domenica 2 dicembre 2012

2Pianeti, seconda parte, primo capitolo


Titolo: 2Pianeti
Sottotitoli: 2 città così lontane (1)
Autori: Annina e Giusipoo
Pairing: Diego Perrone/Michele Salvemini
Genere: AU/Commedia/Romantico/Introspettivo  
Rating: PG, slash, NC 14
Disclaimer: come sempre è tutto frutto di fantasia. I personaggi sono originali, abbiamo preso in prestito i nomi per ispirazione artistica e non per insinuare qualcosa!




Seconda parte


2 città così lontane (1


Dopo un breve viaggio in taxi fino all’areoporto, Diego è seduto in attesa del suo volo. Non ce n’era uno prima di mezzogiorno, ma va bene. Dopo uno scalo a Colonia, e un’altra attesa per la coincidenza, dovrebbe arrivare a Malpensa alle nove di sera.
Tanto non ho niente da fare, e nemmeno nessuno che mi aspetta... Non è vero che deve andare da amici a Milano, ma dovevo andarmene da quella stanza, dovevo andarmene da Michele...
Nella sala d’aspetto si guarda intorno: poche persone, ognuna di loro indaffarata a lavorare all’I-pad o a mandare messaggi al cellulare.
Lui ha perso anche quello, ma tanto non ha nessuno a cui mandare notizie. Quella è ora la sua vita, di un ventinove Gennaio qualsiasi dell’anno domini duemiladodici, cioè di trovarsi solo all’aeroporto di una città che non ha nemmeno avuto modo di visitare, sacchi di pensieri per la testa, ma uno sopra tutti. Io amo Michele e lui no che non mi ama... Per la prima volta nella sua breve esistenza, ha la sensazione nitida di non poter gestire la ‘cosa’, abituato com’è a ragazze adoranti che pendono dalle sue labbra. Per la prima volta in vita sua sente che oltre la vetrina, oltre lo schermo del pc, c’è una cosa bella e non può averla quella cosa. Gli assale un ricordo nitido di un decennio prima, quando ancora nel collegio svizzero dove i suoi lo avevano spedito a otto anni, si era messo in testa di diventare amico del ragazzo più popolare, quello più alto, il più figo negli sport, e anche il migliore nelle materie umanistiche. Ma questi non aveva voluto saperne di frequentare quell’italiano piccoletto, indisciplinato, che finiva davanti al preside per le sue marachelle praticamente ogni giorno! La prima sofferenza genuina per quel mancato amico. Ecco perché, Diego lo sa, ha scelto di non avere più amici. Solo persone che gli sono normalmente utili per qualcosa. Niente amici, ragazze solo per divertenti sedute di ginnastica a letto. Tornato al presente, si tocca la ciocca di capelli che gli cade sul viso, sconsolato. Non sono innamorato di Michele! Che cazzo vado a pensare... Si dice che saranno i postumi della bevuta della sera prima, sarà che ha litigato ormai con tutti, Diego sente un’ansia che lo prende alla gola e gli impedisce quasi di respirare.
Si alza di scatto e si avvicina alla vetrata. Non può nemmeno guardare gli aerei rollare, mentre pensa alle persone che li occupano, o quelli che sono là per lavoro. Al di là il solito buio. È sempre buio in questo giorni: buio nella cuccetta, buio dalla finestra del bagno, buio anche nella sua mente ormai.
Ma cosa mi aspettavo, che mi proponesse di partire con lui, di restare con lui? Solo perché gli ho fatto un bocchino? E nemmeno fatto bene probabilmente, visto che era il primo che facevo. E l’ultimo, sicuro....
Guarda fuori Diego, e lo assalgono orde di pensieri tristi. Non mi vuole mai nessuno alla fine. Che si fottano tutti quanti... Diego guarda il bar, ma non ha fame. Strano, non è da lui.
Sente freddo, dentro e fuori. Si rannicchia nella poltroncina, rassegnato ad aspettare ancora sette ore, prima di ricominciare in Italia lo stesso niente che sta vivendo ora.

