venerdì 28 dicembre 2012

Mai senza di te




Titolo: Mai senza di te
Autori: Annina 
Pairing: Diego Perrone/Michele Salvemini
Genere: Fantasy/Romantico/Introspettivo  
Rating: PG, slash,
Disclaimer: come sempre è tutto frutto di fantasia. Molta fantasia!






Cazzo cazzo cazzo! Non ce la posso fare Michele guarda la notte dalla finestra, le mani che stringono le tende come se stesse sprofondando in un abisso, come se solo quelle potessero salvarlo dal precipitare.
Apre i vetri e respira a pieni polmoni l’aria salmastra, cercando di fare ordine nei suoi pensieri; il colloquio con i suoi genitori l’ha tramortito. Io non posso andarmene, non possono chiedermelo, non possono, non possono…
Sente bussare alla porta e subito senza attendere risposta entra sua mamma, porgendogli il cellulare “Michele, sta suonando da un po’, è Diego… Michi” la mamma lo accarezza dolcemente con affetto ma con un’ombra di sofferenza negli occhi.
“Lascia stare mà, lasciami perdere” “Michele credimi, la tua sofferenza è anche la mia, sono tua madre. Credi che non sappia quello che stai passando? Credi che non ci sia già passata a mia volta?”.
“Lo so mamma, lo so ma non mi aiuta saperlo sai? Io credevo di essere tranquillo, sono cresciuto qui, non ho mai avuto problemi, la mia vita è qui ormai. Perché? Perché deve toccarmi questa cosa?” Michele all’improvviso getta via il cellulare e coprendosi il viso con le mani comincia a singhiozzare disperato.
“Michele, non so come aiutarti, parlerò ancora con tuo padre, vedremo cosa possiamo fare, andremo solo noi se sarà possibile. Michele non piangere così, mi strappi il cuore” a sua volta piangendo la mamma lo culla come quando era bambino, quando aveva gli incubi o quando tornava da scuola triste perché non riusciva ad andare d’accordo con i compagni.
 “E’ per tutto mamma, cazzo sto qui da quasi quarant’anni, ho la mia vita qui, ho qualche buon amico, ho i miei fan, le mie canzoni, la mia vita mamma cazzo! Scusa mamma, scusa, lo sai che non ce l’ho con te. Per tutto questo mi dispero, non pensavo mai che mi si chiedesse di andarmene, mai. Dio, così da un giorno all’altro. Io voglio rimanere qui”. Michele si scioglie dall’abbraccio materno  e comincia a camminare avanti e indietro per la camera. “Diego… sì mà, anche per Diego. Soprattutto per Diego. Lui… io non gli ho mai detto niente, c’è sempre stato questo diktat di non fiatare e da dieci anni mi sento in colpa verso di lui. Abbiamo diviso tutto, le canzoni, i concerti, le birre, il cibo, i viaggi, tutto, e adesso gli devo spiegare questo… non posso. E poi andarmene? Così? Sapendo che Diego mi odierà? L’unico, vero, il solo amico, il mio compagno, quello che non mi tradirebbe mai. Quello che se lo chiamo arriva in giornata, che se sa che sto male si dispera. E lo stesso è lui per me. Non posso mà, non posso, piuttosto scappo, mi nascondo, mi uccido” e riaffacciandosi alla finestra ricomincia a piangere, senza singhiozzi ora, silenzioso.
Si sente squillare il telefono fisso, dopo qualche secondo entra il padre che li guarda, pallido e tirato “Michele, è Diego, è preoccupato che non lo chiami, rispondigli” ma Michele non accenna a muoversi, solo scrolla leggermente i ricci. Il padre e la madre si guardano impotenti “Diego ascolta sta facendo la doccia, per questo non risponde. Sì, ti faccio richiamare appena può, certo. Ciao Diego ancora auguri per domani, anche ai tuoi mi raccomando. Ciao”. “Michele, sai che non dipende da noi, ma ti giuro che farò il possibile perché tu possa rimanere, te lo giuro” anche il padre piange adesso.
