martedì 23 luglio 2013

Sui gradini di San Francesco, decima puntata




Titolo: Sui gradini di San Francesco
Autori: Annina         
Pairing: Diego Perrone/Michele Salvemini
Genere: AU/Commedia/Romantico/Introspettivo
Rating: PG, slash, NC17

Disclaimer: come sempre è tutto frutto di fantasia. I personaggi sono originali, ho preso in prestito i nomi solo per ispirazione artistica.

X Capitolo




Lo risvegliano le carezze di Diego verso mezzogiorno: “Michi, svegliati. Ha bussato tua mamma, ha detto che è pronto in tavola; però io non posso venirci senza vestiti, provo ad entrare di là”.
Michele si tira su un po’ confuso, poi ha un sussulto vedendo il viso di Diego: gli sembra ancora peggio della mattina. Gli fa una carezzina: “Tanto Viola a quest’ora non ci sarà, sarà al lavoro. Vengo anch’io comunque, non ti lascio solo”.
Si alzano e Diego si infila l’accappatoio: “Metto questo, tanto chi mi vede?”. Michele ride scuotendo la testa, ma Diego è fatto così, e gli piace per quello anche.
In casa Viola non c’è e loro raccolgono tutta la roba di Diego spostandola nella camera di Michele. “Tanto di là non ci vai più, per ora stai qui con me, e poi se si avvereranno i nostri progetti… dovevo proprio andare oggi a sentire, ma chiamo semmai rimando”.
“No!” è un grido quello di Diego “no, ci vai e magari vengo anch’io. Anzi no, io ti aspetto a casa che devo vedere delle cose, ma tu vai ti prego” Diego lo guarda ansioso, e Michele non vuole agitarlo più di quanto già non sia. “Va bene Diè, ci vado non preoccuparti, ci vado”. Pensa che forse è meglio, così incontrerà anche i ragazzi e potrà parlare con loro in assenza di Diego, che, ne è sicuro, non accetterebbe mai di avere una guardia del corpo! Ma il suo parere non conta per Michele, da solo per un po’ in giro non ci andrà.
Dopo pranzo Michele chiama Gaetano per chiedergli di vedersi, e lo prega di avvisare anche Danilo e Fabio, quindi esce e si reca alla “loro” casa dove ha appuntamento con il venditore.
Diego approfitta dell’assenza di Michele e chiede a Maria di poterle parlare. “Certo Diego vieni qui, o preferisci che andiamo a sederci in salotto?”. Diego le sorride: “Meglio qui in cucina, mi piace di più”. Maria prepara un tè e si siede al tavolo vicino a Diego: “Forza dimmi tutto”.
“Intanto grazie che hai preso ferie per noi oggi, sei sempre così carina! Ecco, io volevo chiederti, i soldi che la nonna ha sistemato per me, quelli di mio padre, come devo fare, cioè per averli a disposizione… è difficile? Io non so niente di niente di queste cose” Diego ha un’espressione perplessa mentre Maria versa il tè nelle tazze.
“No Diego, nessuna difficoltà. Devi andare alla posta, tua nonna ha investito tutto quanto in buoni postali; basta che tu ti presenti e firmi e ritiri tutto quello che vuoi. Ma hai bisogno di soldi? Guarda che tu ora stai qui con noi, ma io non voglio niente capito? Poi sistemeremo le cose con tua zia, perché lei non può trattarti cosi, ma a questo penseremo più avanti. Ma non ti devi preoccupare di niente, questa è casa tua piccolo, capito?”.
Diego istintivo come sempre le butta le braccia al collo e la bacia, mentre Maria se lo stringe al cuore: “Per me sei solo un figlio in più Diè!”. Lui le accarezza i capelli ricci: “Sei uguale a Michi tu, anche nel cuore”. Stanno un attimo in silenzio a spegnere la commozione nel tè, poi Diego riprende: “Bene, possiamo andare ora in posta? Mi accompagni vero? Perché io sono un disastro in queste cose. Devo ritirarli tutti. Ma poi si può fare tipo un conto per un’altra persona?”.
Maria lo guarda un po’ confusa: “Un conto no, in posta no, ma ci sono i libretti. Ma cosa devi fare Diego, mi spieghi?”.
