lunedì 9 settembre 2013

Sui gradini di San Francesco, dodicesima puntata


 Titolo: Sui gradini di San Francesco
Autori: Annina         
Pairing: Diego Perrone/Michele Salvemini
Genere: AU/Commedia/Romantico/Introspettivo
Rating: PG, slash,
Disclaimer: come sempre è tutto frutto di fantasia. I personaggi sono originali, ho preso in prestito i nomi solo per ispirazione artistica.


XII Capitolo

Il giorno dopo piove. Diego torna a casa dal lavoro di corsa, pensa a una giornata di coccole col suo Michele, mentre la pioggia batte sui vetri, ma poi si ricorda che lui sarà all’Università fino a sera. Un po’ triste, si rassegna e prende tele e colori, ma fatica a concentrarsi, si annoia senza Michele. Alla fine chiama Gaetano e gli chiede se puo’ accompagnarlo a fare spese per il restauro dei mobili. Anche se si sente a disagio ad avere una guardia del corpo, e anche se non lo ammetterebbe mai nemmeno con se stesso, Diego ha un po’ paura di quello che potrebbe architettare Fabrizio. E probabilmente qualche idea ce l’ha, se anche Nicola si è preso il disturbo di andare ad avvertirlo.
Gaetano accetta volentieri, e mezz’ora dopo sono nel grande negozio di bricolage.
“Capito Gaetano? Lascia perdere che poi lo abbia fatto con uno scopo diverso, cioè lascia stare che gli piaccio ecco, però se è venuto apposta al negozio per dirmelo, vuol dire che Fabrizio si è inventato qualcosa. E io ho paura, non solo per me, ho più paura per Michele. Se quel bastardo dovesse fargli qualcosa, io non potrei sopportarlo. Se solo ci penso… io potrei ammazzarlo Tano”.
Gaetano, spingendo il carrello annuisce cupo: “E non solo tu Diè! Tu sicuro hai anche più motivi, ma se torce un capello a Michele o a te, puoi star sicuro che di Fabri non resterà un solo pezzetto integro. Ma vedrai che finirà tutto in niente, nella sua stupidità avrà capito che non è aria. Senti quanta roba devi ancora prendere?”. Diego osserva il materiale nel carrello con aria critica, poi annuisce: “A posto, giusto un paio di pennelli. E’ abbastanza presto, c’è ancora luce per un po’, verresti ad aiutarmi a scrostarli intanto? I mobili dico”.
“Ma sì ho tempo tanto, ti do una mano. Michele non lo sa giusto? E’ una sorpresa che vuoi fargli?”.
Diego sorride felice: “Sì. Piove e non andremo alla casa, c’è da lavorare solo nel campo. E intanto io porto avanti i miei lavori; così prima sistemiamo, prima ci andiamo ad abitare. Oh, io ci sto bene a casa di Michele, i suoi sono persone stupende, mi hanno praticamente adottato e io li adoro. Però quella sarà casa nostra, capisci? E in dieci minuti siamo ai gradini lo stesso se vogliamo”.
Gaetano ride: “Certo siete una coppia formidabile voi due! Michele domenica mi diceva le stesse cose, quando dipingevamo insieme. Che lui sta bene in casa con i suoi, che sa che anche tu ci stai volentieri. Ma quella sarà casa vostra, sarete soli e liberi. Siete proprio le due metà della mela”.
Diego appoggiato al carrello sorride intimamente, lo sguardo nel vuoto, poi si riscuote e fa una buffa smorfia a Gaetano: “Platone era un grande”. Ridendo passano alla cassa, caricano la macchina e sotto una pioggia battente arrivano alla casa.
L’aiuto di Gaetano è prezioso nel restauro dei mobili: con la sua forza infatti in breve gratta via la vecchia vernice e Diego può approfittare per dare una prima mano di cementite.
