mercoledì 22 maggio 2013

Tra rabbia e passione, ventunesima puntata




Titolo: Tra rabbia e passione (cronaca di una torbida relazione fra trulli ed onore)
Autori: Annina e Giusipoo
Pairing: Diego Perrone/Michele Salvemini
Genere: AU/Storico/Commedia/Erotico/Romantico/Introspettivo
Storyline: Fine anni settanta
Rating: PG, slash, rigorosamente NC 17
Disclaimer: si intenda tutto frutto della fantasia e del talento delle autrici. In verità i personaggi sono originali, abbiamo preso in prestito i nomi per ispirazione artistica e basta
 
Capitolo 21


Lungo la via principale e in tutte le stradine laterali si snodavano file di bancarelle. A Diego piacque particolarmente aggirarsi fra i prodotti d’artigianato; mentre Michele era intento a curiosare su un banco di cianfrusaglie e abiti militari, Diego si fermò a guardare oggetti e gioielli fatti a mano. Gli diede all’occhio un anello molto particolare, una specie di fedina intrecciata e pensò che a Michele sarebbe piaciuto quell’anello, ne aveva visto uno simile sul suo comò, e lui gli aveva detto che lo metteva a volte, ma doveva toglierlo al lavoro per la sicurezza. Questo era molto più bello, cesellato e inciso con strani simboli. La ragazza che li vendeva disse che avrebbe portato fortuna alla persona alla quale lo avrebbe regalato: “Però questo è da uomo, se lo cerchi per una ragazza te ne mostro altri” ma Diego scosse la testa sorridendo: “No, va bene questo. La misura si regola no? Bene. Va bene”. Gli fece un pacchettino grazioso che Diego intascò contento mentre Michele arrivava e appoggiava il mento alla sua spalla chiedendo: “Che compri Diè?”. Diego fece una smorfia sorridente alla ragazza che annuì approvando con gli occhi. “Niente Michi, andiamo?”.
Continuarono a camminare, comprando un paio di magliette; sul banco di un ragazzo che vendeva collanine di corallini, Michele ne prese una sottilissima, turchese con qualche perlina argentata qua e là, e la mise al collo di Diego. “Stai bene piccolo. Tienila”. Diego stava veramente bene con il monile che brillava sulla pelle abbronzata. Michele gli accarezzò il collo e risalì verso il viso, gli occhi puntati sulla sua bocca, mentre quelli di Diego illanguidivano. Si riscossero e Michele pagò la collana al ragazzo, prima di riprendersi Diego sotto al braccio e spingerlo verso le giostre. Passeggiando arrivarono vicino a una piccola ruota panoramica: si guardarono e decisero di salire. C’era una fila abbastanza lunga, ma loro avevano tante cose da dirsi quella sera, e non ci fecero nemmeno caso. Finalmente toccò a loro salire sulla navetta; non pensarono nemmeno per un momento di sedersi l’uno di fronte all’altro, ma si strinsero su di un unico sedile, abbracciandosi.
Quando raggiunsero il punto più alto Diego sospirò: “Guarda Michi, guarda che meraviglia. La luna piena che si specchia nel mare là davanti a noi: sognerò questo spettacolo per i prossimi giorni” poi si immalinconì un po’, come se sentisse il presagio che tutta quella felicità era in bilico: “Non lo dimenticherò per il resto della mia vita amore” si piegò su di lui per stringerlo più forte. Michele lo accolse: “Hai ragione, è bellissimo Diego, uno spettacolo degno di questa serata: ma tu sei più bello, e io sognerò te per i prossimi anni” lo baciò dolcemente senza preoccuparsi che qualcuno potesse vederli: si sentivano ed erano due persone che si amavano e che avevano tutti i diritti di scambiarsi un po’ di tenerezze nel luogo deputato al romanticismo.
Scendendo dalla ruota a Diego girò un po’ la testa, ma diede la colpa alle emozioni, non certo alla giostra!
