venerdì 29 marzo 2013

Un padre e un padre, settima, ottava e nona parte



Titolo: Un padre e un padre
Sottotitoli: Il volo, Fammi volare, Sensualità 
Pairing: Diego Perrone (Padre Andrea)/ Michele Salvemini
Genere: AU/Drammatico/Romantico/Introspettivo
Raiting:  slash, NC 17 
Disclaimer: Adattamento della fan fiction Un padre e un padre, di cui la versione originale si trova qui
Come sempre è tutto frutto di fantasia, i personaggi sono originali, ho preso in prestito i nomi per ispirazione  artistica e non per insinuare qualcosa! 




Il volo


Quella notte Michele sognò Padre Andrea. Aveva poco e nulla indosso e, quello che era peggio, è che non aveva molto indosso nemmeno lui. Ridevano e il prete sembrava rilassato. I suoi magnifici occhi sorridevano meglio di un intero battaglione di denti. Non erano sogni, considerò una volta sveglio, ma un braccio armato. Una pistola puntata contro di lui e il suo fragile equilibrio. Come al solito lavorò duro quel giorno e il pomeriggio si recò all’allenamento. Cercò di non pensare ai sogni durante la partitella che si svolse a ranghi ridotti. I preti c’erano tutti e due.
“Padre Donato, come mai non si è fatto vedere, ieri? Non è che correva dietro a qualche gonnella?” domandò un parrocchiano in vena di umorismo ma anche per movimentare la situazione.
Il prete non confermò ma nemmeno negò. Ammiccò e regalò un sorriso storto. Erano negli spogliatoi e c’erano pure Salvemini e Padre Andrea. Nonostante non amasse certi sottintesi, la mente del giovane prete era troppo occupata da altro per pensare alle presunte tresche del collega. Dunque non fece nessuna faccia disgustata, nessun commento, niente di niente. Continuava a guardare la schiena nuda di Michele sentendosi ad un metro da terra. Ma invece di esser più vicino al cielo ne era più lontano. Bicicletta tra le mani, si allontanò dal luogo di perdizione sentendosi in perfetta distonia con il cielo che era maledettamente celeste, candido e con le nuvolette a fare da cornice. Ci fossero stati gli angeli, il quadro sarebbe stato perfetto. Sbuffò. Quel che temeva e che desiderava di più al mondo non era successo, non ancora. Era peggio la distruzione di tutto o quella precaria immobilità che contraddistingueva la sua esistenza? E non era scontato che l’esistenza di un sacerdote fosse statica? Scandita dal rintocco delle campane, dal via vai dei fedeli che giungevano a lui per confessarsi, a trovare conforto e serenità nel pacifico silenzio della chiesa. Come potevano essi sapere che chi li confessava, senza giudicarli è ovvio, era peccatore quanto loro anzi, probabilmente più di loro? Mentre pedalava rapido, chiuse gli occhi per una decina di secondi convinto che se fosse sopravvissuto a quello avrebbe potuto vincere anche Michele Salvemini. O meglio il desiderio che lo conduceva a lui. Ma la ruota anteriore prese in pieno una piccola pozzanghera a pochi centimetri dalla carreggiata facendolo finire a gambe per aria. Rotolò per qualche metro. Per qualche attimo pensò di essere più vicino a Dio perché quasi morto. Ma, sbucciatura del ginocchio destro a parte, era integro come sempre. Padre Donato arrivò in suo soccorso.
“Che combinate, prete? Avete perso l’equilibrio o siete voi quello ubriaco?”.
“Aiutami per piacere” mormorò accettando l’avambraccio da afferrare.
Era di nuovo in piedi ma la bici non sembrava in perfetta forma.
“Venite con me, passo da Osvaldo a fare un po’ di spesa prima, o avete fretta di tornare a casa?” Andrea non rispose: -ho forse altra scelta?- per non peccare di ingratitudine. Donato preferiva alla due ruote una piccola Innocenti in buon condizioni che si era giudicato ad un’asta giudiziaria. Andrea non amava salire su quell’auto, gli ricordava troppo la provenienza -romana- e dunque sospetta del suo collega. Ma si gustò il panorama.
“Dopo la vado a prendere, è un vecchio catorcio la tua bici ma non mi sembra giusto lasciarla lì, sono certo che se mi ci metto la riparo”.
“Non ha importanza” rispose tristemente Andrea controllandosi il ginocchio sanguinante.
Durante il rosario Andrea si sentì uno sciocco completo. Aveva buttato via la sua bicicletta per una sciocchezza, un gesto da ragazzino. Chiudere gli occhi, e perché mai? Voleva davvero mettersi alla prova? Quanta paura ho di morire, forse era quello. Chissà. Poi arrivò il suono di un clacson e uscì in tutta fretta. Erano quasi le nove di sera e Donato già russava.


