venerdì 27 settembre 2013
Ora come allora, capitolo dieci
Titolo: Ora come allora (Una vacanza
indimenticabile)
Autori: Giusipoo/Annina
Pairing: lo
scoprirete leggendo
Genere: AU/Commedia/Romantico/Erotico/Introspettivo/Flashback/A
più voci
Rating: PG, slash, NC 17
Disclaimer: come sempre è tutto frutto di fantasia. Abbiamo attinto
a quella e alle immagini di sei personaggi interessantissimi.
due ragazzi cercavano
un passaggio per il sud
Capitolo 10
Diego
Mi sta prendendo in giro capite! Così gridai, vero?
La solita checca sfranta! Però mi sentivo male davvero. Non era il mio amor
proprio a sanguinare come dopo che era successa quella cosa con Nicola, qui era
il mio cuore che si era spezzato dopo aver sentito le parole di Michele. Ero
venuto a cercarti per chiederti se volevi fare un giro con me per la città o se
preferivi mangiare un boccone in compagnia degli altri. Mi avvicinai e mi
sedetti dietro la siepe che delimitava il ristorante, tu non potevi vedermi, ma
ero proprio lì dietro. Non ti stavo spiando, anche perché non capivo una sola
parola di quel che dicevi, per me poteva anche essere aramaico. Ma quello che
ascoltai subito dopo, o sì che lo capii. Parlavi con Raffaella, e le dicevi che
le volevi bene, che la volevi vedere… sentii il mio cuore che mi abbandonava
letteralmente, per scapparmi oltre le costole. Scappai anch’io e vi venni a
cercare, anche se mi sembrava di non vederci bene: non mi ero nemmeno reso
conto che stavo piangendo, figurati come stavo. No io non ci potevo pensare che
mi avevi usato, non tu, non il primo uomo di cui mi ero veramente innamorato,
quello con cui avevo fatto l’amore per una notte e un giorno come non l’avevo
mai fatto con nessuno. Quello che mi aveva sussurrato parole dolci per tutta la
notte, che mi aveva ripetuto che mi amava, mi amava. Non poteva essere vero.
Eppure io quelle parole le avevo sentite.
Fabio
Mi spaventai davvero, Diego era distrutto: era
passato nel giro di poco tempo dalla felicità più pura, alla disperazione. Si
lasciò cadere a terra, appoggiato alla ruota del pulmino e si ripiegò su sé
stesso, piangendo disperatamente. Doveva davvero soffrire le pene dell’inferno.
Io e Gabri ci inginocchiammo vicino a lui, e mentre Gabriele gli accarezzava i
capelli, tenero, io cercai di parlargli. Ma non ce n’era, Diego non ascoltava,
piangeva e continuava a ripetere la stessa litania “Michi no, non lui, non lui”… mi guardai intorno, magari Davide, il
suo migliore amico, avrebbe potuto fare meglio di noi, ma si era già avviato al
ristorante con Nicola. Dissi a Gabriele di correre a cercarlo, ma lui non ne
volle sapere, continuava a tenere stretta la mano di Diego, non lo voleva
lasciare così. Allora feci a modo mio, ti presi per le spalle e ti scrollai
forte, minacciando di darti uno schiaffo se non la piantavi subito di frignare.
Mi guardasti con quegli occhioni che hai tu, Diego: smettesti di piangere, sì,
ma i singhiozzi non si fermavano, mi sembrava quasi che faticassi a respirare.
Allora ti parlammo a turno, io e Gabriele, ti facemmo delle domande e tu rispondevi
a spizzichi, ma capimmo quel che era successo. Nessuno di noi due ci credeva
però, ti eri sbagliato per forza. Avevo parlato un po’ con Michele prima, era
felice anche se ancora un po’ frastornato, e per forza, vista la situazione, ma
mi aveva detto stava vivendo un momento bellissimo della sua vita. No, Michele
non era un bastardo, te lo dissi, te lo ripetei, ma tu a quel punto sembravi
catatonico.
Gabriele
Ero sconvolto anch’io, non avevo mai visto nessuno
piangere così, forse nemmeno io la mattina prima, dopo il casino con Fabio
avevo pianto così.