“Si che ti spiego. Io devo ritirare tutti i miei soldi, e metterli a disposizione di Michele. No, no zitta Maria. Sai che vuole prendere quella casa e farci l’ambulatorio, il canile, insomma tutto il suo sogno te l’avrà raccontato no? Ecco, io cosa me ne faccio dei soldi di quello che in teoria è mio padre? Non li ho mai voluti toccare, ma questa è una bella occasione. Michele mi ha chiesto di vivere con lui, ma io glieli darei lo stesso. Non vorrai mica che chieda un prestito no? E’ una bella soluzione. Non so quanti sono, però almeno un po’ lo aiuterò”.
Maria si porta le mani al viso, poi si asciuga una lacrima: “Gli vuoi tanto bene al mio Michele tu. Noi potremo aiutarlo pochino. Io non posso proibirtelo, ma Michele non vorrà”.
“Non preoccuparti di Michele, al momento giusto dovrà cedere. Intanto andiamo?” Diego si tocca l‘occhio che è ancora più gonfio del giorno prima. “Sai che non ho ancora guardato la mia faccia allo specchio Maria? Non ho il coraggio di farlo”.
“Non farlo Diè, tanto passa tutto, anzi prima di uscire dovrei anche medicarti ancora” ma Diego non vuole saperne, la medicazione dovrà aspettare. Maria si prepara, prende la cartelletta con i buoni postali di Diego e insieme vanno alla posta.
Qui Diego ha una bella sorpresa: la cifra è davvero alta. “Beh, sono quindici anni che tuo padre versa sul tuo libretto ogni mese, immaginavo fosse più o meno così alta. Allora cosa vuoi fare?”.
Diego ha già deciso e apre un libretto postale a nome di Michele, ma l’impiegata suggerisce di mettere almeno due nomi, e mette anche il suo. Sistemato tutto prende a braccetto Maria e lasciano gli uffici. “Ci pensi Maria? Sono sufficienti secondo te? Io spero di sì. Pensa che sorpresa! Dai, muoviamoci adesso, che Michele oramai sarà a casa. Non glielo dire però che li ho già messi a suo nome o si arrabbia. Va bene?” scendono dal pullman e camminando lentamente, perché a Diego si sono risvegliati i dolori e le scosse dell’autobus gli han dato il colpo di grazia, arrivano a casa, dove Michele li sta aspettando, preoccupato.
“Diavolo, nemmeno alla nonna avete detto dove andavate, ero in pensiero. Che facce avete? Che c’è da essere così allegri mà?”.
“Poi ti spieghiamo, adesso prendi il ghiaccio e mettilo sull’occhio di Diego, che sembra che voglia schizzare fuori! E spiega tu piuttosto, cosa ti hanno detto per la casa?”. Michele obbedisce e mette il ghiaccio a Diego che soffoca un lamento. “Male cucciolo? Guarda qui che scempio!” Michele borbotta qualcosa di incomprensibile mentre Diego lo guarda con l’occhio sano: “Come che scempio? Com’è? E’ così tanto brutto? Maria? Tanto è inutile non ho il coraggio di guardarmi”.
“Ma stai tranquillo, sì è bruttino, ma non c’è niente che non vada e tornerà tutto come prima, non c’è niente di rotto. Michele vuoi deciderti a raccontare?” Maria lo guarda severa.
In piedi dietro alla sedia su cui Diego è rannicchiato, Michele racconta mentre massaggia lievemente le spalle dell’amico: “Loro non hanno altre richieste per ora, ce la darebbero. Ma servono un sacco di soldi. Vero che è tutto a posto, luce, gas, acqua, hanno anche rifatto da poco gli infissi. Ma dove li trovo cinquanta milioni?” Michele ha un sobbalzo mentre Diego si alza di scatto dalla sedia e noncurante del dolore saltella vicino a Maria, abbracciandola mentre ridono felici.
“Oh, allora!” Michele picchia la mano sulla credenza mentre entrano anche la nonna e il padre appena rientrato dal lavoro. Manca solo Gioia che è ospite da un’amichetta.
Tutti guardano stupiti Diego e Maria abbracciati e ridenti. Diego si rialza tenendosi stretto lo sterno con le braccia, gli sforzi di quella giornata gliela stanno facendo pagare cara, i dolori sono forti, ma non vuole nemmeno farci caso, è troppo felice.
