sabato 8 dicembre 2012

2 Pianeti, terza parte (2)



Titolo: 2Pianeti
Sottotitoli: Una famiglia e un sogno per 2 (2)
Autori: Annina e Giusipoo
Pairing: Diego Perrone/Michele Salvemini
Genere: AU/Commedia/Romantico/Introspettivo  
Rating: PG, slash,  
Disclaimer: come sempre è tutto frutto di fantasia. I personaggi sono originali, abbiamo preso in prestito i nomi per ispirazione artistica e non per insinuare qualcosa!
WARNING: Rigorosamente NC 17 per scene di sesso esplicite




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Sono ancora al supermercato quando Michele gli urla dietro: “Dove credi di andare? Non puoi sfuggire, è così. È per questo che non può funzionare, io e te siamo troppo diversi! E aspettami ti sto parlando” invece Diego sgattaiola via tutto piccato. Michele gli corre dietro, disinteressandosi della gente (potrebbe esserci qualcuno che lo conosce), che ormai assiste tra il divertito e lo sconcertato al battibecco tra innamorati. “Tu sei abituato a prendere, prendere sempre quello che ti pare e poi a buttarlo via quando sei stufo. Io no! E non voglio essere messo da parte come un vestito vecchio, non funziona così”. Sono ormai arrivati davanti alla cassa. Michele gesticola inviperito mentre Diego tira fuori la sua carta di credito. “E non ho intenzione di lasciarti pagare, la roba che hai preso per me la pago io, sia chiaro, non mi faccio mantenere da nessuno” Michele continua a scernere la sua ira.
Diego si gira e lo guarda dritto negli occhi; i suoi sono spalancati e quasi schiariti dalla rabbia: “Michele, non so perché tu ti sia convinto che io sia un grosso stronzo che è rotolato da Torino solo per rovinarti la vita, ma va bene, se è quello che pensi. Forse sbatto via dei soldi che non merito e che non ho faticato a guadagnare, qui ti do ragione, dovrei mettermi a lavorare, o potrei fare del volontariato, insomma dovrei usare meglio il mio tempo”. Michele tenta di parlare ma Diego lo interrompe. “No adesso taci un attimo. Ho fatto delle cazzate nella vita, ho avuto storie con la droga, faccio il vagabondo perché tanto non devo rendere conto a nessuno. Ma non provare a darmi dell’insensibile. Che uso le persone, non dirlo mai Michele. Io non l’ho mai fatto”. La cassiera che lo aiuta ad infilare la roba nelle decine di bustine Auchan, finge di non vederlo piangere, ma tossicchia toccandosi di continuo gli occhiali. Con ormai gli occhi gonfi e rossi, Diego conclude: “Se c’è qualcuno che consoce bene il termine ‘sentirsi usato’, sono proprio io” e, una volta pagato le trecento euro e passa, in lacrime, spinge il carrello verso l’uscita.
Michele cammina un passo dietro a lui. Le parole di Diego l’hanno colpito, ma rimane della sua idea: è un ragazzino viziato, abituato ad avere tutto dalla vita. Forse però è vero che non ha mai usato le persone, dopo tutto io che cazzo ne so? Che diritto ho di metterlo in dubbio?
“Eh, senti Diego” lo affianca. Lo prende per una spalla e con decisione, lo fa voltare. “Va bene, ok... scusami ti prego, a volte mi faccio prendere un po’... non so nemmeno come chiamarla, ansia? Insicurezza?”.
Nel frattempo sono arrivati alla macchina. Michele apre il bagagliaio e sotto la pioggia che nel frattempo è tornata a cadere, caricano la spesa.
Salgono di corsa, e Diego si infila subito le cuffiette del nuovo I-pod.
