lunedì 25 marzo 2013
Dalle Puglie alle Alpi, quinta puntata
Titolo: Dalle Puglie alle Alpi
Autori: Annina
Pairing: Diego Perrone/Michele Salvemini
Genere: AU/Commedia/Romantico/Introspettivo
Rating: PG, slash, NC 17
Disclaimer: come sempre è tutto frutto di fantasia. I personaggi sono originali, ho preso in prestito i nomi solo per ispirazione artistica.
V CAPITOLO
Un’altra settimana se
ne va, uguale alla prima; Diego e Michele si vedono soltanto alla mattina per
andare al bar, poi i diversi impegni li costringono a restare separati, e il
fine settimana Michele partecipa a un corso a Firenze per conto del
sindacato. E’ quasi contento di questa situazione, perché anche
se ormai ha capito di essere attratto da Diego, non sa come gestire questa cosa.
Ha bisogno di parlarne con qualcuno e
chiaramente non può farlo con lui.
In più, cominciano i
problemi con la ditta dove lavora; è un’azienda chimica dove si utilizzano
sostanze tossiche e infiammabili e lui
si è accorto che il capannone non è attrezzato con i giusti filtri per
purificare l’aria e che non sono nemmeno in regola con le vie di fuga in caso di
incendio.
Il martedì mattina
Michele viene convocato in direzione, dove un dirigente gli intima di smetterla
di creare problemi alla ditta.
“Noi non dobbiamo
rendere conto a nessuno e tantomeno a te; gli ispettori del lavoro sono venuti
pochi mesi fa e non hanno rilevato nessun tipo di problema. Ora decidi: in due
settimane qui hai creato solo problemi. Se vuoi continuare a lavorare con noi,
la devi piantare, altrimenti quella è la porta. Sei ancora in prova, possiamo
licenziarti anche subito!”.
Michele si alza e senza
salutare torna alla sua postazione. Dentro di lui freme, vorrebbe denunciare la
ditta, o magari spaccare la faccia di quel dirigente di merda, che ben protetto
nel suo ufficio con riscaldamento e poltrona in pelle non si interessa minimamente
della vita degli operai relegati nel capannone.
Fiorenza ci mette il
carico comunicandogli con un sms che arriverà il giorno dopo a Torino perché
non è possibile che tutto finisca così,
devono vedersi, devono parlare. Michele comincia a pensare che qualcuno
gli abbia fatto il malocchio.
Uscendo dalla fabbrica
si ritrova a fissare la strada: voglia di partire, magari tornare nella sua
Puglia. Ci starebbe una passeggiata sulla spiaggia ora, sotto il sole del
tramonto. Invece qui è nuvoloso oggi. E lì intorno è sporco, e si sente addosso
la puzza del solvente che usa al lavoro.
Non ha nemmeno voglia
di pedalare, e si avvia con la bicicletta a mano. Anche stasera non ci sarà
Diego, impegnato nel congresso. Meglio? Non lo sa, ma prende una decisione:
deve parlare con qualcuno. Chi meglio di Valentina?
Va al bar e chiede a
Danilo il numero di telefono, e la chiama subito da lì, sotto lo sguardo
incuriosito dell’amico.
“Ciao sono Michele: ho
bisogno di parlarti. Subito. Va bene, arrivo più tardi allora. Grazie”.
Danilo lo guarda ma quando Michele fa per parlare lo ferma:
“No, se devi parlare con la Vale, avrai i tuoi motivi. Forse capisco anche
quali”.
“Sì sono convinto che
tu sappia di cosa voglio parlare con Valentina, ma ti ringrazio per la tua
comprensione. Credo che lei sia la persona più giusta per darmi qualche
consiglio. Ti prego, fammi un panino, non ho voglia di cenare a casa da solo,
così poi mi faccio una doccia e vado”.
