giovedì 9 maggio 2013

Tra rabbia e passione, diciottesimo capitolo



Titolo: Tra rabbia e passione (cronaca di una torbida relazione fra trulli ed onore)
Autori: Annina e Giusipoo
Pairing: Diego Perrone/Michele Salvemini
Genere: AU/Storico/Commedia/Erotico/Romantico/Introspettivo
Storyline: Fine anni settanta
Rating: PG, slash, NC 17
Disclaimer: si intenda tutto frutto della fantasia e del talento delle autrici. In verità i personaggi sono originali, abbiamo preso in prestito i nomi per ispirazione artistica e basta




Michele aprì gli occhi e la prima cosa che vide fu il viso di Diego a nemmeno un centimetro dal suo: rannicchiati entrambi sul fianco, avevano dormito fronte contro fronte. L’espressione fiduciosa di Diego gli gonfiò il cuore di tenerezza; fece per togliere la mano dalle sue che la imprigionavano, ma la stretta di Diego si accentuò mentre si muoveva leggermente nel sonno. Rinunciò a fargli una carezza, ma gli baciò dolcemente le labbra. Dopo un attimo gli occhi insonnoliti di Diego si puntarono nei suoi: l’espressione smarrita del risveglio si mutò in amore puro mentre gli restituiva il bacio.
Scrollando i ricci Michele lo prese tra le braccia: “Vieni qui piccolo, stammi vicino; che bello è svegliarsi così? Non andartene più da qui dai, stai con me già da oggi, da stasera, sempre qui. Chi te lo impedisce?”.
Sospirando Diego rispose con voce malinconica: “Ma come faccio? Cosa dico in caserma? Sto a dormire dalla mia fidanzata d’ora in avanti? Che potrei anche farlo, ma devo comunicare l’indirizzo Michi, lo sai. Allora sì che saprebbero che davvero la mia ragazza ha barba e baffi, e per di più è  segnalata!”.
Michele lo guardò con sospetto: “Cosa stai dicendo? Che ragazza? Comunque dobbiamo parlarne seriamente Diego” si grattò la gola. Per essere mattina aveva parlato anche troppo, un tipo come lui che prima delle dieci non riusciva a spiccicare un ragionamento sensato. Ma a quello teneva fin troppo. Da quello dipendeva la sua vita, ne era certo ogni giorno che passava: “Allora Diego, chiariamo una volta per tutte: io ti voglio qui con me sempre e invece mi sembra che a te non importi poi molto. Dov’è tutto il tuo amore ora?”. Teso verso il suo desiderio, Michele divenne serio e ombroso, pensando che Diego forse non voleva stare con lui, forse non così tanto come lo voleva lui.
Diego non aveva voglia di discutere, di pensare, voleva solo passare una bella giornata con il suo ragazzo, e cercò di cambiare argomento. Ostentando indifferenza si stiracchiò allontanandosi un poco: “Andiamo adesso Michi? Non dovevi portarmi su un’isola tutta per noi?” Ma vide il suo viso farsi testo. Le lacrime gli pungevano gli occhi e lui li serrò, per non farsi vedere da Michele. Lo sapeva già, la sua vita doveva essere sempre comunque problematica. Prima, quando non pensava che avrebbe mai trovato l’amore, gli era sembrata anche una buona soluzione quella di entrare nei carabinieri, quasi un rifugio, un posto che gli avrebbe permesso di confondersi con gli altri, di sentirsi quasi normale. Non era così, lo avrebbe capito poi, si sarebbe sempre sentito diverso dagli altri, soprattutto in una caserma, ma ormai ci aveva fatto l’abitudine, non si aspettava poi niente di più dalla vita, nonostante i suoi pochi anni. Ora che invece grazie all’amore di Michele non si sentiva più uno spostato, un deviato, ancora non sapeva come muoversi. Voleva rimanere per sempre lì, in quella stanza non bella, con la muffa negli angoli e una sedia per attaccapanni, ma dove si sentiva il profumo dell’amore, del loro amore.
Ma come fare? Si chiese. Intanto avrebbe dovuto licenziarsi, la sua vita privata, per quanto apparentemente bellissima e per l’appunto privata, non era comunque compatibile con l’arma. E dopo aver lasciato i carabinieri? Andare in fabbrica? E anche se fosse? Non era certo un disonore fare l’operaio, anzi, ma chi l’avrebbe preso, in un momento dove erano i licenziamenti a prevalere sulle assunzioni? E i suoi? Sarebbe stata una delusione anche per loro, così contenti che il loro figliolo se la cavasse bene. Che poi sarebbe rimasto a Bisceglie; a quel punto avrebbe dovuto spiegare i motivi veri del suo cambiamento. Era certo che ai suoi sarebbe venuto un colpo probabilmente. Le gare erano l’ultimo dei suoi problemi certo, anche se ora stava andando benino. Piegato da tutti quei pensieri, Diego sentì che l’ansia lo stava raggiungendo, il cuore perse qualche battito e lui scattò in piedi portandosi le mani alla gola.
