giovedì 21 novembre 2013

Sui gradini di San Francesco, sedicesima puntata




Titolo: Sui gradini di San Francesco
Autori: Annina         
Pairing: Diego Perrone/Michele Salvemini
Genere: AU/Commedia/Romantico/Introspettivo
Rating: PG, slash,

Disclaimer: come sempre è tutto frutto di fantasia. I personaggi sono originali, ho preso in prestito i nomi solo per ispirazione artistica.

Capitolo XVI



“Questo è quello che ha raccontato quel bastardo. Mi scusi avvocato, anche lei dottor Spighi, ma non riesco… comunque è quel che ha detto Fabrizio” Michele è seduto davanti alla scrivania dell’avvocato, da parte a lui lo psicologo del carcere.
“Allora Michele, chiamami pure Alessandro e diamoci del tu” l’avvocato è giovane, non arriva ai trent’anni; un minuscolo orecchino all’orecchio sinistro e neri capelli a spazzola; mostra un paio di tatuaggi sulle braccia. Seguendo lo sguardo di Michele sorride: “In Tribunale ho la toga, non li vede nessuno, anche se tutti sanno che li ho. Ora firma questa nuova richiesta di colloquio col detenuto e l’istanza per gli arresti domiciliari presso casa tua. Capisco i tuoi dubbi, è la terza volta che depositiamo le stesse istanze, ma funziona così. So che c’è qualche novità rispetto a giovedì, quando mi hai telefonato. Ci aspettano tra un’ora, direi di incamminarci”.
I tre uomini scendono velocemente le scale dell’antico palazzo, disdegnando l’uso dell’ascensore, e si dirigono a piedi verso il palazzo del tribunale.
Depositati gli atti vanno ad attendere davanti alla porta del Giudice istruttore. Passano pochi minuti e l’impiegata fa entrare l’avvocato e il medico, mentre Michele si accomoda su una dura panca in legno, nel corridoio, la testa piena di pensieri, il cuore pesante. Passano venti minuti, che a Michele sembrano vent’anni, poi la porta si riapre e i due escono.
“Vieni Michele, andiamo a prenderci un caffè intanto che ti spiego”. L’avvocato circonda le spalle di Michele con un braccio, guardandolo con simpatia. Gli piace quella coppia così affiatata, così innamorata, preoccupata solo del benessere l’uno dell’altro. Proprio mentre stanno per uscire si sentono chiamare dalla segretaria che li raggiunge, ritrovandosi puntati in faccia sei occhi diversamente ansiosi. Con un sorriso consegna all’avvocato l’atto con l’autorizzazione al colloquio: “Questo l’ha già firmato. Per gli arresti ancora niente.”. Salutando si allontana nel corridoio.
Michele rimane basito, fatica a credere che potrà incontrare Diego: “Ho capito bene vero? Lo posso vedere. Vero?” chiede conferma ai due uomini davanti a lui; l’avvocato è felice di poter assentire: “Ormai per oggi è tardi, ma domani dalle nove puoi andare. Un’ora di colloquio alla settimana. Poco lo so, però speriamo che sia il primo e l’ultimo, perché lo vogliamo fuori presto”.
Davanti a un cappuccino fumante, Michele ascolta lo psicologo parlare: “Sono proprio contento che abbiano deciso che puoi vederlo, Diego sta soffrendo molto, anche se devo dire, ha una bella capacità di reazione. Non fa che studiare, leggere e dipingere. Sta lavorando a una tela, ma non vuole che la si veda, quando entra qualcuno la copre. Non mangia quasi niente. Il suo unico desiderio è vedere te, parlare con te. Sei molto importante per lui”.
“Anche lui lo è per me” replica semplicemente Michele.
“Michele, il giudice ci ha confermato che ci sono importanti novità, così si è espresso, e secondo me a questo punto gli arresti glieli concederanno. Un passo alla volta, intanto lo riportiamo a casa. Poi quando sarà il processo, vedremo come procedere”.
Tornato a casa, Michele non sa come far passare il tempo. Piove, non può nemmeno andare ai gradini e non ha voglia di chiudersi ancora in un bar. Cerca di concentrarsi un po’ sul lavoro che si è portato a casa, ma sente che farebbe solo danni. 