“Diego, parlo con te, ti ho chiesto scusa. Oh, stammi attento un attimo” e Michele gli  toglie le cuffiette dalle orecchie. Lui si gira di scatto verso di lui, livido: “Cosa c’è? Hai paura che stanotte non ti faccio niente? È per questo che mi chiedi scusa? Sei tu ad avere paura di perdere il giocattolo. Sono io il tuo giocattolo” Diego non riesce a trattenere una lacrima, che però si toglie subito con rabbia dal viso.
Michele ora si sente una carogna ad aver inveito contro quel ragazzo che, nonostante viva più che agiatamente, è appurato che gli sono mancate le cose più importanti.
“No Diego, ti chiedo scusa davvero, lo so, sono un orco, ma ho le mie idee, e mi rendo conto che possono anche essere sbagliate, ma a volte non riesco a tenermi dentro le cose. Diego guardami” Michele gli prende il mento e lo gira verso di sé. “Perdonami. Stanotte io andrò a rinchiudermi nello stanzino a dormire, ti chiedo scusa, davvero”.
Diego vorrebbe resistere, ma l’amore che prova per quel bruto di camionista è più forte di tutto; con un sorriso mesto annuisce. “Scuse accettate” sussurra con un’espressione così tenera che farebbe sciogliere un terrorista accanito. Michele lo abbraccia, nonostante siano ancora nel parcheggio di un frequentatissimo supermercato, e cercandogli la bocca, lo bacia. Quando ormai sono satolli della pace fatta, Diego si stacca e lo esorta: “Andiamo? Abbiamo tutto no? Telefono, vestiti, cibo, torta per la mamma!”
Tutto allegro, Michele ingrana la marcia e parte.
Una volta arrivati a casa, scaricate le buste e disseminati i vari acquisti per tutta la casa, Diego riattiva il telefonino e, come previsto, arrivano gli sms di conferma che l’ha cercato Steff. “Quel figlio di puttana punta solo ai miei soldi!” si lamenta tirando fuori roba dalle buste. Giunge pure un sms di sua madre, che con un freddo: Dove sei finito? Sapevo che eri in Umbria. Chiamami. Pur controvoglia, Diego assolve al compito e la chiama. Michele, suo malgrado, assiste al dialogo forzato e freddo tra loro. Gli lascia una grande tristezza quella telefonata così arida, distaccata, ma per non angosciare Diego ulteriormente, non commenta.
Dopo la doccia ed essersi cambiati arriva Barbara e suonando più volte il campanello, annuncia: “Dai ragazzi, sono già le sette, la mamma sta aspettando, noi saliamo, muovetevi”.
Michele bestemmia in barese, e Diego lo guarda divertito: “Dovrai insegnarmi un po’ di barese, è buffo! Anzi, mi correggo: tu sei buffo!” Michele lo fissa con finta rabbia: Diego ha indosso tre pezzi nuovi dei nuovi acquisti: jeans scoloriti, felpa grigia con una scritta stilizzata e scarponcini Timberland. Il fatto che sembri un sedicenne appena uscito dal liceo lo fa sentire uno stupratore, accendendo la sua fantasia. Con decisione, lo inchioda contro il muro, china la testa e, fronte contro fronte, lo guarda severamente: “A chi hai detto buffo?”.
“Fermo Michi, ho la torta, mi cade!”.
“Peggio per te, mia mamma ci rimarrà molto, ma molto male” e lo bacia prima delicato, poi con sempre più trasporto. Lo sente tremare sotto le sue mani, si stacca e lo guarda: Diego è appiccicato al muro con gli occhi chiusi. Improvvisamente li spalanca e Michele si ritrova a perdersi ancora una volta in quello sguardo così dolce. “Te lo devo dire: non vorrei dover andare di sopra Diego, preferirei spogliarti qui, ora, e farti cose che non puoi nemmeno immaginare...”.
Diego è felice, appoggia finalmente a terra la torta prima che cada e si avvinghia al collo di Michele, baciandolo dappertutto in viso, sul collo, mettendogli le mani sotto il maglioncino.