Il mio amico era fatto di dolore.
Quando Fabio ti scrollò per farti smettere di
piangere, mi facesti una pena esagerata sai? Avevi gli occhi persi, ma ci
ascoltavi però. Te lo spiegammo che avevi capito male, che sì che Michele aveva
una ragazza a Molfetta, ma l’avrebbe piantata no? L’aveva detto, l’avrebbe
fatto. Ma tu niente, scrollavi la testa, sussurrasti che l’avevi sento tu che
le diceva che le voleva bene, che non vedeva l’ora di vederla…
Fabio ti urlò che, cazzo, certo che le aveva detto
così, mica poteva piantarla per telefono, che Michele era uno a posto, mica uno
stronzo. Niente. A un certo punto non ci ascoltavi più: ti alzasti in piedi e
guardandoti intorno con occhi smarriti, salisti nel pulmino e ne uscisti subito
con la tua solita borsa a tracolla, e ti avviasti verso la strada. Io e Fabio
ci guardammo stupiti, poi ti corremmo appresso, e ti prendemmo per le braccia,
ma ci scrollasti via. “Vado a fare un
giro, ci vediamo. Non mi ammazzo, potete anche lasciarmi andare”. Furono le
tue parole. Io non ne ero così tanto sicuro. Che non saresti andato ad
ammazzarti dico, ma Fabio mi impose di non dire sciocchezze, che forse era
meglio così, una passeggiata ti avrebbe schiarito le idee. Te ne andasti.
Davide
Vi vidi arrivare al ristorante gesticolando, tu che
parlavi con Gabriele, sembravi anche arrabbiato, e Gabri con quell’espressione
afflitta… Io ero seccato perché vi stavamo aspettando da mezz’ora ormai. Va
beh, la mia mania per la puntualità, sapete, solo quello, tanto fino a sera il
concerto non sarebbe iniziato, avevamo tempo per mangiare e per provare, e
anche per farci un bagno, se ci andava.
Stavamo appunto parlando di Diego con Michele. Lui mi
diceva che si trovava così bene con te, e io gli spiegavo che ti conoscevo da
anni, che eri un piccoletto pieno di risorse, talentuoso, che adoravi studiare
e suonare, e che eri l’amico ideale per chiunque, quello sempre presente. Il
tuo unico neo, questa sensibilità esasperata, che però era anche quella che ti
faceva essere così in gamba: arte e musica non esisterebbero senza le anime
come te. Michele era estasiato a sentirmi parlare così del suo amore, così si
espresse. Ti amava, altroché se ti amava. Mi aveva anche parlato della
telefonata che aveva fatto a casa, di Raffaella, che avrebbe lasciato appena aveva
tempo di parlarle. Gli spiaceva farla soffrire, ma ormai aveva capito che
voleva solo te, Diego, nella sua vita. Per Michele, da quella persona retta che
è, era un disagio quello di avere questa relazione ancora aperta mentre si era
già messo con te. Fui io a dirgli che non era certo colpa sua, se si era
innamorato all’improvviso, di stare tranquillo. Fra pochi giorni avrebbe
risolto la situazione, e non avrebbe più avuto rimorsi. Certo voi due, che
complicati con tutte queste pare! Ma siete due persone sincere e generose, e la
fortuna è tutta nostra che siamo vostri amici.
E arrivaste voi a portarci la notizia della sclerata
di Diego. Michele impallidì quando ci raccontaste quel che era successo. Anche
a me spiaceva non esserci stato per Diego quando aveva bisogno. Mi sentii anche
un po’ in colpa, stavo sempre appiccicato a Nicola, e quando il piccoletto
aveva avuto bisogno di me, io non c’ero. Ma chi poteva prevederlo? Guardai
Fabio e Gabri, e pensai a quello che era successo il mattino prima sul
traghetto: The comedy of errors… Va beh, anche senza
scomodare Shakespeare, comunque era un bel casino!
E adesso dove diavolo poteva essere andato quel benedetto ragazzo!?
