sabato 20 ottobre 2012

In vino veritas








Titolo: In vino veritas
Parring: Diego/Caparezza
Story line: Eretico tour
NC 13
Disclaimer: è tutto frutto di fantasia, come sempre e niente è fatto a scopo di lucro
Questa fiction è stata ispirata Love Drunk, presente nel forum di Hawaii five 0. Un grazie speciale a Mary per il credit.



Il sentimento c’era, quello che mancava era il resto




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Mentre tornavano in albergo nel solito furgone bianco, Diego, collocato a ridosso del finestrino, si ritrovò spesso a voltarsi verso Michele, il quale sedeva alla sua destra stranamente silenzioso e… sorridente, sì. Sorrisi frequenti e poco intelligenti che seguivano – immaginò Diego – il filo decisamente poco coerente dei suoi pensieri.
Non era colpa di Michele. Il cantante stava pagando le conseguenze di una sbronza dovuta ad una cena alla quale Caparezza e il suo gruppo era stato invitato per festeggiare il vino novello. I viticultori ci tenevano ad avere un suo parere e gli avevano elargito diversi assaggi. Il molfettese aveva tentato di esimersi ma questi erano stati così insistenti <<meglio il mio>> <<ma senti questo cosa non è>> che dopo il settimo calice, Michele Salvemini aveva assunto l’aspetto di un beone d’altri tempi. Aveva drincato decisamente troppo, decisamente più di più di quanto fosse abituato.
“Come ti senti?” chiese Diego, una mano sulla spalla e tono tra il dolce e il divertito.
“Bene”, rispose Michele. “Stavo sognando. No, pensando. Stavo pensando”. Sembrò meditare un po’ su quelle parole, poi si voltò verso l’amico e lo guardò con tutta l’intensità che gli permetteva il suo stato brillo.
Diego incontrò il suo sguardo per un attimo e il modo in cui Michele lo stava guardando fece fare al suo stomaco una capriola. Si costrinse a guardare fuori dal finestrino.
“Non mi chiedi a cosa stavo pensando?”, chiese Michele spingendo la testa riccioluta verso quella piccola della sua seconda voce. Subito dopo, accorgendosi che avevano appena imboccato il vialetto che conduceva in albergo, lasciò cadere la domanda e biascicò un “Siamo arrivati a casa” come se davvero quell’hotel fosse casa sua, o casa “loro”.  Il suo sguardo continuò ad indugiare su Diego, anche mentre cercava a tentoni la leva per aprire la portiera, poi si voltò per guardare quel che stava facendo, ma il compito sembrava essere di una sorprendente difficoltà. Pensò quindi di occuparsi prima della sua cintura di sicurezza, accorgendosi quasi subito, però, che se l’operazione “trova la leva della portiera” era di difficoltà media, quella “sgancia la cintura di sicurezza” aveva quantomeno un pallino in più nella scala delle difficoltà. O una stellina.
“Cos’è Diego? Un pallino o una stellina?”, chiese al suo partner, che non aveva la minima idea di cosa stesse parlando e che era rimasto ad osservarlo pazientemente durante i suoi goffi tentativi di togliersi la cintura di sicurezza e scendere dal furgone.
“Non lo so Michele”, gli disse, poi gli si avvicinò. “Lascia fare a me”, si offrì, e allungandosi sganciò subito la cintura, mentre un attimo dopo aprì la portiera. “Ecco fatto”, disse, rimettendosi dritto e dopo averlo superato passandogli sopra, scese.
“Chiudete voi?” Gaetano lanciò le chiavi e Diego che le prese al volo. “Salite pure, c’è qui il boss che ha esagerato un po’”
“Un po’ tanto” fece manforte Rino sogghignando e tutti i musicisti di Caparezza superarono il grande portone dell’hotel.
“Tutto bene?” Diego domandò a Michele che rinunciato a scendere, sembrava schiacciare un pisolino tranquillo. Sentendo la voce, che per via del suo stato gli risultò più potente del dovuto, scattò a sedere. Diego gli circondò un braccio intorno alla vita e lo aiutò a scendere.


