Tutto ciò si consideri frutto della fantasia e del talento dell'autore. Non c'è niente di reale né è a scopo di lucro.
Nessuna auto, nessun motorino, nemmeno una bici, solo a
piedi si può arrivare a Porto selvaggio, una lingua di terra, uno scherzo della
natura faunistica, un posto da sogno di giorno, depredata da turisti desiderosi
di fare tuffi tra le acque cristalline di quel meraviglioso mare salentino. E
alle spalle del mare aperto, un fantastico specchio d’acqua, una piscina
naturale di acque termali, dove sperimentare sulla propria pelle Laguna blu.
Tutti quelli che si sono recati almeno una volta a Porto Selvaggio avranno pensato di certo
a che posticino romantico è, sarebbe, andandoci con la persona giusta, magari
al riparo da occhi indiscreti.
E dopo tanto tempo, rimandi e situazioni contrastanti,
Michele ha messo tutto da parte ed è partito con la sua anonima utilitaria e
l’amico al suo fianco. Sono partiti da Molfetta alle sette e venticinque di
sera e nel Salento ci sono arrivati quasi due ore più tardi. Dopo aver cenato a
Torre Lapillo, due linguine all’astice ciascuno e birra, abbinamento poco
ortodosso, Diego e vino locale Michele, si sono spostati fino a giungere nei
pressi dell’entrata. Ovviamente chiusa dato l’orario. Sono le undici di sera
“E ora che si fa?” Michele allarga le braccia mentre Diego
si morde il piercing oscillando la testa. Tutto quel girovagare e il posto così
bello, tanto decantato dall’amico è chiuso?
“Cazzo è un cancello mica il muro di Alcatraz” butta fuori
una boccata di fumo. La sigaretta finisce in terra, alla faccia del luogo
protetto. Michele lo osserva contrariato e confuso liberarsi del tascapane in
terra e guardarsi attorno per cercare un appiglio.
“Non ti vorrai arrampicare su questo muro? Rischi solo di
farti male!”
“Ma no, sei troppo ligio. Lasciati andare. Relax, don’t do it”
“Ma sì certo, è tutto normale” blatera Michele sempre più
nervoso. “Se adesso viene qualcuno? Magari un custode o le guardie, e mi
riconoscono?”
Ma Diego non lo sta a sentire per niente. Ha già trovato una
piccola cavità nella roccia dove mettere il piede ed improvvisare una scalata da
vero arrampicatore. Piccolo e agile com’è ci mette pochi secondi ad arrivare in
alto. A cavalcioni sul muro fa un sorrisetto al suo amico rimasto dabbasso.
“Allora? Ti tiro una corda?”
“Tirami le trecce” si sente rispondere dalla vocina nasale.
“Attaccati alla mia gamba” gli fa Diego cercando di
sporgersi ma Michele non ci pensa proprio. Teme che se si aggrappasse alla sua
gamba lo farebbe cadere e finirebbero entrambi col sedere per terra e tanti
lividi. Prima di provare a salire, si ricorda del tascapane e glielo lancia.
Michele si dà una spinta di reni e siccome è un gigante
buono, arriva prima del previsto con le mani sulla cima del muro. Diego lo
afferra per le spalle e un attimo dopo sono tutti e due a cavallo del muro uno
di fronte all’altro.
“Ora sembriamo davvero due coglioni perfetti, sai?” Michele
lo dice scosso dal fiatone per lo sforzo. È sudato e la folta chioma ne
risente. Diego scoppia a ridere in maniera birichina e impertinente. Come se
lui fosse un ragazzetto agile che salta per i tetti di notte di professione e
l’amico il matusa che mal si adatta a gesti anticonvenzionali.
“Vai ora, buttati, visto che sei tanto spericolato”
Diego guarda verso il basso: “Saranno almeno tre metri”
“Già, e che facciamo, restiamo qui a guardare il panorama?
Diego dobbiamo muoverci prima che ci becchino”
“Ci provo”
Ma Michele lo interrompe: “Non lo fare, ti rompi l’osso del
collo o una gamba. Fai provare a me, ho un’idea”
“Tipo? Chiami un tuo supereroe che ci viene a salvare?”
Scocciato Michele non lo sta a sentire nemmeno. Si volta
dalla parte del mare, ancora tanto lontano e compie un salto degno di un
felino. Diego lo guarda crollare pesantemente al suolo. Lo stridere della
ghiaia, il rumore del vento.
