Pairing: Diego Perrone/Michele Salvemini (Caparezza)
domenica 16 settembre 2012
La lunga estate caldissima, quindicesimo e ultimo capitolo
Titolo: La lunga estate caldissima
Pairing: Diego Perrone/Michele Salvemini (Caparezza)
Pairing: Diego Perrone/Michele Salvemini (Caparezza)
Genere: AU (Alternative universe) Comedy/Romantico/Introspettivo
Rating: PG, slash,
Disclaimer: I personaggi mi appartengono, ho solo
preso in prestito dei nomi e questa opera non ha scopo di lucro
Nota dell’autore:
Un grazie a tutti coloro che hanno perso
tempo a leggere questa fan fiction.
Spero di scriverne altre che mi diano la
stessa soddisfazione.
Le ultime strofe sono tratte da “Uno di quei
giorni” di Diego Perrone (Dove finisce il colore delle fotografie lasciate al
sole).
*******
Un mese dopo
Mercoledì 12
Settembre
Fa freddo a Torino, quasi come se
fosse già inverno. E piove, e tira vento. Diego quel freddo se lo sente fino
alle ossa, dentro. Forse perché è uscito senza nemmeno un giacchetto misero, senza
una felpa anche leggera, mentre cammina per andare a trovare Manuela, sotto un
ombrello mezzo sgangherato. Le scarpe gli si riempiranno di pioggia presto,
troppo fuori stagione. Che tempaccio,
si sente mormorare. Guarda davanti a sé Diego, è quasi arrivato. Il freddo vero
ce l’ha dentro le ossa già, ma di più nel cuore. Eppure un mese prima era tutto
così diverso, pensa un attimo sentendosi morire: il sole, il caldo, il sudore,
la Puglia, il calore dell’amore...
Non riesce a scacciare i ricordi, quelli a cui ci si aggrappa quando si è certi
di non averne più. Ma quando la rassegnazione non c’è, quando si pensa che
ancora una speranza esista... Ma Diego non vuole illudersi. L’ha perso, pensa
solo a quello. Ho perso la cosa migliore che
mi sia successa, davvero la più bella, in questi merdosi ventinove anni di
casini... si tocca la fronte. Dal lungo ciuffo che gli copre l’occhio, discendono
delle gocce per l’acqua che l’ombrello non è riuscito a parare. Intanto il
camposanto, silenzioso come sempre, accoglie il miscredente. Eva è esattamente
dove immagina che sia, dove la trova sempre: seduta a gambe incrociate davanti
alla lapide di sua figlia dentro la cappella. La pioggia però arriva alle sue
spalle ma lei, ricurva di fronte al marmo, non sembra badarvi. È un’ex
eroinomane che ha avuto una figlia a quindici anni. Banale negli anni ottanta.
Eva si sente una mano sulla spalla. Ma non salta, perché lo ha già sentito
avvicinarsi. A loro servono poche parole, pochi gesti. Diego pensa che ha fatto
per Manuela più da morta rispetto a quando era viva. Perché lui
è davvero convinto che sia morta per causa sua. Eva accarezza le dita di Diego,
hanno entrambi le mani fredde. Lui la lascia pregare per altri dieci minuti
mentre piange sommessamente. Piange perché all’improvviso gli sono rivenute in
mente le parole di Eva quel giorno di anno e mezzo prima, di fronte
all’istituto di medicina legale. Erano tornati dalla Turchia dove Manuela
(Diego non lo sapeva) si era imbottita lo stomaco di droga. Dopotutto, con un esempio come il mio... Torna
ad accusarsi come se fosse passato un giorno, e non diciotto mesi. Mentre pensa
che deve convivere con quella mortificazione, non essere riuscito a salvare la sua ragazza
da quel mondo. Poi è morto. Lui
nell’anima, lei nel corpo. A causare il decesso nella giovane forse uno
spostamento troppo brusco, un’accidentale botta durante la fila al check-in, in
ogni modo quella dannata droga si era rotta e lei era morta, portandosi all’inferno
tutto, compresa la carriera del suo pluriennale fidanzato.
Quell’ultimo giorno di
ferragosto, prima che scappasse dalla perla dell’Egeo, Diego aveva spiegato
tutto a Michele, sperando così di persuaderlo a non amarlo, a farsi una ragione
di quanto fossero diversi e dunque inconciliabili le loro esistenze. Michele lo
aveva ascoltato attentamente, ma anche finito tutto quel lungo chiarimento,
continuava ad amarlo da morire. “Verrò con te a Torino, ti aiuterò, ti sarò
vicino. Non hai bisogno di rubare, di spacciare o di vendere la chitarra”
“Parli come uno che non è mai
uscito dalla Puglia, è così no?” Le parole di Diego erano intrise di cinismo al
quale Michele era riuscito solo a replicare con un’espressione affranta, e tra
le labbra una sola frase, come una cantilena: “Resta con me, restiamo insieme.
Siamo una cosa sola io e te, non te ne rendi conto?”
