martedì 10 dicembre 2013

Sui gradini di San Francesco, diciassettesima puntata



Titolo: Sui gradini di San Francesco
Autori: Annina         
Pairing: Diego Perrone/Michele Salvemini
Genere: AU/Commedia/Romantico/Introspettivo
Rating: PG, slash, NC 17

Disclaimer: come sempre è tutto frutto di fantasia. I personaggi sono originali, ho preso in prestito i nomi solo per ispirazione artistica.

Capitolo XVII





Gli toglie il grosso zaino dalle spalle e gli ravvia i capelli con tenerezza: “Cosa c’è Diego? Stai tranquillo piccolo, ora sei a casa”. Lo sguardo dell’amico, che si guarda intorno confuso, gli stringe il cuore. “Entriamo Diè? O preferisci rimanere un po’ all’aria aperta? Aspettami qui, porto dentro lo zaino”.
“Vengo con te” Diego gli si incolla al fianco e lo segue all’interno della casa. Michele appoggia lo zaino nel corridoio: “Abbiamo tempo per sistemare. Io ho già portato qui tutta la nostra roba, anche i tuoi vestiti, i libri, tutto sistemato. Poi ti faccio fare il tour della casa. Dimmi qualcosa, mi sembri spaventato, anche di più di stamattina”.
“Allora abiti già qui?” chiede Diego.
“No, ci sono venuto stamattina dopo che ti ho visto; in attesa di sapere quando ti facevano tornare ho fatto spesa, volevo avere tutto pronto per il tuo arrivo. Mi hai spiazzato in effetti” sorride Michele.
“Hanno spiazzato anche me. Dopo nemmeno mezz’ora che te n’eri andato, mi hanno comunicato che mi avevano concesso i domiciliari. Io non ci speravo. Senti, sei sicuro? Cioè, non ti dà fastidio che mi hai in casa, che verranno i carabinieri tutti i giorni a fare i controlli… non ti fa schifo che sono stato dentro? Ecco, io ho paura che tu…”. Michele non lo lascia finire, gli mette un dito sulla bocca e lo fa tacere. “Dico Diego, che stronzate tiri fuori? Intanto non ti ho in casa, questa casa è nostra, se te lo fossi dimenticato, non mia. I carabinieri non mi fanno né caldo né freddo, possono venire quando vogliono, noi non ci muoveremo da qui e di quello che possono pensare gli altri sai quanto me ne è sempre importato, come a te no? E poi Diego, l’ultima è veramente la cazzata del secolo. Può farmi schifo che sei stato dentro? Sono stato angosciato, addolorato, perso senza di te, ma nient’altro. Poi parleremo di tutto quanto, ora dimmi cosa vuoi fare. Hai fame? Vuoi riposarti, facciamo un giretto fuori? Dimmelo tu”.
Diego gli accarezza la barba e guardandolo negli occhi gli sussurra: “Io vorrei fare l’amore Michi. Non sai quanto lo vorrei”.
Michele fa un grosso sospiro e gli prende il viso tra le mani: “Era quello che volevo proporti io, ma non volevo sembrarti un assatanato! Dico, dopo tre settimane di galera proporti subito di buttarci a letto, mi sembrava poco carino!”.
“Sono io l’assatanato! Ti rendi conto che per tre settimane non ho fatto altro che sognarti? Ho ripensato a tutta la nostra storia, le nostre scoperte, ma quando sono arrivato al nostro mare di fiordalisi credevo di impazzire. Volevo tanto sentirti, toccarti, ma avevo anche paura che tu potessi non volermi più bene come prima”.
“Non è che ti voglio bene, ci amiamo noi; e secondo te posso amarti di meno per quello che ti è successo? So di essere un rompicoglioni, so che hai sicuro ripensato a quando sono tornato da Bari e ti ho trattato come l’ultimo dei delinquenti. Ma a parte che in questo caso tu non c’entri niente, lo stesso non avrei potuto amarti di meno, anche se tu fossi colpevole Diè. Ma non l’ho mai pensato e lo sai”.
“Sai, quando stai da solo ventiquattrore su ventiquattro in una cella, tranne che per gli interrogatori non potevo muovermi dall’isolamento, beh, pensi a tante di quelle cose, ti fai delle seghe… non solo mentali!” ridacchia finalmente Diego.