S’icamminarono verso la spiaggia: a mezzanotte era previsto lo spettacolo dei fuochi sul mare, ma prima si fermarono una mezz’ora ad ascoltare un gruppo di giovani che suonavano musiche tipiche. “Ed ecco la taranta Diego: senti che meraviglia, che ritmo! Guarda quella ragazza come balla bene” la giovane sul palco in abito tipico si scatenava nella danza: i lunghi capelli neri volteggiavano; Diego pensò che fosse davvero stupenda, abbronzata e avvolta in un abito bianco e rosso. Si girò verso Michele che osservava rapito la danzatrice e lo prese sottobraccio trascinandolo via: “Beh? Che fai? Ci sono io e sbavi davanti a quella?”. Contento della sua gelosia, Michele si lasciò trascinare fino a un baracchino che vendeva dolciumi. “Qui mi fermo per forza, io adoro tutte queste cose. Guarda Michele, il croccante! Divino! E le mandorle pralinate!” Michele sorrideva davanti a tanto entusiasmo: “Sembri un bambino la notte di San Nicola Diego! Dai compriamo tutto, anche le stringhe di liquerizia, nere e rosse”.
“Chi è San Nicola? Cioè, perché dici così?” Diego dilatò le pupille.
“Qui da noi i regali a dicembre li porta San Nicola, non babbo natale!”.
Intanto Michele sceglieva tutti i dolci finché la borsina che era stata loro offerta non fu stracolma.
Camminando e ruminando le mandorle pralinate, si scambiavano delizie e baci, ormai dimentichi di tutto il mondo e non solo degli abitanti di Molfetta. Fu a causa di quell’euforia, di quella magica atmosfera, che Diego non si avvide di Luigi Orru, il suo collega nonché compagno di stanza. Appena questi lo scorse tra la folla, si affrettò a raggiungerlo per palesare la sua presenza. Stava per chiamarlo quando si bloccò interdetto mentre osservava Diego infilare nella bocca di Michele un pezzetto di croccante e poi leccargli il caramello avanzato sulla barba come se fosse la cosa più normale del mondo. Restò defilato a seguirli per un po’, poi con un espressione disgustata sul viso, si allontanò per tornare da un paio di amici suoi corregionali.
Arrivati sulla spiaggia, Diego e Michele presero posto su un gruppo di scogli sicuramente scomodi, ma con il pregio di essere stati snobbati da tutti quanti, e attesero abbracciati la mezzanotte.
Il primo botto che annunciava l’inizio dei fuochi sorprese Diego spaventandolo, ma Michele rise e se lo riaccomodò tra le braccia. Ebbe così inizio l’affascinante spettacolo pirotecnico e per diversi minuti i due innamorati osservarono con gli occhi luccicanti i disegni nell’aria: fiori, cuori e archi luminosi, bellissimi. Michele guardava il suo compagno contento di vederlo così appagato: “Diego, hai davvero le stelle negli occhi stasera. Sono contento che tu ti sia divertito”.
Con la testa sulla sua spalla, Diego rispose a basse voce: “Divertito è poco Michi: sono felice, perfettamente felice e devo ringraziare solo te”.
“Me e la pro-loco Molfettese direi” risero e mentre lo spettacolo finiva, loro finivano i rotolini di liquerizia.
Dopo i fuochi tornarono al concerto. La taranta aveva lasciato il posto al rock e un gruppo dal nome che echeggiava alla liberà contro l’oppressore. Gli ‘Spakkalecatene’ scatenarono chitarre e bassi e la musica roca del cantante dai fluidi capelli lunghi e scuri echeggiò nel breve tratto di spiaggia. Il mare e il paese tutt’intorno si divertiva, si scatenava, tanto gli abitanti del luogo sapevano che non avrebbero dormito per tutta la settimana molfettese; erano preparati. Diego e Michele ballarono e cantarono nell’atmosfera festaiola ma anche tremendamente hippy e libertina. Una piccola Woodstock dove tutti saltavano, ballavano, si baciavano, si accarezzavano, strusciandosi e facendo girare canne e bottiglie di birra. “Sai che se fossi un bravo carabiniere avrei il dovere di far arrestare oltre la metà dei presenti?” Lo gridò nell’orecchio di Michele ridendo.
“E non lo sei?”
“Cosa?” Diego gli chiese di parlare più forte dopo avergli baciato il collo.
“Tu. Non. Sei. Più. Un. Bravo. Carabiniere?” Scandì le parole una ad una in modo che l’altro interpretasse il labiale.
“No, non più. Non penso di essere più nemmeno un bravo ragazzo” si scambiarono un lungo bacio con la lingua, ormai completamente dimentichi di tutto. Del resto, chi li avrebbe notati in mezzo a quella bolgia? Diego guardò oltre la spalla dell’amante un gruppetto di adolescenti intenti a prepararsi uno spinello. “Sai che non mi sono mai drogato Michi?”.