Michele si avvicina “Papà… senti, prova… cioè se Diego capisse, io dovrò spiegargliela ora questa cosa, non mi si può chiedere di tacergli tutto e scomparire. Ne soffrirebbe troppo e anch’io. Se potesse venire con noi? Se mai avrò il coraggio di chiederglielo e se mai avrà lui il coraggio di guardarmi ancora negli occhi”.
“Non so Michele, ma non… chiederò comunque, te lo giuro. Ora chiamalo che non sta più nella pelle dalla preoccupazione. Coraggio ragazzo mio” e insieme alla madre si allontanano dalla stanza.
Michele afferra il telefono e digita il numero di Diego. “Michele allora? Mi fai stare male, non mi rispondi non mi chiami” la voce di Diego gli arriva davvero preoccupata.
“Niente Diè, scusa, i miei non sapevano che stavo in doccia. Allora, cosa racconti?” Michele si toglie le ultime lacrime che continuano a scendere.
“Michele hai una voce strana. Sei sicuro che va tutto bene? Non dirmi di balle però, lo sai che ti tano subito” Diego ha un radar per queste cose, Michele lo sa e sorride nonostante tutto.
“Stai tranquillo ragazzo mio, ho una preoccupazione in effetti ma te ne parlerò quando ti vedo. Tanto domani mattina salto sul treno, e arrivo da te quando avrai finito il nordico pranzo di natale. Alle quattro o poco più dovrei essere lì”.
Silenzio dall’altra parte, poi la voce di Diego arriva alterata dall’apprensione “non me la racconti Michele, hai più che una preoccupazione. Non vuoi cominciare a parlarmene? Vero che da lontano è difficile, ma sai che non posso pensare che non stai bene Michele, se non stai bene tu, non posso stare bene io”.
Michele sorride: questo è il suo amico, il suo compagno di giochi, di viaggi e di letto, come ha sbandierato l’estate passata dal palco, presentandolo al loro pubblico. Questo è Diego, Diego mio. “No Diego, goditi il natale, io mi godrò la vigilia e domani sera ti spiego, ma non è niente di che, credimi, ho solo bisogno di vederti probabilmente, è da troppo che non giochiamo un po’”.
“Sì Michele, anch’io ho bisogno di te, è da Trani che non ci vediamo, una vita ormai. Non dobbiamo più lasciar passare tutto questo tempo. Allora ti lascio andare a cena Michi. Mi prometti che mi richiami se ti senti triste? Anche se fosse notte fonda? Anche mattina presto? Prometti”.
“Prometto Diego prometto, ma davvero stai tranquillo. Ci vediamo domani sera. Non vedo l’ora. Metti la birra in fresco ragazzo! A domani” Michele appoggia il telefono al comodino, si raggomitola sul letto e ricomincia a piangere finchè sfinito si addormenta nella sua vecchia camera a casa dei genitori.
Anche Diego a centinaia di chilometri di distanza posa il telefono, ma non riesce a stare tranquillo, ha sentito il panico nella voce di Michele, ne è sicuro. E’ successo qualcosa di brutto e non vuole parlarmene. Diego già normalmente molto attento alle sfumature, quando si tratta di Michele diventa particolarmente ricettivo, e si accorge subito se qualche cosa non va. Guarda l’ora: le 21,30.
Non poteva essere sotto la doccia, a quest’ora il cenone di natale di solito è in pieno svolgimento. Non voleva parlarmi. In tensione Diego pensa che gli altri lo stanno già aspettando da un po’, ma non ha più voglia di raggiungerli in birreria, manda un messaggio a Danilo e si rannicchia sul divano, accendendo la tv.
