domenica 19 gennaio 2014

Sui gradini di San Francesco, diciannovesima puntata




Titolo: Sui gradini di San Francesco
Autori: Annina         
Pairing: Diego Perrone/Michele Salvemini
Genere: AU/Commedia/Romantico/Introspettivo
Rating: PG, slash, NC 17

Disclaimer: come sempre è tutto frutto di fantasia. I personaggi sono originali, ho preso in prestito i nomi solo per ispirazione artistica.

Capitolo XIX



Lo risveglia il trillo prolungato del campanello. Michele balza in piedi infilandosi velocemente una maglietta e i calzoni di una tuta che ritrova sotto al letto, e incespicando corre alla porta, mentre Diego continua a dormire tranquillamente, il viso sereno.
Aprendo vede i Carabinieri che stanno già risalendo in auto e li richiama, correndo ad aprire il cancello e accorgendosi dolorosamente di essere scalzo solo quanto appoggia i piedi sulla ghiaia del sentiero.
“Scusate, stavamo ancora dormendo. Sveglio subito Diego e ve lo mando”.
“Entriamo anche noi, così diamo un’occhiata. Ci preceda” due militari si mettono ai fianchi di Michele e lo seguono fino alla camera da letto, lanciando occhiate qua e là, entrando nello studio ancora vuoto e in cucina.
“Posso svegliarlo intanto? Che magari gli prende un colpo se si sveglia con in camera i Carabinieri, no?” Michele seccato cerca di entrare in camera per primo, ma i Carabinieri sogghignano e gli passano davanti.
“Tranquillo che non succede niente. Lo salutiamo e ce ne andiamo”. Michele non può far altro che rimanere dietro a loro che entrano e chiamano Diego seccamente
Il ragazzo si gira aprendo appena gli occhi e richiudendoli subito, infastidito dalla luce, ma poi li spalanca e si tira su seduto; apre la bocca per parlare ma la voce non vuole uscire, mentre il sangue defluisce dal viso. “Che succede…” riesce finalmente ad esalare, la paura negli occhi spalancati.
I carabinieri ridono:”E che succede, niente succede. Siamo venuti a controllare che tu faccia il bravo. Mi raccomando di non uscire e di non far entrare nessuno, o torni dentro immediatamente”.
Si incamminano con Michele che li accompagna, questa volta verso l’uscita: “Dovevate proprio spaventarlo in quel modo?” si ribella.
“Nessuno ha chiesto il suo parere. A domani” i militari salgono sulla gazzella e si allontanano mentre Michele, richiusi cancello e porta torna di corsa da Diego.
Lo ritrova come l’ha lasciato, sguardo allucinato, pallido e tremante.
“Diego mio, stai tranquillo, non è successo niente, lo sai che devono venire a fare i controlli” Michele si siede accanto a lui e lo circonda con le braccia facendolo appoggiare al suo petto. Sente il suo cuore battere impazzito. “Calmati Diego, o il tuo cuore scapperà oltre confine”.
Diego scrolla la testa: “Ho pensato che era finita, che erano venuti a prendermi, e che non ti avrei più visto. Mi è sembrato di morire Michi, il cuore si è fermato per un po’”.
Michele lo culla baciandogli i capelli. L’amico è gelato e trema un po’ per il freddo e un po’ per la paura: “Vieni sotto al piumino Diè, prendi freddo” anche Michele si infila sotto e lo riprende tra le braccia. “Diego, non possono venirti a prendere così, e che, mica ti deportano. Se, e dico se, dovrai tornare là, succederà dopo il processo, che comunque non durerà un paio di giorni, lo sai che vanno per le lunghe”.
“Lo so, lo so, ma mettiti nei miei panni, ti svegli e ti ritrovi due sbirri che ti fissano, non è stato per niente bello” Diego rabbrividisce e trema ancora di più.
“Proviamo a dormirci su ancora un po’, cazzo all’alba vengono a fare i controlli. Tanto cosa abbiamo da fare?” mentre gli parla Michele lo friziona vigorosamente per cercare di riscaldarlo. “Diè, ma non hai più circolazione, sei freddo come il ghiaccio”.
“Ti giuro, quando ho aperto gli occhi  e ho visti gli sbirri che mi guardavano, mi è preso proprio un colpo, ho sentito tutto il sangue che se ne andava. No, non ce la faccio più a dormire, mi alzo, ma tu resta qui, dormi Michi. Non è che devi sempre farmi da balia, so arrangiarmi anche da solo”.
Michele alle ultime parole si stranisce e rimane pensieroso, poi scrollando la testa si alza dal letto: “Bene, allora vado a sistemare la cucina e poi vedo se posso fare qualcosa in giardino”.
Come Michele esce dalla porta Diego si rende conto di averlo offeso con la sua uscita. Fa girare l’anellino che porta al naso nervosamente e pensa nello stesso modo. Michele è tutto il suo mondo, quello affettivo almeno, ma pensando al loro rapporto si è accorto che è sempre stato Michele a sostenerlo, ad assisterlo, ad aiutarlo negli studi quando si trovava in difficoltà, sempre vicino nei momenti difficili. Un rapporto a senso unico. Oh, lui lo ama e tanto. Ma Michele da’ e io prendo. Cosa faccio io per lui? Niente, mai. Che razza di amico, di compagno sono? Si stuferà di me e dei miei pallini e del mio disordine, non solo mentale.
