Pairing: Diego Perrone/Michele Salvemini
Genere: real person slash
WARNING: NC17 per scene di sesso
Tutto ciò si consideri frutto della fantasia e del talento dell'autore. Non c'è niente di reale né è a scopo di lucro.
“Cioè, mi stai dicendo che abbiamo una spiaggia
tutta per noi?”
“Non è mia, lo giuro. Ma è poco frequentata,
quindi sì. Saranno duecento metri di sabbia…”
“Per te sarà niente, ma per me questo è il Paradiso.”
Ed in effetti il posto meritava davvero: una
conca di sabbia circondata da scogli su un mare limpidissimo. “Se si deve fare, che si faccia bene.” aveva
pensato Michele portandolo lì, anche se aveva guidato per diversi chilometri ed
era ormai quasi il tramonto.
Diego non ci pensò su due volte e si tolse di
dosso i vestiti, rimanendo in un costume da bagno di almeno due taglie in più
che lasciava intravedere… intravedere no, aveva quasi le chiappe di fuori e
Michele non riusciva a staccargli gli occhi di dosso, mordicchiandosi il labbro
inferiore. Le mani nelle tasche dei jeans corti e larghi, si dondolava avanti e
indietro nella sabbia.
“Via i vestiti, andiamo a farci un bagno!” gli
disse l’altro avvicinandosi, infilandogli le mani sotto la maglia mentre gli
sbottonava i pantaloni.
“Io starei lontano da lì.” sussurrò Michele
sulle sue labbra, accarezzandogli poi una guancia e affondando la faccia nell’incavo
della sua spalla. Lo abbracciò stretto, facendosi scorrere la sua pelle sotto
le dita. Sentì Diego arrampicarsi contro di lui, avvolgergli le braccia attorno
al collo.
“Non ho paura, credo.” gli sussurrò
all’orecchio. “Tu ne hai?”
“Sì… sì, ho un po’ di paura.” Michele lo
strinse di più a sé e gli tirò su il costume da bagno arrossendo.
Era vero, tante cose lo spaventavano, come ogni
volta all’inizio di una relazione. Non era bravo a lasciarsi andare, dopo aver
collezionato delusioni. Aveva paura di affezionarsi troppo, di mostrare il suo
lato debole, sentimentale; questa volta di più, perché aveva a che fare con un
uomo, il suo primo e probabilmente unico uomo, e non sapeva ancora come
comportarsi. Neanche l’ironia sembrava volergli prestare soccorso, era
completamente confuso e quei cinque giorni perfetti che avevano già trascorso
assieme, fra Puglia, fumo, sbronze, chiacchiere, film, baci, cucina tipica e le
lenzuola di mammà, non facevano che confonderlo ulteriormente. Mancava solo una
cosa, una sola, a renderli una coppia a tutti gli effetti: il sesso, quello di
cui avevano parlato ma che non avevano ancora sperimentato.
La frase “Ho
una fifa boia.” continuava a riecheggiare nella sua mente, anche mentre
accarezzava i capelli di Diego e gli appoggiava un bacio sulle labbra.
Clack.
Anche l’ultimo bottone dei jeans di Michele fu
sbottonato e caddero giù, lasciandolo in costume da bagno e t-shirt.
Accarezzandolo lungo i fianchi, Diego gli tirò su anche la maglia e interruppe
il loro bacio solo per sfilargliela del tutto. I suoi capelli ricci ondeggiarono
appena.
“Eccomi qua, a pantaloni calati di fronte a
te.” disse con un sorriso allargando le braccia. “Fai di me ciò che vuoi.”
Calciò via i jeans ormai pieni di sabbia e lo baciò di nuovo.
“Posso davvero?” sussurrò Diego sulle sue
labbra con un’espressione un po’ infantile.
“Se me lo chiedi così come cazzo posso dirti di
no?” sospirò Michele. “Sono in suo potere,
ormai è fatta.” si disse, sconsolato.
“Quindi posso anche trascinarti in acqua.” Diego
annunciò ma mentre lo stava già facendo. L’acqua era gelida e a Michele sfuggì
un lamento straziante, tipo quello di una balena spiaggiata, accompagnato da
bestemmie in molfettese che strapparono all’altro una risatina a labbra strette.
“Cazzo ridi… tu…” gli si avventò addosso ghignando
lui stesso: gli strappò via il costume da bagno e lo lanciò a largo.
Diego, con la bocca ad “O” lo fissò sgomento un
istante per poi nuotare all’inseguimento del suo costume. Quando lo ebbe
riacciuffato, ancora pieno d’acqua, lo infilò in testa a Michele congelandogli
anche il cervello.
“Così impari.” rispose alle nuove bestemmie
sfoggiando un broncio fra l’adorabile e il seriamente incazzato.
“Accidenti a te, non mi sfuggirai.” disse fra i
denti Michele afferrandolo per le spalle e attirandolo a sé, col costume da
bagno ancora calato sugli occhi. Lo baciò con forza, con urgenza, quasi a
togliergli il fiato, stringendolo fra le sue braccia, infilandogli una mano fra
le gambe, accarezzandolo, sentendolo duro fra le dita, i suoi ansiti sulle
labbra.