Raccolte in fretta le sue cose, Michele si reca alla reception per pagare, scoprendo che Diego lo ha preceduto.
Non sa perché, ma questo lo fa incazzare. Cosa voleva dimostrare? Ma sì, che si fotta, meglio così, risparmio.
Salta sul camion e parte, deciso a fare tutta una tirata fino a Bari, concedendosi soltanto le pause sindacali. Accende la radio e cerca di non pensare a niente mentre imbocca l’autostrada e comincia a filare verso casa.
Si gira a guardare il sedile del passeggero e scopre qualcosa di azzurro ammucchiato sopra. Lo afferra e appura che è la maglietta di Diego, probabilmente rimasta lì quando l’aveva tolta bagnata due notti fa, prima di infilarsi in cuccetta. La porta al viso e l’annusa. Il rimescolio che sente allo stomaco ormai gli è tristemente familiare. Dai Michele, siamo in piena commedia adesso, il tenero camionista che fiuta la maglietta dell’amato? Bene!
Per fortuna non voleva pensare a niente. All’improvviso il pensiero di Diego gli ribatte dentro come un’onda. Lo sente addosso nella cabina, le braccia allacciate a lui. Lo rivede la notte prima, giocare nella vasca, aprire i profilattici tutto allegro e gli scappa un sorriso. Poi rivede la sua testa nello specchio, quasi riesce a sentire le sensazioni provate. La bocca di Diego che corre per tutto il suo corpo, la strana sensazione che l’anellino gli provocava mentre corre su e giù sul… Panico!
Michele mette la freccia e si ferma nella corsia di emergenza. La fronte è imperlata di sudore, ma non è certo il caldo a provocare tutto questo, il riscaldamento è spento, c’è anche un filino freddo in cabina. Gli sembra che gli giri la testa.
È che non ho mangiato niente. Miche’, non hai mai mentito a nessuno e tantomeno a te stesso. Ti manca quel ragazzo perdio, ti manca e basta. Fattene una ragione. E fattela passare anche. Ormai è andata così, vi siete conosciuti, vi siete piaciuti, vi siete divertiti finché è durata, poi ti ha fatto un bocchino e se n’è andato...
Sull’ultimo pensiero gli risale la nausea, non sa se per il bocchino o perché se n’è andato.
Prende qualche respiro, e si ributta in autostrada, non può stare sulla corsia di emergenza in eterno. Non con il bestione!
E molte ore e molti caffè dopo, Michele finalmente entra a Bari.
Va a depositare il camion alla ditta, dove gli comunicano i nuovi viaggi per quella settimana. La prossima però potrà prendersela di ferie, ne ha accumulate troppe, deve farle, mica può pretendere che gliele paghino.
Il pensiero di prendere a pugni il padrone della ditta lo solletica, ma poi i pugni se li mette in tasca, e si avvia verso casa.

Diego è infine arrivato a Malpensa, e sta cercando di riordinare le idee. Decide di andare alla stazione Centrale e di aspettare il primo treno per Torino. È molto stanco, ma non vuole andare da nessun’altra parte che a casa sua adesso.
Almeno qui ha fortuna, il primo treno per la sua città parte tra un quarto d’ora, un paio d’ore di viaggio, e a mezzanotte poco più sarà nel suo letto.
Fa il biglietto e va di corsa sul binario, il treno è già lì. Diego sale e si siede accanto al finestrino.
Passano una decina di persone, lo guardano con leggero disgusto e vanno avanti. Devo avere un aspetto peggiore di quello che pensavo... eppure quell’hostess carina non smetteva di guardarmi e sorridermi. Pensavo mi volesse chiedere il numero di telefono... Sogghigna mentre conclude: meglio da solo, non gli piace avere qualcuno di estraneo seduto accanto quando viaggia in treno.
Il treno parte. Diego chiude gli occhi e cerca inutilmente di dormire; ma niente, solo pensieri, visioni: rivede Michele in canottiera nella cuccetta, o mentre esce dalla vasca piena di acqua blu, o… Gli occhi di Diego si riempiono di lacrime, mentre pensa alla notte prima, a come è stato bello baciarlo, farsi baciare, e poi… Voglio Michele, lo voglio, non posso fare a meno di lui, voglio stare tra le sue braccia… Diego ormai singhiozza rannicchiato nel sedile, la fronte appoggiata al finestrino freddo, mentre fuori intanto ha iniziato a piovere, o il treno sta passando in un posto qualsiasi dove sta piovendo. Ha fatto altre volte quella tratta, ma mai era stata così casuale con quel ventinove Gennaio.
Quando arriva a Torino qualche ora più tardi, nevica. Si tira il cappuccio sulla testa e alza il collo del giubbotto per ripararsi un po’, ma è inutile, la neve asciutta gli si ferma addosso e si scioglie pian piano.
Sale su un taxi e dopo mezz’ora arriva a casa. La trova gelata, il riscaldamento spento. Non ha nessuna voglia di fare una doccia ma si sforza, almeno si riscalderà un po’. Quindi va direttamente a letto e si infila sotto il piumino. Trema, un po’ per il freddo, un po’ per la stanchezza, soprattutto per la mancanza di qualcuno che lo riscaldi. Michele lo scalderebbe, lo prenderebbe tra le braccia e lo terrebbe al caldo.
Domani lo chiamo; lo chiamo e glielo dico che voglio stare con lui. Che dobbiamo stare insieme perché siamo fatti l’uno per l’altro. Sì, anche lui mi ama, sono sicuro. O mi amerà, magari ancora non lo sa perché ha conosciuto solo la mia parte peggiore... mi ha raccattato per terra come una banconota caduta a qualcuno... A quella ricomincia mestamente a piangere, mentre il peso dei pensieri lo piega. Ma che cazzo dico, me l’ha detto chiaro che tra noi non potrà mai esserci niente. Lo chiamo lo stesso, magari ha cambiato idea... In fondo stamattina mi sono svegliato mentre mi baciava. Mi baciava il collo, e la testa, era così bello, cazzo era bellissimo. Non sono più normale: mai stato innamorato in vita mia, e vado a perdere la testa per uno scorbutico camionista barese... ma si può essere più sfigati di così? Suo malgrado gli scappa un sorriso.