Michele scoppia a ridere: “Questo è il mio Diego che ritorna! E allora basta seghe finalmente!”.
“Anche tu? Cioè tu mi pensavi, anche tu avevi voglia di stare con me insomma?”.
“Diego mio, di te mi è mancato tutto: certo avevo gli altri ragazzi, ma è con te che volevo parlare, ridere, scopare! Senti ma dobbiamo proprio stare in piedi in corridoio come due cretini, con tutta una casa a disposizione?”.
Per tutta risposta Diego gli circonda il collo con le braccia e gli cosparge il viso di bacetti, arriva alla bocca, e finalmente si baciano, prima con dolcezza, poi con passione. Michele lo stringe forte al punto che teme di spezzarlo. Quando si staccano Diego gli appoggia la testa sulla spalla e lo annusa, strusciando il naso lungo il collo. “Quanto mi mancava il tuo profumo Michi: un’immagine, un viso lo puoi vedere mentalmente, ma un profumo è difficile: eppure a volte mi sembrava di sentirlo, magari di notte, mi svegliavo e sentivo questa tua essenza…”
“Essenza addirittura! Che poi lo senti solo tu, è una tua fissazione”.
“Meglio se lo sento solo io, vuol dire che sei proprio solo mio, che sei nato per me, che ti ho riconosciuto! Io però vorrei fare una doccia, perché su di me sento solo odore di chiuso e di tristezza e voglio togliermi tutti e due”.
Michele annuisce: “Vai, ti aspetto intanto preparo un caffè…”.
Mentre Diego si chiude in bagno, Michele prepara la caffettiera e si siede al tavolo della cucina. Il suo ragazzo è spaventato, lo vede dagli occhi, però sta cercando di reagire. Ma se penso che potrebbero riportarmelo via… no, scapperemo. Se mai sarà, scapperemo. Meglio latitanti che divisi, meglio fuggiaschi, che io fuori disperato e lui dentro a morire…
E’ talmente assorto nei suoi pensieri scuri che non sente Diego entrare e spegnere il fornello: “Michele, a momenti il caffè se ne andava tutto, guarda che casino! A cosa stai pensando di così impegnativo che non ti ha fatto sentire nemmeno il suo profumo, proprio tu che lo adori”.
Michele lo guarda: Diego ha solo una salvietta legata sui fianchi, i capelli umidi pettinati indietro, e quegli occhi così belli… Allarga le braccia e Diego vi si rifugia subito, sedendoglisi in braccio.
Michele lo tasta, lo accarezza, lo sente tanto magro sotto le sue mani: “Mi sei dimagrito ancora di più Diè, ma come sei bello” si impossessa della sua bocca mentre gli toglie la salvietta dai fianchi e glieli accarezza, gira intorno fino a trovare il suo sesso, mentre Diego si inarca e spinge indietro la testa lasciando il collo pronto per ricevere i baci di Michele. Dopo un attimo però si sottrae alle sue carezze: “Michi, fermo o tra un secondo per me sarà tutto finito”.
Michele sorride, si alzano e gli circonda le spalle con un braccio: “Vieni con me, andiamo in camera nostra, andremo piano, ci fermeremo e riprenderemo…”.
“Ma non volevi bere il caffè?” Diego lo guarda sornione.
“Cazzo me ne frega del caffè Diego” Michele lo divora di baci, e Diego sente il cuore che vuol scappare fuori. “Andiamo di là, andiamo che voglio farti impazzire piccolo” continuando a baciarlo, Michele lo spinge fuori dalla stanza; si guardano per un attimo, e insieme mormorano “sarà bellissimo”. Ridacchiando entrano in camera e Diego dà una rapida occhiata tutt’intorno: “Bella… ma vedrò meglio dopo. Fatti spogliare ora”.