“Bene, li abbiamo cinquanta milioni sai? Ne abbiamo anche di più! Quindi la prendiamo subito. Non fare quella faccia Michele, ti ho già detto che è un prestito, ma per tua fortuna io non sono una banca e non dovrai faticare a restituirmeli. Ti prego non discutere, non ne ho la forza” il respiro di Diego si è fatto più corto mentre si risiede lentamente.
Michele veloce prende le aspirine sulla credenza e gliele passa: “Tieni prendine ancora due, aspetta ti passo l’acqua”. Diego prende le aspirine e poi chiede di andarsi a coricare: “Scusate, solo per un po’, il tempo che le pastiglie facciano effetto”. Michele l’accompagna in camera e l’aiuta a distendersi. Gli rimette il ghiaccio sull’occhio e si siede accanto a lui accarezzandogli le mani.
“Non potevi startene tranquillo a letto tu oggi? Mi vuoi dire dove siete andati con la mamma?”.
“No che non vorrei, ma te lo dirò. Ma sono davvero tanto brutto?” Diego fatica a parlare e Michele lo osserva preoccupato. “Macchè brutto! Sei sempre bello tu. Ma ti fa così tanto male?”. Diego annuisce, pallido. Si stende accanto a lui e lo prende delicatamente tra le braccia: “Se ti fa più male dimmelo che ti rimetto com’eri. Dobbiamo andare a farci vedere all’ospedale?”.
“Ah, se tu vuoi farti vedere vai pure, io no di sicuro. Così mi fa male uguale ma sono più felice, quindi va bene. Con l’aspirina passa, quindi vuol dire che non c’è niente che non va no? Se avessi delle ossa rotte non passerebbe il male, e se fosse un’emorragia sarei già morto. Tu tienimi così e fra un po’ starò meglio”.
“Dovevi fare il veterinario anche tu Diè!” gli dà un bacino sulle labbra ancora gonfie. Diego si rilassa e dopo un po’, passati i dolori, si addormenta. Michele sorride e se lo tiene vicino finchè un’oretta dopo Diego riapre l’occhio sano. “Ho dormito? E tu sei stato lì a romperti le palle, sveglio?”.
“Non mi sono rotto per niente, è un piacere guardarti dormire. Però adesso mi spieghi cosa avete fatto oggi?”.
Diego ribatte: “Anche per me è un piacere guardarti, sempre. Comunque non abbiamo fatto niente di che, ho controllato quanti soldi ho a disposizione. Beh, Michi sai? Ho settanta milioni! Ti rendi conto? Il ristorante in Germania deve funzionare proprio bene. Quindi domani prendi e compri la casa. Ci pensi? Quest’inverno saremo già lì, fuori nevicherà, ma noi saremo al calduccio davanti al camino e guarderemo i fiocchi scendere dalla finestra. Eh Michi?”.
Michele fa per parlare ma l’occhio di Diego si fa serio: “Michele, tu mi ami no? Tu lo faresti per me? Dimmelo!”.
“Certo che lo farei per te Diego, farei tutto per te, ma…”. “E allora è a posto” lo interrompe Diego “Io ti amo e lo faccio per te. Non è nemmeno la metà di quello che tu e i tuoi avete fatto per me da una vita. Sto meglio adesso sai? E se la smetti di discutere, starò bene”.
Michele ride sonoramente: “Sei terribile. Ma sì, va bene, facciamolo, facciamo a modo tuo. Ti amo Diè” si china su di lui e lo bacia finchè Diego è costretto a chiedere una tregua per respirare.
“Vai a telefonare Michi, vai subito prima che ci ripensino; non voglio sentire altro, telefona, io intanto vado a vedere se riesco a mettere qualcosa sotto i denti: ho una fame”.
“Se ti senti di uscire alle 9 ci aspettano gli altri, ci facciamo una pizza. Io avevo detto di sì, ma poi sei stato male, possiamo rimandare” Michele intanto cerca nelle tasche il biglietto da visita del venditore: “Ecco il numero, vado a chiamare”.
“Ma sì andiamo a mangiare la pizza, tanto andiamo qui da Pasquale no? Non è che devo muovermi granchè, poi adesso sto davvero meglio” Diego osserva il cumulo dei suoi vestiti, appoggiati sulla scrivania di Michele, e tutti i suoi libri, LP, tele, colori, la sua vita insomma, sparsa per la camera. “Cazzo Michi, ti ho invaso la vita. Ma dove mettiamo tutto quanto ora? Mi dispiace…”.