“Immagino che questa sia tua” affermò Salvemini mostrando la bicicletta posta nel retro del camioncino. Andrea non sapeva cosa dire. Forse perché Michele si portava dietro una luce strana. Quasi come se il sole non fosse tramontato ormai da un pezzo. O forse era colpa della neve che aveva ricominciato a cadere.
“Non dovevi cioè… sono felice e grato che l’hai presa ma…. È solo una vecchia bicicletta, non funzionerà più”
“Funziona, funziona, ci ho lavorato tutta la sera”.
“Cosa?” per un attimo Andrea temette davvero di aver capito male. La sua vecchia bici era stata prima prelevata dal bordo della strada e poi aggiustata dal signor Salvemini? Una cosa tanto dolce e carina? E così generosa.
“Non serve che mi ringrazi” biascicò l’uomo di mondo. In realtà lui non l’aveva ancora fatto. Il sacerdote giocherellava con il clergis. Era come se non gli entrasse l’aria. Fu sul punto di toglierselo, ma desistette.
“Ora vado”
“No, scusa… scusa Michele ma... ma sono rimasto senza parole, non ti ho nemmeno ringraziato”.
“Non è vero, la tua reazione è anche meglio di un ringraziamento” Andrea arrossì.
A che si riferisce? Pensò sentendosi morire di una morte dolcissima.
“Entra, ti faccio un tè caldo. Padre Donato è passato proprio stasera a fare scorta di tè e non solo…”.
“Mi piacerebbe molto ma ho lasciato i bambini da soli”.
“Non cambierà nulla se restano soli altri pochi minuti, il vostro Duccio è quasi un ometto”.
“Ho un’idea migliore Andre’. Prendete il tè. Mettiamo l’acqua sul fuoco e… ”.
“Io…”
“Mi fa piacere. Voi ci mettete il dolce ed io il combustibile” Andrea pensò che fosse fattibile. Era così nervoso ed emozionato che temette seriamente di dire o fare qualche sciocchezza. Ma non si tirò indietro.