Michele
Forse non ero uno stronzo, ma mi sentii anche peggio. Mi misi nei panni
del mio ragazzo: cosa avrei pensato se avessi sentito una telefonata del
genere? Beh, io sarei andato subito a chiedere spiegazioni, ma per quel che già
sapevo di Diego, la razionalità non era il suo forte, lui era un istintivo…
pensai a quanto doveva soffrire adesso, vi giuro, mi sentivo male al pensiero,
mi si contorceva proprio lo stomaco, non potevo pensare al mio Diego che
soffriva, e soprattutto non potevo pensare di essere io la causa della sua
sofferenza. Mi misi letteralmente le mani nei capelli. Dovevo trovarlo. Dovevo
trovarlo e scusarmi con lui, farmi perdonare, fargli capire che il mio cuore
ormai era solo suo. Ma dove poteva essere andato? Io non conoscevo Agrigento,
ma penso nemmeno lui. Comunque non potevo certo starmene lì con le mani in
mano, sarei andato a cercarlo ovunque, l’avrei trovato e avremmo sistemato
tutto. Il nostro era stato un incontro voluto dal destino, da tutta una serie
di fortunati eventi, non poteva finire tutto così.
Di mangiare non se ne parlava nemmeno, non sarei riuscito a ingoiare
nemmeno un sorso d’acqua. Voi cercaste di trattenermi, dicevate che non
sapevamo dove andare a cercare, che lui poteva essere ovunque, che la città era
grande, non lo avrei mai trovato. Vi risposi che dovevo farlo, che se volevate
aiutarmi andava bene, altrimenti niente, amici come prima. Gabri disse che se
non mi spiaceva sarebbe venuto con me. Facemmo due squadre, con me Gabriele e
Fabio, e partimmo tutti alla tua ricerca Diè. Davide disse che ci saremmo
ritrovati lì al ristorante alle sei.
Ti cercammo ovunque, perlustrammo la città in ogni vicolo, in ogni
chiesa, chiedemmo anche alla gente che incontravamo, se ti avevano visto, un
ragazzo magro, con ciuffo e piercing, ma nessuno ti aveva notato. Alle sei,
stanchi morti, tornammo al ristorante e poco dopo arrivarono anche Nicola e
Davide, che avevano battuto l’altra parte della città. Niente da fare, di te si
erano perse le tracce.
Mi diceste di stare tranquillo comunque, saresti tornato una volta
elaborata la notizia e poi non saresti mancato al concerto, non li avresti
lasciati nei guai. Davide disse che bisognava andare a provare, che quella sera
saremmo stati i primi ad esibirci, alle nove e mezza, quindi responsabilità
doppia, come per tutti quelli che aprono i concerti quando il pubblico non è
ancora caldo. Io pensai che eravate pazzi se pensavate che avrei suonato come
se niente fosse, e ve lo dissi.
La tua risposta laconica Davide, fu: “The show must go on”.
Davide
Ora non vorrei sembrare un gretto insensibile, perché detta così, mi
fai sembrare un orco. Ma purtroppo i problemi erano due: la sparizione di Diego
certamente era il più importante, quello che dava più angoscia, ma anche la
penale che avremmo dovuto pagare se avessimo abbandonato lo spettacolo non era
un pensiero da poco. Tu non lo sapevi Michele, ma il prezzo da pagare è più
alto di quanto ti compensano per suonare. E il festival di Agrigento era
l’unico dove il comune stanziava qualcosa. Gli altri li avevo legati per
comodità. Cinquecentomila lire non compensavano nemmeno la metà delle spese, ma
se non ci fossimo presentati ne avremmo dovute pagare il triplo! Il pensiero di
Diego, di come stava, di dove si era cacciato non ci abbandonava, ma non
sapevamo cosa fare per trovarlo. Andare alla polizia era escluso, dopo poche
ore non ti ascoltavano nemmeno. E poi la sua non era una sparizione improvvisa
e inspiegabile, era lui che voleva stare lontano. Certo che ero in pensiero per
lui, certo che temevo che avrebbe fatto qualche sciocchezza, ma non sapevo
proprio come fare, cosa fare, come tutti voi.