La felpa di Michele vola via, seguita dai calzoni e dai boxer: rimane con la canottiera bianca. “Come mi piaci Michi con la canottiera, dio se sei bello così! Sei ancora così abbronzato” le mani di Diego si infilano sotto alla maglia, lo accarezzano mentre le bocche si uniscono. Un bacio lungo, profondo, il bacio di chi non si vede da una vita. Poi anche la canottiera finisce sul pavimento, mentre Diego stende Michele sul letto e lo esplora, con le mani, con la lingua, con la bocca, affamato. Quando arriva al sesso di Michele teso e palpitante davanti ai suoi occhi gli sfugge un sospiro, e subito lo assaggia, felice. 
Michele è tramortito dal piacere, ma ha la forza di fermarlo: “Aspetta Diè, girati verso di me, dai”. Diego rimane un attimo incerto, poi capisce, si mette a cavalcioni sul suo petto e riprende il suo gioco, torna a baciarlo, a succhiarlo con tenerezza prima, con vigore poi. Si ferma solo un attimo lasciandosi sfuggire un gemito, un sospiro felice quando anche Michele comincia a giocare, trova il suo pene, lo accarezza, lo bacia, lo succhia. 
Non sanno chi dei due si stacca prima, forse nello stesso momento, si tornano tra le braccia, si baciano, le lingue che si intrecciano, le bocche che si divorano; Diego sorride, artigliandogli le spalle quando Michele si spinge in lui piano; quando sono completamente uniti, si ferma, si baciano: “Ti amo Diego mio, per sempre”. “Ti amo Michi, per tutta la vita” mentre una lacrima scivola via. Michele aumenta il ritmo e Diego lo segue, finchè non urlano entrambi dal piacere: non devono far piano, nessuno li può sentire nel loro rifugio. Diego accarezza i capelli di Michele con tenerezza: “E’ stato davvero bellissimo, bellissimo” si rannicchia tra le sue braccia sospirando felice.
“Che stanchezza Michi, mi gira la testa. Posso stare un po’ a letto? Si sta così bene così” abbracciato al compagno, Diego giocherella con le dita sul suo petto.
“Sei deperito Diè, ti devi rimettere in forma. Ora ci penso io a te: ci faremo delle belle colazioni abbondanti, scoperemo, pranzetto sostanzioso, sesso, cenetta al lume di candela, poi faremo l’amore. Di sera si fa l’amore, non si scopa. Qualche giretto per il giardino…”. 
Diego ride allegramente: “Che bel programma Michi: mi piace, accetto! Quindi quella che abbiamo appena fatto era una scopata, giusto?”.
“No, questo era amore fuori orario. E adesso riposati un po’ prima di pranzo. Poi ti devo far vedere tante cose: o forse solo una, ma spero che sarà una bella sorpresa, lo spero proprio. Cuccia da bravo” Michele acchiappa la coperta e copre per bene Diego che mugola: “Divino Michele, da tre settimane non stavo sotto le coperte così, non volevo coprirmi credo per scaramanzia, chissà. Il cervello ti schizza in certe situazioni. Che bel calduccio…” ci mette un attimo Diego ad addormentarsi, e anche Michele si rilassa accanto a lui, dormicchiando per un’oretta.
Quando si risveglia Diego è ancora nella stessa posizione, abbracciato a lui, il respiro lieve che quasi non si sente, l’espressione dolce. Un bacio in fronte, e si scioglie piano dall’abbraccio, per non svegliarlo, lo copre e chiude le imposte perché la luce non lo disturbi. 
Una sciacquata e Michele si riveste e dà un’occhiata alla sveglia: le tre. Tardi per il pranzo, presto per la cena. Merenda. Quando Diego si sveglierà mangeranno pane e olio. Intanto fa cuocere le patate per il purè della sera e mette in forno un arrosto. Soddisfatto fa una corsa in mansarda e accende le candele.
Tornando giù riflette che dovrebbe telefonare a casa, ma non vuole abbandonare Diego. Andrò più tardi, e speriamo che vengano presto a installarci il telefono cazzo. 
Gli sembra di sentire Diego che chiama e si precipita in camera: accende la luce e lo vede seduto, i capelli scarmigliati e lo sguardo impaurito. “Diè, che succede? Sono qui”.