“Ma torneremo giù no? E poi vediamo chi farà cosa a chi!” E termina la sua esplorazione sulla bocca di Michele.
Rassegnati a dover rimandare la passione, si avviano alla cena di famiglia.
Quando entrano, Michele vede il viso di Diego illuminarsi. La tavola è preparata in modo rustico, e imbandita con una quantità di roba che potrebbe sfamare un’intera caserma!
“Che bello! È una tavola bellissima” sembra un bambino la notte di natale.
La signora Salvemini è lusingata, va incontro a Diego e prendendolo a braccetto lo accompagna al suo posto che è accanto a Giuseppe Salvemini, seduto a capotavola. Michele è davanti a Diego e la mamma si mette in un angolo. Barbara e il marito occupano già i  loro posti.
La cena ha inizio. Diego è incantato dalle attenzioni che la mamma di Michele riserva ai suoi figli, abbracciandoli e baciandoli ogni volta che passa loro vicino, riempiendo loro i piatti fino all’inverosimile. Michele vede la meraviglia negli occhi del ragazzo, è evidente che davvero non ha mai fatto parte di una vera famiglia.
Quando Santina comincia ad abbracciare anche lui e a spingerlo a mangiare, come se ce ne fosse bisogno poi, Diego si elettrizza ancor di più e, ad un certo punto, l’abbraccia con trasporto, ringraziandola: “Non sono mai stato meglio in vita mia, grazie!”. Commossa, la donna lo stringe a sé, scoccandogli due baci sulle guance, che da pallide come sono normalmente si ravvivano. Michele ride contento per la gioia che legge nell’espressione di Diego, e la cena va avanti a gonfie vele, anche quando Michele battibecca con la madre, o con la sorella per quisquilie. Anche quando Giuseppe, laconicamente si mette a raccontare di quando il Verde Luna, l’hotel ristorante dove lui lavora solo part-time, era il loro. È tanto felice Diego per quella prima sua escursione in una famiglia vera, che quando viene il momento di tornare a casa, si dispiace.
“Bene Diego, tanto se stai qui un po’ di tempo verrai spesso a mangiare da noi. Vedrai, ti farò provare tutte le nostre specialità” i famigliari di Michele si passano letteralmente il ragazzo tra le braccia, baciandolo e stringendolo con affetto.
Prima di farli uscire, Santina rifila al figlio la torta avanzata, con queste parole: “Ci farete colazione, noi non possiamo per la glicemia, mangiatela voi che siete giovani!”
Mentre scendono le scale, Michele lo accusa ridendo: “Ma come, dovevamo fare tante cose stanotte, e poi tu non mi vuoi più tornare a casa? Ti hanno conquistato vero?”
“Ci puoi giurare, è stata forse la prima cena degna di questo nome a cui abbia mai partecipato. Hai una famiglia straordinaria, magari saranno rompiscatole, ma ti vogliono un gran bene Michi”.
Michele sorride: “Sì, hai ragione, siamo una bella famiglia. Ma adesso andiamo, dobbiamo anche giocare ad Assassin’s no?”.
“Oh, ho in mente molti giochini da fare, caro Michi” malizia mentre Michele apre la porta di casa.

Diego è incontenibile. Tira fuori dalle scatole tutto, senza curarsi delle cataste che si formano intorno al divano di Michele, il quale nemmeno tenta più di frenarlo. Ulisse, entrato per ripararsi dal freddo e dalla pioggia, resta in un angolo ad osservare i due giocare alla Xbox. Fanno un tale baccano che, ogni tanto, Michele gli chiede di parlare piano: “Papà fa la mattina, si sveglia alle quattro!” lo avvisa ma sempre rilassato.
Sul volto di Diego un alone di tristezza e incredulità: “Che turni di merda. Tutto questo lo decide il nuovo padrone?”
