domenica 7 luglio 2013
Tra rabbia e passione, ventottesima puntata
Titolo: Tra rabbia e passione (cronaca di una torbida
relazione fra trulli ed onore)
Autori: Annina e Giusipoo
Pairing: Diego Perrone/Michele Salvemini
Genere:
AU/Storico/Commedia/Erotico/Romantico/Introspettivo
Storyline: Fine anni settanta
Rating: PG, slash, NC 13
Disclaimer: si intenda tutto frutto della fantasia e del
talento delle autrici. In verità i personaggi sono originali, abbiamo preso in
prestito i nomi per ispirazione artistica e basta
La mattina dopo partono
presto e in tre ore arrivano a Pescara. È una bellissima giornata e nonostante
sia dicembre il sole sembra stare lì solo per scaldare loro.
Diego e Michele
passeggiano tranquilli per le strade della città. Con calma si dirigono fino al
centro sportivo dove Diego aveva avuto il suo momento di gloria nella staffetta.
Ricordano quella gara e Diego è felice di parlarne: “Quando toccai il bordo e
realizzai di essere secondo, fui felice come mai prima, ma fu quando ti vidi
tra il pubblico che esultavi che mi sentii come se avessi vinto le olimpiadi.
Che belli quei tre giorni Michi”.
Michele vorrebbe tanto
stringerlo, deve farsi violenza per non farlo: gli prende le mani e china la
testa di lato, guardandolo. Oggi i suoi occhi sembrano molto più vivi del
solito. O sono io che voglio vederli
così? Diego sorride guardandolo e fa un passo verso di lui, ma si blocca.
Michele è sicuro che volesse abbracciarlo. Forse qualcosa si sta davvero
muovendo, pensa.
“Andiamo a pranzo? Io ho
una fame da lupo! Dai andiamo”. Michele inizia a correre verso la macchina,
strattonando e Diego lo segue ridendo. La sua risata è così rara, e oggi è già
la seconda. Un altro risultato da infilare nell’armadio, che ne frattempo è
cambiato: non più a due ma quattro ante.
Vanno a pranzo nello
stesso ristorante, seduti in veranda come allora. Ordina Diego, che si ricorda
perfettamente quello che avevano mangiato quel giorno di qualche mese prima:
“Però stavolta posso mangiare tutto quello che mi va, non ho le gare”.
Mangiano allegramente,
innaffiando tutto con un po’ di vino bianco. Poco, soprattutto Diego.
Finito di pranzare è Diego
a proporre una passeggiata sulla spiaggia. “Guarda che bel mare che c’è.
Appena qualche ondina,
viene voglia di tuffarsi”. Camminano per mano, vicino all’acqua, il sole che li
scalda, chiacchierano. Sembra tutto normale, una coppia normale in un giorno
normale. Non è ancora così, ma Michele oggi è proprio fiducioso.
“Guarda laggiù quella nave
Michele. Chissà dove va. A volte vorrei partire, andare, ma non so dove. Solo
partire”. Michele sente il cuore stringersi, come partire? Allora non va, non
va bene. Se ne vuole andare.
Diego gli stringe la mano:
“Tu verresti con me vero? Se decidessi di partire verresti con me Michi?”.
Michele torna a respirare,
gli sembra di vivere su un’altalena oggi: “Certo che verrei con te Diego, come
potresti pensare il contrario? Ti seguirei ovunque”. Diego annuisce, non parla
più: lascia andare la mano di Michele per allacciarsi l’ultimo bottone della
giacca, nel frattempo si è alzato il vento, proprio come allora; stavolta però
sono ben coperti tutti e due. Si gira a guardare Michele, che sta ancora
osservando l’orizzonte e finalmente gli mette una mano sul fianco. Michele si
volta di scatto, ma non muove un muscolo. Diego fa un sospiro profondo, e finalmente
le sue braccia circondano il collo di Michele, che impietrito non sa cosa fare:
“Posso abbracciarti Diego? Posso?”.
“Stringimi Michele,
scaldami”. Michele emette un suono gutturale, le sue braccia circondano Diego,
lo accarezzano, le mani tra i capelli. Lacrime cadono dai suoi occhi. “Diego
mio, Diego mio quanto tempo. Non ce la facevo più a starti lontano, non ce la
facevo più”. Diego si stringe a lui, non si muove, non parla, resta lì a farsi
coccolare da Michele. Solo dopo molto tempo si staccano e si guardano negli
occhi, i visi devastati dalle lacrime, ma i sorrisi splendenti.