Lui lo guardò sorpreso: “Nemmeno una cannetta sottomilitare cazzo!”
“No, ti giuro. Nemmeno quella”
"Bisogna correre ai ripari Diè. Ormai te la stai togliendo la divisa no?” Fece l’occhiolino e prendendolo per mano si avvicinò a un giovanotto che spacciava tranquillo. Michele contrattò il prezzo del fumo e poi spinse via Diego, più lontano dalla calca, verso gli scogli dove avevano visto i fuochi. “Adesso ti spiego io come si fa. Non sono uno che fuma questa roba spesso, non fumo nemmeno le sigarette. Ma questa è una serata speciale no?”
“Oh, si che lo è!” Una luce perversa attraversò il bel volto del torinese e il pene di Michele ebbe un guizzo. Si guardò intorno: in molti si accoppiavano tranquillamente, non temendo i numerosi sguardi indiscreti. “Qui sembra di essere finiti nel tunnel dell’amore Diè e se tu mi fai quell’espressioni birichine non resisterò molto”.
“Che vuol dire Michele” Diego finse di non capire, ma ridacchiava malizioso.
“E che vuol dire! Che mi ti faccio addosso agli scogli. È tutta la sera che ci penso... ”.
“Dai finiscila!” Diego continuava a ridere e Michele pensò che gli era bastata respirarlo l’hascisc perché sembrava già un po’ fatto. Erano state le tre birre. Quelle lo avevano scatenato abbastanza. Quando ebbe finito di preparare il cannone, Michele lo accese ed aspirò una lunga tirata. Poi spiegò a Diego come doveva fare, ma si rivelò inutile perché lui diede subito una lunga boccata e il sapore dolciastro della sostanza gli andò giù benissimo. “Vedrai come ti sale un tra un po’ Diego. Dopo potrò fare di te ciò che vuoi...” .
“E pensi che serva farmi drogare per fare di me ciò che vuoi?” Ribatté tutto contento. Michele lo abbracciò. Ben presto però, la stanchezza unita alla sostanza cospirò contro i desideri sessuali e Diego annunciò di avere un sonno tremendo. “Dai piccolo, dormi sulla mia spalla. Tanto tra poco la gente comincerà a tornare a casa. Il concerto andrà avanti ancora per un po’ ma tu dormi, dormirò pure io. Nessuno ci farà niente qui” lo strinse a sé cullandolo.
“Ma no, Michi, non possiamo. È vagabondaggio. È la legge del 27 dicembre 1956, articolo n. 1423... ” e mentre pontificava le palpebre si abbassarono del tutto.
“Sì, sì certo Diego, come no! Ah, sei bravissimo, ma qui di leggi ne abbiamo infrante già altre, dunque dormi pure tranquillo. Possiamo bivaccare quanto vogliamo, ok?” Ma Diego non gli rispose: piegato sulla sua spalla, russava sommessamente.
Quando Michele si svegliò, non c’era più nessuno attorno a loro: i rumori della gente, della musica, erano stati sostituiti dallo sciabordio delle onde. Il mare stava dando loro il buongiorno. “Diè, è l’alba, guarda che bello, albeggia” lo strattonò un poco e Diego aprì gli occhi confuso.
“Dove sono Michi” gli chiese stranito.
“Non importa, guardati intorno amore, guarda che bello il sole che sorge. È l’alba Diego, l’alba è bella quasi quanto te”
Diego realizzò che avevano passato la notte all’aperto e, tremando, si aggrappò al collo di Michele. “Hai freddo vita mia? Perché invece io stavo pensando di spogliarti...” gli confidò baciandogli i capelli.
“Cosa?” Diego era ancora confuso da tutto: dall’essersi appena svegliato in spiaggia, dalla droga fumata, non meno dalla meravigliosa serata che avevano passato a Molfetta. Tutto il ginepraio di gente era evaporato e Michele si sentì come se fossero loro due i soli al mondo, i sopravvissuti di una guerra post atomica. Diego si trovò ben presto senza pantaloni e senza mutande, con Michele che armeggiava nel suo luogo più segreto. “Michi che risveglio... fammi riprendere un attimo dai”