“Sì, è un bastardo. Ma la cosa divertente sai qual è? Che tra un po’ sarà tutto all’asta perché il bastardo non è riuscito a pagare a mio zio. E così arriverà lui che è il più bastardo di tutti!” Diego rammenta l’acredine tra la famiglia Salvemini e il fratello della madre di Michele.
“Non posso crederci, ma è stato adottato? Tua madre è così dolce, come gli è venuto un fratello così?”
“Ma che adottato... anzi, sono due gocce d’acqua!” Sbuffa appoggiando la consolle sul divano. “Lasciamo stare questo argomento sennò mi stranisco” Michele si mette a sedere, lo sguardo fisso davanti a sé. Diego gli siede accanto, passandogli il braccio sulle spalle e allungandosi sopra di lui, fino a che le guance non si toccano. “Ma non possiamo provare a vincerla noi l’asta?” biascica distrattamente. Michele si volta guardandolo con disappunto misto a curiosità. Devo aver capito male... “Noi?”
“Sì, nel senso... io! Cioè se io ti aiutassi a vincere l’asta, tuo padre tornerebbe in possesso dell’hotel, no?” Michele si alza sconvolto. Sta per dire qualsiasi cosa gli passi per la mente, ma poi si ricorda la scenetta al supermercato. Non vuole litigare, non vuole incomprensioni e, soprattutto, non vuole far piangere Diego. “Ok” si rimette seduto e, solennemente, gli prende le mani tra le sue. “E di grazia, come vorresti vincere l’asta? Pagando con la carta di credito? Quella con cui abbiamo svaligiato il supermercato?”
Diego sorride, felice che Michele lo stia prendendo sul serio e non abbia perso le staffe: “Con i soldi! Con cosa se no”
“I soldi di chi? Diego, per quanto puoi essere ricco, tu non hai un milione d’euro in banca... o ce l’hai?” alza il sopracciglio. “Tuo padre è un mafioso?”
Diego ride: “No, è uno schifoso ma non è un mafioso e, ok, non ho quella cifra. Non ora, ma se vendessi il mio appartamento... “
“Alt!” Michele non lo fa parlare. “Diego... cazzo... finché si scherza si scherza. Tu venderesti il tuo appartamento per... un Hotel che poi non sarebbe manco tuo? Che film ti stai facendo?”
“Risolveremmo tutto!” Diego si sente già l’eroe di una fiction mentre pontifica: “Prenderò io l’hotel, che me ne faccio poi della casa a Torino. Me l’hanno intestata, no? Posso venderla e farci quello che mi pare con i soldi... ”
“No!” urla Michele.
“E perché no? Perché non credi che ti amo? Perché pensi che tra una settimana mi sarò già stufato?”
“Forse, ma non per quello. Perché è una cazzata. E poi, se anche io fossi talmente infame da approfittare della tua ingenuità, mi dici come spiegherei questa cosa... cioè che tu ci presti tutti quei soldi?”
“Perché sono il tuo ragazzo, perché sennò? Tanto lo dirai prima o poi ai tuoi... o no?” Diego ora è un po’ spaventato. Non pensa riuscirebbe a fingere di essere il figlio dell’amico del collega a lungo. “Non lo devono sapere e basta, è così? Smetterebbero di volerti bene? Qualcosa del genere?”
“Diego, stai cambiando discorso. Non è quello il problema. Anche se tu fossi una ragazza non li accetterei i soldi. Lo capisci?”
“No!” sbraita, poi si ricorda dell’orario e del padre che deve dormire e abbassa la voce. Mellifluo gli circonda la vita con le braccia:  “No, non lo capisco amore... no! Io li accetterei da te, sono certo di sì. Se tu avessi qualcosa che ha me serve, io la prenderei. Te lo giuro”
“Ma ti credo, dal tuo punto di vista, ma guarda il mio Diego. Tu vuoi che io sia l’artefice di tutto questo casino. Colui che si prende la responsabilità di lasciarti vendere la casa che i tuoi genitori ti hanno regalato, per usare quei soldi per me. Non sarebbe giusto, fidati” Diego prova ad insistere, ma capisce che si sta arrampicando sugli specchi. Ben presto gli dà dell’orgoglioso, del malfidato, e prima che inizino a litigare sul serio, Michele gli offre una birra e, mentre Diego è ancora intento a sbevacchiare, Michele guadagna la camera da letto.