 Fammi volare


Michele Salvemini mise l’acqua sul fornello accanto al fuoco. Iniziò a bollire pochi minuti dopo. Anche il suo ospite stava in un certo senso friggendo. Si era finalmente tolto il collare che gli occludeva il respiro. Senza di quello non sembrava un prete. Sembrava un uomo, decisamente umano e schiavo della sua emotività. Le mani tremarono mentre si portava la tazza alla bocca. Gli occhi lucidi forse per via del poco fumo che usciva dal caminetto oppure… restarono in silenzio così a lungo che per diversi minuti l’unico suono fu il tranquillo russare dei bambini.
“Ti sei fatto male quando sei caduto?”
“Un poco, una scemenza…”
“Dove?”
“Il ginocchio, solo una sbucciatura”
“Ti ha medicato Padre Donato? Non sono del tutto convinto abbia fatto un gran lavoro, fammi vedere”.
“Non è il caso… ”
“Non fare il ragazzino. Sono abituato con i miei figli, tra una settimana c’è la partita e voglio assicurarmi che il mio migliore centrocampista stia bene”. Andrea sperò che il suo generoso interessamento fosse dovuto solo a quello. Oppure no? Voleva che ci fosse... dell’altro?
“Non sono il migliore”
“Secondo me sì”. Michele prese il kit del pronto soccorso che teneva strategicamente dentro un cassetto della cucina. In realtà era esperto in fasciature perché si feriva spesso lui, in particolar modo quando usava la pialla.
Si abbassò sul contuso. Tirò su il pantalone che copriva la gamba incidentata. La pelle chiara fu esposta all'ambiente e agli occhi di Michele.
“La cosa più importante è tenere la lesione pulita per scongiurare l’infezione” fece sapere mentre liberava il ginocchio dalla precedente fasciatura.
“Mio Dio, guarda che bella ferita. Poverino deve farti parecchio male”.
“No, è una vera idiozia, ahi!” finì la frase con un gemito. Michele stava detergendo con l’alcol puro.
“Brucia è? Ho quasi finito” disse massaggiando con dolcezza. Sembrava impossibile che quelle mani fossero capaci di usurpare alberi. Sembrava fossero nate per far star meglio. Per accarezzare, per liberare, per amare... Quello pensò Andrea mentre si godeva il trattamento, finalmente rilassato e concio del piacere che provava. Non bruciava più l’alcol ma era il fuoco dentro sé ad ardere.
“Sei molto bravo”.
“Figuriamoci, anche mio figlio ci riuscirebbe”.
“Non intendevo solo quello. Parlavo della tua generosità… ”
“Sei tu quello generoso. Sono felice quando, nel mio piccolo, posso sdebitarmi” era solo quello? Si preoccupava del suo ginocchio per la partita, e aggiustava la sua bici solo per mettersi in pari con la coscienza? Perché Andrea voleva di più? Non era già tanto quello che aveva?
“Io sono solo un prete, faccio il mio dovere di sacerdote, tutto qui”.
“E io sono un parrocchiano qualsiasi per voi?”
E ora perché questa domanda? No, non poteva ammetterlo. Almeno non in quel momento nel quale si sentiva così vulnerabile. Rispose con sincerità: “No, non lo sei.”
Michele sorrise malizioso. “Mi piacerebbe sapere perché… non lo sono, dimmelo”, esortò.
“Cosa?”
“Perché non sono un parrocchiano qualsiasi”
Andrea sospirò pesantemente. Le mani di Michele non erano più sulla sua gamba ora ma il suo corpo si era proteso verso di lui. Di nuovo percepì l’odore dei capelli e si sentì mancare. Per qualche attimo temette davvero di perdere i sensi. Doveva star zitto, doveva alzarsi e allontanarsi da quell'uomo subito! Ma restò fermo aspettando che qualcosa di sensato gli uscisse dalla bocca. Ma che non fosse una scusa, doveva essere sincero se voleva capire cosa stava succedendo. Dio lo stava mettendo alla prova e lui non poteva mentire, no, doveva ponderare ogni suo gesto ma senza fingere.
“Non dovrei ma… ma chiaramente ho una predilezione per te, per te intendo e per la tua famiglia. Mi sembra che anche tu ti senta meglio in mia compagnia rispetto a padre Donato”.
“Non ci sono dubbi su questo” e si avvicinò ancora di più a lui, “mi sento meglio in tua compagnia rispetto a qualsiasi persona di tutta la comunità. Da qualche tempo a questa parte ho capito che per te è lo stesso” e goffamente si protese per baciarlo. Andrea riuscì a schivare il primo assalto girando il viso dalla parte della porta. Ma quando Michele gli bloccò le mascelle girando il volto verso di sé, Andrea non poté che soccombere. La bocca lo schiacciò con prepotenza. A nulla servì dibattersi anche perché era chiaro come il sole che volesse essere baciato quanto l’altro volesse baciarlo. Salvemini non trovò alcuna resistenza quando lo sdraiò in terra. Andrea lo accolse com'era giusto che fosse. Restarono a baciarsi per qualche minuto. Poi fu Michele a fermarsi per contemplarlo.
“Dio come sei bello” gli disse. Andrea non sapeva cosa rispondere. In verità non voleva parlare. Non aveva mai baciato nessuno, in quella maniera almeno. E Michele sembrava proprio avergli spalancato le porte del paradiso, o forse dell’inferno. Ma di pensare all'inferno ci sarebbe stato tempo, modo e maniera.
“Baciami, baciami ancora” rispose quasi senza fiato. Michele non si fece pregare. Cercò anzi un contatto più intimo. I corpi erano così prossimi che sarebbe bastato poco, pochissimo, per farli esplodere.
“Se non ci fossero i bambini…” a quella frase Andrea ritrovò un barlume di lucidità.