“Tano sei un mito! Siamo già a metà dell’opera, da solo non avrei mai potuto farcela. Domani posso iniziare a dipingere. Ma vengo da solo, prendo il pullman fino al paese, poi…”
“Ma piantala, vengo anch’io. Mi diverte vederti lavorare. Ora andiamo però che fa buio, poi tra un po’ Michele sarà a casa”.
Nei due giorni seguenti anche Fabio e Danilo si uniscono agli amici e chiacchierando allegramente, i lavori proseguono. Il giovedì pomeriggio i cassettoni e il grande tavolo sono pronti, devono solo asciugare.
Fabio li guarda ammirato: “Ma sai Diegone che sono veramente belli? Potresti fare il restauratore”.
Diego annuisce: “Mi piace molto, quasi quanto dipingere. In effetti avevo pensato di fare un corso di restauro e affresco dopo l’Università, e poi potrei anche iniziare un’attività mia, no? Per ora sono soddisfatto di questo: speriamo che piacciano anche a Michele”.
“Capirai, a Michele piace qualunque cosa arrivi da te. No, non fare quella faccia, è vero, ed è normale, ti vuole un bene dell’anima”.
Diego si toglie la vecchia maglia che ha usato per lavorare e si accingono a tornare a casa: fuori nel frattempo ha smesso di piovere e li aspetta un bel tramonto che fa felice Diego: domani verranno lì lui e Michele, domani sarà una splendida giornata.
La sera decidono di non uscire, Michele è sfinito, ha lavorato tutto il giorno e ha gli occhi arrossati e stanchi; dopo cena si rinchiudono subito in camera e si siedono sul letto.
“Coricati Michi, ti massaggio così ti rilassi un po’”. Michele gli sorride, gli piace farsi coccolare da Diego. Lui gli toglie gli occhiali e gli bacia gli occhi, piano. “Poveri i miei occhi belli, quanto sono stanchi”. Michele lo acchiappa e se lo stringe forte. “Mi basta che tu stia qui così, e mi sento già meglio. Ho fatto dei bei passi avanti oggi però, anche il prof è rimasto stupito. Di questo passo, il progetto potrebbe allargarsi di molto, e sarebbe meglio per noi sai? Così mi prolungherebbero il contratto, e noi potremmo fare ancora di più per la nostra casa”.
“Domani sera andiamo vero Michi? I sacchi sono ancora là, e non piove più”.
Accarezzandolo Michi gli porta indietro i capelli: “Così posso vedere meglio i tuoi occhi Diego. A volte penso che siamo anche troppo sdolcinati in alcuni momenti, però è così che mi sento di essere quando sono con te”.
“E a chi importa se siamo sdolcinati scusa? Mica la facciamo pesare agli altri, siamo così quando siamo da soli. A me piace, mi fa sentire bene, mi fa sentire amato. Ne ho bisogno. A volte quando non ci sei, e magari mi prende un po’ di malinconia, ripenso a tutte le volte che mi hai abbracciato, e stretto e coccolato, anche quando eravamo bambini, e poi ragazzini, e sto subito meglio”.
Michele tenta di nascondere uno sbadiglio, ma Diego se ne accorge: “Ti faccio chiacchierare e tu sei stanco morto; a nanna dai. Ancora domani e poi abbiamo due giorni tutti per noi”.
“Mi spiace Diego, mi sento un vecchietto, ma non ce la faccio proprio a stare ancora sveglio. Ma domani finisco prima, alle quattro arrivo e partiamo subito. Speriamo che il sole asciughi il prato, perché ho certe idee…” Michele si china su Diego e lo bacia dolcemente. 
“Non vedo l’ora Michi, non vedo l’ora. Il nostro prato di fiordalisi. Dio come mi è piaciuto, è stato bellissimo, eri così… non ti so nemmeno dire. Ma non vedo l’ora che sia domani!”.
“Sarà una bellissima giornata Diè. Fai bei sogni”.