Una volta entrambi distesi sul letto, Diego maligna: “Ma non dovevi dormire sulla brandina?” Spingendolo fuori amichevolmente. Michele sghignazza, tenendosi stretto il posto accanto a lui: “Giusto, la brandina! Se mi ricordo dove sta! Toccherà che la cerchi. Mia madre domani mattina verrà per aprire le finestre, cambiare la biancheria, robe così. Devo inventarmi qualcosa”
“Cioè tirerai fuori davvero la brandina e ci metterai le lenzuola e tutto?” Diego si accende una sigaretta: “Ho capito, non gli dirai mai di noi” s’acciglia.
“Non ora! Cristo di una testaccia dura! Ammettilo Diego, sei impulsivo come pochi ma lo capisci anche tu che è presto, no?”
“Pensi che gli verrà la depressione scoprendo che il loro unico figlio maschio, non è quel baluardo di virilità che pensavano?”
“No, non penso sia il problema. A modo mio sono sempre stato uno strano per loro. Un alternativo, uno che va in giro vestito come capita, che se ne frega di quello che pensano gli altri. Che non accetta le regole”
“E come si spiega che lo scapestrato sono io e tu il precisino?”
“Il precisino?” Michele lo fissa in attesa che chiarisca.
“Nel senso che non ti butti sulle cose, ragioni su tutto, razionalizzi tutto. Sei il classico bravo ragazzo Miche’, hanno un figlio fantastico e lo capisco se ti fai problemi e non vuoi farli soffrire. Nemmeno io so come la prenderebbero i miei genitori se scoprissero che mi sono messo con un uomo. Immagino direbbero che lo faccio solo per dargli un dispiacere”
“Moderni”
“Stronzi” precisa chiudendosi. Michele nota che ogni volta che Diego accenna alla sua famiglia, un’ombra di malinconia si impadronisce di lui. Come se scendesse un sipario invisibile sul suo solito scanzonato e irriverente buonumore. “Non parliamo di questo adesso, non parliamo più di niente, ok?” fa Michele, poi gli schiocca un bacetto sulla guancia e questo induce l’altro ad abbracciarlo.
“Hai ragione stavolta, non parliamo più, facciamo l’amore” lo dice con una tale naturalezza che Michele si scioglie. Tutti i discorsi sulla coerenza e sul raziocinio si sgretolano mentre pensa che Diego ha gli occhi più belli sui quali abbia posato i suoi. “Ti amo Diego” gli sussurra con la bocca attaccata alla sua guancia. “Ti amo un casino... ”
“Anch’io” senza smettere di accarezzarsi, iniziano a svestirsi. Un po’ l’un l’altro, un po’ ciascun per sé. Le Timberland volano attraverso la stanza seguite da jeans e felpa, maglioncino, canottiera, boxer... Diego lascia campo libero a Michele che prende il controllo incollandolo al materasso. Si lascia baciare ovunque, si lascia andare alla bocca, alla barba, alla dedizione più completa e necessaria. Mentre sta venendo, Michele è costretto a tappargli la bocca con il palmo.
“Me lo dovevo immaginare che avresti fatto un casino”
“Veramente mi sono trattenuto” parlano fianco a fianco. Nessuno accenna ad andarsi a pulire. Se lo sono fatto a vicenda, con la bocca e con le mani. Ma ad entrambi non sembra vero di avere ancora tutta la notte per provare, per sperimentare. Iniziano a parlare di prima volte e Michele racconta del suo drammatico primo bacio, avvenuto solo pochi anni prima. “Ero così timido, che imbecille! Ero pure tanto brutto. Anzi, lo sono...”