Michele che stava già uscendo si volta e gli sorride: “Mi hai invaso la vita, è vero, da ventidue anni me l’hai invasa, e ne sono felice! Le tue cose le lasciamo così per ora, è inutile sistemare se presto dovremo traslocare no? Dai, ce la fai a vestirti o vuoi una mano, così io telefono e poi usciamo” Michele resta in attesa con la mano sulla maniglia della porta, mentre Diego scende dal letto con attenzione e gli si avvicina: “Che bello che mi vuoi così bene. Non voglio una mano a vestirmi: se mi proponevi di spogliarmi forse…” con quel che resta del suo bel sorriso Diego si alza in punta di piedi e gli stampa un bacio sul naso. Michele gli arruffa i capelli e si avvia verso il telefono mentre Diego si cambia e poi lo segue, avvicinandosi in silenzio.
Michele depone la cornetta e rimane a guardare il telefono con un’espressione indecifrabile: Diego lì accanto comincia a preoccuparsi: “Michè, cos’ha detto? Non vogliono più? Eh Michi?”.
Ma Michele si riscuote e comincia a ridere: “Ha detto che se andiamo subito a portargli anche solo un paio di centinaia di mila lire, lui chiama immediatamente il notaio che è suo parente e in settimana si fa. Capito cucciolo? In settimana la casa sarà nostra!”. Allora anche Diego se ne esce in una risata liberatoria mentre Michele lo abbranca e lo stringe forte. Diego tenta di soffocare un grido di dolore, ma Michele lo lascia subito andare: “Scusa, scusa Diè, sono un idiota, un idiota felice, ma pur sempre idiota! Vieni siediti cazzo, ma son proprio scemo”. Diego tenta una risata mentre Michele lo fa sedere sulla poltrona accanto al tavolino. “Tranqui Michele, non è niente, mi hai solo spezzato le ultime due costole sane! Ma chi se ne importa”.
Nel frattempo tutta la famiglia è arrivata, attirata dalle grida dei due, e li guardano con espressione interrogativa. Michele racconta tutto, e appena ha finito di parlare la nonna corre in camera sua e torna con un sacchettino di velluto azzurro: “Tieni Michè, questi li tenevo in casa in caso di bisogno: portagli questi, ve li regalo”. Michele tenta di protestare ma la nonna è irremovibile e gli allunga dieci biglietti da centomila lire.
“ Mamma! Tu tenevi in casa una cifra simile? Ma come…” la nonna muove una mano come a scacciare una mosca: “Lascia stare adesso, e voi due andate svelti, e fatevi fare una ricevuta”.
I ragazzi si guardano e guardano la nonna ancora stupiti; la nonna bacia Michele e accarezza Diego prima di abbracciarlo: “Sei un bravo ragazzo anche tu, la Virginia avrebbe fatto lo stesso. Andate ora” e lasciando scendere una lacrima in ricordo della vecchia amica, la nonna torna a chiudersi in camera sua.
“Prendiamo la macchina, perché è dall’altra parte della città. Aspetta, avviso Tano che arriviamo più tardi in pizzeria, di ordinare anche per noi” telefona brevemente all’amico e si precipitano all’appuntamento.
Quando arrivano in pizzeria gli altri hanno già ordinato le pizze anche per loro, e stanno gustandosi un antipasto sul quale anche Diego e Michele si avventano famelici.
Gli amici rimangono esterrefatti a guardare il viso di Diego. Lui si stringe nelle spalle allargando le braccia: “Poteva andare peggio, passerà no?” e si riempie il piatto di salume mangiando goloso.
Le ragazze sono sconvolte, e Laura chiede sdegnata: “Ma lo hai denunciato quel porco? Non puoi mica lasciar perdere così” ma Diego minimizza: “E anche quando lo denuncio, cosa ci ricavo? Lascia stare, è solo una volta in più che abbiamo fatto a botte”.
Fabio è d’accordo con lui: “Hai ragione. Certo ti ha ridotto bene, se il viso è così non oso pensare al sotto!”.
“Io in faccia non mi sono ancora guardato, evito lo specchio” ridacchia Diego mentre Michele annuisce: “Sotto è uno sfacelo, gli butto giù aspirine su aspirine per farlo stare meglio, anche se ho l’impressione che non mi dica veramente fino in fondo quanto male ha”.