L’indomani tornando dal negozio in compagnia di Danilo, Diego è al settimo cielo, e gli occhi sono luminosi esattamente come il sole che brilla ancora caldo. “Oggi andiamo Dani! Non sto più nella pelle. Un po’ perché torniamo alla nostra casa, un po’ per la sorpresa. Sono ansioso di vedere la faccia di Michi”.
“Noi arriviamo domani pomeriggio se per voi va bene. Se ci siamo tutti, entro domenica il terreno lo sistemiamo tutto”.
“Ho fatto fare un’altra cosa sai? Però fino a lunedì non è pronta. La targhetta per Michele. Lo so che è presto, che si laureerà a novembre, però intanto io ho fatto fare la lastra, e l’ho fatta fare nera opaca come il cancello. Poi sopra ci scrivo io. Sai che potrà già curare gli animali? Quelli grandi, non i cani o così, lì dovrà specializzarsi. Però figurati, in un attimo lo farà. Michele è così bravo” Diego continua a parlare del compagno con una tale foga che Danilo deve per forza ridere. “Sei fantastico Diè quando parli di Michele: ti brillano gli occhi. Non so se riusciamo a venire ai gradini oggi abbiamo tutti un po’ da fare. Comunque se non vi vediamo prima che partiate, arriviamo domani, va bene? Ciao Diegone, salutami Michele” Danilo si allontana e Diego sale a casa, dove già sulle scale lo accoglie il profumo delle orecchiette di mamma Maria.
“Che fame! Che profumo! Mi lavo le mani e arrivo subito” Diego passa di corsa in corridoio salutando i Salvemini che sono già seduti a tavola ad aspettarlo. 
Mentre è in bagno sente suonare il telefono e fa una smorfia: il papà di Michele si arrabbia sempre quando suona il telefono all’ora di pranzo: ha poco tempo prima di tornare al lavoro, e non vorrebbe essere disturbato. Maria lavora solo alla mattina invece, è più tranquilla. Tornando in cucina Maria lo avvisa che ha chiamato Gaetano, che lo aspetta subito sui gradini.
Diego è preso in contropiede: “Strano, di solito lavora a quest’ora. Ma ha detto perché? No? Vado allora, magari c’è qualche problema, non so. Mi dispiace”. Fa per avviarsi, ci ripensa e torna indietro prendendo una forchettata di pasta: “Mmm… Maria, che meraviglia. Beh, buon appetito, spero di tornare subito”.
Un po’ contrariato ma anche preoccupato Diego scende le scale di corsa, e sempre velocemente si dirige verso San Francesco.
Sui gradini non vede nessuno, e la cosa lo stupisce, vista l’urgenza che ha fatto Gaetano al telefono: si siede al solito posto e si accinge ad aspettare. Almeno c’è il sole. Diego chiude gli occhi e pensa a quello che faranno oggi con Michele. Dobbiamo fare spesa. Le pentole. Fa una lista mentale delle cose da portare. Gaetano ha detto che la prossima settimana gli prestano il furgone, porteranno su i mobili della camera. Forse da sabato prossimo dormiranno là definitivamente. Ride. 
“Senti tu sei Diego?” Diego apre gli occhi sentendo una vocetta vicino a lui. Vede un bimbetto, sei anni o giù di lì, che lo osserva.
“Sì sono Diego. E tu chi sei?” aspetta una risposta che non viene, mentre guarda quel bimbo che gli ricorda qualcuno, un viso che sente di avere nella memoria, ma proprio non gli sovviene.
Il piccolo gli porge una borsa di nylon: “Ha detto Tano se gliela tieni un attimo qui che lui arriva subito”. Diego fa una smorfia dubbiosa: “Va bene, ma che cos’è? Ma tu lo sai dov’è andato Gaetano?”. Il piccolo scrolla il capo e scappa via di corsa, lasciando Diego con la borsa tra le mani.
Sempre più stupito Diego dà un’occhiata all’interno, ma vede solo un pacchetto, qualcosa avvolto in carta marrone e scotch. Si riappoggia al muro e chiude di nuovo gli occhi, aspettando pazientemente che Gaetano arrivi e gli spieghi tutti questi misteri.