“E invece Gaya? Dal nome mi sta già sulle palle!”
“Sei solo geloso” Michele lo abbraccia di fianco. Poi si alza poco per guardarlo nudo. “Sei proprio fatto bene. Piccolino ma proporzionato”
“Tu invece sei grosso e sproporzionato!” ride Diego.
“Insolente” le dita di Michele accarezzano i tatuaggi sulle braccia. “Che significano?”
“Tante cose, ma non saprei spiegarti, ero troppo fatto”
“Ah, ecco”
“A proposito: hai mica del fumo?”
“Intendi canne? No, io non faccio uso di stupefacenti. Sono un autotrasportatore diligente”
“Sì, lo so. Il ragazzaccio sono io. Però a me andrebbe da matti uno spinello cazzo!”
“Al centro commerciale non ce l’avevano eh? Ma se proprio ti serve, una passeggiatina alla stazione e trovi più erba che al San Nicola!”
“Davvero lo faresti? Mi porteresti a cercare dell’erba?”
“Non a quest’ora ma sì, perché no. Sei maggiorenne e poi il fatto che sia illegale non vuol dire che sia sbagliato fumarla. In Italia è pieno di roba regale che fa malissimo! Le farmacie, i bar, persino gli asili!”
“Come sei impegnato e colto” Diego gli fa il solletico sbaciucchiandolo. Dopo essersi stuzzicati, decidono di accendere la tv. Smettono di parlare e questo concede a Diego una pace interiore piacevolissima, una speranza. Si dice che se riescono a dividere il letto guardando la tv senza sentire il bisogno di parlare, hanno già fatto un’enorme passo avanti nel loro menage. Hanno raggiunto quell’intimità che certe coppie mettono anni a trovare. O non trovano mai e poi si lasciano. E con quei dolci pensierini, appoggia la testa sulla spalla dell’amato. E si addormenta cullato dal respiro di Michele e dal chiacchiericcio di un talk show.
È notte fonda quando Diego apre gli occhi e sbircia la sveglia da sopra alla spalla di Michele. Sono le tre, non ha dormito nemmeno due ore. In tv va un vecchio film tedesco: già, a Rai tre a quest’ora è Giusti che imperversa.
Diego sbuffa, ridacchia e si rimette comodo tra le braccia di Michele, che, tutto raggomitolato nel piumone, dorme della grossa. Tenta di riaddormentarsi, ma non ci riesce, c’è qualcosa che lo tormenta, e non capisce cosa.
Andrò a pisciare e strisciando cauto da Michele per non svegliarlo, esce dal piumino rabbrividendo: lasciare il nido caldo delle sue braccia lo rattrista. Mi sa che quando torno lo sveglio e con un bel sorriso, mettendosi sulle spalle una copertina trovata sulla poltrona vicino al letto, si avvia verso il bagno. Uscendo dal gabinetto pensa di fare una capatina in cucina: il pensiero della torta al cioccolato, ecco cos’era! L’avanzo della dolce che hanno riportato dalla cena la sera prima e che la signora Santina gli ha incartato per la colazione. Beh, se uno ha fame, ha fame.
Apre il frigo, prende la torta e se ne taglia una generosa fetta. Prima di chiudere il cabaret in frigorifero, stacca una fontanella di cioccolata e se la infila subito in bocca, tutto contento. Fa per chiudere lo sportello quando sobbalza spaventato: da dietro Michele con l’espressione assonnata, i capelli sconvolti e vestito con i soli boxer, lo guarda torvo: “Che combini?”.
Diego, col cuore che va a mille, ribatte: “Cosa cazzo fai tu? Mi hai spaventato a morte, sembrava la scena di Psyco!”.
“Ma io non sono Norman come puoi vedere, e tu non sei una bella ragazza in una doccia”.