“Il nostro Diegone è forte! Poco fa ho visto l’imbecille girare nel cortile, e vi assicuro che anche lui deve averne prese. Comunque ha ragione Michele, non puoi girare da solo Diego, quello è capace di accoltellarti la prossima volta che ti incontra. Quindi niente discussioni, quando devi uscire, se non c’è Michele con te, verrà uno di noi”.
Diego si volta a guardare Michele, ombroso: “Cos’hai architettato e senza dirmelo, tra l’altro?”.
“Te ne avrei parlato, ma ci sono state troppe novità oggi. Comunque è come ha detto Tano, in giro da solo non puoi andare Diè, solo per un po’. Poi tanto traslocheremo”.
Danilo a momenti si soffoca con un boccone: “Come traslocate? Che novità è?”.
Michele prende una mano di Diego, ancora scontroso, tra le sue: “Stai buono furia! Sì ragazzi, andiamo ad abitare appena fuori, non tanto lontano da qui ma in campagna: comincio a mettere le basi per il mio lavoro! Poco fa siamo andati a dare la caparra, e giovedì mattina abbiamo appuntamento dal notaio. Sabato ve la faremo vedere”.
“Perché non venerdì?” chiede Danilo. “Perché no Dani” ribatte Diego tranquillo finendo l’ultima fetta di salame e salutando allegramente il cameriere che porta le pizze.
La serata procede serena, così come i giorni seguenti, e finalmente il giovedì pomeriggio i due ragazzi entrano in possesso della loro casa.
“L’atto va registrato, ma la casa è già vostra”. Quando escono dallo studio del notaio non stanno più nella pelle, soprattutto Diego che vorrebbe subito andare a viverci.
“Dai andiamo lì, portiamo i sacchi a pelo, che ti frega Michi? Se ci dormiamo in campeggio, possiamo anche farlo nella nostra casa! Andiamo?”.
“Io direi invece di approfittare di quest’ora a disposizione per andare a comprare la rete da mettere intorno, così domattina la sistemiamo subito, e le latte di colore, così quando sabato vengono gli altri, li mettiamo sotto!” Michele lo guarda in attesa, e finalmente Diego cede: “Va bene; uff, sei sempre così saggio tu!”.
“Per fortuna: io sono saggio e tu impulsivo, ci compensiamo e insieme siamo una coppia perfetta . No?”. Diego si appoggia a lui stringendogli il braccio: “Hai ragione, siamo una coppia perfetta”.
Stipati gli acquisti nel bagagliaio e sul sedile posteriore, i due ragazzi tornano a casa, sperando che arrivi presto la mattina dopo.
All’alba Diego sveglia Michele con un bacio: “Michi, andiamo dai che è già tardi”.
Michele apre un solo occhio e guarda la finestra sospirando: buio. “Diè, non è ancora sorto il sole, e stanotte abbiamo anche fatto tardi”.
“Sì, ci siamo divertiti un bel po’ vero? Ora che le mie vecchie ossa vanno meglio…” Diego è tutto sorridente e Michele rassegnato si tira su, appoggiandosi al gomito: “Ma se ad ogni movimento ti scappa un lamento!”. “Macchè lamento, sono gemiti d’amore…”. A quelle parole Michele scoppia a ridere e comincia a fargli il solletico: “Bene, allora prendi questo”. Diego rotola sul letto per sfuggirgli: “No Michi ti prego, no mi fai male” giocano per un po’ come quando erano bambini, prima di correre a farsi un caffè.
Solo uscendo Diego vede il grosso zaino che Michele ha appoggiato vicino alla porta. “Ma cos’hai preso? Anche la lanterna? No! Dormiamo là? Davvero Michi? Grazie, ti amo!” saltandogli al collo lo riempie di baci e Michele non riesce a togliersi le sue mani di dosso.
“Dai fa’ il bravo! Prendi i sacchi a pelo e i materassini tu, io ho già preso tutto quello che ci serve, per il cibo ci attrezziamo per strada”.
Quando arrivano il sole sta sorgendo e scaricata la macchina velocemente si siedono sul gradino della porta a guardare l’alba, in silenzio.
“Questo significa che il tramonto stasera ce lo godremo in mezzo alle margherite!” esclama Diego mentre Michele apre la porta d’ingresso e portano all’interno tutto il materiale.