All’improvviso sente scomparire il sole e contemporaneamente sente un brivido tra le scapole: apre gli occhi e vede davanti a lui due persone, due uomini con orecchino e capelli lunghi, che però non lo ingannano nemmeno per un attimo. Nonostante l’aspetto puzzano di pula lontano un chilometro.
Infatti il più basso dei due, quello con l’espressione più fredda, lo apostrofa subito: “Polizia. Vuoi darci i documenti per favore?”. Diego è agitato, ma sa di non aver fatto niente, pensa a un normale controllo. Prende dalla tasca il portafoglio, ne toglie la carta d’identità e con mano un po’ tremante la porge al poliziotto. 
“Bene Perrone, ora se non ti spiace, vorremmo dare un’occhiata a quella borsa”. Diego guarda il pacchetto che è ancora appoggiato alle sue gambe, e ora sì che comincia ad aver paura. Gaetano non è arrivato, non è stato Gaetano a telefonare. Senza aspettare troppo il poliziotto prende la borsa e apre il pacchetto; scambiando uno sguardo di intesa al collega, si rivolge di nuovo a Diego: “Perrone, ora ti alzi da quei gradini e ci segui in questura senza fare storie, giusto?”.
Diego scrolla la testa, non capisce ancora bene cosa sta succedendo: “Ma perché, cos’ho fatto? Io non ho fatto niente”.
“Tu non hai fatto niente? E quello che c’è in questa borsa lo chiami niente? Noi la chiamiamo eroina. Avanti, alzati da lì o ti facciamo alzare noi”.
“No! Voglio dire, non è mia quella roba. Me l’ha portata un bambino poco fa, mi ha detto di tenerla che la mandava un mio amico. Io non so cosa sia, non è mia vi dico” Diego ha le lacrime agli occhi, gli sembra di essere in un film, un brutto film. 
“Lo spiegherai al commissario che non è tua. Per ora forza, andiamo” visto che Diego non accenna ad alzarsi il poliziotti lo affiancano e lo fanno alzare, mentre Diego si dimena, adesso terrorizzato: “No, lasciatemi, non ho fatto niente, lo giuro, non è mia. Ma vi pare che me la tenevo qui così, non è roba mia vi dico. Non so cosa sta succedendo, ma io non c’entro niente”.
“Allora Perrone, se non vuoi farti dare anche la resistenza e non vuoi che ti infiliamo le manette qui in piazza, adesso la pianti e ci segui senza tante storie. Avanti” strattonandolo con violenza lo trascinano verso una macchina parcheggiata poco lontano. In quel momento passa Laura che si ferma ad osservare la scena a bocca aperta. Anche Diego la vede e le urla: “Chiama Michi, aiutami Laura, aiutami, mi hanno incastrato”. I poliziotti non la degnano di uno sguardo e lei rimane con le gambe inchiodate all’asfalto a guardare i poliziotti che fanno entrare Diego in auto e partono sgommando. Due vecchi lì vicino scrollano la testa, le mani dietro la schiena. Laura si rivolge a loro: “Ma cos’è successo? Voi lo sapete? Ditemi qualcosa per favore”.
“Pare che avesse un sacco di droga. L’han fermato per un controllo”. i due vecchietti annuiscono con aria grave, allontanandosi curvi, parlando fitto.
Laura è gelata. Diego con un sacco di droga? Impossibile. Sa che ha avuto quello sbandamento quest’estate, ma è stato un attimo, e poi lui la usava, mica la vende. Diego non lo farebbe mai, lo conosce. Laura guarda ancora il punto dove hanno caricato Diego in macchina, poi si volta e comincia a correre verso casa di Danilo. Deve avvisare subito gli amici, anche se si rende conto che potranno fare ben poco.
Sotto al portone si attacca al campanello, e continua a suonare finchè non le risponde la mamma di Danilo. La saluta a malapena e le chiede di mandarlo giù subito, che è urgente.