A quel punto suonare se non altro ci avrebbe un po’ risollevato: voi
foste d’accordo con me. Provammo, poi mangiammo un boccone in uno stand del
festival, quello cubano, ma scommetto che nessuno di noi sentì il sapore del
cibo. Ormai non parlavamo nemmeno più fra noi. Michele probabilmente mi odiava,
ma anche lui aveva fatto le prove con noi. Ancora un’ora e suoniamo, ti dissi,
poi andremo ancora a cercare Diego se nel frattempo non sarà arrivato, ma
vedrai che arriverà. Annuisti e basta, lo sguardo angosciato.
Michele
Non sapevo cosa fare. Avrei continuato a girare ma mi rendevo conto che
era inutile, non ti avrei trovato mai. Non mi restava da fare altro che
aspettarti. Ma avevo paura, una paura folle che ti fosse capitato qualcosa o
che avessi fatto qualche sciocchezza. Tutta la mia razionalità spazzata via in
un attimo. A quel punto dovetti dare ragione a Davide: meglio suonare che stare
lì in agonia ad aspettarti. Oh, ti odiavo eccome Davide! Mi facevi così la
persona assennata, sicura di te. Dopo capii che lo facevi per me, per far sì
che non mi angosciassi troppo, e ti ringraziai. Ma quando ti vidi usare il
synth di Diego, ti giuro, la mia parte animale ti avrebbe tramortito di pugni.
Non solo non ti preoccupavi per lui, secondo me, ora usavi anche il suo
strumento, quello che lui adorava, che trattava come una reliquia. Oh sì, avrei
proprio voluto picchiarti Davide.
Davide
E quasi quasi lo facevi davvero, finito il concerto, che a dispetto di
tutto andò bene. Suonammo per quaranta minuti: dopo i primi cinque minuti di
silenzio da parte del pubblico, che mi mandarono definitivamente in paranoia,
se già non bastava il pensiero di Diego, qualcuno cominciò a ballare, qualcun
altro a battere le mani, insomma alla fine avemmo un successo insperato, con il
pubblico in delirio. Beh, quasi. C’era gente che se ne intendeva ad Agrigento
di musica. Ma lasciava l’amaro in bocca che non ci fosse Diego a riscuotere la
sua parte di successo, proprio lui che era l’anima della band. Quando lo dissi
tu mi aggredisti, dicendo di non fingere che adesso mi mancava Diego, che non
me ne fregava niente di lui, che avevo anche usato il suo strumento senza il
suo permesso… me ne dicesti tante, che non me le ricordo nemmeno più, ma quando
mi venisti davanti minaccioso, intervenne Fabio. Ti prese e circondandoti le
spalle con un braccio ti guidò lontano, ti parlò, ti calmò e poi tu venisti a
chiedermi scusa. Beh, insomma, a quel punto Gabri cominciò a piangere, e in un
attimo tutti eravamo in preda a una crisi di pianto collettiva. Tutti tranne
Nicola, lui era troppo etero ancora per piangere.
Nicola
Non è questione di etero Davide, è che ognuno ha il suo carattere. Io
non avevo mai pianto nella vita, e non lo feci nemmeno quella volta. Però,
posso dire che dopo mi capitò di piangere, e anche più di una volta. Mi avrete
contagiato. O sarò diventato davvero abbastanza frocio, chissà! Comunque io non
la vedevo così tragica come voi. Diego se n’era andato per far sentire in colpa
Michele secondo me, e ci stava riuscendo benissimo. Insomma, lo vedevo un po’
come uno stronzetto, e in più complicava la vita a tutti noi. Io a quell’ora
avrei preferito rinchiudermi nel pulmino col mio compagno di scopate. Però,
quando arrivò mezzanotte e il ragazzo non era ancora tornato, cominciai a
chiedermi se avessi torto. A quel punto, andai in paranoia anch’io, e mi sentii
un po’ causa anch’io del suo malessere, per come lo avevo trattato. Poi si sa,
quando succede qualcosa, si tirano fuori tutti i sensi di colpa nascosti no?