“Beh, sono un bel ragazzo in un frigo però!” ghigna Diego.
“Bel ragazzo dici?” Con la mano sotto il mento, Michele lo studia come se lo stesso esaminando:  “Sei nudo con un plaid ridicolo sulle spalle, hai un baffo di cioccolato e... ”
“Quindi mi stai dicendo che non ti piaccio neanche un po’” Diego fa il broncio guardandolo con occhi malandrini.
“Ti sto dicendo che ho voglia di mangiarti Diego” Michele si avvicina e gli toglie con un dito il cioccolato dalla bocca, leccandoselo con piacere evidente.
Veloce, Diego glielo acchiappa, succhiandolo a sua volta, “buono… Va bene, vorrà dire che sospenderò il mio banchetto: pazienza” Diego accarezza i fianchi di Michele, e con un rapido movimento gli abbassa i boxer. “Io non li ho, non devi averli nemmeno tu” gli sussurra sulla bocca.
“Vieni qui” Michele lo prende per mano e lo trascina verso il tavolo. “Non volevi mangiare monellaccio?” e col cucchiaino prende un po’ di torta e l’avvicina alle labbra. Diego le schiude e cerca di afferrare la cucchiaiata, ma Michele l’allontana guardandolo negli occhi. Diego si perde e Michele ride a fissarlo così, con la bocca aperta e lo sguardo interrogativo. “Tieni Diego”  una volta per tutte gli infila la palatina in bocca. Diego mastica lentamente, lo sguardo sempre fisso su quello di Michele. Mangia e si lecca la crema dalle labbra continuando a guardare l’amato, che lo imbocca ancora. Michele lo bacia, lambendo via il cioccolato che la ricopre.
“Sei buono Diego, proprio buonissimo” mormora con voce roca continuando a baciarlo con passione.
Dopo un po’ Diego si stacca non senza fatica, solo per sussurrargli all’orecchio. “Michi, ti amo tanto”.
“Allora se mi ami tanto, perché mi tradisci con una torta alle tre di notte?” scherza Michele, ma sottovoce e con tono serissimo.
“Giuro che non lo faccio più” il ragazzo continua la pantomima sorridendo.
Michele lo stringe così forte che ha quasi paura di romperlo quello scricciolo, ma non può farne a meno: “Anch’io Diego, anch’io”. Intanto bacia ogni angolo di quel viso che trova talmente incantevole. “Anch’io... sei mio... sei il mio ragazzo... sei il mio amore”.
Diego ride contento, accarezzando il viso di Michele, riempiendolo a sua volta di bacetti, in una lotta continua a cercare lembi di pelle, come fosse una guerra a chi bacia per primo.
L’armistizio di baci arriva quando entrambi scelgono le labbra. E qui i baci non sono più solo baci, sono morsi, succhiotti, ansiti, saliva sparsa e scambiata generosamente, sussurri, parole sconnesse. Michele solleva Diego, il quale si arrampica su di lui, circondagli i fianchi con le gambe, e, cercando di appoggiarsi al tavolo maldestramente, infila la mano nel piatto di torta, ricoprendosela di crema.
Ridendo tra sé, finge di accarezzare Michele che, sempre vigile nonostante la passione, gli afferra il polso. “Non ci provare Diego, non ci provare: vai a pulirti quella mano”.
“Bastardo! Va bene, lasciami dai” ma appena è libero, sveltamente gli afferra il membro accarezzandolo, ricoprendolo così di crema. E continua a ridacchiare.
“Diego ma dai, ma…” Michele non riesce a proseguire perché Diego, lestamente, si è accovacciato davanti a lui e ha iniziato a fare quella cosa che sembra riuscirgli tanto bene. “Mmm… Michi, ora sì che sei tu buonissimo... ”.
A Michele gira tutto, Diego e il suo piercing gli fanno ormai questo effetto. Gli acchiappa la testa tra le mani e lo fa alzare, baciandolo e ribaciandolo, scendendo a sua volta a baciargli il sesso guizzante.