Danilo gli sorride
guardandolo con simpatia: “Non va proprio vero Michele? Almeno, mi sembra di
vederti piuttosto giù di morale. Nostalgia di casa?”.
“E fosse solo quello.
Sì nostalgia tanta, niente potrebbe rilassarmi più di una passeggiata in riva
al mare, nemmeno guardare le vostre Alpi, che pure sono bellissime. Poi
problemi sul lavoro”.
“I proprietari di
quella ditta sono dei bastardi, lo sanno tutti, ma non si riesce a fare niente,
come sempre no? Solo loro sanno cosa sputano fuori i camini, e cosa respirate
voi che ci lavorate”.
Intanto gli passa un
panino caldo che Michele addenta subito, affamato. “Già. Oggi mi han convocato.
O sto zitto o me ne vado. Io non ci sto zitto Danilo, non sono capace. Ma me ne
dovrò andare poi. E dove vado?” Michele lo guarda quasi aspettando una risposta
da lui.
“Abbiamo capito tutti
che sei un rompicoglioni Michele, ma in senso buono né? Quindi sono convinto
che andrai avanti per la tua strada, anche a costo di farti del male, ma questo
mi piace. Se avrai bisogno di una mano, da noi la troverai sempre, e parlo a
nome di tutti, sicuro”.
Michele annuisce:
“Grazie. Sono contento di aver trovato voi ragazzi. Ora vado però, che devo
risolvere la questione più importante”. Si alza e prende il portafoglio ma
Danilo lo ferma: “Niente, lascia, vai che il problema che hai da risolvere è
più importante” il suo sorriso rivela che davvero sa di che cosa vuol parlare
con l’amica.
Michele va a casa, e
nonostante sappia che Diego non c’è, prova ugualmente a suonare il campanello.
Non ricevendo risposta entra in casa e si butta subito sotto la doccia, si
veste ed esce nel giro di pochi minuti. Non ha quasi più visto il cugino, e un
po’ gli dispiace, pensa che si sta comportando da cafone con lui. Oh Michè, un’altra paranoia? Non ti bastano
quelle che hai già?
In poco tempo arriva al
pub dove lavora Valentina e, legata la bici a un palo, entra. E’ la prima volta
che va in quel locale, e si guarda intorno. Gli piace. Le luci non troppo
forti, tavoli e pareti in legno, musica rock ma bassa non come in altri locali
dove quasi non si riesce a conversare. Vede Valentina dietro al banco con altri
due ragazzi e le fa un cenno di saluto.
Lei gli sorride, poi
parla con i colleghi e si avvia verso di lui: “Birra? Hai mangiato o ti prendo
qualcosa?”.
“Grazie ho mangiato un
panino con Danilo. Ma una birra la prendo volentieri. Scegli tu, mi fido”.
Valentina torna dietro
al banco e traffica un po’ con forno e spina, quindi va da Michele e gli fa
cenno con la testa di seguirla. Si siedono a un tavolo d’angolo, in fondo alla
sala. Non c’è molta gente, si sta tranquilli. Porge a Michele una coppa di
birra scura e per sé tiene una birra chiara.
“Ho preparato un
crostino così non ci ubriachiamo. Per te una trappista, sono sicura che la
apprezzerai. E adesso dimmi tutto Michi”.
Lui le sorride: “Solo
tu e Diego mi chiamate Michi”.
“Ed è di Diego che mi
vuoi parlare vero?” Valentina tocca col suo il bicchiere di Michele: “alla
faccia di chi non ci vuole bene! E’ così che brindiamo io e lui”.
Bevono poi Michele
attacca: “No sai? Non è tanto di Diego che voglio parlarti, quando di me. Io
non ci capisco più tanto Vale. Non capisco cosa sono, cosa posso fare, cosa non
devo fare. Mi metto nelle tue mani, dimmi qualcosa che mi faccia stare bene, e
così spero di far stare bene anche Diego”.