Niente di buono da vedere, come sempre. Lascia su Deejay e pensa che non ha ancora mangiato ma la telefonata di Michele gli ha tolto l’appetito. Ciononostante si prepara una cioccolata e prendendo anche un pacchetto di biscotti torna sul divano. Quello va bene per tirarsi su di morale, e in questo momento ne ha bisogno.
Dopo i primi due biscotti  afferra il telefono e richiama Michele, il quale svegliandosi all’improvviso e senza pensare risponde con voce roca. “Michi, stavi dormendo? Hai la voce assonnata!”. “No Diego, io… sai com’è dopo tutto il cibo che ho ingurgitato, è il minimo la voce assonnata dai”.
Diego è ormai in preda al panico “non ti credo assolutamente; vieni subito dai, parti ora, vedi se c’è un treno, altrimenti salti in macchina e vieni. Guarda che scendo io se non ti muovi tu, ci vuole un attimo, cazzo vuoi che me ne freghi del pranzo e del natale e di tutto quanto…”.
“Diego stai calmo non è niente ti dico. Non mi metto in macchina adesso, il treno è alle 5,30 di domattina e alle 16 al più tardi sono a Torino. Tu stai buono e finisci il pranzo dai tuoi, io tanto ho le chiavi entro e ti aspetto va bene? Nemmeno 24 ore e ci vediamo Diegone. Non dovresti essere in birreria tu?”.
“Non mi andava più, mi sono fatto una cioccolata e mi sono messo sul divano ad arrovellarmi sul perché sei così strano. Comunque va bene, ti aspetto domani. Ciao Michele”.
“Ciao Diego mio”. Nonostante tutto Diego sorride spegnendo il cellulare, adora quando Michele lo chiama Diego mio, gli dà l’esatto senso della grandezza della loro amicizia, un senso di appartenenza totale. Pensando a domani, a quando Michele sarà li con lui, alla chiacchierata che si faranno e a tutto quello che verrà dopo,  Diego si prende il gattone ronfante tra le braccia e sistemandosi sotto al pannetto di pile si addormenta.
Il giorno seguente mentre Michele passa le nove ore di treno cercando un modo per dire a Diego quello che non avrebbe mai voluto dirgli, Diego sopporta il pranzo di natale con tutta la famiglia, ma diversamente dal solito mangia pochissimo; gli altri anni è sempre stato contento di partecipare a questo raduno di parenti, ma quest’anno non vede l’ora che siano le quattro per correre a casa incontro a Michele. L’ha già chiamato quattro volte, forse anche cinque. Gli viene da ridere immaginando la faccia dell’amico all’ennesimo squillo, ma è inutile, quando sa che sta per vederlo diventa frenetico.
Oggi poi sa che non sarà una giornata come le altre, sa che Michele deve dirgli qualcosa che non gli farà piacere. Poi cerca di dirsi che forse è davvero tutta una sua macchinazione, si è inventato un film e invece Michele arriverà e saranno felici di vedersi, di raccontarsi, di giocare. Ma non ci crede.
Alle quattro scatta in piedi e saluta tutta la famiglia “mi spiace, vi avevo detto che dovevo andare via presto, è stato bellissimo come al solito, scusate però devo proprio scappare. Mamma grazie, papà ci vediamo domani vero?” bacia tutte le persone ancora sedute davanti al dolce e infila la porta di casa a tutta velocità.
In giro non c’è nessuno, sono ancora tutti attorno alla tavola natalizia, e in poco tempo arriva davanti a casa sua, ma non vede traccia dell’amico. Forse è già dentro? Ma senza accender la luce?
Apre la porta e chiama ma non riceve risposta. Ci rimane così male che gli occhi gli si riempiono di lacrime. Prende il cellulare e per l’ennesima volta pigia il tasto 1 che corrisponde alla persona più importante per lui.
“Sono qui Diego, lascia raffreddare il cellulare” Michele, sacca sulla spalla, compare davanti al cancelletto. Diego si gira di scatto, poi fa un passo indietro per schiacciare il pulsante e aprire il cancello, e di corsa si precipita tra le braccia dell’amico. In punta di piedi lo abbraccia e ficca il viso nel suo collo, baciandolo.