“Oh… che spavento. C’era buio e non vedevo niente, per un attimo ho pensato di essere ancora dentro, di aver sognato tutto…”.
Michele si dà mentalmente dello stupido: cosa gli è venuto in mente di chiudere completamente le imposte, conoscendo il problema di Diego. 
“Sono un perfetto imbecille. Volevo che tu riposassi bene, e ti ho terrorizzato!” Michele se lo coccola e Diego si lascia fare.
“Tu non hai fame? Non hai pranzato e avrai anche saltato la colazione vero? Vestiti che fa un po’ freddo, ti aspetto in cucina”. Diego si rinfresca velocemente e segue Michele. “Dai! Pane e olio come da bambini!”. Si avventa sulle fette di pane e ne mangia tre, di gusto.
“Bravo. Poi accenderemo il fuoco, fa freddo davvero adesso. Ma sei pronto per la sorpresa?”.
Diego ha la bocca piena, non può parlare ma annuisce con energia. Michele gli prende la mano e lo guida verso la mansarda. 
“L’hai nascosta lassù? Ma che cos’è? Dai, hai appeso la mia tela? Non l’avevo vista prima” guarda il quadro incorniciato che rappresenta Michele divinità, contento di vederlo appeso lì in corridoio. “Dai Michi dimmi cosa andiamo a fare in soffitta”. Michele sorride sornione e si ferma davanti alla porta chiusa: “Pronto Diè? Avanti allora, entra”. Spinge la porta e trascina Diego con sé all’interno.
Diego per una volta è senza parole. Si guarda attorno, lascia la mano di Michele e gira per quello che aveva lasciato come un solaio e che ritrova come una splendida, enorme stanza luminosa. Le due pareti laterali psichedeliche, le altre due in mattoni a vista, due amache appese vicine proprio sotto al grande abbaino. A destra un tavolo luminoso e un cavalletto fanno bella mostra di sé ai lati di una finestrella. Gli occhi pieni di lacrime, Diego si gira verso Michele, nascondendo il viso sulla sua spalla. 
“Dai coraggio, non hai ancora visto tutto, guarda lì” Michele indica il flipper alla sua sinistra. Diego non trattiene un urlo di gioia: “No! Il flipper! Ma sei un grande!” corre vicino al gioco e sotto al fiocco vede un biglietto con i nomi di tutti gli amici che gli augurano bentornato. La commozione è ormai alle stelle: “Non so nemmeno se me lo merito tutto questo, ma le persone migliori del mondo sono tutte amiche mie. Ma ci vuole il soldo?”. 
Michele scoppia a ridere: “Il soldo! Come da bambino! Certo che ci vuole, tieni, gioca piccolo”.
Diego sprizza felicità da ogni poro mentre tira la leva e sganciando la pallina, comincia a giocare, accarezzando i tasti che comandano le alette, aiutandosi con i fianchi per guidare la pallina. Michele lo osserva rapito: “Diego, ma tu hai un idea di quanto sei sensuale quando giochi a flipper? No dico, sei da stupro, ci credi?” lo prende e lo stringe fra le braccia baciandolo con passione, mentre Diego gli si avvinghia al collo.
Quando lo lascia lo guarda intensamente negli occhi: “Mi spiace, ti ho fatto perdere la partita, ma sei già fortunato se non ti scopo qui sul piano del flipper”. 
Diego, serio, risponde al suo sguardo: “Io ho già vinto tutto quando ho conosciuto te”.
Michele si commuove, poi sorride prendendogli la mano: “Dai che c’è ancora qualcosa da vedere. Vieni con me, vieni a vedere laggiù” vanno verso la parete di fondo e si fermano davanti all’angolo che Michele ha creato: sul tappeto indiano ha appoggiato il grande materasso in seta giallo-oro. Tutt’intorno cuscini di ogni colore e dimensione, un tavolinetto basso intarsiato, incenso e candele. I vasetti appesi sul grande albero diffondono luci di ogni colore. 