Per niente al mondo Diego voleva
ricascarci. Troppo male, troppo veleno, troppi morti di cui si sentiva
responsabile. E giacché quel ferragosto nella confusione dei festeggiamenti,
Diego era riuscito a fottersi i soldi dello stipendio che gli mancavano e anche
qualcosa di più, se n’era andato anzitempo e a Michele aveva lasciato una lunga
lettera che finiva così: non sarà stata
tutta inutile questa sofferenza se dopo di me avrai capito che puoi essere felice. Ma Michele,
disperato, ora non capiva più il senso della parola felicità. E la sola e unica
volta che l’aveva provata era stato tra le braccia del suo persecutore, colui
che l’ha piantato mutilato, disperato. Ma come il più triste e il più forte dei
clown, Michele era riuscito a tornare Caparezza, anche dopo che c’era stata la
polizia nell’ufficio di Porcelli, e lui aveva dovuto fare lo spettacolo da
solo, privato del suo braccio destro, privato di ogni singolo pezzetto di
cuore.
I primi giorni senza Diego, senza
sapere dove lui fosse, erano stati per il cuoco un vero incubo, di quelli con
colori tetri, dove l’aria sembra impastata, densa. E lui camminava dentro
quell’aria pesante cercando di farsene una ragione. Ma quando scoccò la fine di
Caparezza, del suo ruolo come animatore, più o meno intorno all’otto settembre,
quel senso di soffocamento che era causato dal ritorno alla vita normale,
divenne insopportabile. E compì il primo gesto irrazionale della sua vita.
Venerdì 14 Settembre
L’Hiroshima mon amourm, il club
dove si esibiranno Diego e la sua band ,è abbastanza pieno. Fuori piove e la
musica è decentemente alta. Gli ospiti bevono drink e intrattengono discorsi
inerenti al futuro. Diego si sta distrattamente guardando allo specchio, gli
ultimi ritocchi. I capelli rasati e il vago ricordo di quando portava la
parrucca, di quando era Ilaria... di
nuovo un male allo stomaco. Un’altra birra please...
il tecnico palco gli dice che deve sbrigarsi, che la gente vuole la musica dal
vivo e gli altri sono già tutti pronti, manca solo il frontman. È mezzo brillo
Diego, ma non al punto da dimenticare il testo del nuovo pezzo, quello con cui
aprirà, quello che ha scritto e arrangiato in Puglia, che magari infilerà nel
nuovo album, se mai ci sarà un nuovo album. Finalmente entra sul palco e parte
l’applauso, i fischi e il vociare. Le fans, più dei fans, gli fanno gli occhi
dolci, sorrisini. È stato sempre così, lui piace alle ragazze. Bisogna puntare su
questo, gli diceva il suo vecchio agente. Ma lui non ci aveva mai creduto
veramente.
In piedi di fronte al microfono, Diego ringrazia tutti con un finto
sorriso e poi il concerto parte. Un’ora circa, poi una pausa.
Sudato e pronto a
cambiare maglia, s’infila nel backstage. E trova Michele. Diego si blocca di
fronte a lui, era tra il pubblico, come ha fatto a non notarlo?
“Ti sei rasato tutti i capelli”
gli fa lui con un mezzo sorriso e l’aria
di uno che è stato a lungo in apnea.
“Non tutti...” gli occhi del
cantante sono fuori dalle orbite: “Che cazzo ci fai qui? Come hai fatto a
trovarmi?”
“I medusa...” ammmette Michele ciondolando
da un piede all’altro, proprio come quel primo giorno nell’ufficio di Porcelli
durante il loro primissimo incontro. Il
loro primo incontro
“Non voglio perderti” pochi giri
di parole: “te l’ho detto un mese fa. Ma se ora non mi ami più davvero
l’accetterò e proverò a capire dove ho sbagliato e a riconquistarti, anche se
dovessi metterci anni, ci proverò e tu non puoi fare niente per impedirmelo!”
precisa Michele, la voce è incerta ma il concetto è chiaro.
“Michi... io sto facendo un
concerto! E poi non devi riconquistarmi, sai benissimo perché ti ho lasciato!”
“A sì? Nah... basta con questa
storia!” Michele alza la voce. Un acuto troppo alto, molto caparezziano e qualcuno
potrebbe sentirli. “Sai che c’è amico mio? Che non mi frega se hai rubato, se
hai spacciato, se devi restituire ventimila euro alla malavita organizzata
perché la tua ex ragazza morta si è fatta esplodere gli ovuli di cocaina nello
stomaco. E non mi frega manco se ti senti responsabile del tuo capo capovillaggio
perché per colpa della pista che gli hai rifilato ha preso un palo a duecento
all’ora! Della tua propensione al pericolo e alle compagnie sbagliate non mi
frega un cazzo perché...” si blocca un attimo e poi lo spinge contro il muro,
proprio come quella sera nella stanza 237. Viso contro viso, palmo contro
palmo. “Perché ti amo, perché tu mi ami” l’ultimo concetto lo confida con voce
dolce, quasi melliflua. “Sennò non avresti composto quella canzone d’amore per
me”
“E cosa ti dice che sia per te?”