Diego fa una carezza sul
viso a Michele, che vorrebbe chinarsi a baciarlo, ma resiste, non vuole
forzarlo, oggi c’è già stato un miracolo, non roviniamo tutto con la fretta
maledetta...
“Torniamo a casa Diè? O
vuoi restare ancora un po’ qui? Vuoi che ci fermiamo a dormire?”.
“Andiamo Michele. Salvo ci
aspetta, oggi preferisco tornare”. Allacciati, tornano al parcheggio e
ripartono per Bisceglie.
Il sole è sceso, sono passate
le cinque, ma non c’è traffico e si guida bene. Dopo cinque minuti Diego si
toglie le scarpe e si rannicchia sul sedile come faceva ‘prima’. C’è un ‘prima’
e un ‘dopo’ nella loro vita. Ora Michele sente che è iniziata la terza fase.
Diego si appoggia alla sua spalla; Michele ride felice “Bentornato Diè”. Diego
si stringe al suo braccio ridendo. Il viaggio di ritorno sembra brevissimo, in
un attimo si ritrovano sottocasa, mentre inizia a cadere una pioggerella
leggera.
“Siam partiti col sole,
torniamo con la pioggia; ma io sono felice Diè”. Salgono le scale abbracciati e
aprendo Salvo se li vede davanti così, e si commuove, mentre Diego lo stringe
chiedendogli di non piangere, di essere felice con loro.
Salvo se li porta in
cucina e serve loro una cenetta coi fiocchi. Agitato per tutta la giornata, si
è sfogato ai fornelli, cucinando per un reggimento, ma i ragazzi sono ben
felici di far onore a tutti i piatti, affamati come se fossero tornati a piedi
da Pescara!
La televisione rimane
spenta, e i tre si fanno una bella chiacchierata, poi Diego annuncia di essere
un po’ stanco e Michele è ben contento di accompagnarlo a letto.
Michele si stende come al
solito al confine, come pensa tutte le volte, oltre il quale potrebbe solo
rovinare a terra. Diego si ficca sotto le coperte rannicchiandosi e lo guarda,
poi gli tende le braccia: “Vieni Michi, vieni,”. Michele ormai è convinto di
essere in un sogno, ma non se lo fa ripetere, si avvicina, lo prende tra le
braccia, lo culla come un bambino: “Piccolo mio, quanto mi sei mancato, quanto
mi è mancato tutto questo”.
“Anche a me Michele, ma
non potevo, io non…”.
“Shh, zitto cucciolo,
zitto, non dire niente. Stai qui, godiamoci questi momenti. Riposati, dormi,
che io sono sempre qui, ci sono io”.
“Lo so, ci sei sempre
stato. Io non riuscivo, non so dirti cosa sentivo, ma vederti sempre qui con
me, che mi parlavi, che cantavi per me… come ti ho amato, Michi, e come ti amo”
Diego non può fare a meno di piangere rannicchiato sul petto di Michele.
“Piangi pure, sfogati;
dove potevo stare piccolo? Anch’io ti amo, senza di te non potrei vivere un
altro solo giorno sulla terra ecco. Ora andrà sempre meglio vedrai. Ora sì”
finalmente uniti come una volta, si addormentano col sorriso, a dispetto di
qualche lacrima che ancora brilla sui loro visi.
Durante la settimana Diego
e Michele girano per gli angoli che hanno conosciuto il loro amore, ed è sulla
spiaggia di Molfetta, dopo che hanno ricordato i fuochi, i concerti, anche il
primo spinello di Diego che riescono a baciarsi la prima volta dopo mesi. Un
bacio casto sulla bocca, un soffio, ma a Michele basta per ridare ali alle sue
speranze. Passando davanti al parcheggio che ospitava il Lunapark, Diego si
ricorda della ruota: “Eravamo lassù ti ricordi Michele? C’era la luna che si
specchiava nel mare, era così bello. Quest’estate ci torneremo vero? Quando ci
sarà la festa torneremo, rifaremo tutto quello che abbiamo fatto quest’anno” si
porta la mano al collo, rabbuiandosi un attimo. “Mi avevi preso una collanina
vero? Mi piaceva tanto, devo averla persa, non mi ricordo ma non ce l’ho più.
Mi piaceva”.
Michele lo guarda serio:
“Non ti ricordi? Dico come l’hai persa non te lo ricordi più Diè?”. Lui scrolla
la testa portandosi una mano alla fronte.
“Non stai bene piccolo?
Che succede?” Michele ora è preoccupato, forse i ricordi stanno tornando, e lui
non è preparato, non stasera, non dopo il loro secondo primo bacio: eppure
dovrà affrontare la situazione.