Anche Michele lo stringe talmente tanto che lo solleva da terra, poi lo allontana un attimo per guardarlo, scompigliandogli i capelli come suo solito.
Diego senza parlare lo prende per mano e lo trascina in casa, chiudendosi la porta alle spalle, come per non farlo fuggire. Michele appoggia la sacca lì accanto mentre Diego si dà da fare per togliergli il giaccone col cappuccio e torna ad abbracciarlo, quindi lo fa sedere sul divano.
“Tu devi mangiare. Cosa ti faccio, ti preparo qualcosa dai”.
“No, mangeremo più tardi a cena o andremo fuori non so, ora mettiti tranquillo qui con me Diegone”. Diego non chiede di meglio e si rannicchia al suo fianco mentre Michele gli circonda le spalle.
Per un poco restano in silenzio, poi Michele gli dà un bacio tra i capelli “ti ricordi Diego quando ci siamo conosciuti noi due?”.
“Potrei mai dimenticarlo? Cazzo fu amore a prima vista!” ridono insieme e vanno avanti a frugare tra i ricordi “da quanto cantasti il pezzo nel mio gatto non ci siamo più lasciati! A parte gli scherzi, quella data è segnata in rosso nel mio calendario Michi, non avevo mai conosciuto una persona come te, e non ne ho conosciute nemmeno dopo. E tu sai che importanza hai avuto in tutti questi anni, quanto aiuto mi hai dato, quanto ho avuto dal nostro rapporto”.
“La stessa cosa vale per me Diegone; il nostro è un rapporto raro, fatto di dare e avere, noi ci leggiamo dentro, non abbiamo bisogno di parlare, e…”.
“Invece adesso credo che qualcuno debba parlare. Io lo so che hai qualcosa che ti tormenta Michi, e adesso che sei qui devi tirar fuori tutto” Diego accarezza delicatamente Michele, che prende un grosso sospiro e comincia a parlare.
“Diego, io non so davvero da dove cominciare”. “Dall’inizio Michi, tutto”.
Michele si alza dal divano, lasciando Diego stupito a guardarlo.
“Sappi che ti arrabbierai e probabilmente mi odierai dopo che ti avrò raccontato tutto, e magari il problema fosse solo quello”.
“Impossibile, non può mai essere” con un sorriso Diego tenta di alzarsi a sua volta ma Michele con un cenno lo fa rimanere seduto.
“Ti ricordi quando abbiamo cantato Vengo dalla Luna? Ti ricordi quanto ci scherzavamo su? Io continuavo a chiederti e se venissi davvero dalla luna che faresti? Mi staresti amico lo stesso? Te lo ricordi vero Diegone?”.
Diego ride al ricordo “cazzo se me lo ricordo, sembravi un disco rotto, continuavi a ripeterlo, ti era venuta la mania! Ma che c’entra? Non divagare, dimmi che problemi ci sono adesso”.
“Senti Diego, io non ce la faccio a dirtelo, anzi guarda non dovevo nemmeno venire qui oggi, avrei dovuto scrivertelo e sparire o sparire e basta”.
Diego ora è davvero spaventato si alza e si precipita ad abbracciare Michele che lo allontana “no Diego, davvero lo so che ti arrabbierai e ti spaventerai e non vorrai più vedermi e la mia vita sarà finita!” Michele si avvia verso la porta e abbranca il giaccone, ma Diego è più veloce, glielo strappa di mano lanciandolo a terra e piantandoglisi davanti urla come non aveva mai urlato prima “Michele piantala subito di dire tutte ‘ste stronzate e parla perdio! Nemmeno se mi confessassi di essere Jack lo squartatore potrei odiarti o aver paura di te! Ma che cazzo ti è preso? Sei impazzito, ti droghi e non me l’avevi detto, cazzo hai? Cazzo hai? Cazzo hai!!!” Diego ha preso Michele per le spalle e lo scuote con tutta la forza della disperazione, le lacrime che gli scorrono sul viso “mi fai paura sì, perché temo che ti sia successo qualcosa di grave, Michele ti voglio bene e so che mi vuoi bene, parla!”. Michele tace e scuote la testa ma a uno scrollone più forte di Diego urla a sua volta “ci vengo davvero da un altro pianeta cazzo! Ci vengo davvero, davvero!!!”