Durante questo psicodramma che si svolgeva mentre eravamo tutti nello
stand della birra, arrivò l’organizzatore del festival dell’Unità. Ci guardò
strano, ma non disse nulla, ci offrì un giro di birre e ci chiese se volevamo
suonare anche il giorno dopo, visto che eravamo andati benissimo e diversi
erano già andati a chiedere se ci saremmo stati ancora.
Fabio
Risposi io perché tutti gli altri si erano come spenti. Dissi che ne
saremmo stati più che felici, ma che avevamo delle difficoltà, e a grandi linee
gli spiegai il nostro problema. Ci disse di aspettare un attimo e tornò con un
paio di uomini del servizio d’ordine. Ci dissero che se Diego non fosse tornato
entro la mattina, avrebbero organizzato loro una battuta per cercarlo, e fatto
partire il tam-tam presso le altre sezioni di partito. Accettammo sia di
suonare, sia l’aiuto.
Spiegammo che avevamo provato a cercare in città, ma che non c’era
stato niente da fare. Uno dei due ci chiese se avevamo provato ai templi. Ci
guardammo, negando. A quel punto tu Michele saltasti su come se ti avesse morso
una tarantola: il Tempio di Giunone, dicesti, ci volevate andare perché… non ci
spiegasti il perché, ma sussurrando “sono proprio un coglione” partisti
senza dire niente verso l’uscita della festa. Ti raggiungemmo tutti di corsa,
andavi come un pazzo, tutti a chiederti se volevi andare a piedi nella valle.
Ci guardasti interrogativo, senza fermarti, lo sguardo era allucinato. Fu Nico
ad urlarti di non fare il deficiente, di aspettare che andava a prendere il
pulmino. Gli tesi le chiavi e lo invitai ad andare a prenderlo, veloce.
Vito, il segretario e uno dei due energumeni presero una macchina, e ci
dissero di seguirli, ci avrebbero portato loro verso la Valle dei Templi. In
mezz’ora guidando velocemente per le strade sgombre, arrivammo proprio sotto al
Tempio di Giunone. Michele ci deve ancora dire oggi perché proprio quello di
Giunone, è rimasto un segreto fra voi, anche se un’idea ce la siamo fatta.
Pile alla mano e con più di un filo di paura ad aggirarci in quei
posti, entrammo nel tempio, e dopo poco, vicino a una colonna, vedemmo un
movimento…
Michele
Sì, ti vedemmo alzarti e
venire verso di noi. Con sollievo ti chiamammo tutti, in un coro di finalmente,
ma come ti è venuto in mente, come stai… solo io stavo zitto e ti guardavo,
notavo il tuo viso stravolto, i tuoi occhi gonfi, era terribile vederti così. I
ragazzi ti avevano circondato e ti abbracciavano, ti baciavano, felici che tu
stessi bene. Solo Nicola naturalmente se ne stava in disparte assieme ai
militanti, ed io che ero paralizzato, che non sapevo come comportarmi, come mi
avresti accolto. Quando ti lasciarono libero, feci un passo verso di te e
allungai una mano: se tu non me l’avessi presa, penso che sarei morto lì.
Infatti tu non la degnasti di un’occhiata, ma solo perché ti gettasti contro di
me, abbracciandomi. Sentire le tue braccia fredde intorno al mio collo era
tutto quello che volevo, pensai. Ti strinsi fino a soffocarti, e non dicemmo nemmeno
una parola. Gli altri intanto si allontanarono, qualcuno disse vi aspettiamo
giù. Oh Diego mio, che momento che fu. Mi chiedesti di perdonarti. Tu volevi
essere perdonato? Ti dissi che tu dovevi perdonare me. In un attimo ti spiegai
le mie ragioni, il perché avevo parlato così a Raffaella, ma tu mi
interrompesti, dicesti che lo sapevi, che avevi avuto modo di pensare a tutto e
che avevo ragione io. Che ti eri comportato come un ragazzino, ma il solo
pensiero di perdermi ti faceva diventare matto. Ti strinsi, ti baciai, ti
accarezzai e ti chiesi perché, perché diavolo restare lì, di notte che faceva
anche paura ‘sto posto, di notte, e forse un po’ anche di giorno. La tua
risposta mi disarmò: avevi perso il pullman. Solo per quello non eri tornato
indietro. Cominciai a ridere, e dopo un po’ ridevi anche tu. Sembravamo due
pazzi, lì abbracciati in mezzo a un tempio, a ridere come scemi. Ti chiesi di
non fuggire più da me, ti giurai che ti amavo, che non amavo che te e che ti
avrei amato per sempre. Mi giurasti la stessa cosa. E va bene, ora ve lo dico
se non l’avevate già capito da soli: nel Tempio di Giunone si celebravano i
matrimoni. E noi in quei dieci minuti che rimanemmo lì da soli, ci sposammo.