Lo sente tramestare in cucina, lo immagina mentre sistema tutto per bene, in ordine, pulire, via le briciole. Sorride. E’ così preciso Michele, al contrario di lui che appende le borse alle maniglie delle porte, lascia libri ovunque e vestiti sotto al letto.
All’improvviso sente una voglia matta di abbracciarlo, di stringerlo e di ringraziarlo; con un balzo scende dal letto e in un amen si è già rivestito e corre verso la cucina, facendo sbattere le porte al suo passaggio.
Michele sobbalza al rumore della porta che picchia contro al muro e per un pelo non lascia cadere il bicchiere che sta sciacquando. Sospira alzando gli occhi al cielo: “Che ti piglia? Chi ti insegue stavolta?”.
Diego che stava per saltargli al collo, si blocca e fa una smorfia amara. Come pensava, si sta accorgendo anche lui finalmente del suo egoismo. Non sa perché questi pensieri negativi gli stanno uscendo tutti ora, ma se ne sente schiacciato.
“Niente, nessuno mi insegue”. Si siede al tavolo e scoperchia i tegami che sono ancora lì dalla sera prima. All’improvviso gli esce una fame nervosa, incontenibile, prende del pane e comincia a mangiare arrosto e purè freddi.
Michele dal lavello lo guarda: “Diego quella roba  è gelata, ti farà male, almeno scaldala un po’”.
Lui non gli dà retta e continua a ingozzarsi.
Asciugandosi le mani Michele gli si avvicina e si siede accanto a lui. “Dai, spara, cosa c’è adesso”.
Finalmente Diego lascia la forchetta e si appoggia all’indietro sulla sedia, socchiudendo gli occhi.
Non si sente bene, gli gira la testa e suda. “Sto male” boccheggia.
“Che impiastro. Andiamo dai, in bagno!” Michele gli afferra la mano e lo strascina fino al bagno; appena il tempo di chinarsi sul water e Diego comincia a vomitare, mentre l’amico lo sorregge tenendogli la fronte.
Si lascia cadere in ginocchio, il corpo ricoperto da un velo di sudore gelido, mentre gli ultimi conati gli rigirano lo stomaco.
“A posto Diè? Vieni, sciacquati la faccia. Sei sempre il solito impulsivo”. Diego si alza un po’ a fatica e si avvicina al lavabo, ma al solo pensiero di toccare l’acqua fredda si sente peggio.
“Faccio un bagno caldo Michele, ho bisogno di un bagno caldo. Tu vai, vai”.
“Va bene, poi te ne torni a letto e ti faccio una camomilla; non me ne frega niente se non ti piace, è inutile che protesti, poi se non scazza troppo, mi metto a letto anch’io, che tanto il sole se n’è già andato e sembra che stia arrivando un temporale” esce dal bagno lasciando aperto il rubinetto della vasca. Diego si lava i denti, poi si spoglia e infila gli abiti in lavatrice, infilando sé stesso nella vasca con un sospiro. Dieci minuti a mollo lo fanno sentire un po’ meglio. Ora deve tornare in camera, e si sente a disagio al pensiero di Michele: l’ha sentito freddo, nonostante gli sia stato vicino mentre stava male. E cosa pretendo? In pratica gli ho detto di non starmi troppo addosso.  Ma non può rimanere nella vasca tutto il giorno, si tira fuori e avvolto nel telo si reca in camera. Michele è a letto che legge e non lo guarda; sul comodino una tazza coperta da un piattino. La camomilla. Diego la odia, ma com’era per la nonna, e com’è tuttora per la famiglia Salvemini è l’unico rimedio per un sacco di cose, dal mal di stomaco, all’ansia, anche per il vaiolo, senza’altro. Nonostante tutto sbruffa in una risatina. Michele lo guarda di traverso, e continua a leggere. Diego indossa una maglietta e un paio di boxer e si siede a gambe incrociate, afferrando la tazza e fiutandone il contenuto. Con una smorfia di ribrezzo la porta alle labbra e ne beve un sorso. Un brivido improvviso lo scuote completamente. Fa schifo, ma Diego non fiata e ne beve altri due sorsi, poi si gira appena verso Michele. Lui lo sta guardando con un sorriso ironico. “Buona, vè? Bevi dai”. Diego scrolla la testa, ma impavido ne beve ancora un sorso prima di arrendersi. “Basta, non ce la posso fare a berne di più”.
Depone la tazza il più lontano possibile da sé, coprendola col suo piattino poi si rivolge a Michele: “Ehm… che leggi?”.
“L’Ulisse. Di Omero non di Joyce stavolta” gli risponde asciutto.
Mogio, Diego si mette sotto le coperte a testa bassa. Stargli accanto e non potersi appoggiare al suo petto gli fa male. Vorrebbe gettarsi su di lui, ma ha paura di essere respinto, e non lo sopporterebbe. Sente le lacrime salire: è sempre la stessa storia, questo bisogno di piangere quando succede qualcosa. Vorrebbe essere più duro, ma non ce la fa. Si rannicchia su sé stesso, chiudendo gli occhi.
Dopo poco sente la mano di Michele sulla spalla. Sorride, è bastato il contatto per sentirsi meglio. “Diè, mi dici cosa ti rode? Cosa ho sbagliato, cosa ho detto di male, non capisco. Mi spieghi?”.