Valentina gli prende il
volto fra le mani e lo bacia sulla fronte: “Sei un bravo ragazzo Michele, come
pensavo. Mi piace come ti preoccupi per Diego. Ma cosa posso dirti? Hai paura?
Ma non abbiamo tutti paura quando ci imbarchiamo in un rapporto nuovo?”
“Sì Vale, ma questo è
anche troppo nuovo per me! Diego è gay, per lui è normale innamorarsi di un
uomo, ma io finora pensavo di essere un comunissimo, banale etero. Ho una
ragazza, o meglio avevo una ragazza a Bari, l’ho lasciata quando sono venuto
quassù, anzi lei dice che vuol venire per parlarne, ma spero che non lo faccia
davvero. Mi ci mancherebbe solo lei ora!”.
Valentina gli prende
una mano e la accarezza mentre lui fissa il suo bicchiere.
“Michi nessuno può
dirti che andrà tutto bene, o che durerà per sempre. Cosa senti per Diego? E’
diverso da quello che provavi per la tua ragazza?”.
Cosa provo per lui? “Cosa provo per lui… mi piace guardarlo, mi
piace ascoltarlo, sto bene con lui più che con me stesso, o anzi, come con me
stesso, abbiamo gli stessi gusti, amiamo la stessa musica, stiamo a parlare per
ore e non ci annoiamo mai. Mi è piaciuto baciarlo. Perché mi guardi così? Non dirmi che non te lo ha detto. Si Vale, è
diverso con lui che con la mia ex. Diego mi piace di più” Michele fa una
smorfia e Valentina scoppia in una risata.
“Beh, direi che sei
sulla buona strada per innamorarti. No non mi ha detto del bacio, e questo la
dice lunga! Sicuro aveva paura che lo sgridassi. Diego c’è dentro fino al
collo. Abbiamo parlato di te però, sicuro. Domenica era beato, era così felice
che ti aveva rivisto, e che tu l’hai abbracciato, e mi ha decantato le tue
doti, così come ora tu lo hai fatto di lui. Capisco le tue paranoie Michele, ma
cosa ti importa se è un uomo o una donna? Se pensi di amarlo, va bene”.
Michele mangia un
crostino, pensieroso. Indeciso se chiedere o no lascia passare qualche minuto,
poi non ce la fa: “Senti Vale, se pensi di non dovermelo dire, va bene. Io gli
ho chiesto cosa è successo con quel bel tipo di domenica, ma lui non ne ha
voluto parlare, ha detto che mi spiegherà. Se puoi… cioè l’ultima cosa che
voglio è fargli del male, te l’ho già detto. Diego forse è già qualcosa di più
di un caro amico, ma è molto fragile credo; non voglio fare errori”.
“Sì è giusto che tu lo
sappia, ma tu non sei paragonabile a quel mostro di Giovanni. E’ successo
cinque anni fa, Diego ne aveva ventitre, lui è più grande, ne aveva ventisette
o ventotto, non ricordo bene. Si sono conosciuti a Roma, ad un corteo. Giovanni
è di Alba, ma ora vive a Torino. Insomma si sono messi insieme e siccome Diego
viveva già da solo, lavorava, lo ha ospitato subito”.
Valentina si interrompe
per bere un sorso di birra e ingoiare insieme anche le lacrime che le hanno
riempito gli occhi.
“Diego era
particolarmente fragile in quel periodo, aveva perso da poco i genitori in un
incidente, ne aveva sofferto tantissimo, probabilmente si attaccò al primo che
gli aveva dimostrato un po’ di affetto. Non mi spiego altrimenti come poteva
non accorgersi di che essere si era tirato in casa.
