venerdì 22 marzo 2013
Dalle Puglie alle Alpi, quarta puntata
Titolo: Dalle Puglie alle Alpi
Autori: Annina
Pairing: Diego Perrone/Michele Salvemini
Genere: AU/Commedia/Romantico/Introspettivo
Rating: PG, slash,
Disclaimer: come sempre è tutto frutto di fantasia. I personaggi sono originali, ho preso in prestito i nomi solo per ispirazione artistica.
IV CAPITOLO
Quando riapre gli occhi
è ancora nella stessa posizione; il profumo di lavanda è ancora lì, come il
pensiero di Michele. Guarda la sveglia: le undici. Proprio una bella dormita.
La luce strana che penetra dalle imposte gli fa pensare alla neve: vuoi vedere
che è cambiato il tempo?
Si alza e apre la
finestra: è nevicato davvero, anzi sta ancora nevicando fitto. A Diego piace la
neve, e vuole sentire cosa ne pensa Michele.
Si dà una lavata
sommaria e infila i calzoni della tuta, quindi si precipita a suonare alla
porta dei vicini.
Gli apre Gaetano che lo
saluta con calore: non è cattivo Gaetano, pensa Diego, solo un po’ sciocco, un
po’ prigioniero dei luoghi comuni. Chiede di Michele e lui gli risponde che non
è ancora uscito dalla sua camera da letto, ma che si accomodi pure, pensa che
sia sveglio.
Diego bussa ed entra
senza aspettare di essere invitato a farlo e Michele, ancora a letto, se lo
ritrova davanti in maglietta, calzoni di tuta e scalzo, col ciuffo
scarmigliato; lo guarda un po’ stupito: “Ti manca l’orsetto e sembri il più
piccolo dei bimbi sperduti”. Diego lo guarda confuso. “Peter Pan, Diego,
ricordi?” Michele scrolla la testa ricciuta e dopo essersi messo gli occhiali
si mette seduto: “Che succede?”.
Diego sorride e si
avvicina alla finestra aprendo vetri e imposte: ”Guarda che bello Michele:
guarda come nevica!” richiude i vetri e rimane in piedi a guardarlo felice come
se il merito della nevicata fosse suo.
Michele scoppia a
ridere di gusto: “Sei proprio buffo. Vieni, siediti qui. Sarai gelato”.
Diego si siede e infila
i piedi sotto al piumone: “In effetti ho un po’ freddino ora. Scusami a volte
faccio le cose senza pensare. Però sai? Questa cosa mi ha ricordato quando ero
piccolino, oddio, diciamo quando ero un bambino perché proprio grande non lo
sono diventato; Danilo e io abitavamo in quei palazzoni grigi che sono a
qualche isolato da qui, non so se li hai notati; beh, la mattina appena svegli
andavamo subito in casa dell’altro, era quasi una gara per vedere chi arrivava
per primo. Ci precipitavamo nella cameretta e cominciavamo subito a giocare.
Era bello. Ecco, oggi è come se fossi tornato indietro di anni. Senti torno di
là adesso ti lascio fare; se ti annoi vieni da me, qualcosa inventeremo.” Si
alza ma Michele lo acchiappa per le spalle e lo fa sedere di nuovo. “Aspetta,
mi vesto e vengo di là con te prima di annoiarmi, tanto qui non so cosa fare”
si toglie la tshirt che gli fa da pigiama e rimane in boxer davanti
all’armadio, alla ricerca di una tuta, mentre a Diego si secca la gola. E’ proprio
bello Michele, ha un bel fisico alto, asciutto, solo un po’ morbido sui
fianchi: bello con quella testa di capelli ricci, gli occhi neri così profondi,
il pizzetto …
Michele si infila i
calzoni della tuta e si gira verso di lui: “Hai detto qualcosa?”. Diego scrolla
la testa in silenzio: non ha saputo trattenere un gemito guardandolo e ha la
gola chiusa, non riuscirebbe a parlare.