Anche Michele si alzò di scatto, mettendogli le mani sulle spalle: “Oh, Diè che ti prende? Sei impallidito, non stai bene? Diego rispondimi cazzo!”. Ma lui, in preda ormai a una crisi di panico, respirava a fatica. Con le mani chiese al compagno di attendere.
Michele terrorizzato, non disse più nulla limitandosi ad accarezzarlo piano tra i capelli, sulle spalle: sentiva il suo cuore correre veloce, troppo veloce! “Diego, cosa posso fare? Vuoi che ti porto dal medico? No? Allora vieni qui, abbracciami. È colpa mia, non dovevo farti pressioni, vero? Ti ho mandato in paranoia, cazzo!” Lo prese tra le sue braccia, massaggiandogli la schiena con le grandi mani. Diego piegato su di lui, si aggrappò con gambe e braccia, tenendosi come un naufrago a una tavola, il viso nel suo collo. Passò qualche minuto, e lentamente riprese a respirare normalmente. Si staccò dal collo di Michele per guardarlo e iniziò a parlargli con voce tremante: “Solo un po’ d’ansia Michi, non è colpa tua, non pensarlo mai. E non pensare mai che non ti amo, perché lo sai che l’unica cosa bella di tutta una vita è stata incontrare te, amare te, sentirmi amato da te. È che non so come muovermi, ma l’unica cosa che voglio è stare per sempre con te”. Appoggiò la testa al petto di Michele e finalmente tutto il dolore che Diego teneva nel cuore si sciolse in un pianto liberatorio. Non era il primo attacco d’ansia che aveva. Sarebbe riaccaduto, faceva parte della sua malattia. Lo aveva letto in uno di quei libri presi in biblioteca dopo aver scoperto di essere un diverso. Solo che da quando stava con Michele non gli sembrava più di essere malato. Magari un malato d’amore, quello sì, come tanti altri.
Anche Michele sentiva di voler piangere, ma non lo fece: coccolò il suo compagno, cullandolo come se fosse un bimbetto. “Il mio Diego. Non piangere cucciolo, non piangere. In qualche modo faremo, ci riusciremo, a costo di andarcene fino alla fine del mondo. Niente e nessuno ci dividerà, vedrai”.
Gli sollevò il viso e baciandolo gli asciugò le lacrime che continuavano a scendere.
Un sorriso spuntò sulla bocca di Diego: “Cosa farei senza di te Michele? Cosa sarei? Non sarei nessuno, mi rendo conto di non essere stato nessuno fino a che non ti ho conosciuto. Credimi, sistemerò tutto, certo come dici tu, a costo di andare alla fine del mondo, staremo sempre insieme noi due” si riaccomodò sul petto del suo amore e a poco a poco smise di piangere.
“Però non farmi più prendere uno spavento del genere! Cazzo, Diè, non sai che paura ho avuto! Alla faccia dell’ansia!” Michele lo accarezzava, lo toccava come per verificare che fosse ancora tutto intero. Diego fece un risolino, poi tornò serio: “Ho avuto crisi peggiori sai? Ci sono stati momenti in cui stavo sempre male, attimi in cui pensavo che alla fine morire sarebbe stata l’unica cosa positiva che poteva capitarmi, anche poco tempo fa, anche appena ti conobbi: al pensiero che non avrei mai potuto averti, pensai di farla finita… ”.
“Basta Diego” Michele lo interruppe duramente: “Adesso basta. Non voglio sentirti dire certe cose, non voglio sentirti parlare di morte perdio! Guardami”. Diego obbedì sollevandosi. “Guardami bene Diego: basta paranoie ora vero? Ci sono io con te, e non dovrai mai più soffrire. Ti amo e ti farò felice, te lo giuro, come tu stai facendo felice me. Ma niente più discorsi del genere cazzo! E adesso forza che si va al mare!”.
“Va bene Michele, hai ragione, basta seghe mentali!”.
“Oh, nemmeno fisiche amore mio!” Michele sdrammatizzò: “Cosa ce ne facciamo noi delle seghe visti i numeri che facciamo insieme?”.