Diego
È vero amore, ci sposammo per sempre. Come dicesti tu: per sempre.
Senza anelli, senza prete e senza testimoni. Non come si fa oggigiorno che dopo
un po’ si scappa a divorziare. Il nostro amore non sarebbe mai finito, si
sarebbe nutrito della nostra amicizia, affetto, passione. Non saremmo mai stati
più divisi, mi dicesti, nemmeno per poche ore. Sposati per sempre. Tu mi
chiedesti che avevo fatto in quelle ore e io ti spiegai amore. Quando scappai
via ero deciso a non tornare mai più indietro, non sapevo dove sarei andato, ma
via, non volevo più vedere Michele, quello che mi aveva tradito e deluso, ero
veramente disperato. Avevo camminato come un pazzo per qualche ora per vie del
paese, per poi infilarmi su un autobus per andare nella Valle dei Templi. Lì
avevo dato un’occhiata in giro, e poi mi ero rifugiato nel tempio dove poi mi
avete trovato. Sapevo tutto di quel luogo, mi aveva sempre affascinato. Mi ero
seduto sotto a una colonna per riposarmi e per riflettere. Ripensai a quello
che avevo sentito, e realizzai che Michele non avrebbe potuto comportarsi in
altro modo, che ero stato un vero coglione. Ripensai ai due giorni trascorsi
con lui, e non ebbi più dubbi: Michele mi amava, e se si era già messo con me
nonostante avesse una fidanzata al paese, era perché mi amava davvero tanto.
Uno come lui non lo avrebbe fatto se non perché era follemente innamorato, lui
era troppo onesto. Rividi tutti i momenti sul pulmino, nel bungalow, e
soprattutto la sera prima, sulla spiaggia. Cristo, ma come avevo potuto anche
solo dubitare per un attimo di lui? Dovevo tornare subito indietro, dovevo
venire subito da te, chiederti perdono, dirti che ti amavo. Mi alzai e mi
precipitai verso il punto da dove doveva partire l’autobus, solo per vederlo
sparire oltre la curva. Ed era l’ultima corsa. Guardai attorno a me, ma non
c’era rimasto nessuno, nemmeno l’ombra di un umano nei dintorni. Cominciai ad
aver paura, rimanere tutta notte in quella valle, beh, non l’avevo proprio
messo in conto. Vidi poco lontano una cabina telefonica: anche se non sapevo a
chi, avrei cercato di telefonare a qualcuno, ma non avevo una tessera
telefonica, e comunque il telefono non funzionava. Pensai di tornare a piedi,
ma non ce l’avrei fatta, e disperato tornai a sedermi sotto alla colonna, dove
poi mi trovaste. Ero spaventato, infreddolito, e avevo anche paura che Michele
si sarebbe arrabbiato con me, magari mi avrebbe anche piantato, che non aveva
bisogno di una simile piaga nella sua vita. Quanto più tardi sentii il rumore
delle auto che si avvicinavano, non sapevo se avere più paura, o se essere
finalmente tranquillo: oh, poteva essere chiunque. Ma vi sentii chiamarmi: che
sollievo, il cuore mi fece una capriola dalla felicità. Ma subito ne fece
un’altra per l’ansia: e se Michele era arrabbiato? E se non mi voleva davvero
più? E se non era nemmeno venuto lui, perché magari … tornai a respirare solo
quando ti vidi Michi.