Infilata la felpa
Michele lo prende per mano e lo fa alzare: “Andiamo dai bimbo sperduto; ho
visto una playstation di là da te. Facciamo una gara prima di pranzo, va bene?”.
Diego sorride felice e
pensa che non sa se lo ama di più quando lo chiama bimbo o quando lo chiama
maghetto. Che lo ama però è sicuro.
Poco dopo sono seduti
sul divano col joystick in mano e i piedi poggiati sul tavolino; giocano per
un’oretta con la play, mentre fuori continua a nevicare. “Ma poi non mi hai
spiegato come mai hai cominciato a fare il clown per i bambini Diè. C’è una
storia dietro?”.
Giocherellando con il
cordino della felpa Diego prende un respiro, poi racconta: “Ma sì, è per una
cosa che mi è capitata da bambino. Quando avevo sette anni, era maggio mi
ricordo, non stavo bene no? Avevo un gran mal di testa e vomitavo; poi venne la
febbre a 40 e la mamma di Danilo, che mi dava un occhio quando tornavo da scuola al pomeriggio, i
miei lavoravano tutti e due in Fiat, mi portò al pronto soccorso. Diagnosi:
meningite. Così mi ricoverarono, ma nemmeno in pediatria, in isolamento. A
parte i primi giorni che non mi ricordo niente perché ero praticamente senza
conoscenza, dei giorni successivi ho un ricordo decisamente angosciante. In
quel reparto non poteva entrare nessuno, quindi i miei amici non li vidi per
più di due mesi, il tempo che rimasi ricoverato. I miei genitori non potevano
chiedere ferie. Insomma ero solo dal mattino fino alla sera quando arrivavano i
miei, mia mamma stava con me più che poteva, ma il reparto chiudeva presto”
Diego si interrompe e Michele si accorge che nonostante siano passati quasi
vent’anni, l’amico ne è ancora turbato.
Gli prende una mano:
“Basta Diè, se ti turba non voglio sapere altro”.
Diego con una smorfia
prosegue nel suo racconto: “Ma no, sono passati tanti anni ormai; ma sai, non
guarivo mai, il virus mi aveva debilitato, grasso non lo ero nemmeno prima, ma
ormai sembravo un ectoplasma! E la solitudine di quei giorni non la
dimenticherò mai. Per fortuna già allora leggevo tanto, e mi feci una
scorpacciata di libri. Ecco, siccome so cosa significa stare da soli
all’ospedale, e avere paura che non uscirai più, ancora oggi ho il terrore
degli ospedali sai? Ma vedere i bambini così contenti quando arriviamo, me la fa
superare; solo non posso pensare di poter essere ancora ricoverato per nessun
motivo”.
Michele è molto colpito
dal racconto dell’amico: gli mette il braccio sulle spalle e lo stringe: “Sei
davvero bravo Diego, proprio una bella persona”. Diego non resiste e appoggia
la testa sulla sua spalla: prova un emozione così forte che gli gira la testa.
Resta immobile sperando che quell’attimo non finisca mai.
Il telefono sceglie proprio quel momento per squillare. Ad occhi
chiusi Diego stramaledice Meucci, Bells e anche la Motorola, ma si rassegna e
si alza per prendere il cordless.
“Danilo, ciao. No, per
niente! No ti dico, non sono contento di sentirti. Dai dimmi, certo che
scherzo” Diego torna a sedersi sul divano, ma senza il braccio di Michele sulle
spalle sente freddo.
Danilo comunica che non
potranno andare in montagna il giorno dopo, perché una slavina ha bloccato la
strada che porta alla baita. Diego si intristisce, pregustava da giorni qualche
bella discesa sulla sua tavola, poi ora c’è anche Michele, voleva fargli vedere
qualche bella evoluzione, e poi gli piaceva l’idea di fargli da istruttore.
“Per me va bene,
aspetta sento Michele. Sì è qui. Stronzo”. Michele lo guarda stupito, ma Diego
gli fa cenno di lasciar perdere: “E’ Danilo, dice se andiamo a pattinare sul
ghiaccio e poi mangiamo qualcosa in pizzeria stasera, con tutti gli altri”.