Bene o male arriva la notte, che si prospetta lunga almeno quanto il pomeriggio; nonostante l’ansia, Michele riesce ad addormentarsi e la mattina dopo si sente riposato, ma in preda a un’agitazione violenta. In cucina trova tutta la famiglia e sulla tavola una grande borsa.
“Cos’è?” chiede sbirciando all’interno. La madre si torce le mani, ansiosa tanto quanto Michele: “Ognuno ci ha messo qualcosa. Io una teglia di melanzane e la torta di nocciole, che gli piace tanto. La nonna gli ha fatto un termos di tè, quello buono, quello suo; papà ha messo Tex e la Settimana enigmistica, che loro si divertono sempre tanto a farla insieme…”
“E io il giochino a molla che lo fa ridere!” Gioia prende il pupazzetto che caricato a molla cammina goffamente.
Michele scrolla la testa, poi ride: “Siete meravigliosi, tutti. Vado, ve lo saluto, tranquilli”.
Scende le scale e sale in macchina come un automa, il pensiero di vedere Diego sofferente, triste, o disperato lo atterrisce. Si ripromette di mostrarsi sereno e fiducioso.
In carcere lo fanno accomodare nella sala colloqui, una semplice stanza con dei tavoli e delle sedie poste una di fronte all’altra. Michele si siede e appoggia la borsa alla sedia più vicina. Dopo cinque minuti di attesa pensa che non ce la farà, vorrebbe scappare fuori, via di lì, ma con Diego però. In quel momento la porta blindata si apre e un secondino fa entrare Diego e lo fa sedere davanti a lui.
Michele non riesce nemmeno a salutarlo: il viso è affilato, i grandi occhi di Diego spiccano sopra le occhiaie scure, pieni di domande e di preoccupazione. In un attimo vede anche la paura fare capolino, e capisce che Diego sta pensando che forse lui non gli crede, che non è contento di vederlo, diavolo non gli ha nemmeno detto ciao, che stupida persona sono, pensa Michele.
Allunga le mani verso di lui e Diego con un timido sorriso vi appoggia le sue. E’ come una corrente che passa, si riprendono, si sorridono con le lacrime agli occhi.
“Ciao piccolo, scusami se ti sembro un idiota, ma non sopporto di vederti qui dentro” Michele stringe forte le mani di Diego e solo quel gesto sembra riportare un po’ di colore sulle sue guance.
“Volevo tanto rivederti Michi, non ce la facevo più. Che bello sentire la tua voce. Tu ci credi vero che non ho fatto niente? Che non sono così stupido”.
Michele gli stringe ancor più forte le mani: “Non ho mai dubitato per un secondo di te, amore mio. Nessuno l’ha fatto. Né i nostri amici, né la mia famiglia, e anche la Jole ti manda a dire che ti aspetta a lavorare, e alla svelta”.
Vede Diego dilatare le narici, come fa quando è contrariato o sofferente, intuisce che vorrebbe piangere ma che non vuole farlo davanti a lui, non vuole farlo soffrire.
“Lo so cucciolo, so tutto. Vedrai che tra pochi giorni sarai fuori di qui. Guarda, qui c’è una borsa di roba che ti manda la famiglia. I ragazzi ti salutano tutti e ti mandano un sacco di baci, anche Gaetano ti bacia!”.
“Bleah” ride Diego ritrovando un po’ di allegria. 
“A proposito, Fabio si è messo con l’Anita!”.
“No! Cosa mi dici Michi! Però dai, è carina l’Anita, simpatica. Sì, ce li vedo insieme. Bravo Fabio, finalmente ha trovato l’amore: lui che aveva paura che non avrebbe mai trovato nessuno”. 