Diego è annichilito, tanto dalla forza bruta, tanto dall’emozione. Il cuore fa
le capriole. Forse mi ama davvero! Forse
è più matto di quello che penso...
“Lo so perché ti ho sentito
quando ti alzavi la mattina presto, dopo che avevamo fatto l’amore, e ti ho
sentito canticchiare le parole, appuntarle su un quaderno. E dallo stesso
quaderno hai strappato il foglio dove mi hai scritto la lettera! Bastardo! Andartene
senza manco salutare!” Stringe forte le mani per nuocere, c’è rabbia in quel
gesto. Diego sbianca e gli scappa un lamento, e Michele le molla. Non vuole nuocere più.
Quando il tecnico palco viene a
chiamare Diego, lo trova seppellito dal corpo di Michele. Si stanno baciando.
“Quando avete finito ci sarebbe gente che aspetta...” riferisce imbarazzato e
poi se ne va. Intanto il pubblico rumoreggia, che vogliono tutti il ritorno del
cantante.
Questo giorno è per cominciare un’altra vita.
Voltare pagina senza avere letto come sia finita.
Non bastano 24 ore se lo rincorri il sole non muore all’orizzonte.
Ma sempre a picco anche se piove,
sopra adesso al malumore che le gocce porteranno con se.
Ed io non sentirò il freddo,
ma sarà dolce quando ci sorprenderà la notte,
non avremmo più paura...
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E siamo giunti purtroppo alla fine di questa fantastica storia che mi ha fatto sognare, ridere, eccitare e anche un pò piangere. Io devo ammettere di rispecchiarmi molto in Michele, con le sue paure, le sue ansie, la vita chiusa tra quattro mura e la madre oppressiva e vedere come alla fine lui si butti in questa relazione dando sè stesso mi fa capire che anche io non posso restare chiusa tra quattro mura ma lasciarmi andare. I personaggi sono così diversi e forse per questo si amano con quella passione così travolgente che li fa agire e non pensare. Da una parte Diego, con il suo passato oscuro, l'aria da cantante maledetto e il cuore ferito, dall'altra Michele, un sempliciotto che trascorre le sue giornate tra la cucina e casa. Entrambi si trovano travolti in questa storia e la cosa fantastica e anche positiva è che nn stanno lì a pensare che si sono innamorati di un uomo o che cosa penseranno gli altri, ma vivono il loro sentimento, si costruiscono un piccolo angolo di paradiso nel quale il mondo esterno non può entrare. Il personaggio di Michele è tanto simile a quello di Thomas di Lezioni di tango. Anche lui all'inizio non riusciva a lasciarsi andare, poi ha imparato a volare, a buttarsi e a non pensare alle conseguenze. Infatti Diego e Michele vivono la loro storia come se fosse sempre l'ultimo giorno. Su di loro incombe la fine dell'estate che porterà Diego lontano dalla Puglia, nella sua fredda Torino. O dio mi sono dilungata troppo. Giusi mi ucciderà, ma questa fic mi è entrata talmente dentro che non potevo non omaggiarla degnamente. Brava tesoro e spero ci donerai altre chicche come questa.
RispondiEliminaSto piangendo come una fontana... finalmente tutto il passato di Diego si è chiarito... sorprendendomi! La sua paura di essere maledetto e rifiutato che l'ha portato a scappare da quella che era la cosa più bella e pura che gli fosse capitata... ma dall'amore, quello vero, non si scappa, Diego! :)
RispondiEliminaBellissimo finale di una bellissima storia, tesoro mio! E non sai quanto mi mancherà!!! :'(
Grazie a tutte e due siete dei tesori ..... cmq xel non ti preoccupare, ho in mente già un'altra AU :D
RispondiEliminaCommento brevemente: Bellissimo! Qui si piange a dirotto, ma va bene. Grazie!
RispondiEliminaGrazie tesoro, piangere addirittura? A me l'unica che ha fatto di me una complusiva seriale dalla lacrima facile è Papà Diegone di una personcina che si chiama come te.... :) sta qui
RispondiEliminahttp://caparezzadiegoperrone.blogspot.it/2012/09/la-lunga-estate-caldissima-quindicesimo.html
, un solo avviso: sarai catapultata nel loro mondo e difficimente ne uscirai più, è reaissima, così realissima che ancora devo spiegare al mio cervello che tutto ciò sia davvero una fantasia e non quacosa che è successo per davvero.. u..u
Ma io sono un inguaribile romantica, e in questo racconto mi ci sono ritrovata dentro fino al collo! Aggiungi anche che il passato di Diego mi riporta a tempi più difficili, e puoi capire che le lacrime arrivano, quelle sì, facili! E' un bellissimo intreccio di paure, di speranze, di passione e di amore. Ecco!
RispondiEliminaComunque, ce ne sono altri racconti che hanno fatto tremare il mio cuoricino! :o)
Grazie tesoro, anch'io sono un'ingorda di romanticismo e se le trame non sono incasinate e non c'è il lieto fine, sto male! Ma potrei pure cambiare, solo che le mie muse sono così pucce e sexy che sarà difficile... un bacino
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