Michele si stringe nelle spalle con espressione poco convinta, pensa che stava
più volentieri in casa al calduccio con Diego.
“Oh, bene ci vediamo là
più tardi ciao”. Appoggia il telefono e si riaccomoda sospirando rumorosamente.
Michele si gira verso
di lui sospirando a sua volta. Ridacchiano riprendendo in mano i joystick: “Io
non so se vengo però a pattinare. Cioè a parte il freddo, io pattino ma solo
con quelli a rotelle”.
Diego si gira con
espressione serena: “Fantastico! Ce ne stiamo qui allora, non ne avevo voglia
nemmeno io, ma pensavo che magari tu volessi uscire un po’”.
Si riaccomodano con i
piedi sul tavolino e partono con un’altra battaglia che li impegna fino alle
prime ore del pomeriggio, intervallata solo da una pausa panino.
Danno un’occhiata alla
finestra: ha smesso di nevicare ma ce ne saranno almeno una ventina di
centimetri. E’ bello là fuori e decidono di fare un giretto esplorativo. Ben
coperti se ne vanno un po’ a zonzo nel
parco chiacchierando. Michele non è abituato alla neve, le vacanze le ha sempre
fatte in estate; anche quando qualche inverno fa è andato in Olanda e in Svezia
spiega, non c’era ancora la neve, anche se aveva trovato molto freddo.
“Che bello, vorrei
andare anch’io a fare un giro nell’Europa del nord. Prima o poi ci riuscirò,
metterò da parte un po’ di soldini e mi farò un bel giro” Diego si beve tutte
le parole di Michele, pensa che sarebbe bello andarci con lui in giro per il
mondo, è così piacevole la sua compagnia.
Curiosamente anche
Michele sta pensando la stessa cosa: “Facciamolo. Mettiamoci d’impegno,
risparmiamo e poi uniremo le forze e faremo un bel giro. Partiremo con la
Germania e poi su verso l’ Olanda, la Svezia, anche l’Islanda. Che ne dici?”.
Diego non dice niente
perché la commozione glielo impedisce ma si avvicina di più all’amico annuendo.
Dopo un’oretta
ricomincia a nevicare fortissimo e non avendo ombrello tornano velocemente
verso casa; quando arrivano davanti al cancello Diego guarda Michele e ride:
alla luce dei lampioni i capelli innevati dell’amico sembrano ricoperti di
brillanti: “Accidenti, è come se avessi un diadema nei capelli: ti dona Michele”
“Ma piantala!” Michele
si mette a ridere e lo spintona, e Diego, già in equilibrio precario, non
riesce a restare in piedi e cade nella neve.
Ridendo ancora di più
Michele gli tende una mano per aiutarlo a rialzarsi: “Scusa Diego, non vorrei
ridere ma sei stato proprio buffo, dovevi vederti come agitavi le braccia; non ti sei fatto male no?”.
Diego gli prende la
mano e si lascia tirare in piedi, ritrovandosi grazie alla spinta praticamente
nelle sue braccia. Lo guarda negli occhi, quegli occhi che abitano i suoi sogni
da un paio di notti, vorrebbe dirgli tante cose, o solo una: vorrebbe dirgli
che lo ama già anche se lo conosce da un niente. Vorrebbe baciarlo sulla bocca;
non lo fa ma gli dà un bacio sulla guancia: “Grazie Michele. Entriamo che ci
stiamo bagnando qui fuori”. Lo precede aprendo il portone e si gira a
guardarlo: Michele è immobile dove l’ha lasciato. “Dai che ti prendi un
accidente lì”. Senza dire una parola lui entra e sale i pochi gradini, apre la
porta di casa e lo saluta: “Mi cambio che sono fradicio. Ci vediamo domani
magari, va bene?”.
Diego ci rimane male,
ma annuisce e gli fa ciao con la mano, entrando in casa: “D’accordo; a presto
allora”.