“Tutto ok sotto?” grida però con la voce ridotta al minimo.
Michele ha le gambe doloranti ma, tutto sommato, pensa che non deve aver rotto
alcun osso dunque è andata più che bene.
“Sto bene ora però tu fa attenzione. Girati su te stesso,
resta con le gambe a penzoloni e poi mettile sulle mie spalle ok?”
Diego sorridendo esegue. I piedi cercano le spalle dove
appoggiarsi ma le gambe non troppo lunghe non collaborano. Però si butta
crollando malamente addosso a Michele che lo prende al volo manco fosse un pacco!
Si ritrovano sul selciato rotolanti e claudicanti.
“Sei piccoletto ma pesi, cazzo se pesi!” si lamenta il
pugliese. Diego, tra le braccia dell’amico, se la ride beato.
Il sentiero è un po’ disconnesso ma in discesa, porta
direttamente in quell’angolo sperduto, protetto, incontaminato. A quell’ora
solo qualche uccello che si muove d’improvviso tra gli alberi. Quella specie di
bulletto di Torino non lo ammetterebbe mai ma un po’ di paura ce l’ha. Si tiene
vicino all’amico che, nel quasi totale buio, cammina sempre a fianco a lui così
ché ogni tanto si scontrano, si pestano. E poi, dopo quasi due chilometri
passati a chiacchierare amabilmente, arrivano alla radura. Un posto
spettacolare a quell’ora poi, con la luna, una luna immensa, a fare da
lampione. Michele non ha ancora smesso di ascoltare il rullare del suo cuore
dall’emozione romantica che lo ha investito che vede l’amico strapparsi i
vestiti, ormai tutto concentrato nel bagno di notte. Nessuno dei due ha
minimamente pensato di indossare il costume, anche se il progetto era preciso,
studiato e elaborato già da un bel po’ di tempo. Non che gli dispiaccia,
Michele lo imita e qualche attimo dopo sono entrambi con i polpacci in acqua.
“Quando ci siamo bagnati anche la testa facciamo i tuffi?”
Diego lo domanda con il tono di un bambino che chiede il permesso. Michele gli
sorride con dolcezza, cercando di non pensare che a causa dell’acqua fredda i
suoi gioielli sono tutto ciò che resta della sua virilità. Dove sarà finito il
bel sigillo maschile che renderebbe orgoglioso ogni bravo ‘masculo’ del sud?
“Per caso hai freddo Michele?” la domanda impietosa del
collega, giunge a proposito. Perché se c’è da sfottere, Diego Perrone sa sempre
dove andare a parare, e lui lo sa.
“Mi prendi per il culo tu? Sei una femmina o cosa? Te l’ha
mangiato il gatto? Sarà morto di fame poveraccio”
Diego non replica e, mostrando una tempra davvero ammirabile,
si tuffa in quel mare settembrino che non sembra proprio ospitale. Ma la luna
c’è, gli ormoni pure, e ben presto pure Michele si lascia andare. I primi
secondi considera che gli si spaccherà il cuore dal freddo, ma poi si abitua e
pensa che ne è valsa la pena: il salto, la camminata, i testicoli al freddo.
Ora è tutto perfetto, ora che Diego lo prende per mano e lo tira verso di sé.
“Muoviti voglio tuffarmi nell’acqua termale”
“Non penso sia calda però, non immaginarti i geyser, mi stai
attento?” ma le raccomandazioni risultano inutili visto che Diego è già immerso
nei tre metri d’acqua di mare incastrata in quella piscina naturale. La luna
selvaggia emana il suo chiarore nelle acque che a causa del buio sembrano
scure, invece sono così cristalline di giorno, quando c’è la gente, mentre ora
è tutto silenzio, è tutto deserto.
Michele si lancia, e attorno a sé un’esplosione d’acqua.
“Sei un tuffatore nato” lo sfotte ridendo, poi si fa vicino,
subdolo. Michele all’improvviso vede solo gli occhi immensi baluginare al
chiaro di luna. Tossicchia nervoso e l’altro si è già aggrappato a lui, pari
pari a un koala su di un albero di eucalipto.
“Baciami, siamo qui per questo no?”