Diego scrolla la testa e si volta a guardarlo: “No Michi, tu non fai e non dici mai niente che non va. Sono io che non vado”. Con un sorriso Michele depone il libro: “Vogliamo parlarne?”.
Tornando a sedersi in mezzo al letto, Diego prende un bel respiro, poi attacca: “Io lo so che sono un impiastro Michi, sono consapevole”. Michele lo interrompe: “Ti ho detto impiastro prima, ma te l’ho detto con affetto: a volte ti comporti ancora come un ragazzino”.
“Lascia stare, lo so, tu sei una persona stupenda, sono io che all’improvviso mi sono reso conto di essere  un egoista. Zitto Michi, lasciami dire. Ho sempre avuto te vicino per tutto, mi sono abituato a pensare che tanto ci sei tu se mi capita qualcosa.”.
Michele allarga le braccia: “E allora? E’ normale tra amici no? Non riesco a capirti, sembra che ti dispiaccia questa cosa”.
“Vedi? La tua disponibilità non ha limiti, e io ho sempre preso tutto: difficoltà coi compiti? C’è Michele. Problemi coi compagni? Arrivavi tu. Qualsiasi pensiero, qualsiasi difficoltà, sono sempre corso da te, che mi hai sempre cavato dagli impicci. Ma cosa ti ho dato in cambio Michi? Solo casini e grattacapi. Bell’amico. Ho pensato che il nostro è un rapporto dove c’è solo uno che da’, e io sono quello che prende sempre. Non è giusto, e appena ti accorgerai che è così…”.
“Ma che sciocchezze tiri fuori Diè, ti rendi conto? Non avevamo detto basta seghe mentali? Non hai detto una sola cosa seria”.
“E invece è così Michele, pensaci: cos’hai avuto da me, tu? Dimmi una sola volta che io ti abbia aiutato in qualche cosa, una”.
“Immagino che non parliamo di cose materiali vero? Perché altrimenti dovrei dirti che se stiamo in questo angolo che per noi equivale al paradiso, il merito è solo tuo. Ma parliamo d’altro: è vero tu sei quello che ha sempre bisogno di aiuto perché si ficca nei casini, sei un istintivo, sei fatto così. Non è un problema, finchè potrò farlo ti aiuterò, ti starò vicino e farò tutto quello che posso per te, e sono sicuro che se avessi io un problema, tu saresti pronto a fare la stessa cosa, perché siamo amici, e per noi l’amicizia è un valore importante”.
“Sì, ma…” Michele appoggia un dito sulla bocca di Diego: “Zitto. L’amicizia è uno scambio continuo Diego e tu in tutti questi anni mi hai dato tanto. Non fare quella faccia, è così. Tu mi sei stato di stimolo per fare tante cose che altrimenti col mio carattere un po’ chiuso non avrei fatto. Se mi sono arrampicato su un albero l’ho fatto perché me l’hai fatto fare tu. Se giro per locali suonando in una band, è per merito tuo. Se ho scelto veterinaria e ne sono felice è perché tu portavi a casa tutti gli animaletti che trovavi in giro, e pretendevi che io te li curassi!”.
“Già, e la zia poi li portava regolarmente via. Mai che mi sia potuto tenere un gattino, o qualunque animale” Diego si fa ancora più triste.
Michele invece ride a crepapelle: “Ma ti ricordi quando avevi portato in casa un topo?”.
“Beh, era ferito a due zampe, poi era un cucciolino, con un musetto così dolce”.
“Vallo a dire a Viola, che a momenti le viene un colpo! E la volta della lucertola? Che se l’era ritrovata sul tavolo mentre faceva colazione? Quella volta pensavo proprio che ti avrebbe ucciso!”.
Ora sono in due a ridere, seduti in mezzo al letto. Michele prende le mani di Diego e le stringe: “Hai capito adesso? Io sono qui per cercare di contenere la tua vitalità, tu per tirarmi un po’ fuori. Complementari”.
Diego si avvicina ancora di più a lui, circondandogli i fianchi con le gambe e accarezzandogli le guance gli dà un bacio sulle labbra, dolce: “Il mio chiusone. Ti amo tanto, Michi, tanto. Grazie per quello che mi hai detto, ora sono più tranquillo”.
“Ti amo tanto anch’io folletto. Che ne dici di uscire a fare un giretto attorno a casa? E’ tornato il sole”.
Diego gli sorride e lo bacia ancora, con più passione stavolta: “Tra un po’ Michi, tra un po’, il sole ci aspetterà”.
I giorni passano tranquilli, con la sola ossessione dell’arrivo dei controlli, che non sono mai alla stessa ora. Non che ci sia differenza, non potrebbero comunque andare in giro, ma la preoccupazione di essere a letto o dietro casa nell’orto e non sentire il campanello, li rende un po’ nervosi.
Michele esce a fare spesa e per chiamare i genitori e gli amici; sono tutti ansiosi di rivederli, ma non hanno il coraggio di andare anche solo fuori dal cancello per salutarli, se Diego dovesse tornare dentro per colpa loro, non se lo perdonerebbero.
A metà della seconda settimana, un annuncio attira l’attenzione di Michele, mentre è in coda alla cassa della coop: 3 cuccioli, 3 gattini bellissimi da regalare. Pensare alla felicità di Diego e decidere di correre a prenderne uno è un attimo: chiede informazioni alla cassiera che felice, gli spiega la strada per arrivare a casa del fratello, i gatti sono i suoi. “Latte, devo prendere più latte, aspetta un attimo. Ah, la cassetta: ma voi le avete qui? Non le ho viste, come si fa?” capisce che sta agendo come farebbe Diego, in piena compulsività e cerca di darsi una calmata.