“Ma vaffanculo và!” ormai senza fiato Diego lo lascia andare e si riavvia verso il divano.
“Diego ascoltami, guardami io vengo da un altro pianeta, mi devi credere” Michele si riavvicina ma Diego lo allontana “se non vuoi dirmelo va bene, ma non fare l’imbecille almeno” togliendosi le lacrime dal viso Diego lo guarda piantandogli bene in viso gli occhioni nocciola schiariti dalla rabbia.
Lentamente Michele alza le mani e toglie gli occhiali, quindi toglie anche le lenti a contatto, rimanendo con i suoi veri occhi, sempre neri ma molto più grandi del normale e con la pupilla gialla. Fermo in mezzo alla sala guarda Diego che fa due passi indietro e incespicando casca sul divano.
“Ma…cazzo! Michi che scherzo è? Non mi piace comunque, piantala” Diego lo guarda sconvolto, guarda quegli occhi che deve ammettere non sono brutti, anzi, ma non sono normali, no non normali, umani non sono umani.
“Io sono così Diego, ora posso dirtelo, ora che me ne devo andare non potevo più tenere questo segreto, non con te. Sono stato obbligato a farlo, non si doveva sapere beh, puoi capire anche tu no? Mi avrebbero messo sotto spirito come minimo!” Michele tenta di scherzare, ma non ci riesce, e Diego è sempre più sconvolto.
“Perché? Ma è tutto vero? Da dove cazzo vieni? Perché non me l’hai detto? A me dovevi dirlo! Non ti avrei mai tradito e tu lo sai, perché me l’hai nascosto, perché!!!” Diego ormai è vicino a una crisi isterica, ma a un accenno da parte di Michele di avvicinarsi a lui, lo allontana con le braccia.
“Ecco, anche per questo non te l’ho detto vedi? Mi stai allontanando, mi avresti allontanato, cosa credi? Guarda che ti capisco farei lo stesso se fossi in te”.
Diego scrolla la testa, incapace di parlare, le mani sulla bocca.
“Comunque, i miei genitori furono mandati qui da un piccolissimo pianeta di una galassia vicina; non so molto, non ho mai voluto sapere, so soltanto che non ci sono guerre, è tutta gente pacifica e tutto quello che hanno spendono nella ricerca, per questo sono così avanti non è che siamo una forma di vita particolarmente intelligente, ecco. Purtroppo ci fu un guasto ad un programma non chiedermi di spiegarti i dettagli ti ho già detto, non li conosco, ma si sparse un virus letale. Velocemente cercarono un pianeta simile al loro… al mio, e trovarono la Terra. Siamo uguali in tutto e per tutto, anche il dna, solo gli occhi sono diversi. Il virus si sparse in fretta, e mentre gli scienziati si rinchiusero sotto terra nei laboratori sicuri per cercare una soluzione, i pochi non contagiati furono presi e portati sulla terra; fra questi i miei genitori, giovanissimi. Io sono nato davvero a Molfetta. Da piccolo mi dissero che avevo un difetto agli occhi, e mi misero le lenti per non farmi escludere di più dai compagni, che già così… Poi quando fui un po’ più grande mi spiegarono tutto, ma costringendomi al silenzio. Feci comunque la mia vita, diventai cantautore, incontrai te per il Mio gatto e tutto il resto lo sai. Non sono un pericoloso alieno, ma sì, sono un alieno Diego. Ora ci richiamano là, è tutto sistemato, ne sono passati di anni però ci rivogliono là tutti. E a questo punto dovevo dirtelo Diego. Mi dispiace” Michele non piange, ma si sente morire guardando la paura negli occhi dell’amico.