Si toglie gli abiti
bagnati mentre si insulta mentalmente: doveva proprio dargli un bacio? E’
chiaro che Michele ora è a disagio. Figuriamoci, è una persona stupenda, ma al mio assalto non poteva reagire
diversamente. Perché in pratica l’ho attaccato. Sono proprio uno stupido. Si siede e accende la tv, cercando
qualcosa da vedere, ma niente lo interessa; non ha nemmeno fame e rimane lì a
guardare nel vuoto.
Anche Michele è
turbato. Si cambia i vestiti e si chiude nella sua camera con un libro in mano.
Non ha fame nemmeno lui, ma non riesce nemmeno a leggere, si rende conto di
essere fermo sulla stessa pagina da dieci minuti. Appoggia il libro sul letto e
si chiede cosa c’è che non va. E’ stato così bene con Diego in quei tre giorni,
possibile che un semplice bacino sulla guancia lo abbia disturbato così tanto?
Che male c’è? Mica gli ha chiesto di andare a letto con lui. Michele non
capisce se lo turba di più il bacio che gli ha dato Diego, o il fatto che
questo lo abbia infastidito, il pensiero
che sotto sotto lui la pensi come Gaetano.
Il giorno dopo non si
vedono. Diego non esce di casa, pensa che se Michele vuole compagnia, tocca a
lui proporsi oggi. Non vuole imporre la sua presenza.
Michele non esce dalla
sua: è meglio se per oggi non si vedono, meglio per tutti e due. Perché se
Diego si sta invaghendo di lui, è meglio stare un po’ lontano no? E lui è un
uomo che ama le donne, non può interessarsi al giovane. Ma non vuole nemmeno
ferirlo. Meglio staccare un po’.
Verso sera Diego già in
posizione e stato d’animo orizzontale riceve la visita dei suoi amici: Danilo,
Erika, Valentina e Fabio entrano in casa rumorosamente, festosi, con una
montagna di scatole di pizza.
“Se la montagna non va
a Maometto, vero Diegone? Va bene tutto, ma ieri non ti si è visto, oggi non ti
sei nemmeno fatto sentire, così ci abbiamo pensato noi. Dov’è Michele?” Danilo
si guarda in giro: “pensavamo fosse qui con te”.
“Come vedi non c’è,
oggi non si è visto” Diego distoglie gli occhi e si avvicina alla tavola
cominciando a preparare. Erika e Valentina si guardano preoccupate: hanno già
capito che c’è qualcosa che non va, ma per ora non dicono niente.
“Va bene lo chiamiamo.
E’ qui di fronte che abita no?” prima che Diego possa fermarlo Danilo ha già
attraversato il pianerottolo e suonato alla porta dei Salvemini.
Michele si presenta con
una fascia rossa che gli tiene indietro i riccioli e l’espressione rabbuiata.
“Ciao Michele come stai? Abbiamo portato le pizze e poi vorremmo giocare un
po’, tanto per finire in bellezza le vacanze: sei dei nostri vero? Dai vieni di
là”.
“Non sono proprio dell’umore
Danilo, ti ringrazio; ho dei pensieri per la testa, non sarei la compagnia
giusta per una serata divertente. La prossima volta dai”. Mentre rientra vede
Diego: lui distoglie subito gli occhi,
ma Michele fa in tempo a vedere il suo sguardo; non ha mai visto un’espressione
più ferita, più triste in vita sua.
Mentre gli amici
sistemano la pizza in tavola Diego si ritira un attimo in bagno, e lascia
scorrere un paio di lacrime. Una così bella amicizia rovinata per un suo comportamento maldestro. Ma avrebbe potuto accontentarsi dell’amicizia di
Michele? Si dice di sì, che gli sarebbe bastato ma sa che non è vero. Si lava
la faccia e torna in cucina.