La cassiera sorride: “Aspetta, tanto sei rimasto solo tu, ti prendo la sabbia, quella l’abbiamo. La cassettina te la fai dare da mio fratello, intanto che tu arrivi io lo chiamo. Ma è per te il gatto? Sei così ansioso di averlo! Magari per la tua ragazza”.
“E’ per il mio ragazzo, tu non hai idea di come sarà felice, già mi immagino la faccia, gli occhi che farà quando glielo porto”.
La commessa rimane un attimo interdetta ma poi pensa che alla fine a lei cosa importa se ha un ragazzo o una ragazza? Solo che ci aveva fatto un pensierino su quel bel ricciolone dagli occhi profondi.
Michele raccoglie la sua spesa e si precipita in macchina, arrivando in un attimo alla cascina che cercava, poco lontano da casa sua.
Il ragazzino lo sta aspettando, ha già ricevuto la chiamata della sorella, e lo porta nel fienile dove Michele si inginocchia per guardare i tre gattini: subito un cucciolo tutto nero con due splendidi occhi gialli gli si arrampica sul ginocchio. Michele lo prende in braccio ed è amore a prima vista. “Bene, sei tu quindi”. Prende la borsa con la cassetta che il ragazzo gli porge  e torna verso casa, ansioso di vedere la reazione di Diego.
Il compagno lo sta aspettando seduto sui gradini, godendosi il sole delle undici.
Gli consegna le borse da portare in casa, e non appena Diego entra prende in mano il cucciolo e lo segue.
“Ma quanto latte hai preso Michi!” urla Diego dalla cucina mentre sistema tutta la spesa.
“Vieni Diè, vieni a vedere cosa ho trovato” il gattino sta tranquillo in braccio a Michele, non si lamenta.
“Sei passato in edicola? C’era Linus?” Diego continua a sistemare le provviste nella credenza, mentre ormai Michele è alle sue spalle.
“Guarda qua Diego, dammi retta, molto meglio di Linus”. Diego chiude lo sportello e si volta, trovandosi davanti Michele e il cucciolo. Se Michele aveva un solo dubbio sulla felicità che avrebbe provato l’amico, lo perde subito: Diego diventa rosso e spalanca gli occhi prima su di lui, poi sul gattino. Un sorriso radioso gli spunta sul viso mentre allunga le mani verso il cucciolo, lo prende tra le braccia e se lo stringe, chiudendo gli occhi. Solo allora il micio fa sentire la sua voce mentre si arrampica verso la sua spalla e gli lecca il collo con la linguetta ruvida.
Una risata sgorga dalla gola di Diego, che si stringe a Michele: “Ti amo troppo. Mi hai fatto un regalo splendido. Dio com’è morbido”. Si siedono sul divano e il gatto si accomoda sul petto di Diego osservandolo con gli occhietti gialli. Diego non smette un attimo di accarezzarlo: “Lino! Sei il mio cucciolo! Ti voglio troppo bene sai? Dici che ha fame Michi? Cazzo, ecco per chi era il latte! Lino bello vuoi un po’ di latte?”.
Michele lo guarda perplesso: “Lino? E che nome è per un gatto? Non è un nome da gatto, no. Comunque ha mangiato da poco mi han detto, gliene daremo un po’ più tardi”.
Diego e il gattino continuano a scambiarsi coccole: “Certo, Lino, come lo vuoi chiamare? E’ proprio il nome adatto a lui. Guardalo, ha i capelli neri e l’espressione dolce”.
“I capelli” Michele alza gli occhi al cielo “e io che credevo che i gatti avessero il pelo, che veterinario da due soldi. Comunque continuo a non capire perché un gatto nero debba proprio chiamarsi Lino”.
Diego si allunga a baciargli il collo, sussurrandogli all’orecchio: “Va bene, pelo o capelli, comunque nero e con gli occhi più dolci che io abbia mai visto, caro il mio Michelino”.
Michele ci pensa un po’ poi sorride, prende una zampetta del gatto e la stringe: “Mi par di capire che ci divideremo lo stesso nome io e te” quindi stringe le spalle al compagno: “Sei felice Diè? Vero che è bello?”.
“Nessun regalo poteva farmi più felice, ho desiderato un gatto da quando ero appena nato credo” il micetto intanto si è accomodato sulla spalla di Diego e si è assopito tranquillo.
“Avrà freddo? Dove lo facciamo dormire? Io lo tengo anche sempre così, per me, ma… magari ci vorrà una cesta, vero? Ci mettiamo dentro un panno caldo. Però lo teniamo in camera vero? Perché è piccolo, da solo poi ha paura, io lo so. Vero Lino? Eh, Michele tu che dici?”.
Michele accarezza il gattino con delicatezza, e con la stessa delicatezza bacia Diego: “Tanto lo so che presto Linuzzo qui dormirà nel letto con noi. Comunque sì, la cesta nella nostra camera va bene”.
“Linuzzo! Guardalo com’è cucciolo, che tenerezza. Mi vuole già bene vedi? E’ tranquillo”.
“Come si fa a non volerti bene Diego” Michele gli scompiglia i capelli e lo lascia lì a coccolarsi col gattino mentre va a darsi da fare ai fornelli.