Diego scoppiò a ridere, finalmente sereno: “Hai ragione amore mio. E ho idea che sperimenteremo presto, vero?”.
“Contaci Diè” un bacio e si alzarono da letto. Nel giro di cinque minuti indossarono costumi, calzoncini e t-shirt, e uscirono portando con loro solo un paio di salviettoni da spiaggia e dell’acqua e le vivande che Michele aveva acquistato la sera prima. Al bar dietro l’angolo fecero colazione e poi si avviarono al porto, dove affittarono una barchetta. La giornata era calda e qualcuno, nonostante fosse lunedì, andava al mare. Sopra le loro teste, il cielo terso e gruppi di gabbiani organizzati, sembrarono accompagnarli lungo il tragitto.
Remando con energia, in mezz’ora Michele li portò su una spiaggetta piccolissima, chiusa da alti scogli e irraggiungibile per via terrestre.
Tirata a riva la barca, stesero le salviette e si spogliarono, coricandosi al sole.
“È tutto perfetto Michi...” mormorò Diego spaparanzato al sole.
“Dobbiamo inventarci una tenda però, tu sei troppo bianco, se stai tutto il giorno a picco sotto il sole stasera ti spellerai come un serpente amore mio e tu sei tutto tranne un serpente”
“Allora baciami” rispose formando un cuore con la bocca. Michele si chinò su di lui e lo baciò ma subito dopo si industriò ad inventarsi un capanno di fortuna. Usò dei bastoncini portati in quella spiaggia dal mare e un lenzuolo che doveva fungere da tovaglia per mangiare. Decise che avrebbero mangiato sotto quell’improvvisata tenda e tanti saluti. Poco dopo le dodici e trenta si rifugiarono all’ombra. Diego però sembrava ancora scosso dopo l’attacco di panico della mattina e non mandò giù molto, e così anche Michele. “Sai cosa ci vorrebbe?” attaccò Michele. “Per rilassarci dico...” Diego fece un sorriso malizioso, e lo anticipò: “Oh si che lo so, scommetto che stai pensando a quello che penso io...”
“Che molto probabilmente è quello che penso io, no Diè?”
“Sicuro!” Diego scattò fuori dal loro piccolo rifugio e saltellando divertito gridò: “Una bella nuotata, ecco cosa ci vuole in questo mare stupendo!” E intanto si addentrava nelle acque cristalline. Michele sorridendo oscillò la testa. No, non era proprio ‘nuotare’ il verbo al quale aveva pensato, ma fu felice di rivedere l’amico ridere e divertirsi come se niente fosse. “Proverò a starti dietro ma non te lo garantisco. Sei un pesce tu! Un pesciolino dispettoso come questi che mordono... ah cazzo!” Si lamentò Michele. In quelle acque abitava una specie di pesci dispettosi che adoravano mordicchiare, e l’umano che gli capitava a tiro, sentiva una sensazione tipo scossa elettrica non proprio piacevole. Ma Diego non se ne accorse, preso com’era a macinare metri su metri. Michele non riuscì a stargli molto dietro ma, ad un certo punto, il carabiniere si fermò. Trovò una secca e vi si sedé. Michele, ridacchiando e boccheggiando a sua volta, gli fu addosso. Al riparo da qualsiasi curioso, presero a baciarsi con passione, sdraiati sulla sabbia a pelo d’acqua, solo le teste fuori. “Non volevi nuotare vero? Volevi fare altra ginnastica, è Michi?” E si era già tolto il costume. Cercando di riprendere fiato, si inginocchiarono l’uno di fronte all’altro.
“Tu mi capisci sempre” Michele sentiva le mani armeggiare sul suo sesso ancora nel costume. “Dammi tempo di riprendermi dal fiatone e ti scudiscio la bestia”
Diego rideva: “La bestia? È un pesce gigantesco e pericoloso?”
“Morde pure”
“Allora è come me” così dicendo il carabiniere si piegò a baciare il torace, la pancia. Baci alternati a piccoli morsi che infiammarono il beneficiario. “Tiramelo fuori Diego” ansimò e questi non lo deluse. Fecero l’amore su quei pochi centimetri d’acqua, le grida di piacere accompagnate dal via vai delle onde e dai canti dei gabbiani. Sfiniti restarono a guardare l’orizzonte qualche minuto. Diego si appoggiò alla schiena dell’amato: “Sono stanco Michi, sono stanco e affamato” 
“Ti porto io amore, tu attaccati a me, so nuotare anch’io, cosa credi? Devi solo fidarti di me” tornarono a nuoto verso il loro accampamento. Michele nuotò con Diego alle sue spalle che lo abbracciava.