“Macché riprendere, io non mi fermo Diè, io non mi fermo” ribadì abbassandosi per impossessarsi delle sue labbra. Presero a baciarsi con passione, rotolando sulla sabbia, spingendosi, strusciandosi e gemendosi in bocca. “Mettimelo Michi” lo supplicò Diego facendo presa con le gambe muscolose ai suoi fianchi. “Non serve implorare di mettertelo al culo Diego. Sai che io sono nato per questo, per farti felice” in quell’istante Michele percepì i propri piedi bagnarsi e capì che nella confusione di sabbia e baci erano arrivati già al bagnasciuga. Sorridendo affondò di nuovo la bocca in quella di Diego. Con la mano destra si prese il sesso incredibilmente turgido e lo spinse nella sua fenditura preferita, così accogliente e innamorata. Diego gridò e graffiò, aggrappandosi alle sue spalle, spingendo il bacino verso l’alto, accompagnandosi all’altro sempre in perfetta armonia. Intanto anche il sole spingeva per uscire fuori dalle nubi e godersi la scena. Tornarono a rotolare nella sabbia scambiandosi spesso la posizione predominante: Diego sopra che lo cavalcava esperto ma un attimo dopo era Michele a schiacciarlo contro la sabbia. Quando vennero, qualche minuto dopo, crollarono esausti uno di parte all’altro. “Cazzo Diè”.
“Ma come saremo ridotti” se ne uscì Diego, il più attaccato dei due all’igiene e all’ordine. Poi scoppiò con una delle sue belle e gradevolissime risate. “Quando ridi sei fantastico amore, oddio sei sempre fantastico ma quando ridi... ” poi lo vide sbiancare e guardarsi intorno. “Che hai fatto?”.
“Non vorrei che in questo casino mi fossi perso... ” e scattò in piedi tornando di corsa al loro scoglio. Michele con tutta calma si rialzò per capire cosa fosse successo per farlo scattare in quel modo.
Da dentro i pantaloni il carabiniere in borghese tolse un pacchettino. “E questo?” Michele sorrise.
“Aprilo amore” glielo passò e poi prese subito a rivestirsi. “Cazzo pantaloni e slip sono pieni di sabbia”.
“Io l’ho ovunque, anche sulla barba”.
“E io sui baffi!” Sorridendo si scambiarono un piccolo bacio: “Apri Michi, vedi se ti piace”.
“Vedo se mi piace, ma io so già che mi piacerà” Michele aprì il pacchetto e guardò l’anello che Diego aveva comprato la sera prima. “Bello Diego, bello. Ha un significato?”.
“Porta fortuna a chi lo si regala”.
“Ma tu me l’hai già portata fortuna Diego. Da quando ti conosco nella mia vita va tutto bene”.
“Allora andrà anche meglio” Diego lo abbracciò e Michele lo strinse al suo petto baciandogli i capelli. “Diamogli un altro significato, ti va?” lo sussurrò quasi.
“Tipo?”.
“Tipo che siamo fidanzati. Stasera torniamo da quella ragazza e ne compriamo un altro, per te. Sarà il suggello del nostro amore”.
Diego sorrise ma poi si stranì: “Non abbiamo bisogno di suggellarlo vero?”.
“Certo che no, era solo una cosa carina. Che hai Diego, ho sbagliato qualcosa vero? Non ti va?”.
“No, anzi. È un’idea meravigliosa amore, solo che non si può, cioè finché resterò carabiniere non posso metterlo”.
“Nemmeno quando non sei in servizio?”.
“Beh in quel caso...” dalla bocca finalmente spuntò un sorriso.
“Ora si che ti riconosco. Basta, non si discute. Stanotte torniamo qui e replichiamo tutto: cena con imbocco reciproco, bancarelle, croccante e baci. Concerto, canna e megascopata all’alba. Beh sì, in effetti è ancora la parte che preferisco. Ma ora scappiamo che sabbia, sperma e acqua marina hanno fatto la melma e ora mi sento come se mi fossi rotolato nella porcilaia”.
“Anch’io. Me la sento tutta nel sedere e tra i capelli”.
“Andiamo” rivendendo come monelli, tornarono a piedi verso la loro auto.






1 commento:

  1. Brave si sente tutto il calore e l'allegria di questa festa di paese. Tutto è nuovo per Diego che si gode ogni istante, soprattutto la compagnia del suo Michele. La scena di sesso sulla sabbia è semplicemente perfetta, sensuale, ma anche terribilmente dolce. Devo ammetterlo, i miei ormoni già impazziti sono scappati via lontano. Mi preoccupa solo il ritorno alla realtà cosa attende loro.

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