te e vorrei
non dovere più pensare
perché il ricordo di te non mi basterà, non mi basta mai”

“Michele!”
“Diego.” La voce rotta.
“Mi spiace, ma dovrai venire su a Torino.”
“C-come mai?”
“Questa canzone. Hai capito di chi parla, vero? Voglio che ci sia dentro anche la tua voce.”
“Diego…”
“Sì?”
“Vorrei dirti che ti amo.”
“Dimmelo.”
“Ti amo. Ora mi organizzo e vengo su il prima possibile.”
“Ehi.” Si guardò intorno. “Anche io. E ti aspetto.”
Click.
Michele sorrise.


La bellissima canzone che ha ispirato questa fic! :)

2 commenti:

  1. L'ho appena finita- E' un vero capolavoro, non so dire quale parte mi abbia emozionato di più, ma penso che tu sia riuscita a creare davvero un'atmosfera magica attorno a loro che mi ha fatto sognare. Il pezzo in cui finalmente fanno l'amore è intenso, coinvolgente, passionale e dolce. Vorrei essere io in grado di descrivere così bene una scena d'amore come hai fatto tu. So già che sarai la mia spacciatrice di slash preferita.

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  2. Forse la parte anzi sicuro la parte che mi ha emozionata di più è l'addio al letto, quel momento dove entrambi gettano le maschere ma lo fanno contemporaneamente perché troppo impauriti di sembrare deboli, che l'altro pensi: mi ama troppo. Mi ha commossa e tu lo sai. Il finale è perfetto, è come l'ho immmaginato e anche meglio... piccola postilla. Mi piace troppo che Michi lo chiama: "Vita mia", è così realistico, anche il mio ex che era calabrese mi diceva vita mia o altri appellativi romantici <3 Ora però non pensare che te la sei cavata con Papà Diegone però.... questa è solo l'inizio dell'inciclopedia che posterai... vero? VERO???????? LOL

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