“No, non ricordo. Mi è
venuta una fitta, ma ora è passato Michele. Sai che soffrivo di emicrania tempo
fa. Mi durava ore. Ma è già passata è tutto a posto Michi, tranquillo”.
Michele decide di provare:
la collanina ce l’ha nel portafoglio, l’ha tenuta lì per tutti questi mesi. La
prende e gliela infila, provocando un sorriso immediato sul viso di Diego: “Ce
l’hai tu? Ma dove l’hai trovata?” si porta le mani al collo dove la collanina
turchese risplende.
“L’avevi… persa sulla
spiaggia, prima… prima di stare male Diè. Si era rotto il cordino, ma io l’ho
raccolta, ho raccolto tutti i corallini e li ho infilati di nuovo. Poi sei
stato male, non ho più pensato di ridartela. Se non ne parlavi tu stasera,
chissà quando mi sarei ricordato”. Michele ricorda il giorno che tornò su
quella spiaggia maledetta, il giorno dopo lo stupro di Diego. Era stato lui a
ritrovare il monile sotto la sabbia, proprio grazie ai corallini turchesi,
sparsi poco lontano, accanto a una chiazza scura: la guardò di sfuggita. Sapeva
cosa fosse: il sangue del suo Diego, ma non lo avrebbe voluto vedere, anche se
il primo istinto fu quello di toccarlo. Aveva raccolto diligentemente tutti i
corallini e se n’era andato a casa, infilandoli di nuovo uno a uno, ad ogni
corallino un pensiero al suo amore, ripromettendosi di rimettergliela al collo
appena fosse stato di nuovo bene.
“Mi vuoi proprio tanto
bene Michele: ci sarà voluta una pazienza infinta per infilare tutte quelle
perline. Grazie”
“Una pazienza infinita ci
è voluta a sopportare il tuo mutismo amore, mio. E ti assicuro che rinfilare i
corallini non è stato niente se paragonata a quello” lo vede ombrarsi ma poi
sorridere. Certo, Diego non parla mai volentieri del suo stato vegetale di
qualche tempo prima. Però è felice di esserne uscito. Di essere guarito grazie
alle amorevoli cure del suo Michele. Si scambiano un altro bacino seguito da
uno starnuto.
“Andiamo a casa adesso
Diego, è scesa l’umidità e non voglio che ti ammali proprio adesso”.
Diego gli circonda i
fianchi mentre con l’altra mano si tocca ancora la collanina, felice di averla
recuperata: “Grazie amore” un altro bacio al suo Michele, un altro ospite
nell’armadio.
Un paio di giorni dopo
mentre va a fare la spesa, Michele vede che stanno attaccando dei manifesti: il
Lunapark a Trani. Chiede all’attacchino se ci sarà anche la ruota panoramica.
Gli risponde che certo che ci sarà. Sì, si dice, sono gli stessi che erano a
Molfetta l’agosto scorso.
Torna a casa carico di
leccornie e subito cerca Diego, che sta rifacendo il loro letto. “Cucciolo,
sabato andiamo a Trani!”.
“Perché? Cosa c’è sabato a
Trani? Ma sabato è festa vero? Non è l’8 dicembre? C’è una fiera?” Diego è
diventato ciarliero, e Michele ride di gusto: “Mi stai tornando chiacchierone
Diè! Ti faccio una sorpresa, non sei contento? Quando sarà il momento lo
saprai”. Anche Diego ride e gli si butta fra le braccia: “Oh, va bene, ho
capito, non devo chiederti niente. Ma sarà dura aspettare fino a sabato”.
Michele pensa se non
sarebbe già bello rimanere così, senza fargli rivivere niente, poi si bacchetta
da solo: per stare bene, deve elaborare quei ricordi. Allora chissà, pensa,
potranno anche tornare a fare l’amore. Gli manca così tanto far l’amore con
Diego, gli mancano quei momenti appassionati, anche un filino violenti a volte,
tanta era la voglia reciproca di amarsi, la complicità. E tutte quelle coccole,
quelle risate dopo… Ma piano Michè,
piano, piano…
Nel pomeriggio di sabato
partono per Trani: non è lontano, ci mettono poco. C’è una piccola fiera, pochi
banchi, ma carina e c’è il Luna park. Non trovano niente da comprare,
nonostante si mettano d’impegno, e si sfogano sul banco dei dolciumi. Vanno a
fare merenda e poi, quando comincia a fare buio, Michele lo porta verso la
ruota panoramica.