Dopo la pizza Danilo
insiste per giocare e Diego si fa coinvolgere; la compagnia degli amici è un
toccasana per lui che riesce a smettere per un po’ di pensare ai suoi problemi e
a divertirsi davvero.
Verso mezzanotte gli
amici se ne vanno; Valentina rimane un attimo con lui e gli chiede spiegazioni “Diegone guarda
che non siamo scemi, ci siamo accorti stasera che qualcosa non va, e temo anche
di sapere cosa. Cos’è successo con Michele?”.
“Niente è successo. Non
traete subito conclusioni affrettate”. Valentina lo scruta negli occhi e lui
arrossisce: “Dai Valentina, domani sera passo da te, va bene? Ma stai
tranquilla, non è successo niente. Niente” Diego fa una buffa smorfia allargando le braccia.
Valentina lo abbraccia:
“Ho capito. Almeno non ti ha illuso giusto? Tu ricordati che noi siamo tutti
qui per te va bene? Se hai bisogno chiama che in un attimo arriviamo”.
Diego la stringe con
affetto: “Lo so”.
Richiusa la porta Diego
se ne va a dormire. Pensa che è una fortuna che le ferie siano finite, lavorare
lo distrarrà, poi ricominciano le riunioni, ci sono un sacco di iniziative da
organizzare, insomma avrà meno tempo per
rimuginare.
Per tutta la settimana
seguente, Michele e Diego non si incontrano mai. I loro orari non coincidono,
ed essendo tutti e due impegnati anche dopo l’orario di lavoro, non arrivano
mai a casa prima delle dieci di sera o anche più tardi.
Michele a dire il vero un paio di volte ha provato a
suonare il campanello del vicino, ma inutilmente. Anche se ha trovato dei
colleghi abbastanza simpatici, e soprattutto è contento dei compagni al
sindacato, sente il bisogno di parlare con qualcuno che gli somigli, che abbia
gli stessi gusti oltre alle stesse idee.
Insomma, non si può vivere solo di ideali, pensa, ogni tanto un po’ di
playstation non fa male.
Diego gli manca, e
tanto. Sente che ha bisogno di passare un po’ di tempo con quel piccoletto così
dolce, profondo, con la sua capacità di ascoltare gli altri. Ha bisogno di
vedere i suoi occhi che gli mettevano tanta tranquillità. Tanto più oggi che ha
anche litigato con Fiorenza e l’ha praticamente lasciata al telefono. Si sente
squallido per questo e non sa con chi condividere il disagio che sente. E poi
vorrebbe parlargli del suo lavoro, di come si trova bene coi colleghi, e male
in quel capannone chiuso e senza finestre, freddo e inospitale.
Sabato mattina si alza
tardi bestemmiando! Voleva beccare Diego: si precipita sul pianerottolo ma vede
che la bicicletta dell’amico è già sparita. Torna dentro e si veste, poi prende
la sua bici e si dirige verso il bar di Danilo, magari lo trovo là.
Danilo lo accoglie
festoso come al solito e gli indica il tavolino dove si era già seduto la volta
scorsa, in compagnia di Diego. Vi trova Valentina che lo accoglie con
espressione un po’ accigliata.
Michele resta in piedi
vicino a lei: “Ti disturbo? Se vuoi
stare sola io torno al banco”. Il viso interessante di Valentina si apre in un
sorriso: “No Michele siediti qui con me mi fa piacere vederti”.
“Mi era parso che volessi
mangiarmi veramente!” Michele si accomoda ricambiando il sorriso.
Mentre mangiano le
brioche che nel frattempo Danilo ha portato insieme ai caffè, parlano un po’, e
il discorso fatalmente cade su Diego.
“Vedi Michele, quando
domenica lo abbiamo visto così triste, a noi è preso proprio un colpo. Abbiamo
pensato ecco che la storia si ripete. Poi l’ho incontrato lunedì, mi ha detto che semplicemente il problema era
suo, che si è innamorato di te – lo sai vero che Diego è gay? – ma sa benissimo
che non ha speranze, e questo lo rendeva infelice”.