Comunque, te la faccio
breve, lui lo maltrattava, violenze psicologiche più che altro, ma anche se non
ce lo ha mai detto, pensiamo che qualche volta lo picchiasse anche, e si faceva
mantenere. Noi vedevamo che Diego soffriva, dimagriva, ma non riusciva a
liberarsi di lui. Ci abbiamo pensato noi a cacciarlo, minacciandolo di
rivolgerci anche alla polizia. Ha avuto paura, se n’è andato, e noi ci siamo
occupati di Diego. L’abbiamo raccolto col cucchiaino, fatto curare: ansiolitici
e roba così. E’ stato un periodo devastante” una lacrima riga il viso di Valentina
che se la toglie con rabbia.
Michele è sconvolto
dalla storia che ha appena sentito; i pugni stretti sul tavolo, il respiro
mozzo.
Si guardano e si
abbracciano stretti, senza parlare. Il segnale di un sms scuote Michele: “E’
Diego. Mi chiede se voglio stare con lui un po’ che lui molla l’assemblea. No,
gli dico di no, che ho da fare coi colleghi, adesso non ce la faccio”. Michele
risponde e poi chiede a Valentina se vuol bere un’altra birra con lui. Ne ha
bisogno.
“Sappi che sarà meglio
che io non lo incontri più quel maledetto, perché non credo che potrò fare a
meno di picchiarlo” la voce di Michele esce strozzata dalla rabbia e dal
dolore.
“Ti capisco, anch’io
tutte le volte che lo vedo sono tentata di strozzarlo, ma Diego non vuole
nemmeno sentirne parlare. Oh, non fraintendermi, non prova più niente per lui,
ma lui è contro la violenza di qualunque tipo. Il nostro Diegone” sorride ora Valentina:
“Non parliamo più di quello stronzo dai, parliamo di voi due”.
“Vale io sono… io credo
di volergli bene. Non so ancora come riuscirò a farlo, ma credo di voler stare
con lui. Oddio, già mi sembra di sentire mio cugino” Michele emette un gemito
guardando il soffitto, e Valentina scoppia a ridere: “Se vi
amate, vedrai che non te ne fregherà niente di nessuno, l’importante siete voi
due. Sono contenta per Diego, che finalmente sarà felice. Sono contenta anche
per te. Ora vado però, i miei colleghi mi hanno sostituito fino ad ora, ma non
voglio approfittarne”.
Si alzano e Michele
l’accompagna fino al bancone, si salutano e lui torna a casa, deciso ad
aspettare Diego.
Si butta sul divano con
un libro, sicuro che da lì sentirà la porta aprirsi, ma si addormenta dopo
poco: due medie trappiste possono fare quell’effetto, nonostante l’aria fresca
presa in bicicletta.
Il mattino dopo Gaetano
sveglia Michele quando mancano pochi minuti alle otto; rattrappito per aver
dormito su quel divanetto Michele acchiappa due biscotti al volo e corre in
fabbrica, stramaledicendosi non solo per non aver sentito Diego rientrare la
notte, ma per aver anche perso la colazione con lui.
Quando esce dal lavoro va
subito a fare spesa: vuole preparare qualcosa di buono e invitare Diego a cena.
Gaetano non ci sarà, dorme quasi sempre da Adele ormai.
Prepara il sugo con le
cime di rapa miracolosamente recuperate da un orefice travestito da
fruttivendolo, e mette in forno un arrosto. Avrebbe voluto preparare del pesce,
ma non sa se gli piace, non ne hanno parlato. Devono ancora parlare di tante
cose. Michele è felice ed eccitato pensando alla serata che li aspetta. Non vede l’ora di sentire il portone aprirsi.
Non vede l’ora di vedere gli occhi di Diego sfavillare, perché ne è sicuro,
Diego sarà felice, tanto quanto lo sarà lui.
Suona il citofono.
Forse è lui, è Diego, è da tanto che non si vedono, lo sta chiamando sicuro.
Corre a rispondere, ma non sente la voce di Diego: è Fiorenza. Cazzo è
Fiorenza. E’ salita davvero.