Diego sorride: “È la
stessa Michi! È proprio la stessa!”. È vero, mentre fanno i biglietti ritrovano
il vecchietto che si era intrattenuto a chiacchierare con loro ad agosto. Ci
sono solo loro, i bambini vicini ad altre giostre, e si fermano anche stavolta
a fare quattro chiacchiere. L’uomo si lamenta degli acciacchi di stagione, dice
di aver voglia di fermarsi, ma non ha figli ai quali passare il timone, non può
fermarsi, non ancora. Gli fanno un po’ di compagnia, poi fanno per prendere
posto. Mentre Diego è già seduto, Michele si allunga verso l’anziano, e quasi
in un sussurro gli fa: “Quando saremo proprio nel punto più alto, si fermi un
pochino” l’anziano lo guarda sorpreso, quasi stranito. Di certo non sospettava
ora come la scorsa estate che per loro quel giro in giostra significasse qualcosa
di romantico. In un flash comprende tutto e anche se non può davvero bene
capire, vede negli occhi neri di Michele un qualcosa che lo commuove e allora
fa sì con la testa. È il suo modo per dire: sì, certo, vi lascerò un po’ lassù
a godersi il panorama. Anche Michele sale a bordo e, come l’altra volta, non
pensano nemmeno di dividersi, stringendosi sul sedile esterno. La giostra parte
con uno strattone che fa sfuggire un lamento a Diego. Michele lo stringe: “Non
mi cascare di sotto cucciolo, vieni qui”. Diego non chiede di meglio e si
rannicchia contro di lui. La giostra lentamente li porta verso l’alto e Diego
si guarda attorno: “La luna non c’è ancora, ma il mare si vede Michi, come là a
Molfetta”. Michele si china a dargli un bacetto e lo guarda negli occhi: “No,
la luna non c’è, ma un paio di stelle son tornate nei tuoi occhi Diè”. Sempre
sorridendo Diego annuisce: “Sì amore, sono felice di essere qui con te: è
bellissimo”.
Michele si scioglie
dall’abbraccio e Diego ci rimane male. “Un attimo Diego, non farmi quel muso,
solo un attimo” ci ha pensato tanto da quando ha visto i manifestini del
Lunapark e ha capito che è arrivato il momento giusto. Dalla tasca del giaccone
tira fuori due anelli: li aveva tenuti nel cassetto fino a quel giorno.
“Ti ricordi Diego? Tu mi
regalasti un anello a Molfetta, la prima sera, e io te ne comprai uno uguale il
giorno dopo. Ti va se li rimettiamo oggi?” lo guarda ansioso. Ha paura Michele,
sempre, paura che a Diego torni il ricordo, si rinchiuda: parla Diego, parla. Vede le lacrime appannargli gli occhi. Il cuore
di Michele si ferma per un attimo.
“Mi ricordo Michele, mi
ricordo bene. Che bello che tu li abbia portati oggi. Che bello” è solo un filo
la voce di Diego, un po’ tremante, ma il sorriso è felice. Michele gli prende
la mano e gli infila l’anello. Poi fa per rimettersi il suo, ma Diego lo
blocca: “E no, le cose le facciamo fatte bene. Te lo metto io” gli infila
l’anello e glielo bacia, subito imitato da Michele.
Poi Diego gli butta le
braccia al collo, e gli dà un bacio. Un altro, un altro. Tanti bacetti. E
poi... A Michele sempre di impazzire quando la lingua di Diego gli accarezza le
labbra. Apre subito la bocca e le lingue finalmente si incontrano, si
riassaporano dopo tanto tempo. Si baciano finalmente, un bacio profondo, un
bacio che li lascia ansanti a guardarsi negli occhi mentre la giostra torna a
muoversi e li riporta a terra. Fanno giusto in tempo a riprendersi prima di
scendere, poi un saluto rapido al giostraio e se ne vanno.
Una volta sulla spiaggia,
tornano a baciarsi come se non ci fosse un domani. La festa è lontana. Non c’è
nessuno nel raggio di metri. “Non mi sembra vero Diè”
“Nemmeno a me sembra
possibile Michi”
“Essere tornati a baciarci
così, come prima amore?”
“No, non intendevo questo
in verità”
A quella Michele si
rabbuia un po’. “Allora cosa Diè, cosa non ti sembra vero?”
“Che siamo riusciti a non
farlo per tutti questi mesi. Da agosto no? La cosa brutta che mi è successa è
stata ad agosto” Diego si acciglia ma poi torna a sorridere. “Michele io mi
ricordo tutto sai? Cioè non tutto tutto. Non ricordo niente di quando mi ha
rapito, picchiato, violentato e sparato! Quello il mio cervello lo ha rimosso.