“Sì hanno provveduto ad
informarmi. No poi va beh, l’ho capito. Insomma quando ho visto che si stava
innamorando, o per lo meno interessando a me, ho fatto in modo di non vederlo
per un po’, perché non voglio che soffra per colpa mia”.
“Fosse così facile
vero? Se bastasse non vedere una persona per non pensarci più. Scusa un attimo”
Valentina fa una corsa al banco e prende un’altra brioche.
Michele ride: “Anche tu
hai un bell’appetito, come Diego! E siete magrissimi tutti e due. Diego…”
Michele si interrompe e Valentina lo guarda interrogativa. “E’ che mi manca quel
ragazzo. I giorni che ho passato con lui sono stati i più belli che abbia avuto
da tempo. Non so cosa fare” Michele appoggia i gomiti sul tavolo prendendosi il
viso tra le mani.
“Dai, andiamo a
salutarlo. Tanto non è che se non ti vede gli piaci di meno. Oggi è in piazza
col banchetto dell’arci-gay. Vieni?”.
Michele scatta in
piedi: “Certo che vengo, non vedo l’ora di vederlo”.
Camminano
chiacchierando nell’aria ghiacciata col vento che soffia freddo, ma sotto un
bel sole che brilla nel cielo limpido.
Michele trova molto
interessante Valentina man mano che la
conosce meglio: “Sai che tu e Diego vi assomigliate molto? Avete una profondità
di pensiero simile; però nonostante tutto siete molto diversi.”
Valentina sorride: “Sì
hai ragione io e Diego ci assomigliamo, la pensiamo allo stesso modo su quasi
tutto, e infatti siamo molto uniti. Ma mentre lui è un ragazzo dolcissimo e
tenero, io sono una carogna!”.
“No non credo, non mi
sembri proprio cattiva, forse sei più dura, ma certo un’altra persona dolce
come Diego credo sia impossibile da trovare”.
“E’ così, io sono molto
dura. Diciamo che Diego e io abbiamo avuto diversi problemi nella vita, e
ognuno di noi ha reagito diversamente. Io mi sono indurita, lui è rimasto quel
cucciolo che è sempre stato fin da piccolo”. Valentina fa un sorriso: “Sempre
così caro e disponibile. Mi è stato vicino nei miei momenti peggiori, anche
quando la mia durezza aveva allontanato tutti gli altri. Lui no e ti assicuro
che non gli risparmiavo cattiverie, ma lui mi sorrideva e mi diceva tanto lo so
che mi vuoi bene”.
“Sì è proprio da lui.
Ma dove l’hanno messo ‘sto banco? Senti ma mi dicevi che ha avuto diversi
problemi. So già di quando è stato ricoverato da bambino, ma poi cosa gli è successo?”.
“Se vorrà ti racconterà
tutto lui; eccoci guardalo là” Valentina indica un banchetto coi colori della
pace, due ragazzi seduti e due ragazze che distribuiscono volantini.
A Michele si allarga il
cuore: da quanti giorni voleva vedere quel piccoletto! Ed eccolo lì seduto
dietro al banco che sorride porgendo il foglio della raccolta firme a due
signore. Si sente così felice che vorrebbe corrergli vicino, ma si trattiene. Perbacco Michele, un po’ di dignità!
Valentina ride: “Ma
guardati, sei perfino arrossito! Ma sei proprio sicuro che è solo amicizia
quella che provi per Diegone? No scusa, non volevo essere sfacciata. Oh cazzo,
c’è lo stronzo”.
“Cosa? Che stronzo?
Scusa Vale ma non ti ho seguito. Di che parli?”.
Valentina ha la faccia
stirata dalla rabbia e quando parla la sua voce è sibilante: “Quello lì, quella
serpe che striscia vicino a Diego. Lui è lo stronzo”.
Michele è quasi
spaventato dalla portata dell’odio che sente nella sua voce: “Stai calma dai.
Cosa ti ha fatto per farsi odiare così?”.