Michele bestemmia in
barese aprendo la porta. Fiorenza sale le scale di corsa e gli si getta tra le
braccia: “Michele, avevo così voglia di vederti. Sono contenta che ci sei , ora
dico a mio padre di andare pure in albergo e di venirmi a prendere più tardi,
se non posso stare qui con te”.
Michele non riesce
nemmeno a spiccicare una parola e in un attimo si ritrova a cena con lei che
non smette un attimo di parlare, e all’improvviso sente il campanello suonare e
la porta aprirsi, e la voce di Diego che chiede permesso… e Diego lo vede lì a
tavola con Fiore, mentre lei gli tiene una mano. Lo vede chiudere gli occhi e
riaprirli e salutarlo dicendogli che credeva fosse solo, non sapeva che avesse
ospiti. Lo vede andarsene.
Michele si alza di
scatto e liberandosi delle mani di Fiorenza insegue l’amico ed entra da lui
prima che riesca a chiudere la porta.
“Diego non è come
credi. E’ arrivata ora, mi è capitata tra capo e collo, non la aspettavo. Cioè
me l’aveva detto che voleva venire, ma… Diego ascoltami” lo prende per un
braccio e lo fa girare verso di sé, ma Diego si allontana: “Non c’è problema
Michele, so che sei fidanzato, solo mi aspettavo che fossi più sincero ecco.
Ieri mi hai detto che eri impegnato coi tuoi colleghi, e invece oggi ti vedo
con lei. Ma non importa, vai, vai da lei. Per favore Michele vattene va bene?”.
Diego lo spinge fuori
di casa e chiude immediatamente la porta: non vuole farsi vedere piangere. Non
più.
Michele torna da
Fiorenza e cercando di trattenere la rabbia che prova, le dice che è vero, lui
è stato uno stronzo, ma quello che le aveva detto al telefono era vero: non la
ama più, e vorrebbe gentilmente togliersi da casa? Non c’è più niente da fare
né da dire tra loro. Fiorenza si alza e gli tira uno schiaffo che gli fa girare
la testa dall’alta parte. Michele non fiata, sa di esserselo meritato. “Scusa
Fiore, hai ragione, sono un po’ nervoso e agisco come un mascalzone, ma quello
che ti ho detto rimane. Io non ti amo più, e se ci pensi non mi ami nemmeno tu.
Era diventata un’abitudine da tempo la nostra storia. Rifletti bene Fiore”.
Fiorenza si risiede a
tavola, e dopo qualche minuto di silenzio, annuisce: “Forse hai ragione Michè,
ma penso che avresti potuto essere più gentile. In fondo siamo stati insieme
due anni, non è bello sentirsi buttare via così. Me ne vado, fammi chiamare mio
padre e me ne vado” e prendendo il cellulare chiede al padre di venire subito.
Michele si sente
veramente a disagio ora, e le chiede di perdonarlo, di capire la situazione
complicata in cui si trova: “Non volevo Fiore, credimi”.
“Ho sbagliato io
Michele. Non dovevo capitarti qui così. Abbiamo sbagliato in due, va bene? Ora
vado, c’è papà fuori. Addio Michele, riguardati”.
Michele la prende fra
le braccia e le dà un bacio in fronte. Anche lei contraccambia l’abbraccio e
scendendo le scale di corsa, sale sulla macchina del padre e se ne vanno.
Michele torna a
respirare e si attacca al campanello di Diego. Cosa può capitare? Al limite mi prendo un’altra sberla.
Diego non risponde e a
Michele via via sale la rabbia. Sembra che tutto congiuri contro di lui. Ma Diego
però è giunto a conclusioni sbagliate, non l’ha nemmeno voluto ascoltare.
Rinuncia a parlargli e torna in casa, andando a buttarsi sul letto con le
scarpe e tutto. Si addormenta tardi e si sveglia altrettanto tardi. Per fortuna
oggi non doveva andare a lavorare, deve presentarsi a fare gli esami del sangue
come tutti i colleghi, controlli di routine li chiamano, e poi è in permesso
sindacale per partecipare a un’assemblea.