“Che cosa cazzo…” riuscì a biascicare Diego
aggrappandoglisi addosso, stringendo le gambe attorno al suo bacino,
afferrandogli il polso. Poi quelle carezze si fecero più insistenti, più salde,
più veloci, e lui lo lasciò fare, mordendosi il labbro inferiore, masticandosi
il piercing per trattenere i gemiti. L’aveva preso di sorpresa, ma aveva
desiderato tanto sentire le sue mani addosso in quel modo che ci aveva messo un
istante a farsi coinvolgere del tutto. Appoggiò la fronte alla sua e si lasciò
andare.
“Tiralo fuori. Voglio sentirlo contro il mio.”
gemette.
Michele si leccò le labbra e con gli occhi
ancora coperti, come se fosse nascosto al mondo e quindi libero, eseguì e glielo
premette contro, strofinandoli l’uno contro l’altro, accarezzandoli con vigore,
così fino a quando non ci fu nient’altro che loro, fino a quando vennero l’uno
contro l’altro trattenendo il fiato e i gemiti.
Intenso.
Era stato decisamente intenso.
Diego era arrossito fino alla punta delle
orecchie e non riusciva a fare a meno di sorridere. Spostò il costume dagli
occhi di Michele e lo guardò a lungo, accarezzandogli il viso. Voleva dire
qualcosa ma non gli usciva la voce. Ti
amo, forse, o Ancora. Ma a
rompere il silenzio fu l’altro.
“Ti va di fumare?”
Non c’era bisogno di parlarne, in fin dei
conti.
Diego stava suonando alla chitarra la canzone
scritta in treno, a gambe incrociate su un asciugamano, accennando una melodia
a voce, quando Michele leccò la cartina e richiuse lo spinello appena messo
insieme; andò alla ricerca di un accendino nelle tasche dei jeans e, trovatolo,
accese lo spino aspirando piano il fumo per poi appoggiarlo fra le labbra
dell’altro con una carezza lenta.
Diego diede un tiro e restituì lo spinello a
Michele, riprendendo a suonare. Stava iniziando ad avere chiaro in mente il
testo che avrebbe scritto per quella canzone; era una canzone che aveva composto
pensando a lui, del resto.
“Cos’è? Una canzone d’amore per me?” gli chiese
Michele, ridacchiando e continuando a fumare.
“Non montarti la testa, ora.” ribatté Diego, sorridendogli.
“Perché, non mi ami?” domandò schiettamente
Michele, d’un tratto serio. Non era più in grado di evitare il discorso “sentimenti”, perché i suoi sembravano
crescere ogni ora di più in modo alquanto scomodo: non riusciva a contenerli, a
non farli fuggire all’esterno.
“Non c’è bisogno di parlare dell’amore. L’amore
si sente.” Diego accordò meglio la chitarra, ad occhi bassi, le guance
lievemente rosse.
“Io lo sento, Diegone.” Michele spense lo
spinello nella sabbia e provò a spettinarsi i capelli ancora bagnati in un
gesto d’imbarazzo. “Per te e da te.”
Diego si limitò a sorridere ed annuire. Le
parole Ti amo sono così difficili da
dire. Schiuse le labbra e con un filo di voce disse “Anche io lo sento. Per te e da te.”
Questo capitolo è una carezza e uno schiaffo. Riesce a rimescolarti dentro fino a farti male, giuro. Almeno è questo l’effetto che ha fatto a me. Devo dire che era difficilissimo creare una scena d’amore in riva al mare (ne so qualcosa....) senza cadere nella retorica e nel già visto, ma tu ci sei riuscita in pieno. Perché Diego e Michele non sono due personaggi, come già detto, ma due persone, e in questo rimandare il sesso come una sorta di esame, c’è intrisa tutta la paura fottuta di lasciarsi andare, di aversi completamente. Come se loro lo desiderassero infinitamente ma temendo la grandezza della cosa, si trattenessero. Poi però, magia della giocosità e della loro amicizia che viene sempre fuori tra le righe ed è adorabile, perché ce li riporta reali, e non fantocci, insomma tra uno schiamazzo e un cazzeggio scatta quella molla, quell’andare finalmente oltre, quel sesso che è un esame e se lo è loro lo passano a pieni voti. Ti sembrerà strano però il momento che ho amato di più è questo “andò alla ricerca di un accendino nelle tasche dei jeans e, trovatolo, accese lo spino aspirando piano il fumo per poi appoggiarlo fra le labbra dell’altro con una carezza lenta” a parte il finale da brivido: “Io lo sento, Diegone.” “Per te e da te.” sì perché quel momento così perfetto, di notte, dove Diego fa quello che sa fare meglio, o dovrebbe, ossia comporre e Michele è là che ascolta, così in perfetta armonia con il mondo finalmente, beh questo sembrava il finale perfetto, ma tu mi hai contraddetta..... (continua.....)
RispondiElimina