I campanelli non dovrebbero suonare dopo una certa ora, mettono solo ansia, se non stai aspettando qualcuno. Sono solo le nove di sera, non è certo tardi, ma da dieci giorni, a parte i carabinieri, nessuno si è mai avvicinato al cancello.
Vanno ad aprire insieme, Diego col gattino sulla spalla, ormai posto deputato al suo riposo.
Al di là del cancello tutti i loro amici che li chiamano fuori. Si avvicinano al cancello preoccupati. “No, non aprire Michele, non fidiamoci. Siamo venuti a dirti che ha chiamato l’avvocato Giustini, ha chiamato i tuoi, perché non sapeva come rintracciarvi. Dice che devi presentarti domattina alle dieci in Tribunale Diè, ufficio del giudice istruttore. Puoi andare senza scorta, quindi lo puoi portare tu Michele”.
Diego e Michele si guardano sgomenti, poi guardano Gaetano, il portavoce.
“Non lo so il motivo ragazzi, e tua nonna che ha risposto non l’ha chiesto Michè. Come stai Diegone? Ti vedo meglio di quando ti hanno riportato qui”.
Diego si è schiacciato al fianco di Michele, e sta aggrappato al suo braccio. Michele sente la sua tensione attraversarlo, sente il tremito che lo percorre come una scossa continua. Non ha il coraggio di guardarlo, perché sente già le lacrime pungergli gli occhi. Risponde per lui: “Il nostro Diego si è un po’ rimesso, ma ha ancora bisogno di cure. Ragazzi io vi aprirei a questo punto, visto che il controllo è già venuto e che domani può uscire libero, ma…”.
“Assolutamente no Michele. Aspettiamo quando non ci saranno più problemi, allora sì faremo una grande festa qui” nemmeno Fabio guarda Diego però. Nessuno di loro ha il coraggio di guardarlo, perché fa troppo male pensare che domani potrebbero ancora rinchiuderlo, e vederlo lì così fragile li fa star male.
Michele prende Diego tra le braccia: “Rientriamo Diè? Sì? Ragazzi noi vi salutiamo, non vi dico altro tanto sapete già tutto. Grazie e beh, poi domani vi sappiamo dire va bene?”.
Anche Diego vorrebbe parlare, ma la voce gli esce spezzata. Balbetta un saluto e Michele se lo porta via.