E sì, dopo un po’, ci stavamo sposando nel tempio…
Gabriele
Ero così felice che avevamo
trovato Diego! Era stata una giornata terribile, ma ora andava tutto meglio. Ringraziammo
i nostri accompagnatori, con la promessa di presentarci il pomeriggio seguente
al festival, e salimmo sul pulmino. Voi due vi metteste dietro a baciarvi.
Continuaste per tutto il viaggio di ritorno, senza staccarvi un solo attimo.
Avevate sicuramente battuto il mio record con Fabio! Mentre quello di Nicola e
Davide, da Salerno a Villa San Giovanni mi pare, no? Beh quello era
imbattibile!
Nicola
Quel record si può
stracciare benissimo anche ora... (prende Davide tra le braccia e ricominciano a baciarsi)
Gabriele.
Dicevamo ecco: arrivati alla radura dove avevamo piantato le due tende,
proprio dietro allo spiazzo dov’era il festival, scendeste: come faceste a
scendere dal pulmino senza smettere di limonare, senza staccarvi proprio,
intrecciati, ancora non l’ho capito. Vi staccaste solo un attimo, tu Diego ci
chiedesti di scusarti, dicesti che ci volevi bene e che se non spiaceva ci
avresti spiegato tutto la mattina dopo a colazione. Ti dicemmo che per noi
andava bene e in un attimo eravate già spariti dentro alla vostra tenda.
Ci salutammo anche noi, e ci demmo appuntamento per il mattino dopo.
Quella notte nella radura sotto la luna piena, tutti facemmo l’amore,
vero?
Diego
Oh, penso proprio di sì! Riuscivo a sentire i tuoi gemiti Gabri. Tu e
Fabio eravate partiti in quarta, nessuno di voi era stanco? E vi collocaste a
pochi metri dalla tenda e dal pulmino, a scopare tra le rocce scogliose. Mentre
io e Michi prima di amarci dovevamo ancora parlare, confrontarci. Ma le parole
durarono meno di quanto preventivato. Eravamo novelli sposi no? E quella sotto
la tenda la nostra prima notte di nozze! Mi lasciai togliere i pantaloni da
Michi, un bermuda ormai logoro tra polvere, salsedine e sudore. Ti chiesi di
non farlo, che prima avrei voluto darmi una lavata, ma in Michele era partito
l’istinto animale e mi confidò che nemmeno lui si era lavato, e che preferiva
finire di sporcarsi. Quando iniziò a toccarmi con decisione tra le gambe, le
mie remore finirono in mare. Persi la testa e accolsi il mio amore.
Dimentichi di tutto andammo avanti per diversi minuti, godendo
completamente l’uno dell’altro, gridandoci quanto ci amavamo. Solo la luna, da
uno spiraglio nella tenda, riusciva a vederci. Ma a sentirci immagino tutti!
Forse anche qualcun’altro. Fortuna che nessuno chiamò la polizia.
Gabriele
Avevamo già rischiato la polizia dopo la tua fuga Diegone, ma la prima
notte ad Agrigento, scopando così dove capitava, beh rischiammo sul serio una
bella denuncia per atti osceni! Io penso che Fabio ed io fossimo abbastanza
riparati dagli sguardi. Anche se non ero propriamente comodo, a cavalcioni,
seduto di spalle a Fabio, riuscivo ad intravedere la tenda muoversi e Michele e
Diego strillare quanto si amavano. Ricordo che ad un certo punto Fabio mi mise
la bocca all’orecchio e mi disse qualcosa tipo: “Quanto romanticismo in
questa radura...”
Fabio
Vero! Ti dissi proprio così. Anch’io intravedevo la tenda agitarsi, le
urla dei nostri amici, e anche il pulmino, poco distante, muoversi a ritmo di
samba. Era proprio una serata perfetta per l’amore. Diego era tornato a casa,
il concerto un successo. Davide specialmente era su di giri. Davide, dico a te,
se ti stacchi un attimo da quella piovra di Nicola continua a dire tu. Tocca a
voi! Come andò nel pulmino?