Sensualità


“Se non ci fossero i bambini… giuro che ti spoglierei completamente, e spoglierei me stesso. Ti terrei stretto a me, così vicino, fino a lasciare che i nostri corpi si uniscano”
“No, no Michele. Non va bene. Che stiamo facendo? Non è giusto, tu, io… tu ed io… ”
“Perché? Tu mi piaci tanto, tantissimo. Voglio amarti, voglio farti sentire quanto ti amo. Sei il protagonista dei miei sogni ogni notte, oramai. Ti desidero da impazzire! Sono un peccatore? Forse. Il vostro Dio mi ha tolto l’unico amore della vita, la madre dei miei figli, potrà chiudere un occhio se ora io mi prendo te, no?”
“Non bestemmiare”
“Anche tu lo vuoi. Mi desideri tantissimo, forse quanto ti desidero io”
“Sì è vero, non lo nego. Ma è sbagliato, io sono un prete. E tu un padre di famiglia”.
“Tutto vero, tu sei un prete ma sei pure un uomo che vuole amare ed essere amato, questo non puoi negarlo. E io sono qui per questo. Per amarti, per darti piacere e per riceverne da te. Non saremo due stinchi di santo, va bene. Verrà la polizia a sbatterci dentro? Io penso di no, se stiamo attenti a non farci beccare, Dio capirà. Ci perdonerà, vedrai. Magari si volterà dall’altra parte” sorridendo si abbassò per baciare il pomo d’Adamo tremante.
“Continui a bestemmiare, continuate a farvi beffa della parola del Signore”. Andrea continuava a parlare nonostante le ondate di piacere gli offuscassero la ragione.
“Non credo che Gesù o Dio abbiano davvero detto mai che a due uomini non è permesso amarsi. Questo l’hanno scritto gli uomini Andrea, dei perfetti peccatori come noi”.
“Forse hai ragione, ma dimentichi che io non sono un uomo, io sono un prete! Ho dei doveri etici e morali che intendo rispettare”
“Anche se in questo momento muori dalla voglia?” Michele gli accarezzò i capelli chiari che gli incorniciavano il visino perfetto, “lo sento quanto mi vuoi, e per me è lo stesso. Passerei la notte con te. Ecco l’ho detto. Ad accarezzarti, baciarti, spogliarti… non solo per godere della tua meravigliosa nudità ma per toglierti la veste, quella corazza che vi tenete stretta. E finalmente vedere che c’è sotto!”.
“Michele tu… tu, mio Dio che indecenza!”
“Sì, lo so. Voglio commettere atti impuri e corrompere un prete. Sono o non sono il più grande peccatore del mondo?” gli scappò un sorriso storto, proseguì: “L’unica cosa che mi frena dal non farlo sono le creature che dormono dall’altra parte della stanza e la devozione a Lorella”
Andrea cercò di riprendere fiato ma le parole continuava ad uscirgli a fatica: “Appunto! Per quanto sia vero che ti desidero Michele, non dobbiamo. Siamo fatti di carne e sangue, è vero. Ma non siamo animali, abbiamo la coscienza. Non dobbiamo cedere alla voluttuosità. Sarebbe un errore enorme.”
“Come no. Quant’è vero che in questo momento non sei eccitato”.
“Appunto! Ma il desiderio se non si può scacciare si può, almeno, trattenere” tossicchiò, “quello che sto cercando di dirti amico mio, che possiamo trasformare -questa cosa- questa energia in qualcosa di buono”
“Sarebbe a dire?”
“Amicizia”.
“Ma noi siamo già amici”
“Fratellanza. Possiamo essere fratelli. Sì Michele, ora che ti ho aperto il mio cuore, e mi rendo conto di aver sbagliato a non averlo fatto prima. Ora so che avrei dovuto essere sincero con te, dirti tutto. Ti amo, certo, ti amo come amico, come un fratello” 