“Mi dispiace deluderti piccolo, ma le margherite in questa stagione non ci saranno sai? Ma il tramonto lo vedremo però” Michele si volta per prendere lo zaino e Diego non c’è già più. Scrolla le spalle ed esce per prendere le latte di colore, quando lo sente gridare: “Michi! Corri presto”.
Spaventato Michele lascia tutto e corre verso il retro della casa, dove trova Diego sorridente: “Guarda Michi! Non ci sono più le margherite, ma c’è pieno di fiorellini blu!”. Michele vorrebbe strangolarlo: “Mi hai fatto correre qui pensando che ti stessi come minimo dissanguando, visto come urlavi, per farmi vedere un prato pieno di fiorellini?”. Diego lo lascia sbraitare, mogio: “Ma è bello, guarda”.
Michele sospira: con quegli occhi, come si fa? “Vieni qui, fatti dare un bacio” lo bacia e lo accarezza piano, con due dita vicino all’occhio ancora gonfio e di un colore impossibile: “I tuoi occhi belli; per fortuna anche questo si è deciso a riaprirsi, sennò come facevo io?”.
“E’ meglio se andiamo a lavorare Michi, o me ne fregherò della rugiada e ti trascinerò in mezzo ai fiorellini. Che fiori saranno?”.
“Magari quando non ci sarà più così umido, potrebbe anche succedere; non so, credo siano fiordalisi, ma sono solo un veterinario, non un botanico. Forza adesso, a lavorare. Se cominciamo subito, all’ora di pranzo avremo recintato tutto, e potremo anche rimettere il cancello e dipingerlo”.
Dopo aver indossato canottiere e calzoni corti cominciano a srotolare la rete, fissandola ai paletti già esistenti.
“Oh Diè, dobbiamo prendere da mangiare; io ho una fame già adesso, e sono solo le dieci”.
“Lo dici a me? Mangerei qualunque cosa. Se vuoi vado a fare spesa: ce la fai qui da solo?” Diego si spolvera le mani nei calzoncini e aspetta una risposta.
“Sì ma non lasciarmi solo per troppo tempo però, che sento la nostalgia” sorride Michele.
“Allora vado in paese, ho visto che c’è una Cooperativa. Faccio presto, stai tranquillo” Gli scocca un bacio sulla barba e, rimessasi la maglietta, salta in macchina e vola in paese.
In poco più di mezz’ora torna a tutta velocità per il sentiero e scarica un paio di borse piene fino all’orlo, depositandole al fresco in casa. Fa un salto in cucina, non c’era ancora stato, e la ritrova arredata completamente: si da’ una botta in testa: che scemo, è vero l’aveva detto il notaio che l’avrebbero lasciata, che tanto a loro non interessava. Peccato che non c’è la luce né il gas. L’acqua invece scorre, per fortuna.
Riprende le borse mettendole sopra al tavolo, e ne toglie due grossi panini, quindi esce di corsa per raggiungere Michele.
“Eccomi! Panino col prosciutto, bello imbottito! Per pranzo ho preso un po’ di roba già pronta, e a cena ci faremo la pasta, così mangiamo qualcosa di caldo. In casa c’è freddo sai? Ha i muri così spessi… E in cucina hanno lasciato proprio tutto, in pratica se ci fossero luce e gas potremmo già abitarci. Tanto a me dormire per terra piace. E ho visto due vecchi comò e un tavolone vecchio bellissimo, se vuoi li ridipingo e li usiamo, quel tavolo è grande, ci staremmo su con tutti gli amici. E poi sai…” Michele all’improvviso lo bacia sulla bocca, azzittendolo. Diego gli sorride: “Ero partito in quarta vero? Lo so, ma sai…”. “Lo so, sei un entusiasta e ti adoro proprio per quello. Appena ci daranno gas e luce ci fermeremo, i vecchi mobili sono tutti tuoi da restaurare e adesso mangiamo così poi continuiamo” Si siedono nell’erba e mangiano con gusto il panino; un bacio e si rimettono al lavoro terminandolo verso l’una del pomeriggio. Soddisfatti guardano il lavoro fatto, ora è tutto recintato, resta da mettere il cancello. “Ce la facciamo Diè? E’ pesante però, magari aspettiamo domani con gli altri”.