“A me niente, è quel
che ha fatto a Diegone…basta lascia stare, andiamo dal nostro ragazzo”.
Diego, impegnato a illustrare
a due ragazzi il motivo della raccolta delle firme non si accorge subito di
Michele, ma vede Valentina e la saluta mandandole un bacio. Poi lo sguardo gli
cade su Michele e si blocca, mentre i ragazzi lo guardano in attesa che
concluda il discorso. Diego fa segno a Michele di aspettare e finisce di parlare
ottenendo due firme; ringrazia i ragazzi poi si alza e si avvicina agli amici. Valentina
lo abbraccia forte baciandolo, e gli mormora all’orecchio: “’Sto cretino deve
stare proprio qui con te?”.
Diego le sorride e
l’accarezza: “Stai buona Vale, va tutto bene”. Poi si gira verso Michele. Si
guardano un po’ indecisi poi è Michele a prendere l’iniziativa e ad abbracciare
Diego. “Mi sei mancato in questa settimana Diego, non sai quanto. Avevo bisogno
di parlare con qualcuno che mi capisse. Avevo bisogno di te”.
Diego annuisce mentre
l’emozione gli chiude la gola, e Michele continua a guardarlo sorridendo. Valentina
li guarda e pensa che Michele sarà anche etero, ma a lei sembra completamente
partito per il piccolo Diego!
In quel momento si
avvicina anche l’altro militante: decisamente un bel ragazzo, ben vestito,
molto interessante, allunga la mano verso Michele: “Visto che nessuno ci
presenta, faccio da solo: sono Giovanni”. Michele gli stringe la mano guardando
Diego di sottecchi. Sempre sorridente ma un po’ pallido, il viso un po’
affilato. Michele si riserva di chiedergli cosa gli ha fatto quella specie di
damerino, anche se ne ha una mezza idea, e
gli stringe le spalle col braccio: “Diè, devi stare qui ancora per
molto? O possiamo andarcene via noi tre?”.
“Ho ancora un paio
d’ore, poi ci danno il cambio” nel frattempo il freddo è aumentato di intensità
nonostante sia mezzogiorno, e Diego rabbrividisce. “Bene allora, mi metto qui
vicino a te e ti aspetto. Valentina stai con noi?”.
“Certo che sto con voi,
però mi promettete una cioccolata bollente dopo, che qui si iberna oggi”.
“Direi! Dai, diamo una
mano alla causa forza, fermiamo un po’ di gente” Michele forte della sua
esperienza in anni di volantinaggio, si scatena e le firme che aiuta a
raccogliere sono tante. L’unico neo Giovanni che gli si è appiccicato addosso e
non lo molla. Ma non vedi che non ti
sopporto? Pensa Michele, che oltretutto vede Diego che soffre per la
situazione e Valentina ormai è di umore
nero.
Quando finalmente
arrivano gli altri a dare il cambio, Giovanni tenta inutilmente di accodarsi a
loro tre. Appoggiando una mano sulla spalla di Diego, Michele lo fredda: “Mi
spiace ma ho bisogno di stare solo coi miei amici. Un’altra volta magari” e con
Valentina che gli sorride contenta
appesa all’altro braccio se ne vanno.
Il resto del sabato e
la domenica scorrono in un attimo per Michele che, ritrovato l’amico con cui
parlare, può sfogarsi e raccontare tutto quello che si è tenuto dentro nei
giorni precedenti.
La sera della domenica,
seduti sul divano di Diego, Michele non sa decidersi ad andarsene a casa.
“Ti ho letteralmente
monopolizzato Diego! E non ho nemmeno voglia di tornare di là”.
“Puoi farlo quando vuoi
Michi. Sono stati due giorni belli anche per me, mi sei mancato e tanto. Guarda
che se vuoi puoi anche dormire qui da me: c’è una stanza libera, con un bel
letto grande. Tranquillo, non è una proposta indecente” ride Diego.
“Per oggi tornerò a
casa Salvemini, ma non è escluso che qualche volta mi farò ospitare da te.