Una volta arrivati sempre allacciati nel corridoio che conduceva nelle rispettive stanze, Michele precisò: “Guarda che non c’era mica bisogno di portarmi a spalla” e dopo uno strattone: “Lasciami, ce la faccio” il tono impastato facevano pensare però a tutt’altro. Difatti, dopo un primo momento di difficoltà nel mantenere l’equilibrio, Michele raggiunse la porta della sua camera seguendo un tragitto quasi dritto, poi si mise una mano in tasca per trovare la scheda magnetica. Mentre frugava, dopo il primo tentativo andato a vuoto, nell’altra tasca, Diego aveva già aperto, era entrato e aperto la finestra.
“Sei proprio bravo tu”, gli disse, guardandolo ammirato come se avesse appena eseguito un difficile gioco di prestigio o qualcosa del genere. “Ci stavo pensando prima mentre tornavamo dal ristorante” continuò, richiudendo la porta dietro di sé e appoggiandosi con fare sognante. “Sai fare proprio tutto…”
“Michele, ho aperto la porta e ho aperto la finestra”, rise Diego.
“… e sei così bello... la natura è stata proprio generosa con te”.
La risata di Diego si fece più incerta. Che diavolo stava succedendo a Michele quella sera? La sbronza gli faceva proprio uno strano effetto, facendolo passare da uno i cui massimi appellativi affettuosi erano “nanetto” e “folletto” a quella bizzarra creatura che lo stava riempiendo di complimenti.
“Beh… grazie. Sei molto gentile”, rispose Diego, tra il confuso e l’imbarazzato. “Adesso ti do due aspirine per il mal di testa, d’accordo?”
“Non mi fa male la testa. Credo di non essermi mai sentito meglio”, rispose Michele, soddisfatto.
“Non ti fa male adesso, ma ti farà male dopo”, replicò Diego mentre andava in cucina. “Me ne intendo io. Ne ho prese di sbronze” assicurò.
In bagno, aprì il beauty dove sapeva che i collega teneva i medicinali e cercò le aspirine… dove diavolo erano finite?
Mentre cercava sentì Michele entrare in bagno e poi con la coda dell’occhio lo vide avvicinarsi fino a mettersi dietro di lui, quasi appiccato.
“Michele, aspetta un attimo, sto cercando le aspirine…”
“Sto aspettando”, rispose l’altro, tranquillo. “Sei fatto così bene Diego. Bassino ma ben proporzionato” gli accarezzò i fianchi lentamente.
Diego ruotò gli occhi al cielo e con tatto si tolse le manone di dosso.
“Eccole qui, adesso le prendi e vai a dormire”, disse, mentre senza voltarsi, gli allungava la scatola. In quel momento sentì le dita di Michele sulla schiena. “Michele, mi fai il solletico! Che stai facendo?”
“Disegno un cuore, è il cuore dell’amore... Michele ti ama”, rispose il famoso cantante -che del famoso cantante aveva ben poco in quel momento- come se fosse la cosa più ovvia del mondo.
Diego si voltò su se stesso, ritrovandosi a pochissimi centimetri da Michele, che abbassò la testa per guardarlo direttamente negli occhi. Aveva le labbra socchiuse, come se stesse solo aspettando un bacio, e Diego si sentì attrarre da una forza quasi irresistibile… ma non era così che voleva accadesse. Non dopo dodici anni d’attesa!
“Prendi le aspirine, su”, ordinò, “e dormici sopra. Sei troppo pericoloso così”, aggiunse, mettendogli le mani sulle spalle e scostandolo da sé gentilmente.
“Pericoloso?”, chiese Michele, sinceramente confuso.
“Te lo spiegherò un’altra volta. Quando avrai meno novello in circolo”, sorrise Diego, riempiendo un bicchiere d’acqua a metà e buttandoci dentro le pastiglie effervescenti.
Poco dopo Michele bevve la medicina e fece una smorfia di disgusto. Poggiò distrattamente il bicchiere sul comodino, prendendo la direzione della porta.
“Dove stai andando?”, gli chiese Diego, seguendolo.
“A dormire... con te”, rispose candidamente Michele.
“Io dormo nella mia stanza, tu qui, nella tua”, gli spiegò pazientemente.
Michele lo guardò pensosamente per qualche secondo. “Ma non dividevamo la stanza io e te? Me lo ricordo bene...”, si guardava intorno come se cercasse da qualche parte dove stava scritto.