“No dai proviamoci, così poi io comincio a dipingerlo, e tu non so: cosa farai oggi?” Diego segue Michele e non senza fatica portano i due pezzi del cancello vicino alle colonne; con notevole sforzo e qualche bestemmia, i ragazzi riescono a rimetterlo a posto.
“Cazzo Michi, non mi sento più le braccia, oltre a tutto il resto! Andiamo a mangiare che non vedo l’ora di iniziare il mio lavoro” lo prende per mano ed entrano in casa a prendere il pranzo, tornando subito a sedersi all’aperto, sui gradini. “Frittata e cotoletta: ti sei sfogato Diegone! Ma hai fatto bene, con tutto il lavoro che abbiamo fatto oggi, dovevamo proprio tirarci su. Mi passi l’acqua?”. Bevono e Diego scatta subito in piedi e fruga tra le borsine li accanto: trovata quella giusta, prende la latta di vernice nera e i pennelli e si avvicina al cancello, iniziando subito a dipingere il pezzo inferiore formato da un’unica grande lastra. “Ti diverti proprio a dipingere tu! Bene, visto che qui fai da solo, io sai che faccio? Tolgo tutte le erbacce qui davanti e vango… o zappo? Boh, forse prima si vanga, comunque inizio”. Lavorano al sole tutti e due e anche le canottiere vanno presto a finire nell’erba.
Sono le sette quando Michele sente Diego che lo chiama gioioso e deposta la vanga va a vedere il suo lavoro.
Tutto il cancello è dipinto di nero, ma nella placca inferiore Diego si è sfogato e su uno sfondo di prati, cielo e sole ha dipinto un insieme di animali, dove spiccano un lupo e un gattone che giocano tra loro.
“Sei un portento Diè! Ma come farai, è di una profondità, sembra in 3D. Quel gatto ti somiglia”.
Diego ride soddisfatto: “Davvero? E tu, non ti riconosci in quel lupo? Bene allora ti piace il mio lavoro. Ora vengo a vedere il tuo”. Raccatta la canottiera e rientra nel giardino: “Accidenti, ma quanto lavoro hai fatto! Quindi qui potremmo seminare? Ma mettiamo i fiori qui davanti. Che bello”.
Michele lo prende per mano: “Guarda che il sole sta scendendo, se vuoi vedere il tramonto dietro la casa è ora di andare”.
Non ci sono costruzioni a disturbare la visione del panorama, solo qualche albero e i monti all’orizzonte. I ragazzi si siedono tra i fiordalisi e abbracciati si godono lo spettacolo del sole che scende, incendiando il cielo.
“Sei sudato Diego non ti prenderai un accidente?”.
“Sei sudato anche tu Michele, e sai di erba” Diego si inginocchia davanti a lui, accarezzandolo tra i peli morbidi del torace, scendendo fino ai fianchi mentre con la lingua disegna sulla sua pelle. “Sei salato, sei buono Michele”. Le sue labbra catturano i capezzoli, e la lingua li tortura dolcemente. Michele ad occhi chiusi si gode l’attacco del compagno, che lo fa coricare tra l’erba continuando a baciarlo, salendo alla gola, al mento arrivando finalmente alla bocca. Il bacio di Diego è dolce, la lingua accarezza le labbra di Michele, finalmente le bocche si uniscono. Il bacio lunghissimo li illanguidisce e Diego riapre gli occhi trovando quelli di Michele fissi nei suoi. Si sorridono, si baciano di nuovo, poi Diego si rialza per togliere i calzoni a Michele che ha un ultimo pensiero, si guarda intorno, ma Diego sicuro lo ferma: “Michi è tutto recintato, il cancello è chiuso, può vederci solo chi vuole farlo” gli toglie anche i boxer, lentamente, accarezzandolo lungo le gambe, sale con le mani e con la lingua mentre Michele geme in suo potere. La bocca di Diego corre sul sesso di Michele riempiendolo di piccoli baci. Lui lo chiama implorante. Diego si distende sopra di lui e lo fissa negli occhi torbidi: “Sei mio Michele vero? Sei tutto mio!”