Si amano lì, sul tavolo della cucina, baciandosi, strofinandosi, usando il resto della torta come lubrificante. Si amano finché non si placano storditi. Unico spettatore Ulisse, che dorme in un angolo, aprendo un solo occhio quando i gemiti si fanno più forti.
Riavutosi, Diego guarda Michele con occhi sognanti, baciandolo leggermente sulle labbra. Gli morde quello inferiore, glielo tira.
Michele invece resta ad occhi chiusi, assaporando il momento, annusando l’aria, il profumo della torta che si è mischiato a quello di sesso. Poi fissa il suo ragazzo, e serio, tenendolo stretto per le spalle e guardando quei grandi occhi nocciola sgranati nei suoi, gli dice: “Non lasciarmi mai Diego, mai”. Si rende conto che lo sta stringendo troppo forte, che forse gli sta facendo male con le dita che sembrano voler penetrare le carni.
Ma Diego, con tutta la pace post-orgasmica disegnata in volto, sorride: “Cazzo dici. Io non ti lascio. Non sarò io a lasciarti Michi, non lo farei mai, ti amo troppo” e si accoccola al suo petto, felice.
“Coraggio, una doccia dobbiamo proprio farcela, abbiamo crema e cioccolato dappertutto!” Michele prende Diego per mano e se lo porta in bagno, dove si ficcano tutti e due sotto la doccia.
Diego subito si impossessa del bagnoschiuma e comincia a lavare Michele. Si insaponano e si lavano delicatamente l’uno con l’altro, con tenerezza, con amore, senza secondi fini, solo per coccolarsi ancora un po’. Lavati puliti e asciugati, tranne i capelli di Diego che sono ancora umidi, tornano in camera da letto e si infilano sotto al piumino.
“Domani dovremo pulire bene la cucina, o tua mamma chissà cosa penserà” sbadiglia Diego, accovacciandosi come suo solito tra le braccia dell’amante.
“Si, domani. Ora dormiamo un po’. Domani puliremo, poi ti porto un po’ in giro, questa settimana di ferie me la volevo godere sai? E ho iniziato proprio bene” chi lo avrebbe detto? Pensa ubriaco di felicità.
“Sì Michi” e sospirando Diego gli dà un ultimo bacio sulla bocca, addormentandosi subito dopo, sfinito, ma con un sorriso sul bel viso rilassato.
Michele sta ancora un po’ a guardarselo, accarezzandogli delicatamente la testa. Le dita tra i capelli umidi; gli aloni scomposti, sembrano tante spighe di grano. Michele sta pensando che non si è mai sentito più felice di così. E si chiede se un uomo possa essere più felice di così. E se essere felici equivale ad essere stupidi, è ben felice di essere  lo stolto più totale!
Quindi spegne la luce sul comodino, e finalmente si addormenta anche lui, con lo stesso sorriso di Diego sulla bocca.

1 commento:

  1. In una sola giornata Diego viene investito da una miriade di sensazioni e sentimenti che lo confondono. Rabbia e delusione per le parole di Michele; affetto per la famiglia del giovane camionista che per la prima volta lo fa sentire amato e coccolato; desiderio, amore e passione una volta che lui e Michele sono chiusi nell'intimità del loro piccolo nido. Diego si butta a capofitto nella loro storia senza pensare alle conseguenze e desiderando donare tutto quello che è nelle sue possibilità all'amato. Michele è confuso dal suo donarsi così totalmente. Diego arriva anche a voler vendere il suo appartamento per risolvere i problemi della famiglia di Michele. La scena in cucina è l'apoteosi di questo capitolo così intenso. E' fuoco puro, eccitante sexy ma allo stesso tempo anche dolce. Capitolo dopo capitolo riuscite ad avvinghiarmi ancora di più e a farmi amare non solo questa storia ma anche Diego e Michele. <3

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