Mentre il segretario
della Fiom parla alla sala, Michele è distratto da altri pensieri. E dire che
ha una stima esagerata per quell’uomo, e non vedeva l’ora di poterlo
incontrare. Ma il pensiero di Diego e di quello che può aver pensato e provato
in quelle ore fa passare tutto in secondo piano.
Verso mezzogiorno non
resiste più: abbandona la sala e corre a prendere la bicicletta. Deve andare da
Diego, andrà alla serra. Non ci è mai andato, ma più o meno sa dove si trova. Infatti mezz’ora più tardi
si ritrova perso nella campagna intorno a Torino. Esasperato prende il
cellulare e chiama Diego, ma il telefono risulta spento. Chiama Valentina:
“Vale ti prego devo parlare con Diego, è successo di tutto e se tu non mi
spieghi subito come arrivare da lui alla serra giuro che mi butterò in uno di
questi campi qui intorno e mi lascerò morire di inedia”. Sente Vale ridere
all’altro capo del cellulare, poi gli spiega per bene la strada. Michele
ringrazia e torna a pedalare. Gli sembra di essere il protagonista di un libro
che ha letto tanti anni fa, che in preda agli effetti dell’LSD continuava a
pedalare e si ritrovava sempre davanti allo stesso tempio. Ma non si perde
d’animo e finalmente vede l’insegna della “Primula”.
Sbuffando si precipita
dentro ma non vede nessuno. Il posto è enorme, pieno di grandi serre, ma sembra abbandonato, e nemmeno nel
container che dovrebbe fungere da ufficio trova qualcuno. Se è un sogno, è di
quelli angoscianti.
Finalmente sente una
voce dietro di lui, e girandosi si trova davanti a un uomo atletico, abbronzato
come si abbronzano gli sciatori, che gli chiede di cosa ha bisogno.
“Sto cercando Diego
Perrone, sono un suo amico ma non so dove trovarlo”.
“Ah Diego. Dovrebbe
essere ancora nella serra delle orchidee, è quella laggiù in fondo, con la
striscia fucsia sul tetto. Già che ci sei puoi dirgli che noi stiamo andando,
che chiuda tutto quando esce perché non c’è più nessuno. Digli pure di andare a
casa, una mattina in quella serra lo avrà distrutto.Ti spiace?”
“No figurati glielo
dico. Ciao” l’altro si allontana e Michele si avvicina alla grande serra dove
spera di riuscire a trovare Diego.
Apre la porticina e vede due lunghi tavoli dove sono appoggiati
decine di vasi di orchidee di tanti colori. Entra e richiude la porta dietro di
sé. Non c’è molta luce ma c’è un caldo umido che lo infastidisce, costringendolo
a togliersi la giacca a vento. Comunque non vede Diego.
Si incammina verso il
fondo e finalmente eccolo laggiù. Michele si ferma a guardarlo, affascinato: il
ragazzo è senza maglietta, e, evidentemente tormentato dal caldo, ha calato
anche le bretelle della salopette azzurra, che scende abbondantemente sui
fianchi di Diego, lasciando scoperta buona parte dei boxer viola.
“Diego” lo chiama
mentre si avvicina a lui. Diego si volta di scatto e rimane stupito a guardare
Michele, appoggiando il piccolo nebulizzatore che stava utilizzando.
“Diego ascoltami, io ti
devo spiegare… io ti devo spiegare per ieri, va bene?” Michele è troppo preso,
le parole gli muoiono in gola, Diego è seminudo davanti a lui, i rivoletti di
sudore che gli scorrono sul torace, è troppo eccitante.