I sei ragazzi fuori dal cancello guardano i loro amici che rientrano in casa abbracciati, curvi sotto il peso di qualcosa che ancora non conoscono, sanno che stanotte nessuno dei due dormirà, che dovranno consolarsi a vicenda, che sarà una lunga notte. Ma anche per loro lo sarà. 

3 commenti:

  1. Che tenerezza!!!! Dolce Diego che si fa tante seghe mentali e Michele, a suo modo ruvido, gli va incontro cercando di rincuorarlo. Perché loro sono ancora amici e in questo capitolo più di altri esce fuori la complicità di due amici che hanno condiviso la vita, che si conoscono da una vita e che ora non hanno solo da coltivare il loro amore, ma un'idea incerta di futuro. Poi Linuzzo è proprio dolce nel suo posto preferito, il collo del suo adorato papino, o fratellino... chissà! E che posticino comodo sarà, odoroso di bebè... dolcissimi entrambi...

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    1. Mi piace come azzecchi le sfumature di quello che scrivo, sembra quasi che ci conosciamo... ;)
      Quello che voglio proprio sottolineare è l'amicizia che forse in questo momento così pesante è la cosa più importante: l'amore a volte confonde le idee, l'amicizia no. Si conoscono a fondo, sanno come agire e come reagire.
      Per il resto, uno ruvido e uno tenero ma tanto innamorati: per me, per noi, sono così, no? *-*

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  2. Mi piace tanto come riesci a descrivere quei momenti dolci tra loro. Due amici, due innamorati, una famiglia ora allargata con quel micetto che sembra aver portato un pò di serenità in Diego ancora terrorizzato che quelli siano i suoi momenti in compagnia di Michele. Sono d'accordo con Giusi. Prima che essere amanti e fidanzati sono amici che condividono gioie e dolori. Attendo con ansia il seguito

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