L’ora passa anche troppo velocemente e quando il secondino si avvicina Diego è impreparato: guarda Michele e non riesce a lasciargli le mani. Si alzano insieme e la guardia fa cenno di seguirlo: Diego vola tra le braccia di Michele, solo un attimo, quel che basta per sentirsi meglio, per accarezzargli il collo col naso, per respirarlo un momento, poi si staccano. Il secondino prende la borsa e appoggia una mano sulla spalla di Diego spingendolo leggermente verso la porticina. Diego fa tutto il percorso rivolto verso Michele, gli sorride, ma gli occhi rimangono spaventati. Michele lo guarda, magro nella sua felpa azzurra, gli fa ciao con la mano, Diego è già di là.
Michele ricade di schianto sulla sedia, le mani sul viso e una tristezza profonda nel cuore. Deve portarlo fuori di lì, a tutti i costi. Poi vede la tela che Diego gli aveva allungato e che lui non ha nemmeno guardato, troppo occupato ad osservare il suo ragazzo.
La srotola e vede un dipinto a colori tenui: sotto al sole che tramonta oltre le Alpi, un mare di fiordalisi indaco e loro due abbracciati in quel mare. E’ bellissimo. In basso, una frase scritta con la sua bella calligrafia tondeggiante: “Smetterò di amarti solo quando un pittore sordo riuscirà a dipingere il rumore di un petalo di rosa cadere su un pavimento di cristallo di un castello mai esistito."
Michele si alza a fatica dalla sedia, e si trascina fuori dal carcere, dove ha la sorpresa di trovare tutti gli amici che lo aspettano. Abbracciato a Gaetano si lascia andare a un pianto troppo a lungo trattenuto. Gli altri lo guardano sgomenti. “Sta bene, è dimagrito e pallido, ma sta bene, solo vedermelo riportare via, pensarlo ancora là dentro, io non lo dimenticherò mai quando me l’hanno riportato di là dalle sbarre, con quegli occhi disperati, girato a guardarmi, e io che non ho fatto niente!” singhiozza Michele con le mani sul viso. 
“E che dovevi fare Michè? Cosa potevi fare…” chiede Gaetano, mentre lo tiene per le spalle.
“Niente, non possiamo fare niente. Aspettiamo la decisione del giudice. Portatemi via di qui, portatemi via. Andiamo a casa mia dai, stiamo un po’ all’aperto, è una bella giornata”.
Salgono sulle macchine e vanno verso la campagna, raggiungendo la casa di Michele. Non entrano, si siedono sui gradini per godersi il sole. 
“Non abbiamo nemmeno una sedia per stare fuori, ma Diego ha detto che ha un’idea per fare lui un tavolo coi bancali, non so, sapete che lui è geniale per queste cose. Da oggi mi fermo qui, non torno più in città. Più tardi vado a fare spesa e aspetto che lo facciano uscire. Anzi perché non andiamo ora a fare spesa? Così oggi pranziamo qui tutti insieme”.
Anita e Laura si propongono per accompagnarlo e Michele ben felice accetta. Più tardi alla Coop riempiono un carrello di vivande. 
“Latte preso, pasta che lui vive di pasta, le patate cazzo vai tu Laura ti prego. Gli devo preparare un tegame pieno di purè, sono sicuro che sarà contento. Gli piacciono le lasagne: io non le so fare sentirò mia mamma. Cioccolata, tanta cioccolata. E birra. Frutta. Ho tutto! Ora manca solo lui”. Le amiche gli sorridono, si stringono a lui per rassicurarlo; passano alla cassa e riempiono il baule della Renault.
Tornano velocemente verso casa ma si accorgono che c’è qualcosa di strano. Danilo e Fabio stanno discutendo con un tipo, mentre Gaetano è appostato vicino al cancello che guarda la strada, e appena li vede comincia ad agitare le braccia, facendo segno di muoversi.
In preda all’agitazione Michele accelera e imbocca il passo del cortile a tutta velocità. Scende dall’auto e si avvicina al gruppo degli amici, osservando il nuovo venuto, un omino triste e pelato con una grossa borsa a tracolla, gli pare di capire che sia il postino.
“Lei è il signor Salvemini Michele? Questi suoi amici sarebbero da denunciare per come mi hanno costretto a passare l’ultima mezz’ora qui, quando io me ne sarei dovuto andare. Vedrò il da farsi. Sono l’ufficiale giudiziario, ho una notifica per lei, se la accetta firmi qui” gli mostra il riquadrino sulla busta e gli porge una penna.