Però altre cose le ricordo. Come Alfredo mi guardava. Come era geloso di te, di
noi, anche se non sapeva niente...”
Michele gli accarezza una
guancia. “Ti amo Diego”
“Ti amo anch’io. Fammi
continuare però: lo so che tu fino ad ora hai cercato di proteggermi. E ho
sentito cosa ti diceva la dottoressa Castelli. Cosa credi? Ho smesso di essere
un carabiniere ma non ne ho perso la stoffa” sorride Diego: “Ti ha detto che
per tornare a stare bene ma bene bene devo rielaborare la violenza. E ci sto
provando. E penso che in parte ci sto anche riuscendo. Perché ora sto bene,
davvero. Non ho più paura se mi tocchi. Non ho più paura di niente se mi sei
vicino...” torna ad abbracciarlo e Michele lo stringe a sé. “Questo è un
miracolo Diego. È un miracolo, io no so davvero come chiamarlo!”
“Forse. Chiamalo come
vuoi. Il fatto è che con te mi sento ancora lassù Michi, tra cielo e terra, tra
cielo e mare”.
Michele non risponde, non
ha più la forza di parlare ora. Un altro bacio, un altro, un altro. Le gambe si
piegano e cadono rovinosamente sulla sabbia senza riuscire a staccarsi, a
smettere di baciarsi. Come rapiti, disperati, sconfitti e vincitori allo stesso
tempo. Saliva e lacrime e sudore, sebbene la temperatura non sia affatto mite,
si mischiano. “Diego sei di nuovo mio come all’ora”
“Sono sempre stato tuo”
tornano a baciarsi con foga fino a che non rimangono veramente senza fiato.
“Sai Diego” gli fa accarezzandogli i capelli. “Questa volta abbiamo fatto le
cose per bene. Prima ci siamo baciati, mentre l’altra volta abbiamo prima fatto
tutto il resto e poi il bacio. Quel magnifico bacio alla cascina che ora non
c’è”
“Sarebbe bello tornarci
alla cascina. Ti ricordi? Ti avevo legato con le manette la prima volta che ti
volevo. E poi ci siamo tornati e abbiamo ribaltato i ruoli” improvvisamente
Diego scoppia a ridere, come quando viene improvvisamente in mente un pensiero
buffo, il finale di una barzelletta.
“Eh, Diego, fammi ridere
anche a me. Che pensi?”
“Niente dai” si asciuga le
lacrime, questa volta sono per la ridarella. “Pensavo alle manette e agli
anelli. Cioè come con i baci no? La prima volta ci siamo ritrovati a scopare e
solo dopo tanto a baciarci. E poi ti ho legato con le manette, e tu mi hai
legato con le mie manette e poi gli anelli. Siamo passati dalle manette agli
anelli”
Michele sogghigna ma poi
torna serio: “Io non ci trovo niente di ridicolo. È una cosa bella, romantica
invece”
“Ma io non rido per
questo! Ridevo perché ora dovremmo procurarci di nuovo le manette, no? Dalle
manette agli anelli mentre ora dagli anelli alle manette”
Michele gli batte le
nocche sulla fronte: “Devo dirlo Diè: la tua testa ora funziona alla grande!”
“Ma come farò? Dopo che
sono stato congedato non ho più le manette, nemmeno la divisa”
“Di quella non sento
nostalgia davvero” poi si fa serio: “Ma davvero vorresti che ti legassi Diego?
Cioè...”
“Alt! La domanda vera è:
sei di nuovo pronto Diego a fare l’amore con me? Dimmelo Michi”
Questi fa un sospiro poi
ripete: “Sei di nuovo pronto a fare l’amore con me Diego?”
L’espressione di Diego
diventa furbetta: “Se son pronto non lo so, se invece mi chiedi se ho voglia,
ti dico di sì. Non sarà stasera e magari nemmeno la prossima settimana Michè,
ma sì. Lo voglio” un ultimo bacio e Michele lo tira in piedi.
Prima di entrare nella
loro auto teatro di tanti bei momenti, la stessa dove hanno fatto l’amore l’ultima
volta, Michele si volta a guardare il mare. Il braccio attorno alle spalle di
Diego e nel cuore di nuovo la pace, la speranza, la serenità e, indomabile, la
fiamma della passione.
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Finalmente un pò di speranza. Che capitolo dolce e dolci loro, così innamorati. Il momento che si scambiano gli anelli poi è tanto romantico. Sembra tutto avvenga al momento giusto così come la voglia di Diego di tornare ad amare, ad abbracciare e baciare il suo Michele. Con un capitolo così il lieto fine è assicurato. Ho gli occhi a cuoricino ora <3
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