“Il solito romantico” Michele prova a smorzare la tensione
ma non è che ci riesca perché è sempre così, quando Diego lo bacia, o anche il
resto, diventa una sorta di scendiletto che visto da lontano, tipo da un
angolino nell’alto, dove sono i rami dei pini ad esempio, si schiferebbe un po’
di sé, ma le mani intraprendenti dell’amico ci sanno fare e lui si sta davvero
divertendo. Galleggia e gli sembra di fluttuare però.
La bocca di Diego.
La lingua di Diego.
La mano sinistra di Diego.
La mano destra di Diego e la mano sinistra di Diego.
Su e giù e sempre più veloce.
“Che ti prende” sbotta con il fiato grosso Michele: “Tutto
‘sto casino e vuoi farmi venire con una sega?”
“Perdio se sei sensibile” Diego si finge disturbato con quel
modo maschile e tuttavia strisciantemente isterico. E questo contribuisce ad
eccitare Michele.
E la sana, genuina e tosta esuberanza pugliese prende il
sopravvento.
Afferratolo per la vita come se fosse un pupazzo, lo
scaraventa sullo scoglio senza tante cerimonie. A Diego scappa un gemito. La
botta in testa lo lascia un attimo interdetto ma non è che il dolore, inteso
come gioco erotico, non sia parte attiva dei loro giochini privati.
“Ora sì che mi piaci. Non sei più un gatto senza artigli”
“Sempre poeta Diego” soffia sulla
bocca prima di azzannarla. Di divorarla.
Basta poco per unirsi. Le gambe ad
artigliare la vita, i fianchi dell’altro in avanti. Come due pezzi di un puzzle
a incastrasi. Però non è mai stato facile, nemmeno immediato. Ma se l’acqua
aiuta, la passione fa molto di più.
Diego pensa che sono giusti due chilometri dal resto
dell’umanità per non farsi sentire, dato il casino che hanno fatto. Visto che
ha urlato così tanto e così forte che forse non avrà più voce per il resto
della sua vita. Lui che con la voce ci campa. Michele lo tiene stretto a sé. I
sudori stridono confondendosi con il resto degli umori. Il mare di Porto Selvaggio, lacrime e sperma. Quest’ultimo
scivola fuori dal corpo ancora scosso di Diego. Che solo quando Michele smette
di baciarlo in bocca, sussurrando tra un bacio e l’altro parole di passione,
trova la forza di farsi una risata. Grossa, cristallina. Inappropriata.
“E ora? Che cazzo ridi?”
“Niente pensavo... non te lo dico ora, magari quando
torniamo a casa” si asciuga le lacrime.
“No, me lo dici”
Lentamente escono dall’acqua e si vanno a coprire con la
camicia di Michele che copre entrambi, ma dopo pochi minuti a battere i denti,
Diego si rimette la sua maglietta e gli scappa uno starnuto.
“Ora me lo dici perché ridevi?”
Michele si accoccola ancora di più a lui. Dopo aver
ricominciato a ridere per un po’ finalmente Diego riesce a spiegare: “Niente
pensavo a quanto siamo stati pazzi a fare quello che abbiamo fatto e mi è
venuto in mente che magari dietro al muro ci troveremmo i carabinieri...” la
risata gli arresta la favella.
“E ti fa ridere?” al solo pensiero Michele, ma soprattutto
Caparezza, diventano bianchi di paura.
“Come in Che bella
giornata” termina Diego rotolandosi con le mani sulla pancia. Per fortuna
però un’oretta dopo non trovano nessuna polizia. E sono di nuovo diretti a
Molfetta. E Michele guida piano sperando di non addormentarsi per poi inforcare
su un albero. E rendere quel sogno l’ultimo. La musica della radio fa da sottofondo
al russare leggero di Diego. E Michele pensa: altri dieci chilometri e siamo a
casa.
Semplicemente favolosa. Con poche descrizioni sei riuscita a rendere in modo perfetto l'immagine di questa oasi dove Diego e Capa si rifugiano. Ciò che più mi fa impazzire di loro due e che emerge soprattutto in questo racconto è il Diego impulsivo, pronto a scavalcare cancelli, scalare rocce pur di raggiungere il posto tanto agognato senza curarsi delle conseguenze e il Michele riflessivo e preoccupato di non farsi beccare da un poliziotto a commettere un'infrazione. Amo questa coppia proprio per le differenze che li caratterizzano e che li rendono due parti di un'unica mela, due anime destinate a trovarsi e ad unirsi. In conclusione, non so se lo hai capito ma la tua fic mi ha tanto emozionato e se possibile mi fa amare ancora di più i "coniugi"
Io… io… vorrei essere brava con le parole come lo sei tu per esprimerti la grandezza delle emozioni che questa FIC ha suscitato in me. Non lo so, forse al momento non ce la faccio. È semplicemente perfetta.