Michele guarda Gaetano che allarga le braccia: “Michè, mica potevamo farlo andare via, se è una roba di Diego?”. 
Michele annuisce: “Grazie ragazzi e grazie a lei per aver aspettato, stiamo attendendo una cosa molto importante e…” Michele nel frattempo firma e si appropria della busta verde. “Vuole bere qualcosa, una birra? Le faccio un caffè?” nonostante la busta gli scotti tra le mani, Michele aspetta una risposta dall’ufficiale. 
“No grazie, me ne vado. Ho capito che era una cosa importante, ma la prossima volta non ve la faccio passare liscia”. I ragazzi lo ringraziano e a lui scappa un mezzo sorriso, quindi sale sulla vespa e se ne va.
“Michele perdio vuoi aprire quella lettera? Mi sembra di avere qualcosa che mi morde lo stomaco, dai, sennò dalla a me, che la apro io” Danilo allunga la mano, ma Michele si siede sul gradino e apre la busta con attenzione. Ne toglie un atto giudiziario, vede che è la richiesta degli arresti per Diego. Guarda gli amici mordendosi il labbro, non ha il coraggio di leggere; Gaetano si siede accanto a lui e gli prende il foglio dalle mani, cerca e trova il provvedimento del Giudice vergato a mano a lato del foglio. “Autorizza. Lo mandano a casa Michè, lo mandano a casa”.
Si guardano tutti quanti, non sanno se ridere o piangere. Michele ha il viso rigato di lacrime, ma sorride: “Ce lo ridanno, me lo riportano; credo che voi dobbiate andarvene però, mi spiace ma in casa posso esserci solo io, non può entrare nessuno e…” Michele si blocca, ha sentito il rumore di un’auto che si avvicina. Anche gli altri guardano verso la strada, Vedono l’Alfa dei Carabinieri che si avvicina.
“Fuori di qui ragazzi, andiamo fuori” Fabio li spinge ad uscire e si dispongono in fila vicino al pilastro proprio mentre i Carabinieri fermano l’auto davanti al cancello. Due militari aprono la portiera facendo scendere Diego. E’ vestito come la mattina, jeans, clark e felpa azzurra; con lo zaino sulle spalle sembra un ragazzino delle medie in gita. Guarda gli amici frastornato e accenna un sorriso mentre fa ciao con la mano: Laura e Anita gli mandano baci con la mano, mentre i ragazzi si sbracciano per salutarlo. I Carabinieri lo accompagnano nella corte dove Michele lo aspetta e spiegano loro come dovranno comportarsi: niente visite, niente uscite oltre il cancello. Diego e Michele sono vicini ma non si sfiorano, non ora. I Carabinieri risalgono in macchina e se ne vanno e Michele va a chiudere il cancello, lasciando Diego in mezzo al cortile: “Grazie ragazzi di tutto; vi chiamo dal bar quando vado a fare spesa, se volete passare ma ci saluteremo attraverso il cancello, da lontano”. 
“Non preoccuparti Michè, va tutto bene, andrà tutto bene” Gaetano e gli altri gridano l’ultimo saluto e si allontanano, mentre Michele torna da Diego.

2 commenti:

  1. Un pò di luce in questo tunnel buio e all'apparenza senza uscita. Finalmente le cose sembrano aggiustarsi, Diego torna a casa, dal suo Michele e dai tulipani che tanto ama. Capitolo triste, ma anche pieno di speranza di un domani felice. Spero solo che accada qualcosa che possa scagionare. Chiedo troppo che Fabri confessi di essere stato lui? Ti prego di non farmi aspettare così tanto per il prossimo capitolo

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Sono decisamente d'accordo con Alex. Tutto triste e malinconico ma con quella sorpresa finale che lascia, in una storia triste dove l'ingiustizia trionfa, che lascia appunto a una speranza che non sempre la cattiveria e il rancore debbano vincere.

      Elimina

 

caparezzamadiego Copyright © 2011 Design by Ipietoon Blogger Template | web hosting