Apre la porta di casa e ci trova sua madre che passa lo straccio. “A ma’, che cazzo, manco il tempo di entrare”
“Manco grazie! Disgraziato che non sei altro, ma una telefonata? Mi dici perché non sei tornato ieri come previsto?” la donna ha le mani sui fianchi e Michele deve fare appello a tutto il suo autocontrollo per non mandarla a cagare. Le vuole bene ma è troppo appiccicosa, soprattutto per un ramingo come lui. Il fatto è che i suoi genitori vivono nell’appartamento sopra il suo. Quelle buone vecchie abitudini del sud Italia, di tenersi i figli vicini per quanto s’invecchia. Ma a Michele non importa molto, tutto sommato ci sta così poco a casa! Può anche sopportare la madre e la sorella, sì c’è pure lei, anch’ella un po’ pedante. Hai mangiato? Hai dormito? Che hai mangiato? E la ragazza ce l’hai? Michele butta il borsone sul divano e lo libera dai panni sporchi. Subito la donna si lamenta per il modo in cui le concia e poi l’odore... e poi la maglietta azzurra di Diego: “No, ma’ quella no... non è mia”
La donna guarda il reperto con aria interrogativa: “Di certo non lo è, dove te la infileresti la S tu?”
Ora devo dare spiegazioni, cazzo... Pensa Michele mentre un rigagnolo di sudore gli scende dall’ascella: “Ma’, basta così, basta straccio, basta roba da lavare. Prenditi questa roba e via, che ho bisogno di fare il bagno. Poi una dormita. Mi resta un giretto fino a Salerno e poi sto fermo da lunedì”
“Bello di mamma, hai le ferie. Almeno potrò coccolarti un po’, e stasera che ti faccio? Una bella impepata di cozze?”
“NO! Che a Gennaio le cozze... no, non mi ispirano. Fammi, non so... una zuppa”
“Una zuppa? Tu...” strano, pensa la donna oscillando la testa, la cesta dei vestiti in mano.
“Mamma vai...?”
“Sì, vado vado, il solito orco!”.
Ora finalmente è solo. Tra le mani la maglietta di Diego. È sporca d’erba, di terra, polvere e sudore ma, nonostante tutto, ha mantenuto il suo odore. La porta nell’angolo lavanderia ma non osa metterla in lavatrice. La laverà a mano, si dice, mentre regola la temperatura per il bagno.
I vestiti ammonticchiati ai piedi della vasca e lui dentro con la schiuma fino alle spalle che pensa... pensa, pensa e ripensa. Pensa al bagno nella vasca idromassaggio, pensa sempre a lui... pensa, pensa finché non si appisola.
La cena si rivela per Michele un tormento. Non basta sua madre che gli fa i soliti predicozzi sulla barba troppo lunga, i capelli e le sue magliette sgraziate. No, si mette pure a raccontare di aver incontrato Gaya, che è sempre più bella, più magra, più tacco, più zoccola. No, questo non lo aiuta a non pensare a Diego, anzi... lo mette di fronte ad una riflessione che gli appare sinistra o quanto meno ridicola.
Il suo passato, il suo presente.
O forse Diego, se lo è mai stato suo, è già il suo passato. E ci sta male, non vorrebbe ma l’angoscia lo assale tanto che il minestrone di verdure ripassato che sua madre spaccia per zuppa, resta nella scodella.
“Tanto lo sapevo che non ti piaceva la zuppa” conclude lei togliendogli il piatto da sotto il naso.