“E il mio corpo? Vorresti il mio corpo se fossi tuo fratello, ma che dici Andrea.... tu mi vuoi, vuoi fare l’amore con me, sbaglio? ” il prete lo fissò intensamente. Come negarlo? Ogni sua cellula lo bramava!
“Chiaramente mi piace il tuo corpo, la tua anima. Mi piace tutto di te Michele, mi piaci come persona, come uomo. È proprio quello che sto cercando di spiegarti. Possiamo essere felici senza rovinarci la vita”.
“Non capisco” il piglio di Salvemini si fece serio. Abbassò la testa pensieroso. Andrea gli accarezzò teneramente i ricci.
“Mio caro, voglio il tuo amore, non lo nego. Non so bene come ma possiamo davvero riuscirci, intendo dire: riuscire ad essere felici senza svilirci, mi aiuterai?”.
“Qualsiasi cosa, Andrea, qualsiasi. Ma non voglio perderti”.
“Non succederà, ti sto chiedendo di essermi più vicino di quanto o mai chiesto ad un altro essere, ed è stupendo perché non l’avrei mai creduto possibile. Invece… ho te”.
Dopo essersi fissati per qualche secondo, tornarono ad abbracciarsi. Si accarezzarono la schiena reciprocamente. La stessa schiena ampia e muscolosa che Andrea aveva disperatamente desiderato nello spogliatoio. Ora era lì, a suo piacimento. Non c’era nulla, all’apparenza, che Michele non avrebbe lasciato fare a padre Andrea. Le labbra si cercarono febbrilmente. Le bocche si schiusero l’una sull’altra. Sembrarono fondersi come il tè e  l’acqua. Come lo zucchero e la farina, come la pioggia e la terra. Michele si strusciò febbrilmente su di lui. Malgrado i buoni propositi, i corpi erano ad un passo dal piacere estremo. Andrea lo sentì gemere nel suo orecchio. Lasciò che catturasse le natiche nelle mani per avvicinarlo a sé. “Ecco” sibilò l’uomo lasciandosi completamente travolgere dalle ondate. Restò confusamente tra le gambe di Andrea fin quando le contrazioni non furono cessate. Andrea era incredulo. Era successo per davvero?
“Devo cambiarmi” fece sapere. Ma Andrea continuava a stringerlo a sé, come se non avesse alcuna intenzione di lasciarlo andare.
“Aspetta” e proprio in quell’istante, quando Andrea lo stava lasciando, Gina fece irruzione nella stanza.
“Ma che vi fate le coccole, o state lottando?”



3 commenti:

  1. Sticazzi! Hahaha! Scusa ma ci voleva! Sensualità è proprio la parola giusta, questo pezzo gronda sensualità, te la senti addosso, dentro, ovunque.Per non dire dei colori, delle ombre, dell'atmosfera: se non fosse un racconto, potrebbe essere un dipinto.
    Sempre la solita che fa le cose in grande! <3

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    1. E sticazzi beh, scusa se faccio le cose in grande, ma non è voluto è che non ho perso il senso della misura già da un po'!

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  2. Stupendo, sensuale al cubo. Cavolo se mi piace questo Diego che cerca di non soccombere al desiderio che prova per Michele. Un angioletto che nasconde dentro di sè un diavoletto pronto a fare capolino. Per quanto sia devoto non riuscirà di certo a resistere a lungo agli assalti del suo parrocchiano preferito.

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