Fa per abbracciarlo ma
Diego ha un piccolo scarto all’indietro; Michele non si arrende e lo afferra
per le braccia attirandolo verso di sé: “Diego non sfuggirmi ti prego, io… ti
prego Diego” lo chiude tra le braccia e si china su di lui. Nonostante la
diffidenza iniziale, la bocca di Diego è pronta ad accogliere la sua, le lingue
si incontrano subito in un bacio languido, sensuale, le braccia di Diego si
chiudono intorno al suo collo.
Michele lo spinge verso
la parete della serra accarezzandogli la schiena, le mani scendono e si
infilano nei boxer, stringendogli le natiche sode, tonde, quasi femminili,
mentre Diego non intende essere da meno e gli sfila con un solo movimento felpa
e maglietta, stringendosi a lui, ascoltando la sensazione della sua pelle
sudata contro quella calda di Michele. La salopette cade a terra e Diego sembra
riprendersi: “Michele se arrivano... se viene qualcuno” ma Michele non si ferma,
continua a baciarlo sul collo, fa risalire la lingua all’orecchio per tornare a
riprendersi la sua bocca mentre con la mano arriva ad accarezzarlo tra le gambe
ormai libere anche dai boxer.
Diego non pensa più a
nulla se non a liberarlo a sua volta dai calzoni, e comincia anche lui ad accarezzarlo, gemendo sotto la bocca di
Michele che continua a baciarlo instancabile.
In breve arrivano al
massimo dell’eccitazione e implorando l’uno il nome dell’altro raggiungono il
piacere, chiamandosi, stringendosi, amandosi.
Diego si appoggia
all’ampio torace di Michele, malfermo sulle gambe e lui lo tiene lì,
accarezzandolo: “Diego che c’è? Ti senti bene?”.
“Sì, solo un giramento, ma passa” non alza la testa Diego, sta troppo bene lì accoccolato,
mentre Michele gli bacia i capelli: “Ero venuto per dirti tante cose Diè. Beh,
te le dirò dopo, tanto così sarebbe finita comunque no? Abbiamo solo invertito
i tempi. Rivestiamoci che andiamo a casa piccolo”.
Si staccano e Diego
infilandosi i boxer guarda Michele e un po’ di rossore si accentua sulle guance
già colorite dalla passione: “Non un gran fisico vero?”.
“E chi cercava il
grande fisico? Io cercavo te: e ti ho trovato Diego” vede la sua felpa sul
tavolo tra le orchidee e gliela infila: “Dai che fuori fa freddo, rivestiti per
bene” si infilano cuffie e giubbotti ed escono dalla serra: il freddo è intenso
e qualche fiocco di neve sta cominciando a cadere ma loro si guardano e
scambiandosi un altro bacio sentono un gran calore dentro di loro.
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wowwwwwwwww. E chi se l'aspettava questo finale scoppiettante. Ma quella Fiorenza doveva proprio arrivare così all'improvviso a rompere le palle? Lo sapevo che avrebbe causato dei danni, ma per fortuna questo incidente ha permesso al nostro pugliese di capire chi ama. Ho gli occhi a cuoricino per la scena nella serra, così dolce, ma anche così passionale ed erotica. Bellissima, brava cara, davvero un capitolo spettacolare
RispondiEliminaSì però mi sà che si è raffreddato a stare nudo nella serra: l'ho sentito chiaramente tossire!!! Hahaha!
RispondiEliminaNo dai, seriamente! Grazie, sono contenta che ti sia piaciuto. <3
Bello, belli... brava. Posso commentare così, basta? Ovviamente no... no, non sarà un commento serio, ecco. Serve un commento serio? Spero di no... la cosa che più mi ha colpito è l'imbarazzo di Diego di fronte a Michele, il suo sentirsi inadeguato “Non un gran fisico vero?”.
Elimina“E chi cercava il grande fisico? Io cercavo te: e ti ho trovato Diego” ecco, questa per me è la parte che vale tutta la storia. E questo nn significa che sia l'unica parte spettacolare del capitolo e della storia tutta, ma non serve dirtelo no?