Diego si osservò per bene la punta delle scarpe: “Quello era il tour del caos e l’habemus capa, quando non avevamo abbastanza soldi per una singola e tu non eri fidanzato” aggiunse l’ultima frase con fare polemico ma subito si pentì. Punto primo erano fidanzati entrambi, punto secondo... non c’entrava ovviamente nulla il loro non essere più compagni di stanza con la situazione sentimentale! Sperò con tutto il cuore che Michele non avesse capito o che almeno prima o poi lo avrebbe dimenticato.
“Già... la mia ragazza...” Salvemini cominciò a camminare su posto. “Bella è bella ma ha molti difetti. Non dovrebbe essere qui...”
“Infatti non c’è” Diego tentennò, se nemmeno si rendeva conto che lei non ci fosse, come faceva a lasciarlo solo?
“Forse è meglio che resti” decise. Felice come un bambino, Michele allargò sul viso un sorriso pieno di gratitudine. “Mi ricordo che quando dormivi con me... era bellissimo” biascicò facendo arrossire Perrone, il quale si domandò se da brillo avrebbe iniziato a sciorinare qualche dettaglio imbarazzante delle volte che avevano diviso il letto. E Michele continuò: “Mi tenevi abbracciato a te e io pure. Mi hai toccato il cazzo qualche volta e io pure a te. La mattina ci svegliavamo abbracciati, poi tu ti giravi da una parte e piangevi... ”
“È successo solo una volta” il labbro del cantante torinese tremò.
“Ho capito che eri innamorato di me, ma una volta mi hai detto che eri innamorato della tua ragazza. Ora ricordo! È per questo che poi mi sono fidanzato! Io volevo fare l’amore con te, ricordo bene questo...” poi con passo deciso lo raggiunse. Senza preavviso gli circondò la vita con le braccia: “Perché non hai mai voluto fare l’amore con me? Non ti piaccio? Io penso di sì...” sorrise sbieco attirandolo a sé con decisione.
Diego balzò all’indietro: “Smettila! Hai bevuto, non così” Diego era più che deciso a impedire all’amico di fare una sciocchezza. Ma la razionalità in Michele si era ridotta a nulla e dopo un maldestro tentativo di approccio, si beccò uno scappellotto.
“Scusa amore” Diego lo disse tra una risatina e una lacrima.
“Ma cazzo!” Michele si mantenne la guancia ferita. Come ripresosi dallo sbandamento alcolico, sedé sul proprio letto.
“Ora dormi, tanto vedo che stai meglio. Non deliri più stronzate” Diego fece per aprire la porta.
“No resta! Giuro che non ti tocco” borbottò Michele guardando per terra.
“Non mi fido di me. Sei così debole ora...” Diego pensò a tutto quello che aveva sognato di fare con lui da anni, a tutte le volte che avevano avuto l’opportunità di toccarsi e di baciarsi, ma si erano sempre trattenuti, limitandosi a lunghe coccole, a qualche petting, ma nulla di tutto questo aveva portato a niente di concreto. Però era vero, tre anni prima Michele, in maniera bizzarra e quanto mai inappropriata, gli aveva proposto di stare insieme, aveva gettato le basi per un bacio vero e chiesto di fare l’amore. Ma Diego aveva scelto di temporeggiare, mettendo in mezzo di essere fidanzato. Si era pentito mille volte perché lo amava, ma sembrava impossibile per loro mettere le cose per bene. Il sentimento c’era, quello che mancava era il resto. Il torinese chiuse gli occhi lasciandosi cullare dai ricordi. “Non resto ma ti giuro che ne riparleremo quando non sarai sbronzo” riaprì le palpebre ma scoprì che il caro amico si era già addormentato.
Con passo cauto si avvicinò e chinatosi fino a sfiorare le sue labbra con le proprie, gli sussurrò: “Ne riparliamo quando starai bene, questa volta lo faccio” dopo un bacio leggerò sussurrò: “Ti amo Miche’” trattenendo le lacrime che aveva perché anche quella volta aveva esitato, convinto però che non avrebbe esitato davvero più. 

2 commenti:

  1. Aw!!! Ma amateviii!!! Da sobri, possibilmente, ma amateviii!!! <3

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  2. Azz Michele brillo è veramente un pericolo ambulante. Meno male che Diego riesce sempre a tenergli testa. E poi, ha aspettato troppo per lasciare che accada quando Michele ha le facoltà alterate. Sono sicura che una volta sobrio avrà trovato il modo di riprendere il discorso...

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