Dopo nemmeno due minuti Danilo è davanti a lei, stravolto: “Che succede Laura? Va a fuoco il quartiere? Oh, che faccia hai piccola. Dimmi”.
Laura lo abbraccia e inizia subito a piangere: “Hanno arrestato Diego. L’hanno arrestato adesso, in piazzetta.”.
Danilo la stacca da sé e la guarda allucinato: “Che ti inventi? Come arrestato? Perché avrebbero dovuto arrestarlo? L’ho accompagnato io a casa sarà giusto un ora fa.”.
Lei continua a piangere disperata: “Mi chiamava Dani, mi chiamava e mi diceva di aiutarlo. Ha detto di chiamare Michele. Due vecchi lì vicino han detto che l’hanno arrestato per una storia di droga, ma io non lo so. Io non ci credo”.
Danilo si guarda attorno, come per cercare aiuto, poi la prende per mano: “Dai corri, andiamo da Fabio e Gaetano, sentiamo loro, io non so cosa fare o cosa pensare”.
Sotto al palazzo degli amici Danilo suona i due campanelli contemporaneamente, e quasi nello stesso momento arrivano le risposte. Danilo implora gli amici di scendere immediatamente e come lui poco prima, Fabio e Gaetano scendono le scale di corsa. Si incontrano sul pianerottolo e allargando le braccia non si domandano niente, continuano la corsa verso il cortile.
“Che c’è?” “Che succede?”. Le domande arrivano nello stesso momento a un Danilo pallido e sconvolto, mentre Laura appoggiata al muro continua a piangere.
“Che cazzo c’è Dani! Laura perché piangi così. E’ successo qualcosa a Michele o a Diego vero? Quello stronzo l’ha menato ancora? Dani! Vuoi parlare?” Gaetano al contrario di Danilo è rosso di rabbia e sta già pensando a come farla pagare a Fabrizio. 
“Io non so se c’entra lui, ma ora che me lo dici, probabilmente è così. Laura ha visto che la pula arrestava Diego in piazzetta poco fa”.
“Ma fottiti Dani! Cazzo stai dicendo?” Fabio, il più misurato della compagnia, sentendo queste parole prende Danilo per le spalle scrollandolo. Danilo si toglie le mani di dosso: “Oh, non sono stato io! Non lo so nemmeno io che cazzo c’è sotto, io non c’ero nemmeno”.
Laura si avvicina tremante: “Per favore, non litigate. Dobbiamo far qualcosa per Diego. Sì Fabio l’hanno arrestato, dicono per droga, io l’ho visto che lo caricavano in macchina, e lui chiedeva aiuto” si mette le mani davanti agli occhi, l’immagine di diego disperato che la implorava di chiamare Michele non potrà mai più cancellarla.
“Come facciamo con Michele, lo chiamiamo all’università o aspettiamo che torni. Io non so come fare, anche se andiamo in questura mica ci dicono niente, ci vuole un parente credo” Gaetano esce dal silenzio in cui era piombato. Il pallore sotto l’abbronzatura lo tinge di grigio. 
“Sì, certo, chiamiamo Viola allora. Giusto una parente quella stronza” Danilo non riesce a stare fermo, cammina avanti e indietro come un leone in gabbia.
“Oggi Michele torna per le quattro mi ha detto. Andiamo sotto casa, lo aspettiamo lì. Non diciamo niente ai suoi. O glielo diciamo” Gaetano si guarda attorno.
“Cazzo ne so, cazzo ne so. Non lo so, forse glielo dovremmo dire. Facciamo così, citofoniamo ai Salvemini e a loro lo diciamo. Poi aspettiamo Michele in cortile” Fabio ha deciso.
“Un attimo, chiamo l’officina, dovrei già essere là: avviso che non vado e arrivo” mentre Gaetano fa un salto in casa Fabio si rivolge a Danilo, scusandosi per l’aggressione di prima. Danilo scuote la testa: “Non pensarci nemmeno, anch’io ho reagito allo stesso modo con Laura quando me l’ha detto. Non mi sembra nemmeno vero, non so cosa pensare”.
Nel frattempo torna Gaetano; i ragazzi si avviano verso la casa di Michele e suonano al citofono: Maria, stupita li invita a salire.