Tranquillo tu, mi sono tolto le paranoie. Tranne una: mi racconterai un giorno
cos’è successo con Giovanni? Tu subisci la sua presenza e Valentina vorrebbe
ucciderlo”.
Diego abbassa gli occhi
arrossendo leggermente, poi li rialza guardandolo: “Va bene, un giorno te lo racconterò,
ma non oggi”.
Michele rimane
catturato dagli occhi dell’amico, da quel viso che in questo momento è un po’
triste, ma sempre tanto attraente. Gli viene spontaneo fargli una carezza per
far sparire la malinconia, e senza pensarci troppo la mano scivola sulla sua
nuca, sente la pelle morbida sotto i capelli rasati.
La voglia di baciarlo
si fa sempre più forte e Michele abbassa il viso fino a incontrare la bocca di
Diego. E’ un bacio leggero, casto; si rialza e lo guarda ma Diego ha chiuso gli
occhi. Scrolla leggermente la testa indeciso, ma poi la voglia di baciarlo si
fa più forte e Michele si arrende al sentimento che prova, trova la bocca di
Diego e lo bacia, lo bacia finchè lui non apre le labbra e il bacio si fa più
profondo, l’abbraccio più stretto.
Si staccano dopo alcuni
minuti: Michele vorrebbe parlare ma Diego gli mette un dito sulla bocca: “Shhh,
non dire niente, non ora. Vai adesso Michi, vai a casa”.
Michele si alza
stordito e Diego lo accompagna alla porta: “Da Danilo per la colazione
domattina? Alle sette?”.
Michele annuisce: “Alle
sette, va bene Diè”. Un altro bacetto, si sorridono e poi Michele entra a casa
sua.
Diego non sa se essere
spaventato o felice. Decide di essere felice e canticchiando All you need is
love se ne va a dormire.
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Che capitolo dolcissimo. Povero Michele non sa cosa lo sta travolgendo e decide di prendere la via più facile, ma si rende conto che non può stare a lungo senza Diego. Ormai il piccoletto gli è entrato dentro e ne una prova il bellissimo bacio che gli dona prima di andarsene. Io credo che la confusione che avesse e tutte le paranoie si siano volatizzate non in quel momento ma quando ha sentito l'impulso di correre da lui. Beh allora io credo abbia capito davvero quello che prova per Diego, il quale preferisce godersi il momento, come così anche il bacio piuttosto che chiedere spiegazioni. Quelle verranno in un secondo momento, quando Michele sarà pronto ad ammettere tutto, ma mi sa che non tarderanno. I tempi sono maturi.
RispondiElimina*Diego sorride felice e pensa che non sa se lo ama di più quando lo chiama bimbo o quando lo chiama maghetto. Che lo ama però è sicuro* arg.... carinissima questa!!!
Elimina*_*
Vabbé, il capitolo è molto stratificato. Perché intanto che assistiamo al rapporto che avanza, ad un certo punto un castissimo bacino sulla guancia lo blocca e ti viene da dire: "Peccato!" ma io sono sicura che invece a fare d'isintito alla fine è sempre meglio. E così come per istinto è Michele a baciarlo, questa volta un bacio vero però... e ora come si sentirà il povero piccolo Diego? Con il suo passato malaticcio e questo Giovanni, che sembra già essere il re degli stronzi e fa pensare che si sia cibato del suo cuore. Certo Valentina è una dura, davvero un bel personaggio, così affettuosa ma anche tanto battagliare quando si tratta di occuparsi del suo amico cucciolo. E' tutto incantevole, persino la neve e il freddo, li fai sembrare una roba irresistibilmente affascinante e basta....
La neve e il freddo sono un bell'aiutino in certi casi: come si fa a non stare stretti per riscaldarsi? Come sempre però l'aiuto più grande per scrivere di loro, sono proprio loro. Basta fissare la finestra, visualizzarli... e partono i sogni! :o)
RispondiEliminaovvio!!!!!!!!
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