Questo blog è nato per tutti quelli che amano la coppia Caparezza/Diego Perrone (altresì detta Diegorezza) in odor di slash (slash fanfiction) e per coloro che amano Diego Perrone e il mitico Michele Salvemini come artisti, con un occhio speciale e fantasioso sugli altri musicisti che più o meno ruotano (o hanno ruotato) intorno a questa coppia. Welcome.
ATTENZIONE: tutte le fanfiction presenti nel sito che citano Diego Perrone e Michele Salvemini (Caparezza)e altri personaggi reali, sono da considerare sempre e tassativamente frutto della fantasia e del talento dell'autore. Non c'è niente di reale né è a scopo di lucro. In caso contrario, qualora si racconti un avvenimento "reale" non sarà una fanfction e verrà ben specificato.
Se non vi piace lo slash non leggetelo
Sublimando sul palco................................................................................................................................
-Durante fuori dal tunnel, alla frase: “Mi sento stretto come quando inchiappetto un topolino” (al posto di puffo, per adeguare alla scenetta) mimato un atto omosessuale, nella fattispecie CaparezzaVSDiego.
-Durante Bonobo Power, vengono imitati coiti e Diego, dopo aver tentato Capa al sesso bonobo, si consola prima con il tastierista poi con una banana.
-Durante una nuova versione di Fuori dal tunnel, Caparezza imita un nuovo coito omosex con uno stura lavandini sempre ai danni di Diego.
-Durante il dito medio di galileo, Diego presta il fianco alla famosa frase: “Temono il dito di Galileo tra le chiappe” mettendosi in posa per farsi infilare metaforicamente il dito medio tra le chiappe da Caparezza.
-Durante una delle tante versioni di Abiura di me, Diego dice: “Ti posso cliccare?” e dopo averlo toccato con la freccetta, arriva con un finto dito (tipo sempre mouse del pc) e lo sbatte sui genitali di Capa.
-In un'altra di Abiura, Caparezza impugna il pacman e "mima" di mordere qualcosa che pende dal corpo di Diego, indovina un po' cosa...
-Ancora Abiura di me, Diego fa la principessa del videogioco di Super Mario che amoreggia con Tetris, interpretato da Caparezza.
-Durante Kevin Spacey, Diego Harry Potter, sbatte la bacchetta magica verso il sesso per evocare un sortilegio contro la prostata di Caparezza.
-Durante stango e sbronzo Caparezza prende di petto le dimensioni della scimmietta di Remy (interpretata da Diego) e definisce le dimensioni del suo pene siffrediane.
-Prima di Auditel's family, per parlare del decadimento dei rapporti amorosi, Caparezza imita una telefonata ad una linea erotica e Diego interpreta una centralista hard con tanto di parrucca e movenze.
-Nel live de La fine di gaia, Caparezza spinge nel sedere di Diego la lancia, gesto però non legato ad una scenetta o altro. Così...
-In The auditel family, alla fine Caparezza svende tutto, persino una notte d'amore con Diego. Ma poi si pente e cerca il suo perdono tirandogli un bacio subito ricambiato
Semplicemente favolosa. Con poche descrizioni sei riuscita a rendere in modo perfetto l'immagine di questa oasi dove Diego e Capa si rifugiano. Ciò che più mi fa impazzire di loro due e che emerge soprattutto in questo racconto è il Diego impulsivo, pronto a scavalcare cancelli, scalare rocce pur di raggiungere il posto tanto agognato senza curarsi delle conseguenze e il Michele riflessivo e preoccupato di non farsi beccare da un poliziotto a commettere un'infrazione. Amo questa coppia proprio per le differenze che li caratterizzano e che li rendono due parti di un'unica mela, due anime destinate a trovarsi e ad unirsi. In conclusione, non so se lo hai capito ma la tua fic mi ha tanto emozionato e se possibile mi fa amare ancora di più i "coniugi"
RispondiElimina:D si ho capito....
RispondiEliminaIo… io… vorrei essere brava con le parole come lo sei tu per esprimerti la grandezza delle emozioni che questa FIC ha suscitato in me. Non lo so, forse al momento non ce la faccio. È semplicemente perfetta.
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