Stanco per tutto quello che ha passato negli ultimi giorni e spossato dal gran piangere, Diego finalmente si addormenta. Lo sveglia a mezzogiorno lo squillo insistente del telefono. Allunga una mano sul comodino e risponde con un soffio di voce.
“Diego, mi senti? Sono Steff. Mi senti o no?” Diego sente la voce del suo amico, l’unico che  sembra ancora non averlo mollato.
“Ti sento, stavo dormendo ancora. Come va?”.
“Non si sapeva più niente di te da tre giorni ormai, dov’eri finito? Dopo che siamo scappati da quel locale non ti abbiamo più trovato, e noi siamo tornati a casa”.
“Non mi avete più trovato? Ma mi avete cercato almeno?” chiede Diego tirandosi a sedere.
“Si, beh, non ti abbiamo più visto e siamo saltati in macchina e via, non potevamo farci prendere, capirai” risponde l’amico.
“Ah. Quello che rischiava di più però ero io, che sono già stato beccato una volta e voi lo sapevate e mi avete lo stesso mollato là in mezzo a quel casino. Comunque lasciamo perdere, ti saluto” Diego fa per abbassare la cornetta ma l’amico lo richiama. “No Diego ascolta ti ricordi no che oggi dovevamo andare tutti in montagna per due giorni…”
Diego lo interrompe: “No guarda, non ho nessuna intenzione di venire”.
“Ma non puoi” fa Steff: “Cioè i soldi ce li mettevi tu anche per me e…”.
“Ah, guarda un po’, quindi è per i soldi non per Diego che stai chiamando eh, Steff. Ma vaffanculo” Diego sbatte la cornetta sul comodino e sta un attimo lì seduto a gambe incrociate, poi si alza e mormorando vaffanculo va a prepararsi un caffè. Almeno, ora che i fan coil sono partiti, l’ambiente è decisamente più ospitale.
Con la tazza in mano guarda dalla finestra: Torino gli appare completamente imbiancata, deve aver nevicato tutta la notte...
Scrolla la testa: “Che squallido che sono. Ventitre anni, non ho un lavoro, non ho una donna, non ho più un amico, se mai ne ho avuti, e non ho nemmeno l’unica persona che vorrei adesso qui vicino, l’unica sincera in verità, l’unica che mi ha detto subito ‘guarda che non ci sarà niente tra noi’”.
Ha voglia di parlare con qualcuno ma non sa a chi rivolgersi; decide di chiamare i suoi, ma naturalmente non li trova: in ufficio gli fanno sapere che il babbo è a un convegno a Bruxelles, figurarsi se il grande industriale è reperibile; la mamma è partita per due settimane di riposo, riposo da cosa poi? Dallo shopping? In una beauty farm, no, non si può raggiungerla telefonicamente, l’assenza di telefono fa parte della terapia. Mentre butta sotto il getto dell’acqua calda la tazzina, continua le sue tristi riflessioni mattutine: Bene Diego, cosa ti aspettavi? Che sei stato un incidente di percorso l’hai saputo già a sette anni, quando la mamma lo diceva alle amiche durante la solita riunione. Di un terzo marmocchio non avevano certo bisogno, con due fratelli stupendi e super efficienti come i miei... E comunque te l’hanno anche sempre dimostrato ampiamente che non ti volevano, mandandoti in collegio da subito con la scusa che eri indomabile, e regalandoti poi questa bella casa in centro e un conto corrente illimitato per il diciottesimo compleanno, basta che stai loro fuori dalle palle!
Ancora in mutande, Diego si raccoglie sconsolato sul divano. Lo stomaco brontola, sono quasi due giorni che non mangia, ma non ha voglia di niente. Niente, la testa va sempre là, di sicuro lontano da dove si trova. Non sono mai nel posto giusto, mai nel posto dove vorrei essere, scalogna nera!
Guarda il biglietto da visita lì sul tavolino, dove lo ha appoggiato la notte prima. Lo prende e pensa che in fondo può telefonare a Michele, anche solo per sapere se ha fatto buon viaggio al ritorno. Ecco, un blando interessamento no?
Un bel sorriso si stende sulla sua faccia, mentre compone il numero sul cordless.

1 commento:

  1. Bel capitolo tosto. Diego mi fa tanta tenerezza con la sua voglia di essere amato, cercato e coccolato,ma che per timore di soffrire, ha deciso fin da piccolo di non avere amici, di non affezionarsi a nessuno, di chiudere il suo cuore. E ora che finalmente sente di amare qualcuno con tutto sè stesso, è disperato perchè è finita ancora prima di comprendere se Michele poteva ricambiare i suoi sentimenti o se poteva mai funzionare. Michele,turbato dalle notti insieme e da quello che ha provato, tenta in tutti i modi di non pensare a Diego, alle sensazioni provate, convincendosi che non significano nulla, ma inevitabilmente la testa va a lui e di certo la presenza ingombrante della maglia di Diego non migliora lo stato in cui versa da quando Diego ha varcato la porta della camera di quell'hotel. Come reagirà alla telefonata di Diego? Qualcosa mi dice che sfrutterà le sue ferie per andare in un certo posto al nord...

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