“Sai, ad un certo punto credo di essermi addormentato. È stato bellissimo” Diego raccontava a Michele mentre, solo al tramonto, l’automobile li riportava a Bisceglie. Un’incredibile abbronzatura dorata arricchiva il volto del torinese di una luce nuova, bellissima. Anche le spalle si erano abbronzate. Michele lo guardò con tutto l’amore che aveva. “Sei bellissimo Diego, questa colorazione ti fa ancora più carino. Dovrei metterti dentro una teca e buttare la chiave. Come faccio a mandarti in giro così bello?” Scherzò. Diego si accoccolò sulla sua spalla e Michele lo circondò con un braccio. “Ti amo tanto, ti amo così tanto” gli sussurrò. Era stata una giornata perfetta. Non era iniziata bene, certo. Diego sentiva ancora il fastidio di quell’attimo di sbandamento mentre erano ancora a casa. Ma poi era tutto filato liscio, di più! Michele gli aveva fatto conoscere una costa di mare stupenda, dalla fauna incontaminata. Una meraviglia tutto, compresi i pesciolini mordicchiosi, così li rinominò. Avevano fatto l’amore al largo e Michele lo aveva trascinato sulle sue spalle, proprio lui, un nuotatore ‘quasi’ professionista! E il proseguo della giornata non era stato da meno. Dopo aver consumato un pranzo completo questa volta, dopo chiacchiere e baci, si erano appisolati all’ombra. Una volta svegli avevano di nuovo fatto il bagno e, in una caletta tra gli scogli, si erano amati ancora. Cenato con il resto delle cibarie rimaste, alle sette passate avevano ripreso la barchetta e ora eccoli di nuovo abbracciati verso casa.
“Dove devo lasciarti Diè? Che poi la sola parola ‘lasciarti’ mi fa star male. Vuoi passare da me a toglierti un po’ di sale prima di tornare in caserma?” L’espressione di Michele era a dir poco desolata, mentre superavano il cartello Bisceglie.
Diego si rialzò dal comodo rifugio che era la spalla di Michele con tristezza per guardare fuori dal finestrino. Ma anche perché era arrivato il momento di ricomporsi. Lontano dal paese potevano anche fingere di essere due amanti qualsiasi, ma là... Era stata una giornata così bella, il pensiero di lasciare Michele e tornare in caserma lo devastava. Gli diede un occhiata Michele e vedendolo così abbattuto si sentì male a sua volta: “Piccolo, non scoraggiamoci, ci saranno altri giorni come questi, faremo un sacco di cose belle, poi tra poco ho le ferie, e una settimana coincide no? Vedrai cosa ci inventeremo”. Continuando a guidare prese la mano di Diego e la strinse forte, portandola alla bocca. Diego sorrise: “Mi fai il solletico con la barba.”. Diego stette un po’ pensieroso, poi prese una decisione: “Senti Michi, pensavo: fino a domattina alle otto non prendo servizio. Se torno alle sette faccio in tempo a prepararmi…”.
Un sorriso si allargò sul viso di Michele: “Vieni da me? Stai a casa anche stanotte? È Diè?”.
“Sì sto a casa. Mi piace dire casa, come se fosse davvero mia. Domattina alle sei mi alzo e vado, non possono dirmi niente, l’importante è che io sia là quando inizio il turno”. Nel frattempo Michele aveva parcheggiato sotto casa e recuperate le borse dal sedile posteriore, entrarono nel portoncino e salirono.

1 commento:

  1. Amo questa coppia. Diego con le sue paure, paranoie e ansie per il futuro, Michele invece con la sua spensieratezza, voglia di vivere fino in fondo questo amore al punto da diventare un pò egoista. Stupenda e romantica la scena al mare. Loro due soli in una specie di piccolo paradiso nel quale poter essere loro stessi senza doversi nascondere.

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