“Se vuoi dirmi qualcosa, anche mandarmi ancora affanculo fallo Diego, ma non guardarmi così, non aver paura di me, io sono Michele, lo stesso di sempre, non ti ho mai ingannato”.
“Devi…” Diego ha la voce rauca e non riesce a parlare “devi andare via per forza? Cioè non puoi restare qui volendo?”.
“Non posso. Mio padre ha detto che avrebbe cercato di farmi restare o se tu… non so se ha avuto risposta, ma non credo… non credo. Ora vado Diego, perdonami se puoi” e raccogliendo il giaccone da terra se lo infila, raccoglie la sua sacca e apre la porta.
Sente un tocco leggero sulla spalla “togliti quel cazzo di giubbotto e chiudi la porta, che mi hai rotto le palle davvero oggi!” Diego gli toglie di nuovo la giacca e gli prende la mano attirandolo sul divano.
“Siediti Michele e rispondimi: giurami che non mi hai preso per il culo fino ad ora; giurami che sei davvero uguale agli umani; giurami che se avessi potuto me lo avresti detto prima; giurami che la nostra amicizia è stata sempre sacra per te” Diego gli tiene le mani aspettando una risposta.
“Te lo giuro Diego, potessi morire ora”. Diego scrolla la testa e chiude gli occhi, poi li riapre e lo fissa nei suoi “Sono così belli Michi. Giurami che non te ne andrai; giurami che scapperemo insieme piuttosto ma non mi abbandonerai; non ho paura di te Michele, ho paura di perderti”. Michele fa un sorriso mesto “non so cosa dirti Diego, so che farò di tutto per non andare via o potrei portarti con me se ti lasciassero venire”.
Diego lo guarda ancora un attimo, poi scoppia in una bellissima risata, piegandosi su sé stesso.
“Che razza di regalo di natale che mi hai fatto! Comunque non sono mai stato razzista, posso cacciare un alieno da casa mia?” ride anche Michele ora, prima piano poi si lascia contagiare da Diego e ride alla grande.
Diego gli prende il viso tra le mani “giurami che la tua lingua non diventerà quella dei visitors!” e lo bacia dapprima con delicatezza e poi sempre più appassionato. Quando si staccano Michele lo abbraccia scompigliandogli i capelli “Diego, sapevo che eri speciale, ma sei anche più speciale di quanto ti facevo! Vieni qui Diego mio” Diego non se lo fa ripetere due volte e gli si accoccola sul petto con un sospiro. “Dovevo immaginarlo che eri un alieno, sei troppo avanti. Ti voglio troppo bene Michele, fossi anche satana, non potrei mai fare a meno di te. E chiamami più spesso Diego mio, mi fa sentire così speciale!”.
Restano abbracciati per tanto tempo sul divano senza parlare, al buio, finchè arriva il gatto a pretendere coccole e cibo.
“Vieni micione, vieni qui con Alien vieni” ride Diego, mentre Michele lo spintona “ma piantala! Ma un po’ di rispetto per un povero extraterrestre!”  e si volano ancora tra le braccia, ansiosi di stare vicini, temendo la separazione più di ogni cosa.
“Michele, quando saprà qualcosa tuo padre? E come si parlano? No guarda, meglio che non lo so, non dirmi altro, l’unica cosa che voglio sapere è che resterai qui con me. E non credere, se torni in Puglia io torno con te, non ti lascio un attimo, se arriva un raggio verde dovrà prelevarmi con te”.
Mangiano qualcosa e bevono un paio di birre, giusto per tenere un po’ a bada l’ansia. Il signor Salvemini non chiama, e loro non osano fare il numero, non vogliono sapere, non vogliono cattive notizie, ma l’angoscia sta crescendo in tutti e due.