. “Sì Diego, sono solo tuo, solo tuo”. Diego sorride, gli da’ ancora un bacio sulla bocca, poi si piega ad accogliere tra le labbra il suo sesso, lo bacia e lo mordicchia mentre Michele si dimena sotto di lui: “Diè, se hai deciso di farmi morire, ce l’hai quasi fatta… Diego…”. Finalmente Diego lo accontenta percorrendo con la bocca il suo pene, mentre le mani lo accarezzano tra le cosce, fino ad arrivare lui questa volta a toccare il punto più sensibile di Michele, penetrandolo con le dita: “Cazzo Diego, fermati… no… non fermarti…oddio Diego, cosa mi fai: basta!” Michele lo afferra quasi con violenza e lo toglie da lui inchiodandolo nell’erba, salendo sopra di lui, e fermandogli le mani accanto alla testa: “Diego, hai scherzato col fuoco ma adesso tocca a te, cazzo Diego se tocca a te”. Lo bacia con attenzione sulla bocca, pur nella frenesia del momento, ma quando scende a mordergli i capezzoli non bada più a nulla, mentre Diego si lamenta:”Ah, mi fai male Michi… continua, però continua…”. Continua a tenergli ferme le mani, e morde e succhia tutta la sua pelle, arriva al pene turgido e lo prende tra le labbra mentre Diego mormora qualcosa di incomprensibile, si inarca, si muove sotto le mani di Michele; lui gli accarezza la bocca e Diego bacia le sue dita, le lecca sembra impazzire sotto al suo tocco. Michele gli allarga le gambe e lo solletica, lo penetra piano con le dita, poi finalmente entra in lui, cominciando a muoversi piano e aumentando via via che Diego lo sollecita, muovendosi a sua volta contro di lui. Quando sta per venire gli afferra il pene con aggressività e Diego grida davvero stavolta, tanto non c’è nessuno lì vicino che può sentirli. Michele si lascia cadere su di lui, sfinito mentre Diego ansima, cercando di riprendere fiato. Quando Michele si stende accanto a lui Diego gli si rifugia tra le braccia, ancora scosso. “Come stai Diè? Ho paura di aver esagerato, sono stato un po’ violento, ma non riuscivo a fermarmi, avrei potuto mangiarti piccolo. Diavolo se ti amo”. Diego punta gli occhi nei suoi: “Non amarmi mai in nessun altro modo, Michi. Cazzo, mi hai fatto volare davvero, io non sapevo più dov’ero, ma sapevo che ero con te e bastava. Quanto ti amo, quanto Michi”. Restano distesi nell’erba, avvinti, stretti, scambiandosi amore solo con la pelle, finchè il freddo non li costringe ad alzarsi. “Vieni piccolino, si è alzata l’aria anche, vieni che entriamo”. Michele raccoglie i vestiti e stringe a sé Diego: “Non riesco ad allontanarmi Diego, è un bel sortilegio”. Diego annuisce: “E’ una meraviglia Michi”. Ancora nudi, abbracciati stretti nel buio rientrano in casa.

3 commenti:

  1. Sono davvero così felici. E dopo quello che hanno passato era ora che avessero un momento per stare da soli e soprattutto che potessero realizzare i loro sogni. Anche se in questo caso il sogno era di Michele. Che sexy quando fanno l'amore sul prato tra i fiori e quando vedono tramontare il sole.

    RispondiElimina
  2. E' fantastico come non riescano a stancare nemmeno i momenti apparentemente noiosi, dove si parla di soldi, di progetti a media scadenza. Dove l'azione langue. Perché? Un po' perché ti innamori dei personaggi e vorresti sapere anche quante volte mingono, un po' perché riesci a descrivere le cose in maniera così reale da lasciare lo spettatore conquistato che non riesce proprio a smettere più. E così accade a me. La coerenza di non dimenticare mai il volto di Diego tumefatto visto dagli occhi di chi gli vuole bene, ma non dagli occhi suoi che, povero, non ha nemmeno il coraggio di guardarsi allo specchio. La cena diventa per lui l'aggancio al futuro, quel futuro fatto anche di momenti collettivi e non solo d'amore dopo aver chiuso una porta. E Diego e Michi non hanno nemmeno bisogno di chiuderla questa porta, visto che li attende un intero prato di fiordalisi, ammantati tra il sudore, l'erba bagnata e l'odore di vernice. Non penso ci siano tante cose più belle...

    RispondiElimina

 

caparezzamadiego Copyright © 2011 Design by Ipietoon Blogger Template | web hosting