Nicola
Faccio il galante e continuo io. Va bene, è chiaro che i cinici della
compagnia eravamo noi due. E anche se c’era stato un momento che avevo temuto
il peggio per Diego, ora, sentendolo le sue urla di piacere, mi ritrovai a
pensare: ma guarda un po’ quel frocetto! Prima ci fa cagare sotto dalla paura a
tutti e poi si fa sbattere come una baldracca da mio cugino, che sapevo essere
un bel torello dal punto di vista sessuale, insomma in paese i pettegolezzi
girano no? Lui era il timido e il serio della famiglia, ma le troie che lo avevano
provato avevano la lingua lunga! Ma dai Michi, non guardarmi così! Dopo mi sono
pentito di aver pensato che Diego era una baldracca. La cosa però era pure
molto eccitante, per questo più passava il tempo e più ero felice di trovarmi
dove ero, tra le braccia di Davide. Vi ho detto che mi stavo innamorando di
lui? Beh quella notte glielo dissi sì. Erano le quattro ormai o giù di lì. Dopo
una ricca inculata reciproca durata uno sproposito, non riuscivamo più a
prendere sonno, forse non era solo l’inculata, forse c’entrava l’adrenalina del
concerto, la fuga di Diego, non so, ma uscimmo dal pulmino ed iniziammo a
chiacchierare. La tenda si era finalmente fermata e si sentivano solo i respiri
dei due occupanti. Dall’altra parte, tra la spiaggia e gli scogli c’erano Fabio
e Gabriele che dormivano abbracciati sopra un telo, coperti da un plaid. Davide
mi prese per mano e ci incamminano sulla sabbia. C’era un cielo bellissimo e io
dopo pochi discorsi vaghi mi bloccai. Tu ti fermasti un po’ sorpreso, mi
sorridesti in attesa. Così presi il tuo viso bellissimo tra le mani e ti dissi
che ti amavo. Non dico che era la prima volta che lo dicevo. Ad altre trenta
ragazze almeno lo avevo detto, ma sempre per avere da loro un po’ di piacere.
Invece con te avevo tutto il piacere del mondo e non lo so che mi prese, ti
dissi che ti amavo ma non c’era scopo. Era vero e mi sembrava giusto che tu lo
sapessi.
Davide
Sì, fu tanto bello che mi commossi. Tu eri sincero e io felice. Da
parte mia non c’erano dubbi Nicola: io credo di averti amato fin dalla nostra
prima bisticciata sulla colazione, poco dopo partiti da Torino. E non so se era
per la tua bellezza, la tua sensualità, il tuo modo di parlare. O se c’entrasse
qualcosa il fatto che, nonostante ostentassi questa tua aria da montato
decerebrato, ti dimostravi alla fine un uomo concreto. Ad esempio nel tuo
sbatterti dietro il palco, senza mai uno sbuffo, uno sbadiglio. Sempre ad
incitare, a tenere l’umore alto, anche quando qualcosa andava storto. Anche con
Diego fuggito chissà dove, con me che mi dividevo tra chitarra e synth e tu che
continuavi a srotolare cavi, passare gli strumenti, ad incoraggiarci con lo
sguardo. Cavolo se ti amavo Nicola. E te lo dissi. Con gli occhi pieni di
lacrime te lo dissi. Ti dissi che non mi era mai capitato di perdere la ragione
così per qualcuno e che ora sapevo davvero quello che volevo nella vita. C’era
la mia musica, i miei sogni e le mie ambizioni, ma da tutto ciò non avrei avuto
nemmeno un grammo di felicità senza poterlo dividere con il ragazzo che amavo.
Allora tu ti mettesti a ridere, nella tua maniera priva di sensibilità, come
quando prendi per culo il prossimo. Ti diedi un cazzottino sul braccio e tu mi
trascinasti di nuovo verso il pulmino con la pretesa che continuassimo le nostre
lezioni di chitarra. Albeggiava già.
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Mamma mia che capitolo intenso. L'ho letto con il magone che non riuscissero a ritrovare Diego o che davvero gli fosse accaduto qualcosa di irreparabile, invece non solo si sono ritrovati lui e Michi, ma si sono anche scambiati delle promesse sacre in un luogo così magico come la valle dei Templi soprattutto nel tempio di Giunone, dea del matrimonio. <3 Il mio cuoricino batte all'impazzata in questo momento
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