“Andiamo a letto Michi? Domattina magari ci sembrerà meno dura no? Alla luce del giorno le cose sembrano più semplici”. “Si andiamo, vediamo di riposarci un po’”.
Vanno a letto, ma senza secondi fini quella sera; restano lì abbracciati come sempre quando dormono insieme, Diego fra le braccia di Michele, la testa sul petto. “Michi non te le mettere le lenti quando stai con me, hai degli occhi bellissimi, magici!”. “Va bene Diego mio, i miei occhi saranno solo per te”. Si addormentano molto dopo la mezzanotte.
Alle cinque li sveglia il suono del cellulare di Michele. Balzano tutti e due a sedere sul letto e Michele vede dal display che è il padre. “E’ papà Diego”. “Rispondi cazzo rispondi” Diego gli prende la mano e la tiene stretta tra le sue.
“Pà, dimmi. Sì c’è Diego con me. Dimmi pà ti prego. Sì. Sì ho capito. Va bene pà va bene certo. No non … va bene passami la mamma. Ciao mà… con Diego sì. Sì gliel’ho detto. Sì mi chiama Alien, cosa vuoi che abbia detto? Sì mà mi vuole bene anche così. Glielo dico. Ciao mà… un bacio. Anche a lui sì” finalmente Michele toglie la comunicazione e si infila la mano tra i riccioli neri. Fa un sospiro profondo e guarda Diego che stà lì pallido, con gli occhioni nocciola spalancati, pieni di paura “Michi cosa ti hanno detto? Devi andare? No che non vai, non lo permetto, non voglio Michele ti prego io senza te non posso proprio stare, andiamo via, ci nascondiamo, preferisco vivere sotto terra che perderti!” piange senza rendersene conto, con grossi lacrimoni che rotolano sul visetto dolce.
“No Diego mio no, non piangere stai buono, hanno detto di sì, hanno detto che ci lasciano qui, anche i miei rimangono qui. Mi spiegherà meglio poi, ma l’importante è che rimango Diego!” lo abbraccia accarezzandogli la nuca mentre Diego ora singhiozza “non ci potevo pensare Michi, non potevo”. “Nemmeno io ce l’avrei fatta senza di te Diegone, non me ne sarei mai andato”.
Con un bel sorriso tra le lacrime Diego chiede “ma d’ora in avanti chi riesce a stare serio quando canteremo Io vengo dalla luna? O pensi di dire anche questo ai fan?”.
“No Diegone, quello che abbiamo già detto basterà credo. E adesso che ne dici di giocare un po’, caro il mio compagno di mille avventure, nonché di letto?” e finalmente tranquilli possono dare sfogo a tutto il loro entusiasmo.

2 commenti:

  1. Mi hai tramortita!!! Sapevo che era frutto di un sogno "strano" ma sei stata talmente brava nel sott'intendere la trama che io non sapevo davvero cosa pensare... hai avuto davvero una loccante fantasia stavolta.. solo che ora ho paura di sognarmeli quegli occhi enormi da alieno ihihihihi, beh io non amo molto il fantasy però questa mi è piaciuta e ora mi sto immaginando che non ci starebbe male un giochino (visto che come scrivi tu loro giocano...) tipo tra terrestre e alieno dove il terrestre insegna delle usanze terrene all'alieno che riguardano l'accoglienza e la fratellanza... :D Tesoro il titolo non fa una piega: Mai senza di te! Non li vogliamo separati mai!!!!!!!!

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    1. Eh, lo so che non ti piacciono i fantasy, ma non poteva essere che così questa storia! E poi dai, non mi stupirei se un giorno dovessimo scoprire che davvero arrivano da un'altra galassia: sono troppo avanti! Non li vogliamo separati no, insieme ci fanno sognare così bene...

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