Quando se li vede davanti tutti e quattro pallidi e sconvolti, si allarma: “Michele? E’ successo qualcosa a Michè?” portandosi una mano al cuore.
“No Michele sta bene, stai tranquilla Maria. Possiamo entrare un attimo?”. Maria un po’ più sollevata li fa entrare e loro si dirigono verso la cucina. 
“Potete sedervi in sala ragazzi” Maria li segue dopo aver richiuso la porta.
“E’ la forza dell’abitudine, le merende infinite nei giorni di pioggia a casa dell’uno o dell’altro” Gaetano tenta un sorriso, che non gli riesce. “Siediti Maria, vieni che ti raccontiamo”. Maria si siede con loro e i ragazzi le dicono il poco che sanno.
Maria pallida non dice niente, si alza e mette il bollitore sul fuoco. “Faccio il tè. Chi lo vuole? Preferite un caffè magari” Fabio e Danilo annuiscono silenziosi a loro volta e stupiti dalla reazione fredda della signora Salvemini.
Sempre in silenzio prepara tè e caffè e serve i ragazzi, mettendo in tavola anche un piatto di biscotti, poi si siede di nuovo, sorseggiando la sua bevanda con lo sguardo perso nella tazza.
“Ora arriva Michele. Mio Dio, chi glielo dice” finalmente la voce si incrina, e Maria comincia a singhiozzare, le mani sul viso. “E’ stato Fabrizio vero? E’ lui per forza. Povero Diego mio, e adesso che succede? Che si fa? Posso io andare a sentire, o mio marito?”.
Mentre Laura la abbraccia piangendo con lei, Gaetano risponde che no, solo i parenti possono.
“E che parenti ha quel povero bambino? Viola? Te la raccomando, sarà solo contenta, è una pazza che gli ha reso la vita un inferno. Forse bisognerà avvertire la sorella di Virginia, o meglio sua figlia. Ho il numero. Ora aspettiamo Michele, sentiamo cosa dice lui”. 
Poco dopo sentono girare le chiavi nella toppa. Michele entra gridando un “sono io”, poi si affaccia alla porta della cucina e li vede. “Diego” è solo un sussurro il suo. Li guarda ad uno ad uno, registra i volti sconvolti, le lacrime della madre, di Laura: “Cos’è successo a Diego? Mi rispondete? Ma’?” la voce si è alzata ora, ed è venata di terrore.
“Tranquillo Michè, vieni a sederti che ti spieghiamo. Diego sta bene, non preoccuparti” Maria lo accompagna e lo fa sedere, mettendogli subito davanti una tazza di caffè. “Prendi un biscotto Michele e ascolta che ti spiegano loro”. Maria è già ripiombata nel pianto, non ce la fa a parlare; gli si siede accanto, accarezzandolo.
E’ Fabio che gli spiega tutto, mentre Michele beve automaticamente il caffè e mangia compulsivamente alcuni biscotti. Un attimo dopo si alza, rovesciando la sedia e si piega sul lavandino a vomitare. Maria gli corre vicino e gli tiene la fronte, amorevole, mentre Tano bestemmia affacciato alla finestra.

2 commenti:

  1. Noooooooooooooo. Bastardo. E ora che succede al povero cucciolo? Questa storia riesce sempre a sconvolgermi ed emozionarmi con questi momenti così tragici intervallati da dolcezza e passione. Confido in Michele e anche in Nicola, chissà che riesca a convincere Fabrizio a dire la verità su quella droga.

    RispondiElimina
  2. beh, c'è tanto amore anche nel dolore, non c'è che dire. Impressionante. Ti prende davvero le budella questa faccenda. I nostri poveri innamorati non devono proprio averla la pace, o prima se la devono sudare. E quel "domani sarà un giorno stupendo" ripetuto, è un plot narrativo a dir poco interessante. Perché il lettore attento ha già capito che sta per esplodere una bomba ma non sa dove, come e quanti feriti farà. Di sicuro ferito è il cuore di Michele e il povero innocente, trascinato a forza da una giustizia non tanto giusta.

    RispondiElimina

 

caparezzamadiego Copyright © 2011 Design by Ipietoon Blogger Template | web hosting