Michele alle spalle di Diego lo prende alla vita e lo stringe a sé, contento di vedere quanto è rimasto sorpreso. “Non dici niente? Piaciuta la sorpresa?”. Diego si appoggia contro di lui: “Non ho mai avuto dubbi sul tuo amore Michi, ma tutto questo… è troppo. Non so cosa dire… ti amo”. Michele se lo rigira tra le braccia e lo guarda negli occhi: “Questo sarà il tuo studio, ma anche il nostro rifugio se vuoi. Dalle amache guarderemo il cielo quando farà troppo freddo per poterlo fare in giardino. In quest’angolo parleremo, leggeremo, ci ameremo se vorrai”.
“Se vorrò? Tu curerai i tuoi animali e io dipingerò e studierò qui dentro aspettandoti. E quando arriverai, leggeremo Neruda seduti in questo angolo, sgranocchiando biscotti al cioccolato. Fa provare” Diego si lascia cadere sul materasso: “Comodo! Vieni dai!” Michele si siede accanto a lui e stanno lì abbracciati, in silenzio.
“E’ stato Fabri. Lo pensi anche tu, vero Michele?”. La domanda arriva all’improvviso. Gli occhi tristi di Diego lo guardano attenti: “E’ stato lui, sono sicuro. Lui ci odia, ha tentato ancora di dividerci. E stavolta magari ci riuscirà”.
Michele sente i brividi nella schiena: “Ma cosa dici Diego, non riuscirà mai a dividerci”.
“Michele, non vorrei nemmeno pensarci, ma purtroppo… insomma, non possiamo sapere come andrà a finire per me. Se mi condannano…”.
“Non ti condanneranno Diè, piantala!” Michele lo interrompe bruscamente, e Diego scrolla la testa “Inutile, bisogna pensarci invece. Ora come ora, avrò un processo, e se stabiliranno che sono colpevole mi condanneranno. Potrebbero darmi almeno due anni mi hanno detto”.
“Non ti metteranno dentro Diego; comunque non riusciranno a dividerci ti dico, ti aspetterò qui” Michele gli prende le mani, le sente gelate, gliele stringe. Diego abbassa gli occhi: “Io non so se ce la faccio a stare dentro Michele, non so se ce la posso fare. In queste settimane pensavo di impazzire, due anni non li reggerei. No, non li reggerei…”.
“Ti porto via Diego, ti porto via, scapperemo, qualcosa faremo. Non lo permetterò, non ti lascerò portare via ancora” lo prende tra le braccia, lo sente tremare, gli ricorda tanto Diego bambino, il piccoletto terribile, che solo con lui dimostrava come era veramente, sensibile e tanto dolce. Quello che architettava mille cose pericolose, ma se lui gli diceva di smetterla obbediva e si metteva tranquillo accanto a lui. Il bimbetto che lui salvava dalle mani dei più grandi, che sgridava, consolava, abbracciava, che lo guardava con i grandi occhi adoranti. Ma questa cosa è più grande di loro, lui non sa come aiutarlo ora. Può solo tenerlo stretto e confortarlo, e farsi confortare da lui.

2 commenti:

  1. Che capitolo delicato, ci voleva dopo tante battaglie, dopo la cruda realtà... un po' di sogno... sembrano davvero arrotolati nell'onirico i due amorini, in paradiso, in pace. Una tregua però apparente quella che li avvolge che tentano in qualche modo di scavarsi un piccolo posticino al sicuro del mondo nella loro bella casa di campagna, con i loro sogni, speranze e sorprese per Diego... un microcosmo dove rifugiarsi, dove per qualche minuto, sia di tenerezza, sia di passione, non pensare al pericolo che incombe sulle loro teste. Michele non si farebbe scrupoli di fuggire con l'amato e tutto ciò è dannatamente romantico...

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  2. Finalmente un momento tutto per loro. Si sono rifugiati nel loro nido d'amore nel quale niente di male può accadergli e i problemi vengono accantonati. Diego trova conforto tra le braccia del suo amore, vivendo con intensità ogni attimo che potrebbe essere l'ultimo, mentre Michele pensa come potrebbe risolvere la situazione, lui che sarebbe capace di tutto pur di non perdere il suo Diego. <3

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